MONTE IATO

Enciclopedia dell' Arte Antica (1995)

MONTE IATO (Ίαίτας, Ietas)

H. P. Isler

Località della Sicilia occidentale, a 30 km da Palermo, di origine indigena. Il nome antico è tramandato da Silio Italico (XIV, 271) e appare pure (al genitivo) su tegole e monete. L'insediamento, situato a 852 m s.l.m., sorse probabilmente già agli inizî del I millennio a.C.; fu raggiunto da importazioni greche prima della metà del VI sec. a.C. Dopo il 550 a.C. sembra vi fosse presente un nucleo di abitanti greci. Verso la fine del IV sec. la città venne interamente ristrutturata su un impianto urbanistico di tipo greco. Contrariamente a molti altri centri della Sicilia, ebbe vita continuativa fino al periodo svevo. I primi scavi risalgono al 1971 a opera dell'Istituto di Archeologia dell'Università di Zurigo.

Il periodo indigeno è caratterizzato da ceramica dipinta e incisa, dapprima fabbricata senza tornio. Nella fase iniziale si pone la ceramica «piumata» del tipo conosciuto nella Sicilia centro-meridionale. La ceramica incisa e stampigliata del tipo «Sant'Angelo Muxaro» e la contemporanea ceramica dipinta a motivi geometrici tratti dal repertorio della ceramica greca sembrano scendere fino al V sec. a.C. Le tracce finora osservate dell'abitato di questo periodo sono scarse, dato che la costruzione della città di tipo greco ha comportato notevoli lavori di sterro. Al periodo precedente l'ellenizzazione risale una capanna indigena con più livelli pavimentali a O del Tempio di Afrodite. A S dell'adora greca le prime tracce dell'abitato indigeno, a contatto con la roccia, sono più recenti e si datano dall'inizio del VI sec. a.C. Non si sa ancora se si tratta di due nuclei d'abitato indipendenti oppure dell'estensione verso E dell'insediamento più antico. Non si è potuto finora stabilire, in base ai reperti, se l'insediamento facesse parte della zona sicana oppure di quella elima della Sicilia.

Uno dei primi indizî dell'ellenizzazione è la costruzione di un tempio del tipo a òikos, tripartito (17,70 x 7,20 m), databile, in base al máteriale stratigrafico, tra il 550 e il 525 a.C. L'attribuzione ad Afrodite si basa su un graffito dedicatorio del IV sec. a.C. Di poco più recente è un'abitazione scavata a O del Tempio di Afrodite. Un altro edificio pubblico o sacro a S dell'agorà, non ancora scavato per intero, sorse verso la metà del V sec. e fu rinnovato nel IV sec. a.C. Nel tardo IV sec. a.C. la città venne ricostruita per intero in base alle norme urbanistiche greche. Secondo le osservazioni in superficie confermate da alcuni saggi esplorativi, la città greco-ellenistica sembra essersi estesa sui due terzi orientali della superficie di 40 ha circa ed era, dove necessario (a E e a S), circoscritta dalla cinta muraria. Quest'ultima, rinforzata su tre angoli da bastioni, risale almeno allo stesso periodo. L'accesso, certamente carrozzabile, si trovava a E, dove la porta è fiancheggiata da due torri. Fanno inoltre parte dell'impianto un asse viario EO (osservato tra la zona dell'agorà e il Tempio di Afrodite), il centro pubblico con agorà, bouleutèrion e teatro, e i quartieri d'abitazione, dei quali è stato scavato finora un settore adiacente al Tempio di Afrodite e a O di esso. Contrariamente a quanto ci si aspetterebbe, l'impianto urbano non è, almeno per quanto riguarda la zona tra centro pubblico e Tempio di Afrodite, ortogonale e regolare.

Il teatro del tipo siceliota (come a Segesta e Tindari) era largo 68 m e aveva una capienza di 4.400 posti. La fondazione risale agli inizî della nuova città, la pianta segue il modello del teatro di Dioniso ad Atene, di poco anteriore. La cavea è divisa in tre ranghi, di cui il primo, non interessato dalla divisione in sette cunei, serviva da proedria, ed era ornata sui lati da statue di leoni accovacciati. L'edifìcio scenico del tipo a parasceni rivela tre fasi successive. La scena originale, in cocciopesto, è rialzata di un solo gradino rispetto all'orchestra. Si tratta dell'unico esempio finora conservato di scena bassa di tipo classico: può servire dunque anche per la ricostruzione della situazione nel teatro di Dioniso. Alla fase iniziale dell'edificio scenico appartengono anche quattro figure di sostegno in calcare di formato più grande del vero, rappresentanti menadi e satiri. Dopo il 200 a.C. la scena del teatro di Iaitas venne ulteriormente rialzata fino al livello del piano superiore e protratta verso l'orchestra, mentre i parasceni furono ridimensionati. Contemporanea, o di poco posteriore, è la costruzione di un portico a pilastri semichiuso, retrostante l'edificio scenico. La terza fase, databile all'inizio dell'epoca imperiale romana e non più terminata, collegava l'edificio scenico alla cavea. Il tetto dell'edificio scenico era, nella prima fase, decorato con antefisse a forma di maschera teatrale. Il tetto della seconda fase era coperto con tegole bollate; una serie di tegole con nomi di magistrati deriva da restauri successivi. L'onomastica è, con una sola eccezione, puramente greca.

L'agorà, situata a S del teatro, è l'unica superficie piana sul M. I., ottenuta mediante sterri e riempimenti. La piazza (40 x 50 m) era coperta da un lastricato regolare e circondata, su tre lati, da portici di ordine dorico, di cui quelli Ν e O a due navate, quello E di tipo semplice. Dietro il portico Ν si è «coperto il bouleutèrion della città a pianta quadrata e con soli 70 posti, preceduto da un piccolo cortile a peristilio. Tutto il complesso architettonico del lato O risulta aggiunto in un secondo tempo, non prima del II sec. a.C. avanzato. Esso si compone del secondo bouleutèrion di Iaitas con portico antistante e di un tempio prostilo a podio, inserito anch'esso nel portico. Il secondo bouleutèrion a pianta quasi quadrata, con nove gradinate a semicerchio, dava posto a 200 persone. Tegole con bollo latino indicano che il complesso occidentale dell'agorà fu eretto su committenza di un magistrato romano (forse Publio Rupilio), probabilmente nel quadro dei lavori di ristrutturazione in Sicilia in seguito alla guerra servile del 135-132 a.C. Nella zona dell'agorà sono inoltre stati scoperti resti di statue in marmo.

Dell'abitato della città ellenistica si conoscono alcune botteghe lungo la strada principale, e soprattutto tina splendida casa a peristilio con una superficie di 800 m2 al pianterreno, a due piani. Il cortile a peristilio ha dodici colonne di ordine dorico e altrettante di ordine ionico al piano superiore. Sul suo lato Ν si trova un'esedra che si apre con due colonne sul cortile, affiancata da due andrones; questo gruppo di ambienti si ripete al primo piano. La casa a peristilio aveva una ricca decorazione: pavimenti di opus signinum e decorati a mosaico (III sec. a.C.) e pareti con intonaci colorati e cornici in stucco di «I stile». Intorno alla metà del III sec. a.C. la casa venne ingrandita sul lato occidentale e dotata di un bagno con vasca incorporata e di un cortile di servizio. Poco più a O è stata in parte scavata una casa analoga.

Nel periodo imperiale romano le attività edilizie furono, probabilmente, molto ridotte; si adattarono a nuove funzioni le costruzioni ellenistiche: all'angolo NO dell'agorà si rinvenne un'abitazione, inserita nel portico e crollata intorno alla metà del V sec. d.C., della quale si conserva l'inventario. Una vita continua e intensa viene attestata dai rinvenimenti di ceramica, anzitutto terra sigillata; sono rappresentate, oltre alle fabbriche italiche, la sigillata orientale A, la c.d. tripolitana e, dal I sec. d.C. avanzato e fino al VI, le fabbriche africane.

Bibl.: Relazioni preliminari di scavo: in SicA, XV, 1971 ss.; in AntK, XV, 1972 ss.; in NSc, 1972, pp. 644-650; 1975, pp. 531-556; in Kokalos, XVIIIXIX, 1972-1973, pp. 419-424; XXII-XXIII, 1976-1977, pp. 689-696; XXVIXXVII, 1980-1981, pp. 997-1008; XXX-XXXI, 1984-1985, pp. 611-620; XXXIVXXXV, 1988-1989, pp. 617-628.

In generale: H. Bioesch, Wie hiess die Stadt der Iaitiner?, in Kokalos, XVII, 1971, pp. 26-32; id., La monetazione di letas, in Atti del III congresso internazionale di studi sulla Sicilia antica, Palermo 1972 (Kokalos, XVIII-XIX, 19721973), Palermo 1975, pp. 201-207; H. Bioesch, H. P. Isler, Die Stützfiguren des griechischen Theaters. Gestempelte Ziegel. Rezepte vom Monte Iato (Studia Ietina, I), Erlenbach-Zurigo 1976 (decorazione scultorea del teatro; tegole iscritte); AA.VV., Afrodite a Monte Iato?, in Kokalos, XXV, 1979, pp. 259-355; H. P. Isler, Bolli d'anfora e documenti affini dagli scavi di Monte Iato, in φίλιας χάριν. Miscellanea di studi classici in onore di E. Manni, Palermo 1979, pp. 1213-1229; id., Contributi per una storia del teatro antico: il teatro greco di Iaitas e il teatro di Segesta, in NumAntCl, X, 1981, pp. 131-164; id., Eine Fundgruppe des 5 Jhs. n. Chr. vom Monte lato, in RM, LXXXIX, 1982, pp. 213-225; H. P. Isler, C. Isler-Kerényi, Der Tempel der Aphrodite. La ceramica proveniente dall'insediamento medievale (Studia Ietina, II), Zurigo 1984; H. P. Isler, Eros auf dem Delphin?, in Lebendige Altertumswissenschaft. Festgabe H. Vetters, Vienna 1985, pp. 74-76; id., Una cariatide dal teatro di Solunto, in SicA, XVIII, 1985, 59, pp. 65-70; id., Monte Iato, in Gli Elimi e l'area elima fino all'inizio della prima guerra punica. Atti del seminario di studi, PalermoContessa Entellina 1989, Palermo 1990, pp. 277-285; H. S. Daehn, Die Gebäude an der Westseite der Agora von Iaitas, Zurigo 1991; R. B. Caflisch, Die Firniskeramik von Monte lato. Funde 1971-1982, Zurigo 1991 (ceramica a vernice nera); H. P. Isler, Monte Iato - Guida archeologica, Palermo 1991; id., Gli Arabi a Monte Iato, in Dagli scavi di Montevago e di Rocca di Entella un contributo di conoscenze per la Storia dei Musulmani della Valle del Belice dal X al XIII secolo. Atti del Convegno Nazionale, Montevago 1990, Agrigento 1992, pp. 102-125; id., in BTCGI, XII, 1992, pp. 368-375, s.v.; id., Monte Iato: l'aspetto anellenico, in Studi sulla Sicilia Occidentale in onore di Vincenzo Tusa, Padova 1993, pp. 85-92.

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