MUSAWWARAT es-SOFRA

Enciclopedia dell' Arte Antica (1995)

MUṢAWWARAT eṣ-ṢOFRA (in arabo «le figure gialle»)

F. Tiradritti

Località nel deserto del Butana c.a 180 km a NE di Khartum. Il suo nome fa riferimento ai rilievi che decorano le rovine affioranti dalla sabbia. Il sito era già noto ai viaggiatori europei del secolo scorso; i monumenti attualmente visibili risalgono all'epoca meroitica e sorgono su vestigia di edifici databili al VI o V sec. a.C. Da allora il «Grande Recinto» è stato di volta in volta interpretato come residenza estiva del sovrano meroitico, accademia militare o seminario, centro di addestramento per elefanti da guerra (ipotesi basata sulla presenza di molte figurazioni di elefanti in tutto l'insediamento).

Lo scavo di M., intrapreso negli anni Sessanta dall'Università Humboldt di Berlino, ha portato a un'interpretazione più soddisfacente della funzione del complesso. L'assenza di un abitato e di sepolture di epoca meroitica indica che la valle di M. era considerata un luogo sacro, meta di pellegrinaggi, visitato soltanto in occasione di determinate ricorrenze religiose. Gli enormi cortili del «Grande Recinto» dovevano servire come luogo di accampamento per ospitare i pellegrini, autori dei graffiti che coprono le mura delle strutture. I successivi ampliamenti dimostrerebbero la crescente importanza del luogo fino alla fine dell'età meroitica, quando fu abbandonato.

Il «Grande Recinto» racchiudeva tre templi, due dei quali si alzavano sopra piattaforme, circondati da una serie di cortili e da altre costruzioni la cui destinazione risulta tuttora sconosciuta. Un complesso religioso di tal genere non ha paralleli nella valle del Nilo, sia sotto il profilo architettonico sia dal punto di vista topografico. Il nucleo era rappresentato dal «Tempio Centrale» (100), costruito su una piattaforma a cui si accedeva da una rampa posta parallelamente al lato N. L'edificio era circondato da un portico che poggiava su una fila di colonne, doppia sul lato E in corrispondenza dell'entrata principale. Qui fu ritrovato un blocco di arenaria, proveniente dall'architrave, scolpito in altorilievo e raffigurante la testa del dio Ammone criocefalo, ai lati del quale si trovano le rappresentazioni degli dèi Arensnufis e Sebiumeker (Khartum, Nuovo Museo Nazionale del Sudan). La posizione di preminenza attribuita al dio Ammone lascia supporre che il «Tempio Centrale» fosse a lui dedicato. Il santuario era costituito da un'unica sala a quattro colonne le cui basi erano scolpite con figure di animali in perfetta simmetria tra loro: quelle più vicine all'entrata erano decorate da un elefante tra due leoni, le altre da un leone tra due elefanti. Lungo il lato Ν della terrazza sorgeva un secondo tempio a forma di torre (107) preceduto da una sala (108) dove le statue di Arensnufis e Sebiumeker fungevano da colonne. Sotto il pavimento della sala furono trovati alcuni blocchi provenienti da diversi fregi decorativi. Ogni blocco recava incise sul retro lettere dell'alfabeto greco e meroitico indicanti i raccordi. Si tratta di una delle primissime attestazioni della scrittura meroitica e di una preziosa testimonianza sul grado di penetrazione della cultura greca in Africa in epoca anteriore al 200 a.C.

A E del «Tempio Centrale» sorgeva il «Tempio 300», forse dedicato al dio-leone Apedemak. Una rampa conduceva a una terrazza sulla quale sorgeva un portico a colonne. La facciata dell'edificio prevedeva un'entrata sormontata da un fregio con tre dischi solari alati sovrapposti. Ai lati si ergevano due statue identificate con Sebiumeker e Arensnufis attraverso i resti delle corone ritrovati nelle vicinanze. Gli dei erano rappresentati stanti e tenevano al guinzaglio un leone accucciato aggettante dal muro. Il santuario era costituito da un'unica sala divisa in tre navate da due file di tre colonne. Le pareti esterne erano decorate con mezze colonne dal fusto sottile poste a intervalli regolari e sormontate da statue

di leoni, arieti e falchi. La colonna O della terrazza antistante la facciata poggiava su una base scolpita a forma di testa di elefante.

La figura di un elefante fungeva anche da punto finale per una cortina muraria in prossimità del «Tempio Centrale». È un elemento architettonico insolito, che non ha riscontro altrove in Sudan e in Egitto e che riecheggia l'iconografia delle Lamassu, i geni tutelari posti a protezione delle porte dei palazzi assiri. Le raffigurazioni così frequenti di elefanti a M. potrebbero avere avuto la medesima funzione: si ritrovano infatti soprattutto in quei punti dell'edificio dei quali si voleva mettere in rilievo la solidità.

All'esterno del «Grande Recinto» sorgevano altri edifici, quasi tutti a carattere religioso. Tra tutti è degno di nota il Tempio del Leone, dedicato al dio Apedemak e costruito dal re Arnekhamani, contemporaneo di Tolemeo IV Filopatore. Il santuario è stato sottoposto a una completa anastilosi alla fine degli anni Sessanta.

In un periodo successivo all'abbandono, la valle di M. fu frequentata da genti appartenenti alla popolazione dei Noba, cui vanno riferite alcune sepolture scoperte a Ν del «Grande Recinto». Un edificio templare costruito alla fine dell'epoca meroitica fu trasformato in chiesa con l'avvento del cristianesimo in Nubia.

Bibl.: Rapporti preliminari di scavo: F. Hintze, in Kush, X, 1962, pp. 170-202; XI, 1963, pp. 217-226; XV, 1967-1968, pp. 283-298; WissZBerl, XI, 1962, pp. 441-448; XII, 1963, pp. 63-77; XVII, 1968, pp. 667-684; XX, 1971, pp. 227-245; Ethnographisch-Archäologische Zeitung, XIII, 1972, pp. 259-271; F. Hintze, U. Hintze, Einige neue Ergebnisse der Ausgrabungen des Instituts für Ägyptologie der Humboldt-Universität zu Berlin in Musawwarat es Sufra, in E. Dinkier (ed.), Kunst und Geschichte Nubiens in christlicher Zeit, Recklinghausen 1970, pp. 46-70.

Rapporti definitivi: F. Hintze, U. Hintze, Musawwarat es Sufra. 1, 2. Der Löwentempel. Tafelband, Berlino 1971.

Studi: G. O. Whitehead, Nagaa und Musawwarat, in Sudan Notes and Records, IX, 1926, pp. 59-67; F. Hintze, Die Inschriften des Löwentempels von Musawwarat es Sufra (Abhandlungen der Deutschen Akademie der Wissenschaften, 1), Berlino 1962; Κ. n. Otto, Zur Klassifikation der meroitiscken Keramik von Musawwarat es Sufra (Republik Sudan), in Zeitschrift für Archäologie, I, 1967, pp. 1-32; L. Törok, Ein christianisiertes Tempelgebäude in Musawwarat es Sufra (Sudan), in ActaArchHung, XXVI, 1974, pp. 71-103; U. Hintze, The Graffiti from the Great Enclosure at Musawwarat es Sufra, in Africa in Antiquity (Meroitica, V), Berlino 1979, pp. 135-150; I. Hofmann, Chronologische Probleme zur Bauperiode 6 der Grossen Anlage von Musawwarat es Sufra, in Meroitic Newsletter, XVIII, 1977, pp. 19-27; M. Bakr, A Contribution to the Function of the Great Enclosure of Musawwarat, ibid., XX, 1980, pp. 7-8; S. Wenig, Das Gebäude IIA von Musawwarat es Sufra, in Meroitische Forschungen 1980 (Meroitica, VII), Berlino 1984, pp. 183-187; M. Zach, Ein Beitrag zur Erforschungsgeschichte von Musawwarat es Sufra und Naqa, in BzS, I, 1986, pp. 157-160; S. Wenig, Struktur und Konzeption des Löwentempels von Musawwarat es-Sufra und das Problem einer Klassifikation kuschitischer Sakralbauten, in W. Helck (ed.), Tempel und Kult. Jahrestagung der ständigen Agyptologen-Konferenz, Mainz 1986 (Ägyptologische Abhandlungen, XLVI), Wiesbaden 1987, pp. 43-59; Ν. A. Pomerantseva, Some Principles of Architectural-Sculptural Composition Observed at Two Temples in Musawwarat es-Sufra, in S. Donadoni (ed.), Studia meroitica 1984. Proceedings of the Fifth International Conference for Meroitic Studies, Rome 1984 (Meroitica, X), Berlino 1989, pp. 503-513; S. Wenig, Die Darstellungen der Gottheiten am Löwentempel von Musawwarat es-Sufra. Eine taxonomische Studie, ibid., pp. 549-572.