MONOPOLIO

Enciclopedia Italiana - V Appendice (1993)

MONOPOLIO

Serafino Gatti

(XXXIII, p. 692; App. III, II, p. 154; IV, II, p. 502)

Gli ultimi decenni sono stati caratterizzati da una revisione, da parte della dottrina giuridica, della concezione tradizionale del monopolio. Secondo il più recente orientamento, agisce in condizioni di m., ai sensi dell'art. 2597 c.c., non solo l'impresa che goda di un'esclusiva nell'offerta di beni o servizi insostituibili, ma anche l'impresa che goda di un'esclusiva nell'offerta di beni o servizi non facilmente sostituibili da parte dei consumatori e degli utenti. Per delimitare il concetto di m. occorre mettersi nella prospettiva del consumatore o dell'utente medio, e indagare sulla facilità di sostituzione di una determinata offerta. Qualora questa possa essere sostituita solo a costo di sacrifici finanziari, o di accorgimenti tecnici, che non possono essere richiesti al consumatore o all'utente medio, può parlarsi di una situazione di monopolio. Questo criterio dev'essere concretizzato attraverso la valutazione del giudice.

Anche per la concezione tradizionale di m. legale la dottrina più recente ha abbandonato il criterio della necessità che una norma espressamente e direttamente autorizzi un unico e determinato soggetto a produrre o a commerciare in esclusiva un certo bene o servizio, ritenendo, invece, sufficiente che tale situazione sia autorizzata e tutelata, in quanto tale, dall'ordinamento giuridico. Pertanto, il carattere legale del m. viene riconosciuto, oltre che al m. istituito direttamente per legge, al m. dipendente da un'esclusiva contenuta in una concessione amministrativa; al m. costituente effetto riflesso di una concessione amministrativa; al m. costituente effetto riflesso della titolarità di un brevetto industriale, qualora i prodotti brevettati non siano facilmente sostituibili; al m. costituente effetto riflesso di altro m. legale.

Da ultimo, la dottrina si è orientata a considerare favorevolmente la configurabilità di un m. legale collettivo, traendo spunto dall'art. 86 del Trattato CEE, che prevede che la posizione dominante possa appartenere a una o più imprese. Secondo l'interpretazione prevalente, ai sensi di questa norma le imprese collettivamente dominanti possono essere indipendenti sia giuridicamente sia economicamente, essendo sufficiente, per es., un accordo di cartello che le spinga a comportarsi nello stesso modo nei confronti dei consumatori.

Questo criterio viene trasferito nel diritto interno al fine d'individuare situazioni di m. collettivo, quando il consumatore si trovi di fronte a comportamenti uniformi da parte di più imprese, che, complessivamente considerate, monopolizzano il mercato. Esempio di m. collettivi legali vengono individuati in molti casi di consorzi obbligatori.

Per quanto concerne la giurisprudenza, il periodo in esame è caratterizzato da una serie di ordinanze di remissione alla Corte costituzionale da parte di giudici di merito per questioni di legittimità costituzionale relative: alle leggi sul m. dei tabacchi (l. 17 luglio 1942 n. 907; e l. 10 dicembre 1975 n. 724); alle norme che disciplinano le trasmissioni radiotelevisive su scala nazionale (artt. 1, 183 e 195 d.P.R. 29 marzo 1973 n. 156; artt. 1 e 2 l. 14 aprile 1975 n. 103; art. 2 l. 10 dicembre 1975 n. 693; artt. 2, 3 e 4, comma iii bis, l. 4 febbraio 1985 n. 10); alle norme che esonerano l'amministrazione postale da responsabilità, a eccezione di limitate indennità, per il mancato recapito di raccomandate previste dalla legge come mezzo di trasmissione di vaglia cambiari in cui siano stati commutati titoli di spesa dello stato (artt. 6, 20, 28, 48, 91, 93, e 96 d.P.R. 29 marzo 1973 n. 156); e alle norme che limitano la responsabilità del concessionario del servizio telefonico per le interruzioni dovute a colpa del medesimo (art. 6 d.P.R. 29 marzo 1973 n. 156, e art. 89 cpv. R.D.L. 19 luglio 1941 n. 1198).

La Corte costituzionale ha respinto per difetto di motivazione sulla rilevanza le questioni relative alle leggi sul m. tabacchi, e ha dichiarato non fondate le questioni di legittimità costituzionale relative alle norme sulle trasmissioni radiotelevisive su scala nazionale. Per contro, con la sentenza 303 del 1988 ha dichiarato l'illegittimità costituzionale degli artt. 6, 28, 48 e 93 del d.P.R. 29 marzo 1973 n. 156, nella parte in cui dispongono che l'amministrazione postale non è tenuta al risarcimento dei danni − oltre all'indennità pari al decuplo dei diritti di raccomandazione ex art. 28 − per il caso di perdita o manomissione di raccomandate con cui siano stati spediti vaglia cambiari emessi in commutazione di debiti dello stato. E con la sentenza 1104 del 1988 ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 6 del d.P.R. 29 marzo 1973 n. 156, nella parte in cui dispone che il concessionario del servizio telefonico non è tenuto al risarcimento dei danni per le interruzioni del servizio dovute a sua colpa al di fuori dei limiti fissati dall'art. 89, ii comma, del R.D.L. 19 luglio 1941 n. 1198.

Nel 1990, dopo un trentennale dibattito in dottrina, si è colmata la grave lacuna dell'ordinamento giuridico italiano costituita dalla mancanza di una normativa antimonopolistica, esistente, invece, in quasi tutti gli ordinamenti dei paesi altamente industrializzati. La l. 10 ottobre 1990 n. 287 ha introdotto norme per la tutela della concorrenza e del mercato nazionale. Pertanto, il sistema normativo vigente in Italia si articola ora su vari livelli, caratterizzati da un lato dall'elemento settoriale (editoria, ecc.) o generale della disciplina, dall'altro dal riferimento al mercato interno ovvero all'intero mercato della CEE.

La succitata l. 287/1990 si basa sul principio che la libertà d'iniziativa economica e la concorrenza fra imprenditori non possono tradursi in atti e comportamenti tali da pregiudicare in modo rilevante e durevole la struttura concorrenziale del mercato.

Sono considerati a questo riguardo rilevanti: le intese restrittive della concorrenza; gli abusi di posizione dominante; le concentrazioni fra imprese. Per quanto concerne le intese, sono vietate solo quelle che hanno per oggetto o per effetto d'impedire, restringere o falsare in maniera consistente il gioco della concorrenza; a titolo di esempio, vengono elencati cinque tipi di intese nulle a tutti gli effetti. Possono, però, essere concesse esenzioni temporanee (individuali o per categorie di accordi) se le intese migliorano le condizioni di offerta del mercato e producono un sostanziale beneficio per i consumatori. Sono vietati anche l'abuso e lo sfruttamento di una posizione dominante sul mercato, che la legge in questione identifica a titolo esemplificativo negli stessi comportamenti che possono formare oggetto di intese vietate. Il divieto di abuso di posizione dominante non ammette eccezioni.

Il terzo fenomeno regolato dalla legge antitrust è costituito dalle operazioni di concentrazione fra imprese.

La nuova normativa ha istituito l'Autorità garante della concorrenza e del mercato, con sede in Roma, dotata di ampi poteri d'indagine e ispettivi, che adotta i provvedimenti antimonopolistici e irroga le sanzioni amministrative pecuniarie previste dalla legge. Contro i suoi provvedimenti amministrativi può essere proposto ricorso giudiziario al TAR del Lazio, che ha competenza esclusiva. Le azioni di nullità e di risarcimento dei danni, oltre ai ricorsi volti a ottenere provvedimenti di urgenza, debbono essere promossi dinanzi alla Corte d'Appello competente per territorio.

All'Autorità garante debbono essere preventivamente comunicate le operazioni di concentrazione che superano determinate soglie di fatturato, perché possa valutare se esse comportano la costituzione o il rafforzamento di una posizione dominante. Le concentrazioni che producono effetti distorsivi sulla concorrenza possono essere vietate, o autorizzate con la prescrizione di misure necessarie a eliminare gli effetti distorsivi.

Bibl.: A. Quartulli, I servizi pubblici telefonici, Milano 1978; L. Montesano, Obbligo a contrarre, in Enciclopedia del diritto, xxix, ivi 1979, p. 508 ss.; E. Roppo, Questioni in tema di formazione del consenso, obbligo legale a contrarre e pari trattamento degli utenti di un'impresa monopolistica, in Giurisprudenza italiana, i, 1, (1979), c. 155 ss.; M. Libertini, L'imprenditore e gli obblighi di contrarre, in Trattato di diritto commerciale e di diritto pubblico dell'economia, a cura di F. Galgano, Padova 1981, p. 271 ss.; D. Regazzoni, Monopoli di Stato, in Novissimo Digesto Italiano, App. v, Torino 1984, p. 125 ss.; G. Bernini, Un secolo di filosofia antitrust, Bologna 1991; R. Alessi, G. Olivieri, La disciplina della concorrenza e del mercato, Torino 1991; F. Saja, L'Autorità garante della concorrenza e del mercato: prime esperienze e prospettive di applicazione della legge, in Giur. norm., i (1991), pp. 455 ss.; G. H. Burgess jr., Antitrust and regulation, Brookfield 1992.

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