MORTAIO

Enciclopedia Italiana (1934)

MORTAIO

Filippo Rossi

. Utensile da cucina e da farmacia, quasi sempre di bronzo, più raramente di pietra dura (per es., porfido). I più antichi mortai conosciuti hanno forme grevi e tozze a sezione circolare (talvolta all'esterno poligonale) con anse a testa di leone o a bucranio, con decorazione incisa o a forte rilievo sbalzato o fuso, arricchita in alcuni esemplari più tardi da ageminature d'argento o di rame; provengono dall'Egitto o dall'Asia, specialmente dall'Iran: sono generalmente non posteriori al secolo XIII e fornirono certamente i modelli ai primi mortai occidentali.

In Occidente dovettero essere d'uso frequente nel Medioevo, come appare dalle numerose menzioni in inventarî e in testamenti. Essi appaiono nell'arte gotica specialmente settentrionale dei secoli XIV e XV, che adoperò per i mortai anche l'ottone (fonditori olandesi e fiamminghi continuarono a produrne fino al sec. XVIII) e che raggiunse specialmente nel bronzo una notevole bellezza di forme (mortaio del 1308 al museo di York). Nella prima metà del '400 sono frequenti i mortai tedeschi, fusi spesso in bronzo da campane e decorati di immagini sacre, per lo più di forme snelle, cilindriche o a tronco di cono rovesciato con anse schiacciate. Anche in Italia appaiono forme semplici ma vigorose, a spigoli vivi. Il Rinascimento italiano produsse in gran quantità mortai di bronzo, anche con dorature, specialmente a Firenze, a Padova e più tardi a Venezia; predilesse le forme a tronco di cono o a campana rovesciata, quella cilindrica e più tardi anche quella a vaso (anfora o cratere) con anse talvolta a foggia di delfini. La decorazione dei mortai italiani di quest'epoca si stende in rilievo sull'esterno ed è per lo più derivata dai tipi scultorî: l'influsso donatelliano è manifesto nei motivi (ad es., fregi di putti con festoni o fregi d'acanto) che si ripetono di frequente alternandosi con figure di animali, o stemmi, e che perdurano fino al sec. XVII; assai spesso i motivi ripetono quelli delle placchette contemporanee o sono desunti da incisioni: la decorazione, rude ed espressiva nel sec. XV, si fa sempre più elegante nel successivo. A questa produzione dovettero attendere per lo più fonditori di campane e di cannoni: ne conosciamo alcuni nomi che appaiono sugli stessi mortai: Guiduccio di Francesco da Fabriano (1468), Giuliano della Nave fiorentino (1480-94), Antonio de Viteni, Guglielmo de' Monaldi (1502), Giuliano di Mariotto fiorentino (1505-1557), Crescimbene di Perugia (1540), Stefano Parari, Antonio Maria de Maria, Bartolomeo de' Pesenti veronese, Giulio Alberghetti, ecc. Nei secoli XVI e XVII è abbondante la produzione di mortai artistici in Inghilterra, in Francia, in Spagna, nelle Fiandre, in Olanda e anche nei paesi tedeschi, specie nella Germania del sud, a forma di bicchiere o cilindrici con rilievi desunti da placchette: fra gli artisti che vi attesero è da rammentare soprattutto la famiglia degli Enndorfer di Innsbruck. Mortai di bronzo si trovano in genere in tutte le collezioni di bronzi artistici: notevoli soprattutto le serie delle raccolte Dreyfus e Figdor, oggi disperse.

Bibl.: G. Lehnert, Illustrierte Geschichte des Kunstgewerbes, Berlino s. a.; Drury E. Fortnum, Bronzes in the South Kensington Museum, Londra 1876, p. 174 segg.; F. Schottmüller, Bronzestatuetten und Geräte, Berlino 1918, p. 95; J. Destrée, Les Dinanderies aux expositions de Dinant et de Middelbourg 1905, in L'Art Flamand et Hollandais, II, p. 70 segg.; W. Bode, Die italienischen Bronzestatuetten, Berlino s. a., p. 82 segg.; British Museum, Guide to Mediaeval antiquities, Londra 1924, pp. 193, 244, 268-69; G. Migeon, Manuel des arts musulmans, Parigi 1927, I, pp. 382, 384; II, p. 32; The Gustave Dreyfus Collection, Renaissance bronzes, catalogo redatto da Seymour de Ricci, Oxford 1931, nn. 94-106; Die Sammlung Dr. Albert Figdor, V, Vienna 1930, nn. 382-455.