Morfologia

Enciclopedia dei ragazzi (2006)

Morfologia

Francesco De Renzo

La struttura delle parole

La morfologia scava dentro le parole. Al loro interno le parole possono contenere elementi che ci permettono di distinguere, per esempio, i nomi singolari dai plurali o i sostantivi dagli aggettivi (noia-noioso)

Gli elementi di una parola

L’analisi morfologica individua le unità minime che contribuiscono al significato di una parola, i morfemi. Se scomponiamo la parola autunnale possiamo distinguere tre elementi: autunn-al-e. Ciascuno di questi elementi contribuisce al significato della parola: autunn significa «stagione dell’anno che segue l’estate e precede l’inverno»; -al- ha il significato di «aggettivo relativo a qualcosa» (in questo caso relativo ‘all’autunno’, ma in naturale ‘alla natura’, in settimanale ‘alla settimana’, e così via); infine -e ha il significato di «singolare, uno solo».

Allo stesso modo in giocano è facile individuare i morfemi che determinano il significato: gioc- come radice del verbo giocare e -ano come desinenza della terza persona plurale dell’indicativo presente. In libri troviamo libr-, cioè «insieme di fogli stampati che si possono leggere», e -i plurale maschile.

Dunque, autunn, al, e, gioc, ano, libr, i sono morfemi. L’analisi morfologica divide i morfemi in morfema lessicale e morfema grammaticale. I morfemi lessicali, come autunn, gioc e libr, hanno riferimenti precisi e concreti alle cose. I morfemi grammaticali sono più poveri di precisi riferimenti e servono a legare le parole tra loro o a formare nuove parole.

Esistono due prospettive di analisi morfologica: una riguarda la formazione di parole nuove, e si chiama morfologia derivazionale; l’altra riguarda invece il mutamento della stessa parola quando entra in rapporto con le altre, e si chiama morfologia flessionale.

Morfologia derivazionale

Per derivazione si intende il meccanismo che consente la formazione di nuove parole a partire da una base lessicale (o radice) con l’aggiunta di affissi. Gli affissi maggiormente usati sono i suffissi, cioè le particelle che si mettono alla fine di una base, e i prefissi, cioè particelle che si mettono all’inizio di una base. Facciamo qualche esempio: da una base come orologio, con l’aggiunta del suffisso -aio si forma la parola orologiaio; da pagare, con l’aggiunta del prefisso pre- si forma la parola prepagare. Le basi possono essere sia verbi, da mangiare mangiabile, sia aggettivi, da rosso rosseggiare, sia nomi, da fiore fiorato. Le parole formate da una base più un affisso si chiamano derivati, cioè formati attraverso il processo di derivazione. Se la base di tale processo è un nome, come in fiorato, si chiamano derivati denominali; se è un verbo, come in mangiabile, si chiamano derivati deverbali; se è un aggettivo, come in rosseggiare, si chiamano derivati deaggettivali.

Negli studi morfologici, i morfemi che servono a formare nuove parole come -eggiare, -ato, -abile, -izzare (computerizzare), -ista (dentista) e altri ancora si chiamano morfemi derivazionali. È difficile dare conto di tutti gli affissi, poiché essi sono molto numerosi. Tuttavia, nei dizionari e nelle grammatiche potremo soddisfare tutti i nostri interessi sull’argomento.

Morfologia flessionale

Per flessione si intende ogni tipo di variazione morfologica, cioè di forma, con cui una parola assume differenti funzioni sintattiche e grammaticali. Si tratta più precisamente delle variazioni in relazione al genere, al numero, al modo, al tempo, alla persona e, in alcune lingue, come il latino (lingue morte), al caso. Queste variazioni riguardano le parole che appartengono alle parti del discorso dette appunto variabili: aggettivi, pronomi, nomi, verbi e articoli.

La scelta della forma riguarda i reciproci rapporti delle parole nella frase, come per esempio avviene quando concordiamo nomi e aggettivi (libro rosso, e non rossi o rosse), articoli (il libro e non i o le o la libro), nome e verbo (il cane gioca con la palla e non il cane giocano con la palla). Per tali ragioni, in questi casi si tende dunque a parlare più precisamente di morfosintassi. Negli studi morfologici, i morfemi che servono a modificare la forma di una parola per collegarla con le altre si chiamano morfemi flessionali.

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