Naiadi

Enciclopedia Dantesca (1970)

Naiadi

Giorgio Padoan

Le N. o Naidi (" le nuotanti "; D. usa la forma Naiade, più aderente al plurale latino), ninfe dei fiumi, delle fonti e delle acque stagnanti.

Le N., spesso rappresentate insieme con Satiri al seguito di Bacco o di Pan, sono nominate con frequenza ma per lo più genericamente dai poeti greci e latini (tra questi soprattutto i bucolici e Ovidio): tanto che non solo ‛ Naias ' può indicare, per traslato, ogni ninfa, ma anche, per metafora, il fiume, l'acqua o la natura del luogo. Poche sono le N. indicate nominativamente: per rimanere agli autori più cari a D., troviamo in Virgilio Egle (Buc. VI 21), in Ovidio Siringa (Met. I 691) e Salmacide (IV 285-388), in Lucano Enone (Phars. IX 973).

D. dunque non poteva assolutamente ignorare che le N. sono ninfe dei fiumi e delle fonti: tant'è vero che non solo ricorda, secondo la narrazione ovidiana, la ninfa Siringa (v.) in Pg XXXII 65, ma in Eg IV 85 indica il fiume Savena (v.) come Nayas illa. A ragione pertanto rimasero lungo tempo perplessi i dantisti moderni di fronte a Pg XXXIII 49 E forse che la mia narrazion buia, / qual Temi e Sfinge, men ti persuade, / perch'a lor modo lo 'ntelletto attuia / ma tosto fier li fatti le Naiade, / che solveranno questo enigma forte sanza danno di pecore o di biade, con evidente rinvio a Met. VII 759-765 (la morte della Sfinge è vendicata da Temi che manda una belva a flagellare la campagna tebana); finché il Ghisalberti non avvertì che nei codici medievali delle Metamorfosi, proprio all'inizio del passo or ora ricordato (" Carmina Laiades non intellecta priorum/ solverat ingemis "), anziché Laiades, cioè Edipo figlio di Laio, predomina pressoché incontrastata la lezione Naiades: che fu l'unica nota a D. e ai suoi contemporanei.

I chiosatori antichi non si proposero neppure il problema di un possibile guasto del testo: e in coerenza alla mentalità che nutrì la loro cultura tentarono di spiegare il passo accettandolo così com'esso si presentava; e dunque inserirono le N. nel mito sfingeo mediante una deviazione laterale, a fianco del più noto e autorevole episodio di Edipo. Assai istruttiva per quest'allusione dantesca è la parafrasi di quel passo delle Metamorfosi offerta da Giovanni del Virgilio: " Domina Themis adorabatur a Thebanis. Sed tandem quia ipsa dabat responsa sua ita obscura quod non intelligebantur, Thebani eam spernebant et ibant ad Naiades quae dabant meliora responsa et clariora. Unde Themis dea indignata immisit quandam beluam quae omnia arva devastabat et homines interficiebat ". D. lesse quei versi ovidiani alla luce di una glossa simile a questa, che d'altronde riporta l'unica spiegazione allora corrente; e sostanzialmente identica è la più ampia chiosa apposta ai versi danteschi da Pietro: " Quae vaticinia [scil. Themidis] quaedam sacerdotissa Thebana solum exponebat et interpretabatur, quae vocabatur Sphynx. Tempore procedente quaedam Naiades deae fontium supervenerunt et coeperunt exponere dicta vaticinia Themidis diversimode a Sphynge, detestantes expositionem Sphyngis. Ex quo dicti Thebani Sphyngem repulerunt, et tantum expositionem dictarum Naiadum sequebantur. De quo Themis irata quandam beluam misit ibi consumantem omnia pecora et blada, nec cessavit donec dictae naiades non fuerint repulsae ". Vedi anche Edipo; Sfinge; Temi.

Bibl. - F. Ghisalberti, L'enigma delle N., in " Studi d. " XVI (1932) 105-125.