Moralium dogma philosophorum

Enciclopedia Dantesca (1970)

Moralium dogma philosophorum

Philippe Delhaye

Viene così designato un compendio di morale del XII secolo il cui titolo, differenziandosi nelle diverse redazioni manoscritte, è opportuno citare, al fine di evitare ogni confusione, secondo le prime parole: " Moralium dogma philosophorum ".

Per i diversi titoli, cfr. ad es. Compendium morale (Monaco 24020; De Moralitate, Nantes 82; Ysagoge in moralem philosophiam, Parigi, bibl. Nazionale 5137, Padova 101, Erlangen 396; Liber moralis philosophiae, Oxford, Corpus Christi College 86; Liber moralium, Parigi, bibl. Nazionale 2513 e 16581, Uppsala 643; Liber philosophiae de honesto et utili, Parigi, bibl. Nazionale 10358; Moralis philosophia, Rouen 666; Moralis philosophia de honesto et utili, Parigi, bibl. Nazionale 2513; Summa moralium philosophorum, Parigi, bibl. Nazionale 12387). Quanto al genere dell'opera, si tratta - secondo un uso frequente nell'epoca - del resoconto di un sogno in cui l'autore vede apparire Cicerone, Seneca e altri filosofi, che collaborano tutti insieme alla redazione di un compendium di morale, commissionato da un personaggio di rango, di nome Enrico, cui il trattato è dedicato. Tuttavia non si tratta di un'opera letteraria, quanto piuttosto di un libro di studio, anzi di un manuale scolastico fortemente strutturato. L'autore opera continuamente divisioni, suddivisioni e distinzioni, riassumendo sistematicamente i testi che cita. Concepito sul modello del De Officiis di Cicerone, il M.d. è una raccolta di estratti dai principali moralisti antichi, tanto prosatori che poeti (Cicerone, Seneca, Sallustio, Boezio, Isidoro, Gregorio, Orazio, Terenzio, Giovenale, Virgilio, Persio e Lucano). I testi della scrittura (Proverbi, Ecclesiastico, Sapienza, Epistole Paoline) sono assai rari. Sia la scelta e la cucitura delle citazioni, sia le formule introduttive e di transizione sono dell'autore, il che conferisce alla raccolta un'impronta personale.

Quanto alla dottrina va detto che l'opera inizia col raccomandare lo studio della morale, per passare poi all'esposizione delle cinque questioni che intende trattare: 1) De Honesto; il bene onesto viene descritto come ciò che la voce della nostra natura e il senso della nostra dignità c'inducono a desiderare. Esso si attinge a quattro fonti: la prudenza (providentia, circumspectio, cautio, docilitas), la giustizia (primo trattato: severitas-beneficientia, benignitas, liberalitas; secondo trattato: religio, pietas, innocentia, amicitia, reverentia, concordia, misericordia), la fortezza (magnanimitas, fiducia, securitas, magnificentia, constantia, patientia) e la temperanza (modestia, verecundia, abstinentia, honestas, parcitas, moderantia, sobrietas, pudicitia); 2) De Comparatione honestorum; 3) De Utili (De Bonis animi, corporis et fortune); 4) De Comparatione utilium; 5) De Conflictu honesti et utilis (la tesi è che solo il bene onesto è veramente utile). L'autore conclude rilevando che chi osserverà i precetti menzionati vivrà nell'onestà e secondo le norme della ragione.

Quanto all'autore sono state proposte dieci candidature, più o meno valide, da parte dei manoscritti, autori di cataloghi, editori o ricercatori. La critica esterna e interna, a nostro parere, sono a favore di Guglielmo di Conches (v.). Lo confermano infatti parecchi manoscritti: i più antichi (Cambridge, Gonville and Caius College 210, Rouen 665, 666, 669) si trovano in ambiti anglo-normanni - il che è un indice favorevole a Guglielmo di Conches -, altri portano esplicitamente il suo nome (Erlangen 272, sec. XIII; Grenoble 706, sec. XIV; Oxford Bodleian 212, sec. XV; Cujas, oggi scomparso). In certo modo un prologo posteriore, Quia mores, testimonia a favore di Guglielmo di Conches. D'altra parte, un confronto istituito tra il M.d., l'Ysagoge in theologiam e il De Virtutibus di Alano di Lilla sembra fornire serie ragioni per fissare l'anteriorità del M.d., permettendo così di distinguere il suo autore dal De Virtutibus di Alano (cfr. l'esposizione di questo confronto in Ph. Delhaye, Gauthier de Chatillon, pp. 37-80). Infine, una concomitanza d'indizi fa pensare che l'opera fu dedicata a Enrico II d'Inghilterra dal suo antico precettore che fu appunto Guglielmo di Conches.

Scopo del libro è d'insegnare le norme suggerite dalla ragione per la buona condotta della vita, in nulla contrarie alla morale cristiana.

L'accesso al M.d. fu offerto ai dantisti dall'edizione di Thor Sundby in appendice al suo Brunetto Latinos Levnet og Sckriften (Copenaghen 1869) con attribuzione a Gauthier de Chatillon. La traduzione italiana dell'opera del Sundby (Della vita e delle opere di Brunetto Latini, Firenze 1884) recava infatti, nell'appendice terza, il trattato (Gualteri ab Insulis Liber qui dicitur Moralium dogma) che il Pascoli ebbe presente quando additò " l'importanza straordinaria " del M.d. " rispetto all'etica di Dante ", designandolo senz'altro come fonte del poeta (G. Pascoli, Minerva oscura, Livorno 1898; id., Intorno alla Minerva oscura, in " Flegrea " feb. 1900; id., Sotto il velame, Messina 1900; ora in Prose di Giovanni Pascoli, a c. di A. Vicinelli, II, Scritti danteschi, Milano 1952, 123, 198-200, 223, 262-264, 401-402).

Il Pascoli riteneva il M.d. essenziale per la costruzione morale dell'Inferno, e citava in particolare l'identificazione di negligentia come opposto a giustizia, identificazione che qualificherebbe la colpa dei gran regi di If VIII 49 ss. come ‛ accidia ' o negligentia nei confronti della giustizia. Così ancora nel M.d. si troverebbe: la giustificazione della presenza dei re nella riviera di sangue, in quanto rei di ‛ ira in puniendo ' (If XII 104 ss.); la divisione, ripresa in If XI 22 ss., della malizia in forza e frode (vis e fraus), con la corrispondente figurazione del leone e volpe, mutata da D. in lupa; la nozione di magnanimitas ricorrente nei testi danteschi; la definizione oraziana di ira (Epist. I II 60-63) echeggiata dal cui vinse l'ira di If VII 116; e inoltre un verso di Giovenale (Sat. II 11-12) che avrebbe suggerito alcuni tratti della figurazione di Gerione (If XVII 10 e 13). In realtà questa serie di raffronti non rende probanti le argomentazioni pascoliane, in quanto esse rimangono fondate su coincidenze tra passi danteschi e citazioni dai classici latini (Cicerone, Orazio, Giovenale, ecc.) che formano sì l'ossatura del compendio morale, ma non ne costituiscono elementi tipici - non altrimenti reperibili - tali cioè da indicare una certa e immediata dipendenza di D. dal Moralium dogma philosophorum.

Bibl. - Fonti: J. Holmberg, Das Moralium dogma philosophorum des Guillaume de Conches. Lateinisch, altfranzösisch und mittelnie-derfränkisch, Uppsala 1929 (ediz. critica del testo). Di scarsa attendibilità la vecchia ediz. di V. De Vit (riprodotta in Patrol. Lat. CLXXI 1001-1056, Moralis philosophia de honesto et utili). Edizioni precedenti sono quelle comparse a Colonia (XV sec.), a Parigi (1511, a c. di Jean Petit), a Caen (s.d.), a Strasburgo (1512 e 1513). Un'altra edizione di A. Beaugendre comparve a Parigi (1708) sotto il nome di Ildeberto di Lovardin, e un'altra di V. de Vit a Parigi (1854), riprodotta anch'essa nel Migne sotto il nome di Ildeberto.

Studi: B. Haureau, Notices et extraits de quelques manuscrits latins de la Bibliothèque nationale, Parigi 1890, 100-108; J. Williams, The Authorship of the M.D.Ph., in " Speculum " VI (1931) 392-411; P. Glorieux, Le M.D.Ph. et son auteur, in " Recherches de Théologie Ancienne et Médiévale " XV (1948) 360-366; P. Delhaye, Une adaptation du De Officiis au XIIe siècle, le M., I: L'oeuvre et son auteur. Il: La dottrine du M.d., ibid., XVI (1949) 27-258; XVII (1950) 5-28; R.A. Gauthier, Pour l'attribution à Gauthier de Châtillon du M.d. ph., in " Revue du Moyen Age Latin " VII (1951) 19-64; P. Delhaye, Gauthier de Châtillon est-il l'auteur du Moralium dogma?, Namur 1953 (" Analecta Namurcensia " 3).

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