Modernismo (piu precisamente m. cattolico)

Dizionario di filosofia (2009)

modernismo (piu precisamente m. cattolico)


modernismo

(più precisamente m. cattolico) Moto di interno rinnovamento del cattolicesimo promosso da alcuni esponenti della cultura cattolica, soprattutto sacerdoti, tra la fine del 19° sec. e gli inizi del 20° sec., condannato dalla Chiesa cattolica con il decreto Lamentabili sane exitu e con l’enciclica Pascendi (1907).

Un movimento eterogeneo

Il termine apparve tra il 1904-05 e fu adoperato dapprima solo dagli avversari del movimento; sollevò quindi la protesta dei ‘modernisti’ che tenevano a dichiararsi cattolici e «viventi in armonia con lo spirito del loro tempo», affermando (Programma dei modernisti, risposta all’enciclica di Pio X, 1908) di voler «adattare» la religione cattolica a «tutte le conquiste dell’epoca moderna nel dominio della cultura e del progresso sociale», ma dichiarando altresì il loro proposito di voler rimanere nella Chiesa per operare una riforma in essa e non contro di essa. Si affermava che la tendenza ad armonizzare i dati centrali della rivelazione neotestamentaria con le forme mutevoli della cultura e della spiritualità ‘moderna’ circostante, costituisce una tendenza immanente del fatto cristiano, la quale ha permesso un’efficace presenza del cristianesimo nella cultura di ciascuna epoca; e d’altra parte il concetto di tradizione, implicante insieme continuità ed evoluzione, avrebbe reso possibile, all’interno del cattolicesimo, uno sviluppo del dogma nelle sue formulazioni, che rispecchiano nella loro terminologia l’ambiente filosofico nel quale sono sorte. Tuttavia, se nella storia del cattolicesimo si scorge un continuo e spesso difficile equilibrio fra storia e dogma, è anche vero che molte delle correnti eterodosse ed ereticali – soprattutto quelle a carattere più schiettamente speculativo – sono appunto sorte dalla rottura di quell’equilibrio e dalla dissoluzione dell’elemento più schiettamente religioso e dogmatico in formule puramente filosofiche e culturali. Così il m., proprio per il fatto di prendere a strumento di ricerca scientifica nel campo del fenomeno religioso il metodo storico nato sotto il segno della critica razionalistica e dell’agnosticismo religioso, poteva portare anche fuori della tradizione cattolica, giungendo a posizioni critiche e speculative che negavano il soprannaturale e la sua presenza nella storia: fu questa infatti la parabola del m. biblico di Alfred Loisy. Vi erano però anche altre esigenze nel m. cattolico che, indicando la volontà di superare gli schemi dell’aristotelismo scolastico – e soprattutto in polemica contro il neotomismo –, vanno diversamente valutate; non si può infatti sottovalutare, nell’apologetica religiosa, per es., di Lucien Laberthonnière, di Tyrrell, di Buonaiuti, il richiamo all’esperienza religiosa come testimonianza interiore della verità della fede, la polemica contro l’intellettualismo e l’estrinseco soprannaturalismo, e il corrispondente tentativo di una nuova apologetica che tenesse conto della naturale aspirazione al soprannaturale, come di una storia del dogma che non fosse allineamento di formule, ma ricerca di che cosa il dogma ha significato nell’anima della Chiesa (➔ immanenza). È evidente la molteplicità e disparità di motivi che furono nel m., sicché non è possibile ridurlo a un unico sistema, ma è piuttosto da studiare nell’opera delle singole personalità che l’hanno espresso.

Origini e sviluppi del modernismo

Storicamente, le origini del m. vanno ricercate nel rinnovamento della scienza ecclesiastica durante il sec. 19° e nell’influenza esercitata su di essa dalla filosofia contemporanea (vitalismo, pragmatismo, contingentismo, idealismo) e dai progressi compiuti dalla metodologia storiografica; basti ricordare, in campo cattolico, i saggi di nuova apologetica contenuti nell’opera di Newman o di Johann A. Möhler e poi di Blondel, le dottrine di Hermes e di Günther, il cattolicesimo liberale con tutte le sue implicazioni politiche; in campo non cattolico, l’enorme influenza della filosofia religiosa di Schleiermacher, Louis-Auguste Sabatier e il protestantesimo liberale, ecc.; motivi e indirizzi che tutti contribuirono, in misura diversa e a volte anche come termini polemici, a un rinnovamento profondo delle scienze ecclesiastiche. Il m. come tale ebbe una prima manifestazione in Francia con gli scritti di Loisy: anzi è stato considerato vero ‘manifesto’ dei modernisti il suo libro L’Évangile et l’Église (1902; trad. it. Il Vangelo e la Chiesa) ove, in polemica con l’interpretazione individualistica e antistoricistica del cristianesimo e della sua storia delineata da Adolph von Harnack, Loisy tratteggiava una nuova apologetica del cattolicesimo fondata sulla tesi di una continua evoluzione del messaggio cristiano, resasi necessaria per adattare la nozione e l’attesa del regno, nella quale Loisy trovava l’essenza del Vangelo, alle condizioni variabili dei tempi e dei luoghi. Accanto a Loisy, Le Roy (nel suo articolo Dogme et critique apparso nella rivista Quinzaine nel 1905, pubbl. in vol. nel 1907) affermava, contro la nozione intellettualistica, estrinsecistica del dogma, il valore prevalente del senso pratico e morale del dogma stesso. E già prima Blondel, poi Laberthonnière, avevano sostenuto la necessità di sostituire l’apologetica tradizionale con un’apologetica che traesse argomento, per una dimostrazione del divino, dalle intime esigenze dell’anima individuale. In Inghilterra Tyrrell, appellandosi all’insegnamento del card. Newman, formulava con chiarezza i presupposti mistici ed extrarazionali impliciti nell’interpretazione modernista del cristianesimo. L’Italia ebbe una parte notevole nella polemica modernista: prima con gli Studi religiosi (1901) diretti da Salvatore Minocchi con la collaborazione di un gruppo di ecclesiastici (Umberto Fracassini, Giuseppe Bonaccorsi, Giovanni Semeria, Buonaiuti) e soprattutto attraverso l’opera della Rivista storico-critica delle scienze teologiche (1905) diretta da Buonaiuti, poi con Nova et vetera diretta dallo stesso e con il Programma dei modernisti e le Lettere di un prete modernista (1909), opere apparse anonime ma anch’esse dovute a Buonaiuti. Ed è anche significativo l’intervento di un gruppo laico milanese (Alessandro Casati, Tommaso Gallarati-Scotti, Stefano Jacini, Aiace Alfieri) che pubblicò (dal 1907) Il rinnovamento, rivista di programma apertamente modernista; e ancora a un laico, Antonio Fogazzaro, si deve l’opera che diede più ampia notorietà al movimento modernista, Il santo (1906), intesa a difendere le aspirazioni dei modernisti ma restando tuttavia alla delineazione di atteggiamenti sentimentali senza riuscire a cogliere le peculiari caratteristiche del movimento. Ancora in Italia, è notevole il caratterizzarsi del m. sul terreno politico sociale, soprattutto nell’opera di Romolo Murri (il quale più tardi si sottometterà alla Chiesa), che diede vita alla democrazia cristiana.

La Chiesa cattolica tra reazione e rinnovamento esegetico

La reazione della Chiesa cattolica al m. fu di estrema decisione: tra il 1903 e il 1907 numerose opere di modernisti furono messe all’Indice; la Commissione biblica prese posizione contro alcune tesi della critica biblica: uscì quindi nel luglio 1907 il decreto Lamentabili sane exitu e due mesi dopo l’enciclica Pascendi dominici gregis; nel 1910 con il motu proprio Sacrorum antistitum fu prescritto il cosiddetto giuramento antimodernista. In questi documenti il m. è condannato come «la sintesi di tutte le eresie» perché in esso sarebbero rifluiti tutti gli «errori» del pensiero moderno: relativismo, soggettivismo, razionalismo, agnosticismo, immanentismo, storicismo, portando alla risoluzione della fede nel sentimento, del dogma nella storia, della Chiesa in una pura società mistica. Le condanne ecclesiastiche (in partic. l’enciclica Pascendi) indicavano la necessità di contrapporre alle nuove tendenze l’insegnamento di filosofia e teologia scolastica, insieme al più attento controllo sui professori. I modernisti reagirono variamente, o sottomettendosi o, i più in vista, ponendosi in aperta polemica con i provvedimenti ecclesiastici; va tra l’altro ricordato l’atteggiamento dei professori cattolici tedeschi che, in nome della libertà di ricerca scientifica nel cattolicesimo, rifiutarono il giuramento che li avrebbe posti in situazione d’inferiorità davanti ai colleghi protestanti: la Santa Sede concesse allora ai professori tedeschi docenti nelle facoltà teologiche l’esonero dal giuramento. Alcune istanze dei modernisti (come una maggiore attenzione alla storia, ai metodi storico-critici, alla tradizione biblica e patristica) sono state in seguito tenute presenti sia dal magistero sia dalla teologia. Per quanto riguarda gli studi biblici, per es., Pio XII con la Divino afflante spiritu (1943), riallacciandosi alla Providentissimum Deus (1893) di Leone XIII (che aveva esortato gli esegeti cattolici ad acquisire un’autentica competenza scientifica sia nello studio delle antiche lingue d’Oriente sia nell’esercizio del metodo storico-critico), sottolineava la necessità e l’utilità dell’esegesi storico-critica. Contro una certa esegesi mistica soggettivistica che poneva una dicotomia tra interpretazione scientifica e interpretazione spirituale, l’enciclica rivendicava la stretta armonia tra i due procedimenti, rilevando la portata teologica del senso letterale scientificamente raggiunto. Dopo la costituzione dogmatica Dei verbum (1965) del Concilio vaticano II, il documento più ampio sull’interpretazione della Bibbia e sui metodi a essa applicati è L’interpretazione della Bibbia nella Chiesa (1993) pubblicato dalla Pontificia commissione biblica. Anche nei confronti del dogma sono usati gli stessi metodi storico-critici, come sottolinea il documento De interpretatione dogmatum (1990) pubblicato dalla Commissione teologica internazionale.

Il modernismo nelle Chiese riformate

Parallelamente al m. cattolico, si verificò nelle Chiese riformate (in partic. Olanda, Germania e Inghilterra ove fu assai vicino a quello cattolico) un movimento modernistico che prese varie denominazioni. In Olanda, con il nome di «tendenza moderna», ebbe inizio nel decennio 1860-70, e il suo centro fu nell’univ. di Leida e a Utrecht. Si cominciò con una nuova traduzione della Bibbia, che soddisfacesse all’insofferenza che si provava per la traduzione ‘ortodossa’ con le sue conseguenze (tradizionalismo, dogmatismo, contrasto con il razionalismo allora predominante). Il movimento finì in parte con il condurre all’incredulità e all’abbandono della Chiesa riformata olandese; in parte con l’organizzarsi entro di essa; in parte con l’adesione a gruppi seguaci delle dottrine arminiane, del tutto rinnovatisi ‘modernisticamente’. Le varie tendenze rimaste cristiane si riunirono attorno alla Centrale Commissie voor het Vrijzinning Protestantisme («Commissione centrale per il protestantesimo liberale») e altre organizzazioni. In Germania la tendenza teologica «moderna e positiva» si ispirò a Reinhold Seeberg, che chiedeva una nuova maniera d’insegnare la vecchia verità; e, indipendentemente, a Th. Kaftan, che chiedeva una «teologia moderna della vecchia fede»: la modernità doveva consistere nell’applicazione di metodi attuali, mutuati in parte dalla filosofia (riconoscimento dell’autonomia dell’individuo, senso della realtà), e nel tener conto dei problemi e degli interessi contemporanei. Il movimento, che si esaurì nel primo decennio del sec. 20°, si distingueva esplicitamente dalla «teologia liberale», che finiva per dissolvere la sostanza della fede riaffermando la necessità di presentarla in forme nuove. I suoi avversari (specie Albrecht Ritschl) lo combatterono come troppo vicino al movimento della «teologia liberale»; e soprattutto la teologia dialettica (K. Barth) fece cessare ogni interesse per questo indirizzo. Nella Chiesa anglicana il movimento è diffuso tanto nella ‘bassa’ quanto nell’‘alta’ Chiesa e ha risentito fortemente l’influenza dei modernisti cattolici inglesi (Tyrrell): chiede la revisione delle definizioni dottrinali, per metterle in armonia con i risultati delle indagini scientifiche e con le posizioni del pensiero moderno. La sua organizzazione è la Modern churchmen’s union; il suo giornale, The modern churchman.

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