Nanotecnologie e nanotubi

Enciclopedia del Novecento III Supplemento (2004)

Nanotecnologie e nanotubi

Giorgio Benedek e Paolo Milani

sommario: 1. Definizione, storia e fondamenti fisici della nanotecnologia. 2. Tipologie delle nanostrutture. 3. Processi di assemblaggio e manipolazione. 4. Teoria, modelli e simulazione delle nanostrutture. 5. Applicazioni di materiali e sistemi realizzati mediante nanotecnologie. □ Bibliografia.

1. Definizione, storia e fondamenti fisici della nanotecnologia

Il termine 'nanotecnologia' indica un approccio multidisciplinare alla realizzazione di materiali, dispositivi e sistemi nei quali almeno una delle tre dimensioni spaziali dei componenti ha una misura dell'ordine dei nanometri (nm; 1 nm = 10-9 m). La scala nanometrica caratterizza le dimensioni degli atomi (dal diametro dell'atomo di idrogeno, pari a circa 0,106 nm, a quello dell'atomo di cesio, pari a 0,534 nm) e delle molecole (dalla molecola dell'idrogeno, H2, avente una distanza interatomica di 0,074 nm, alle proteine, le cui dimensioni tipicamente vanno da 1 a 20 nm), le distanze tra gli atomi nella materia condensata ordinaria (ad esempio, nel cloruro di sodio gli ioni sodio e cloro distano 0,28 nm) e i più piccoli componenti della microelettronica in uso alla fine del XX secolo (dell'ordine di 100 nm). Le frazioni di nanometro del mondo atomico sono più comunemente espresse in ångström (Å; 1 Å = 0,1 nm = 10-10 m). I materiali le cui proprietà strutturali e funzionali dipendono da componenti con almeno una delle tre dimensioni su scala nanometrica si dicono materiali nanostrutturati, e tali componenti nanometrici sono chiamati nanostrutture.

Le nanotecnologie presuppongono la capacità di controllare e manipolare la materia sulla scala nanometrica e hanno come obiettivo lo sfruttamento delle proprietà e dei fenomeni fisici e chimici che si manifestano su tale scala. Molte tecnologie scoperte empiricamente nel passato sono state oggi, almeno in parte, comprese e ricondotte a strutture e meccanismi su scala nanometrica. Esempi storici sono la ceramica, la metallurgia, la colorazione del vetro e, più recentemente, il processo fotografico, la catalisi eterogenea, le resine e i polimeri, le speciali mescole per i pneumatici e molti altri.

La fisica delle nanostrutture come nuova e consapevole disciplina scientifica è fatta comunemente risalire all'intuizione di Richard Feynman, il quale in una celebre e anticipatrice conferenza tenuta nel dicembre 1959 al California Institute of Technology preconizzò la possibilità di controllare la materia e realizzare dispositivi su scala atomica (v. Feynman, 1961). In quella conferenza, ricordata anche per il suo titolo There's plenty of room at the bottom, Feynman osservò che "i principî della fisica non si oppongono alla possibilità di manipolare gli oggetti atomo per atomo", anticipando un ampio spettro di campi di ricerca scientifica e applicazione tecnica che alla fine del secolo XX appaiono già ben consolidati. Fra questi ricordiamo i metodi di fabbricazione basati su fasci di elettroni o di atomi, l'epitassia da fasci molecolari, la litografia nanometrica, la microscopia elettronica, la manipolazione atomo per atomo, l'elettronica basata sul trasporto quantico e di spin (oggi detta spintronica), fino ai sistemi micro- e nano-elettromeccanici (MEMS, Micro-Electro-Mechanical Systems, e NEMS, Nano-Electro-Mechanical Systems, rispettivamente). Il primo passo decisivo in questa direzione fu compiuto nel 1969 da Leo Esaki (premio Nobel per la fisica nel 1973 assieme a Ivar Giaever e Brian D. Josephson) con la prima realizzazione di un superreticolo, costituito da una sequenza di strati di materiali semiconduttori diversi, con spessori nanometrici per ciascun materiale, controllabili su scala atomica (v. anche semiconduttori: Superreticoli e microstrutture artificiali, vol. XI). Questi lavori, come vedremo, hanno posto le basi della nanoelettronica. Ben presto molti laboratori e singoli scienziati si avviarono sulle strade aperte dalle intuizioni di Feynman e dal lavoro sperimentale di Esaki. A partire dal 1977, K. Eric Drexler, del Massachusetts Institute of Technology, pose le basi sperimentali e computazionali su cui si sono sviluppate, concettualmente e operativamente, molte nanotecnologie. John Armstrong, ex direttore scientifico dell'IBM, presso i cui laboratori Esaki aveva svolto la sua fondamentale ricerca, già nel 1991 affermava che la nanoscienza e le nanotecnologie avrebbero avuto un ruolo centrale nei futuri sviluppi dell'era dell'informazione e che sarebbero state altrettanto rivoluzionarie quanto la scienza e la tecnologia sulla scala del micron lo erano state dagli anni settanta in poi. In particolare, George Whitesides, all'Università di Harvard, riuscì nel 1998 a dare concretezza alla visione di Feynman dimostrando che potenzialmente il volume di un orologio da polso potrebbe contenere l'equivalente di 1.000 CD-ROM, corrispondenti a una frazione non trascurabile dell'informazione reperibile nella libreria di riferimento cui attinge una persona colta nell'arco della sua vita.

L'elettronica è il settore applicativo e industriale che più di ogni altro ha stimolato e condizionato lo sviluppo delle nanotecnologie e il progresso dei settori della fisica dai quali dipende la comprensione fondamentale dei processi su scala nanometrica. La necessità di comprimere un numero sempre più grande di componenti elettronici in un volume sempre più piccolo non deriva solo dall'esigenza primaria di trasportabilità e maneggevolezza dei dispositivi, ma anche, e soprattutto, dall'esigenza di velocità di calcolo. Poiché i segnali elettromagnetici si propagano con una velocità finita, pari a circa 3 × 108 m/s nel vuoto (velocità della luce), in un miliardesimo di secondo, pari a 1 nanosecondo (ns), essi percorrono soltanto 30 cm. È quindi necessario che l'unità centrale (CPU, Central Processing Unit) di un calcolatore capace di compiere un miliardo di operazioni a virgola mobile al secondo (1 giga-flop, ossia 109 floating-point operations) abbia dimensioni minori della suddetta lunghezza affinché solo una parte trascurabile del tempo di calcolo sia spesa per la mera trasmissione dei segnali da un componente all'altro. Inoltre, poiché il numero dei componenti elettronici compresi in tale spazio è dell'ordine dei milioni, la rispettiva dimensione deve scendere verso la scala del micrometro (o micron; 1µm = 10-6 m). L'elettronica su questa scala, comunemente detta microelettronica, deve il suo sviluppo all'invenzione del transistor (1947) e dei circuiti integrati, nei quali i componenti elementari (transistor, diodi, resistenze, capacità, ecc.) e le relative interconnessioni sono realizzati su una singola piastrina (chip) di materiale semiconduttore. La scala di integrazione, definita dal numero di elementi circuitali attivi per unità di area, è cresciuta nell'arco degli ultimi trent'anni da 103 a 108 elementi/chip, secondo un andamento esponenziale noto come 'legge di Moore' (v. anche elettronica molecolare, vol. XII). Il livello di integrazione raggiunto all'inizio del XXI secolo è entrato nel dominio nanometrico, dato che i più piccoli elementi circuitali impiegati hanno dimensioni dell'ordine dei 100 nm. La densità di elementi per chip, che tra il 1970 e il 2000 si è decuplicata ogni sei anni, contraddistingue i livelli di integrazione dei dispositivi elettronici, i quali possono essere di scala piccola (SSI), media (MSI), grande (LSI), grandissima (VLSI) e ultra-grande (ULSI).

Il passaggio dell'elettronica dalla scala micrometrica a quella nanometrica non si risolve tuttavia in una mera riduzione delle scale di lunghezza e di tempo alle quali avvengono i medesimi processi fisici. Scendendo verso la scala atomica, la fisica dei processi di trasporto degli elettroni nei semiconduttori cambia in modo radicale, essenzialmente perché alcune lunghezze caratteristiche dei componenti e delle interconnessioni diventano più piccole della: 1) lunghezza di cammino medio degli elettroni, così che una corrente elettronica su tale breve distanza può avvenire senza collisioni e il regime di trasporto, ordinariamente dissipativo di tipo ohmico, diviene balistico; 2) lunghezza d'onda di de Broglie degli elettroni λe = h/√2mK, dove h è la costante di Planck, m la massa e K l'energia cinetica degli elettroni, cosicché si manifestano gli effetti specifici della meccanica quantistica, ad esempio la discretizzazione dei livelli energetici. Un altro effetto quantistico particolarmente importante è l'effetto tunnel, per il quale ha probabilità finita il processo, classicamente impossibile, in cui un elettrone attraversa una barriera di potenziale più alta della sua energia cinetica. Tale probabilità diventa rilevante per le applicazioni elettroniche quando lo spessore della barrie-ra è di poco superiore a una terza lunghezza caratteristica, λT = h/√2mV, dove V è l'altezza della barriera di energia potenziale. Per una tipica barriera di 1 elettron-Volt, λT ≅ 1,2 nm. Barriere di questo spessore erano già state realizzate e studiate da Esaki nel 1958 (un anno prima della 'profezia' di Feynman) in giunzioni tra semiconduttori pesantemente drogati e avevano condotto alla scoperta del diodo a tunnel (noto anche come diodo Esaki), nel quale livelli energetici al di qua e al di là della giunzione, resi coincidenti da un'opportuna differenza di potenziale, diventano comunicanti per l'effetto tunnel e determinano una caratteristica I-V (corrente-tensione) risonante (a campana) con un tratto a impedenza dinamica negativa. Esaki ha fornito un breve resoconto della sua fondamentale scoperta (v. Esaki, 1996), nel quale sono indicati i numerosi lavori da lui compiuti tra il 1958 e il 1970 che hanno gettato le basi della nanoelettronica. Il lavoro di Esaki e collaboratori sulle nanostrutture artificiali ottenute per epitassia molecolare ha portato allo sviluppo dei diodi a tunnel risonante, ove si manifestano effetti spettacolari grazie al fatto che i pozzi quantici di dimensione nanometrica racchiusi tra due barriere di potenziale si comportano esattamente come cavità risonanti di Fabry-Perot. La tecnologia delle nanostrutture bidimensionali inaugurata da Esaki ha portato, fra le altre cose, alla scoperta dell'effetto Hall quantistico (effettuata nel 1980 da Klaus von Klitzing, premio Nobel per la fisica nel 1985). Tale scoperta è stata di fondamentale importanza in fisica e in metrologia, in quanto ha consentito una determinazione straordinariamente precisa della costante h/e2RK = 25.812,807 ± 0,005 Ω, oggi detta costante di von Klitzing, e ha dato impulso a un grande sviluppo della fisica del gas elettronico bidimensionale e dei sistemi fortemente correlati, culminato con la scoperta di una nuova forma di fluido quantistico con portatori di carica caratterizzati da carica elettronica frazionaria che ha valso a Robert B. Laughlin, Horst L. Stormer e Daniel C. Tsui il premio Nobel per la fisica nel 1998. Quando la discretizzazione dei livelli riguarda tutte e tre le direzioni cartesiane - come nei clusters, nei nanocristalli e nei cosiddetti punti quantici - si ha un numero finito, eventualmente piccolo, di livelli elettronici di valenza e di conduzione che si spostano apprezzabilmente con l'aggiunta o la sottrazione di una singola carica elettronica, per cui il tunnel si blocca dopo il passaggio di pochi o di un singolo elettrone (bloccaggio coulombiano). Ciò rende possibile controllare il trasporto di singoli portatori di carica.

Le condizioni sopra descritte di trasporto quantistico e privo di collisioni, realizzate grazie all'avvento delle nanotecnologie, non solo rivestono grande importanza per la fisica fondamentale, ma sono anche destinate a produrre una rivoluzione concettuale nel settore dell'elettronica e a invalidare la legge di Moore. C'è poi una quarta lunghezza caratteristica che discrimina tra micro- e nanofisica: la lunghezza d'onda delle onde elettromagnetiche alle frequenze ottiche, corrispondenti a tipiche energie elettroniche dell'ordine di 1 eV. Ciò riguarda non solo le applicazioni opto-elettroniche, dove avvengono conversioni dirette tra correnti elettriche e segnali elettromagnetici (fotoni), ma anche i fondamentali problemi tecnici dell'osservazione microscopica, nonché della fabbricazione e della manipolazione controllata delle nanostrutture. L'osservazione e la manipolazione della materia su scala atomica sono state rese possibili negli ultimi due decenni del XX secolo dall'invenzione del microscopio elettronico a effetto tunnel (STM, Scanning Tunneling Microscope) - che nel 1986 valse il premio Nobel per la fisica a Gerd Binnig e Heinrich Rohrer, premio condiviso con Ernst Ruska - e alla grande risoluzione raggiunta con il microscopio elettronico a trasmissione (TEM, Transmission Electron Microscope) e, più recentemente, allo sviluppo delle microscopie laser a scansione confocale (LSCM, Laser Scanning Confocal Microscopy) e ottica a scansione di campo vicino (SNOM, Scanning Near-field Optical Microscopy), che consentono di visualizzare oggetti assai più piccoli della lunghezza d'onda della luce impiegata. Per la fabbricazione di dispositivi elettronici più piccoli della lunghezza d'onda della luce visibile, sono decisivi i progressi nel campo della litografia con raggi X, legata allo sviluppo di sorgenti di luce di sincrotrone, e in quello della crescita epitassiale di film sottili mediante svariate tecniche di deposizione atomo per atomo.

Nell'insieme dei processi di produzione di materiali nanostrutturati si possono distinguere due approcci: uno, detto top-down (dall'alto verso il basso), come nei processi di tipo litografico in cui le nanostrutture vengono 'scolpite' su un blocco di materiale; l'altro, detto bottom-up (dal basso verso l'alto), come nell'assemblaggio controllato di atomi, molecole o nanoparticelle in cui i materiali nanostrutturati vengono prodotti e assemblati a partire da 'nanoblocchi'. Mentre con le procedure top-down le strutture ottenute preservano le qualità chimico-fisiche dei solidi di partenza, fatti salvi i fenomeni sopra citati che insorgono al di sotto di certe dimensioni, con le procedure bottom-up è possibile realizzare una gamma pressoché infinita di materiali nanostrutturati, gran parte dei quali inesistenti in natura, con proprietà inusuali e comunque diverse da quelle dei materiali cristallini ordinari di uguale composizione chimica. In generale i piccoli aggregati atomici o molecolari (clusters), costituiti da un numero di atomi o molecole da due a poche migliaia, si formano secondo strutture che possono essere molto diverse da quelle dei rispettivi solidi e, di conseguenza, anche le loro proprietà saranno diverse. Ad esempio piccoli clusters di oro presentano attività catalitica, laddove il materiale cristallino è notoriamente inerte; i clusters di silicio possono essere luminescenti, mentre il silicio cristallino non lo è, e via dicendo. Una delle idee-guida delle procedure bottom-up è l'uso di clusters preformati quali mattoni per la costruzione di materiali nanostrutturati in modo che certe proprietà tipiche dei clusters siano preservate su scala macroscopica nel materiale finale. In tal modo è possibile, almeno in linea di principio, realizzare materiali con determinate proprietà e con alte prestazioni attraverso la scelta e il controllo dei loro costituenti nanometrici. Stormer, della Columbia University, ha osservato che "la nanotecnologia ha fornito gli strumenti per giocare con i più elementari ingredienti della materia ordinaria: gli atomi e le molecole. La combinazione dei nostri metodi e strumenti top-down con processi di autoassemblaggio su scala atomica fornisce un'impressionante serie di nuove opportunità di saldare componenti chimiche e biologiche a strutture artificiali fatte dall'uomo. Le possibilità di creare nuovi oggetti appaiono illimitate" (H. Stermer, cit. in Roco e altri, 2001, p. XI).

I materiali nanostrutturati basati sull'assemblaggio di costituenti nanometrici sono caratterizzati da grandi aree di interfaccia (grandi rapporti superficie/volume), dell'ordine delle centinaia o migliaia di metri quadrati per centimetro cubo. Queste proprietà li rendono ideali per la realizzazione di materiali per catalisi eterogenea, adsorbimento/desorbimento, rilascio di farmaci, supercapacitori, stoccaggio di energia, emettitori di campo per schermi ultrapiatti e numerose altre applicazioni. Mediante le tecniche bottom-up si possono inoltre ottenere polveri finemente suddivise che possono essere compattate per produrre manufatti con svariate caratteristiche e dimensioni oppure, se disperse all'interno di un altro materiale, per modificarne opportunamente alcune caratteristiche.

Cruciali in queste applicazioni, così come per le nanostrutture destinate all'elettronica, sono le tecniche di assemblaggio ed eventuale ordinamento dei costituenti, che devono garantire le migliori proprietà strutturali e funzionali del prodotto. Si è osservato che l'organizzazione sistematica della materia su scala nanometrica è un aspetto chiave dei sistemi biologici, i quali sono in grado di realizzare strutture complesse attraverso processi di autoassemblaggio. L'autoassemblaggio di oggetti nanometrici in strutture utili dal punto di vista funzionale è stato osservato anche in sistemi inorganici e organici non biologici, ove si realizza sotto opportune condizioni termodinamiche. In tempi recenti è stato osservato l'assemblaggio ordinato di nanocristalli di solfuro di zinco a opera di virus batteriofagi geneticamente ingegnerizzati. Gli organismi viventi costituiscono essi stessi la più complessa organizzazione della materia oggi conosciuta, in quanto questa è strutturata sia su scala nanometrica (biomolecole), che su quelle micrometrica (cellule), millimetrica (tessuti) e metrica (organi. Obiettivo a lungo termine delle nanotecnologie bottom-up è la fabbricazione di dispositivi complessi caratterizzati da un'organizzazione multi-scala.

Dal punto di vista della fisica teorica, il procedimento bottom-up trae vantaggio dal grande progresso compiuto nelle ultime decadi del XX secolo dalla meccanica quantistica dei sistemi a molti corpi, da un lato, e dallo sviluppo di supercomputer, dall'altro, che insieme consentono di simulare l'evoluzione dinamica degli elettroni e degli atomi in sistemi relativamente estesi, tipicamente della dimensione dei clusters che compongono i materiali nanostrutturati. Pertanto, le proprietà elementari dei componenti nanometrici possono in buona misura essere predette, o quanto meno descritte, sulla base di principî primi mediante il calcolo quantistico. In questo modo è avvenuta la saldatura tra l'attività teorico-simulativa e la sperimentazione su sistemi reali, un tempo separate da scale di lunghezza e tempo assai diverse. Peraltro anche le simulazioni multiscala hanno compiuto progressi ragguardevoli in tempi recenti.

2. Tipologie delle nanostrutture

I sistemi nanostrutturati possono essere classificati sulla base degli oggetti elementari di dimensione nanometrica che li compongono. Le procedure di assemblaggio dei componenti elementari seguite nella fabbricazione di materiali nanostrutturati dipendono dalla natura dei componenti elementari, che vengono qui di seguito descritti.

Atomi, molecole inorganiche, composti metallorganici

Le prime nanostrutture artificiali, realizzate negli ultimi decenni del XX secolo a partire dal diodo a effetto tunnel risonante (v. Tsu ed Esaki, 1973), hanno geometria planare. Esse sono fatte crescere su un substrato solido dalla superficie perfettamente regolare in forma di singoli film ultrasottili, di pozzi quantici o di multistrati costituiti da materiali diversi e si caratterizzano per avere composizione e spessori costanti e per essere perfettamente controllabili su scala atomica. Le tecniche di deposizione, raggruppate sotto il nome generale di 'epitassia', si basano sul trasporto nella regione di crescita di atomi o molecole in fase vapore; questi possono essere sia liberi (adsorbimento diretto), sia trasportati in fase vapore da composti chimici e rilasciati alla superficie (deposizione chimica da fase vapore o CVD, Chemical Vapor Deposition), oppure si può usare per il trasporto un getto generato dall'evaporazione controllata di un materiale (sputtering) o un fascio, sub- o supersonico, emessi dall'ugello di una o più sorgenti temporalmente controllate (epitassia da fasci molecolari o MBE, Molecular Beam Epitaxy). La microelettronica e l'optoelettronica attuali e il grande numero di dispositivi a tecnologia planare, quali MOSFET (Metal Oxide Semiconductor Field Effect Transistor), laser a semiconduttore, laser a cascata, ecc., debbono il loro rapido progresso allo sviluppo delle tecniche di epitassia molecolare.

Molecole organiche, polimeri, dendrimeri, copolimeri a blocchi

L'estensione dell'epitassia molecolare alle molecole organiche (OMBE, Organic Molecular Beam Epitaxy) ha grandemente allargato la disponibilità di materiali per applicazioni nanotecnologiche. Negli anni novanta del XX secolo vi è stato un grande progresso nella preparazione di composti organici adatti a essere assemblati in strutture di crescente complessità. Un contributo essenziale è venuto dalla chimica sopramolecolare. La scoperta di polimeri con nuove forme topologiche, quali i dendrimeri, ha portato a una nuova classe di componenti nanometrici con rilevanti proprietà funzionali, adatti a rivestimenti speciali, al trasporto e rilascio controllato di specie chimiche, alla formazione di strati tampone biocompatibili, ecc. Tra le complesse strutture che possono realizzarsi con l'infinito meccano messo a disposizione dalla chimica organica vi sono strutture mesoscopiche periodiche in tre dimensioni realizzabili sfruttando le capacità autoorganizzative di molecole organiche in soluzione. Tali strutture possono essere usate come stampi per la costruzione di architetture inorganiche tridimensionali, periodiche e altamente porose, con periodi sulla scala delle lunghezze d'onda della luce visibile (centinaia di nm), per cui sono dette opali artificiali, idonee a realizzare i cosiddetti reticoli ottici. Questi consentono di realizzare elementi di circuiti fotonici, nei quali le correnti elettroniche sono sostituite da segnali luminosi che possono essere guidati, intrappolati, amplificati o soppressi.

Clusters, nanocristalli, nanoaggregati e punti quantici

Vi sono varie tecniche, dalla chimica delle sostanze colloidali ai getti supersonici, che consentono di preparare molti materiali inorganici correnti nella forma di piccoli agglomerati atomici, con dimensioni che vanno da poche unità a diversi milioni di atomi e forme che possono variare dalla struttura amorfa, per poche unità di atomi (clusters), alla forma cristallina, per numeri di atomi sufficientemente grandi (nanocristalli). Le tecniche sopra citate consentono di realizzare oggetti nanometrici di dimensione praticamente costante e di forma controllata: due tipici esempi sono quelli dei pixel di carbonio ottenuti per deposizione con maschera da fasci supersonici di clusters  e i nanocristalli perfettamente cubici di argento ottenuti per via chimica. Questo permette attualmente di depositare punti quantici (detti anche atomi artificiali) su substrati e di costruire materiali nanostrutturati con struttura controllata e funzionalità definita, direttamente finalizzati a impieghi che ne sfruttano le particolari proprietà meccaniche e tribologiche, chimiche, e/o elettromagnetiche. I punti quantici possono anche essere realizzati con tecniche litografiche a risoluzione nanometrica. Il sistema, ottenuto per litografia elettronica in un'eterostruttura di GaAs/AlGaAs (arseniuro di gallio/arseniuro di gallio e alluminio), ha consentito di misurare l'effetto Kondo coerente e costituisce un prototipo di dispositivo nanoelettronico ove è possibile controllare il trasporto di singoli elettroni. Nanoaggregati amorfi e altamente porosi possono essere ottenuti anche per erosione chimica di materiale cristallino, con eventuale profonda modifica delle proprietà fisiche. Come sopra ricordato, la forma amorfa porosa del silicio nanostrutturato è luminescente, mentre la sua forma cristallina macroscopica ha una luminescenza trascurabile. Dato che l'emissione luminescente dipende dal raggio medio dei clusters, è chiaro che il controllo della dimensione dei clusters o dei nanocristalli nel processo di produzione, deposizione e assemblaggio ha importanza fondamentale.

Fullereni, nanotubi e nanostrutture di carbonio

Nel 1985, con l'identificazione a opera di Robert Curl, Harold Kroto e Richard Smalley (premi Nobel per la chimica nel 1996) dei clusters di carbonio a forma di gabbia chiusa con legami covalenti di tipo grafitico (sp2), inizialmente denominati buckminsterfullereni e poi semplicemente fullereni, si è aperto un vasto campo di ricerca sulle nanostrutture di carbonio. Il fullerene più frequente negli ordinari processi di sintesi, e anche in natura, ha la formula C60 e forma una molecola la cui struttura, costituita da 12 anelli pentagonali e 20 anelli esagonali, ha la forma di un pallone da calcio (v. anche fullereni, vol. XII). Un teorema di topologia formulato da Eulero stabilisce che non è possibile chiudere una gabbia di questo tipo (ove gli atomi hanno tutti coordinazione 3) con anelli solo esagonali e se si ammettono anche anelli pentagonali, il loro numero deve essere sempre pari a 12, qualunque sia il numero degli esagoni. Il più piccolo dei fullereni possibili è costituito da soli pentagoni (C20), e l'intera serie dei fullereni obbedisce alla formula C20+2h dove il numero degli atomi di carbonio, h, è un numero intero non negativo diverso da uno.

La ricerca sui fullereni ha portato successivamente alla scoperta e alla sintesi dei nanotubi di carbonio (la cui struttura cilindrica ha diametro nanometrico e lunghezza che può essere anche di vari ordini di grandezza maggiore), dei fullereni e nanotubi concentrici (onions e nanotubi a parete multipla, rispettivamente), delle fulleriti di metalli alcalini (i cui solidi sono superconduttori a media temperatura critica), di molti composti e polimeri dei fullereni con interessanti proprietà ottiche, elettriche e magnetiche. Queste nuove forme di carbonio di tipo grafitico, note col termine generico di grafeni, si aggiungono alla grafite ordinaria e danno luogo a forme aggregate: si hanno così la fullerite pura (C60 solido), in cui i clusters C60, che macroscopicamente possono considerarsi oggetti 'zero-dimensionali', sono tenuti insieme in tutte le direzioni dello spazio da forze di van der Waals; i fasci di nanotubi, in cui oggetti 'monodimensionali' (i nanotubi) sono tenuti insieme da forze di van der Waals in due direzioni dello spazio; e la grafite stessa, in cui oggetti bidimensionali (i piani grafitici) sono tenuti insieme da forze di van der Waals nella terza direzione dello spazio. Sono stati ipotizzati grafeni tridimensionali in forma di superfici periodiche minimali, caratterizzate da curvatura media nulla e curvatura gaussiana negativa. Tali strutture sono state denominate schwarziti, in onore del matematico Karl H. A. Schwarz che le descrisse alla fine del XIX secolo. Recentemente è stata sintetizzata, col metodo della deposizione di clusters da fasci supersonici, una nuova forma di carbonio, la cui nanostruttura può derivarsi topologicamente dalla distorsione continua di una superficie minimale triperiodica ed è pertanto denominata schwarzite amorfa.

I nanotubi nella loro forma ideale di cilindro indefinito possono essere costituiti esclusivamente da anelli esagonali e, a causa della struttura grafitica, non hanno legami insaturi. Come tali sono chimicamente molto inerti, sono conduttori elettrici e termici quasi ideali e possiedono proprietà meccaniche straordinarie. È stata più volte prospettata la possibilità di ottenere funi molto più resistenti delle funi d'acciaio mediante assemblaggio di nanotubi. Le ottime proprietà di trasporto dei nanotubi e la loro elevata inerzia chimica hanno portato a diverse applicazioni pratiche, tra le quali si menzionano elettrodi ad altissima superficie specifica per supercapacitori, emettitori di elettroni a effetto di campo per schermi ultrapiatti, assorbitori reversibili ad alta densità di idrogeno per lo stoccaggio dell'energia. Dal punto di vista del trasporto elettrico i nanotubi di carbonio si comportano come semimetalli, simili alla grafite, oppure come semiconduttori, a seconda dell'orientazione degli anelli esagonali rispetto all'asse del nanotubo. Queste proprietà, unitamente alle possibilità di manipolazione nanometrica, aprono settori di applicazione molto promettenti: la nanoelettronica (il trasporto quantizzato di elettroni attraverso singoli nanotubi è stato osservato nei primi anni del 2000) e l'elettronica molecolare (utilizzando nanotubi è già stato possibile realizzare giunzioni p-n e transistor).

Nanotubi e nanofili di composti lamellari e metallici

Molti altri composti capaci di formare solidi lamellari simili alla grafite possono egualmente bene formare nanotubi. Elettricamente i nanotubi poliatomici riflettono in qualche modo le proprietà dei composti lamellari di partenza, e si possono avere tanto metalli quanto semiconduttori o isolanti. Pertanto, lo spettro delle potenziali applicazioni tecnologiche basate sui nanotubi si è enormemente ampliato. Alla vasta schiera dei nanotubi si aggiungono i nanofili, di struttura cilindrica piena. Il trasporto di carica quantizzato può realizzarsi naturalmente anche in nanofili metallici, potendosi ottenere diametri pari a poche distanze interatomiche, cioè dell'ordine di 1 nm, con una struttura controllata a livello atomico. La crescita di materiale elettroluminescente su un opportuno substrato di palizzate nanometriche consente di ottenere una distribuzione regolare di LED o di laser a semiconduttore separati da distanze micrometriche e quindi idonee a costituire una rete di pixel per schermi ultrapiatti.

3. Processi di assemblaggio e manipolazione

L'assemblaggio di clusters atomici per la formazione di materiali nanostrutturati è una tecnica che si è ampiamente sviluppata negli ultimi anni del XX secolo. In particolare, la tecnica di deposizione di clusters trasportati da fasci supersonici si è rivelata molto versatile grazie alla possibilità di selezionare i clusters depositati in base alla dimensione e all'energia. Tale possibilità consente di ottenere film nanostrutturati con proprietà definite e controllate. Con tale tecnica sono stati realizzati, ad esempio, materiali a base di carbonio a struttura schwarzitica. La focalizzazione aerodinamica che caratterizza i getti supersonici consente anche, con l'uso di opportune maschere, la crescita di patterns (ad esempio, reticoli di pixel piramidali) sulla scala del micron e con definizione dei contorni su scala nanometrica. Il getto supersonico ha anche la proprietà di allineare molecole di forma allungata da esso trasportate, per cui con questa tecnica si è riusciti a ottenere la crescita di film organici spessi con un ottimo allineamento delle molecole.

Lo sviluppo di metodi di autoassemblaggio di oggetti nanometrici, ispirati ai processi di sintesi nei sistemi biologici, ha grandemente esteso le possibilità di costruire nanostrutture. L'autoassemblaggio realizza strutture periodiche e superreticoli in due o tre dimensioni, fornendo un valido complemento alle tecnologie planari e un efficiente metodo di patterning nanometrico che può sostituire i metodi litografici tradizionali senza essere soggetto al limite diffrattivo di questi ultimi. È attivamente studiato anche l'utilizzo diretto di biomolecole, DNA, Virus e Batteri per l'assemblaggio di nanostrutture. Sono state realizzate deposizioni ordinate di DNA per applicazioni in genetica e per scopi diagnostici. Nanoparticelle composte da complessi tra lipidi (o polimeri) policationici e DNA sono state sperimentate con successo nel trasporto e rilascio di farmaci e geni in vivo. Le proprietà programmabili di autoassemblaggio del DNA, eventualmente sostenuto da campi elettromagnetici, stanno aprendo molte possibilità anche nel campo della fabbricazione di strutture mesoscopiche funzionali e dell'elettronica molecolare.

Le nanostrutture organiche autoassemblate possono a loro volta servire da stampi per la sintesi di materiali ultraporosi e aerogel inorganici e nanocompositi per membrane e filtri molecolari, catalizzatori, matrici per la riparazione di tessuti, oltre alle opali artificiali sopra menzionate e molte altre applicazioni. I processi di autoreplicazione di strutture polimeriche su scala micrometrica, già utilizzati in diverse procedure industriali, sono stati recentemente dimostrati possibili anche su scala nanometrica.

La manipolazione diretta di atomi e molecole depositate sulla superficie di un substrato può essere compiuta con microsonde a scansione, basate sul principio del microscopio elettronico a scansione e del microscopio a forza atomica inventati da Gerard Binnig e Heinrich Rohrer. Con tale tecnica è possibile trasportare atomi e molecole lungo la superficie del substrato e realizzare allineamenti atomici, filamenti, recinti chiusi e altri patterns più complessi adatti a esperimenti di trasporto quantico e ad altre applicazioni in nanochimica e nello stoccaggio dell'informazione. La possibilità di realizzare strutture in numero ed estensione utili all'industria almeno a livello di prototipo richiede però la robotizzazione della procedura.

4. Teoria, modelli e simulazione delle nanostrutture

L'avvento dei supercomputer, reso possibile dal grandioso sviluppo della microelettronica, consente di risolvere numericamente problemi quantistici relativi a sistemi con migliaia di atomi e problemi di dinamica molecolare classica con decine di milioni di atomi. In tal modo è possibile simulare teoricamente il comportamento di sistemi di dimensioni sempre più prossime a quelle delle nanostrutture di interesse tecnologico. La progressiva riduzione delle dimensioni degli oggetti di interesse tecnologico, da un lato, e l'aumento della potenza di calcolo, dall'altro, hanno di fatto annullato il gap tra la scala della predicibilità teorica e quella dei sistemi reali. Inoltre, le moderne tecniche di simulazione numerica, in particolare la dinamica molecolare, sono state integrate da metodi di scalabilità temporale e spaziale (multiscalarità) che consentono di estrapolare risultati numerici su scala nanometrica e su tempi brevi (10-12 ÷ 10-10s) a sistemi reali, caratterizzati da scale di lunghezza più grandi e tempi più lunghi.

Tanto le simulazioni quantistiche - che si basano sulla dinamica molecolare tight-binding oppure su metodi derivati da principî primi (metodo Car-Parrinello; v. Car e Parrinello, 1985) fondati sulla teoria del funzionale densità (v. Hohenberg e Kohn, 1964) - quanto le simulazioni classiche, fondate su potenziali d'interazione fenomenologici, hanno raggiunto un alto livello di attendibilità e un elevato potere predittivo. È chiaro che la possibilità di simulare le proprietà fisiche e chimiche di nanostrutture reali consente di accelerare fortemente il processo di progettazione e di verifica di nuovi materiali nanostrutturati. Inoltre, la grande velocità di calcolo convenzionale, o le reti neuronali artificiali e possibilmente la computazione quantistica, permetteranno di simulare e controllare le dinamiche conformazionali di macromolecole di interesse biotecnologico, di indirizzare la chimica combinatoria di sintesi di nuovi materiali, di controllare architetture complesse su scala mesoscopica, ecc.

La simulazione dinamica dei processi di crescita può fornire protocolli e procedure ottimali per la realizzazione di nanostrutture con proprietà preventivamente stabilite, consentendo una consistente riduzione dei costi e dei tempi di progettazione e produzione. Le simulazioni numeriche possono naturalmente affiancare il processo di ricerca e sviluppo di una nanotecnologia in tutti i suoi stadi e scale di integrazione, dalla sintesi e caratterizzazione strutturale e funzionale dei componenti nanometrici, al funzionamento del prodotto finito. È importante notare la forte correlazione biunivoca tra lo sviluppo del supercalcolo e lo sviluppo delle nanotecnologie: le nanotecnologie, incluse quelle riguardanti l'elettronica e il supercalcolo, progrediscono più rapidamente grazie all'apporto delle simulazioni numeriche, mentre queste ultime diventano sempre più estese ed efficaci grazie allo sviluppo delle nanotecnologie.

5. Applicazioni di materiali e sistemi realizzati mediante nanotecnologie

Le possibili applicazioni delle nanotecnologie si stanno estendendo molto rapidamente e riguardano, direttamente o indirettamente, tutti i settori dell'attività economica. La semplice elencazione di un numero inevitabilmente limitato di applicazioni in diversi campi risulta riduttiva rispetto alle loro potenzialità.

La possibilità di produrre materiali assemblando in maniera precisa blocchi su scala nanometrica aventi composizione e dimensioni controllate, in modo da ottenere strutture di forma e dimensioni volute, rappresenta un cambiamento radicale sia nei processi di produzione, sia nelle proprietà dei materiali stessi, diverse da quelle sinora conosciute. Questi cambiamenti rendono molto elevato il potenziale applicativo dei materiali nanostrutturati, sia che si presentino sotto forma di polvere, di manufatti o di film sottili, oppure sotto forme particolari, quali i nanotubi, irrealizzabili con i materiali di struttura tradizionale.

Le nanopolveri trovano impiego in settori (ad esempio metallurgico, alimentare, farmaceutico) che utilizzano tradizionalmente solidi finemente divisi. In particolare, l'uso di nanoparticelle risulta particolarmente vantaggioso per la produzione di pigmenti, tinte, vernici, inchiostri, cosmetici, paste abrasive, dato che le dimensioni dei componenti permettono di raggiungere qualità e prestazioni non ottenibili con additivi tradizionali. Nanocristalli di forma controllata possono trovare impiego nel processo fotografico, nei catalizzatori, come marcatori biologici, come blocchi da costruzione di dispositivi fotonici o in nanoelettronica, ecc. Farmaci sotto forma di nanopolveri rendono possibile l'uso di sostanze a bassa solubilità, moltiplicando così le sostanze chimiche disponibili in campo farmacologico. Inoltre, l'uso di nanoparticelle consentirebbe azioni mirate, in particolare sui tumori, impraticabili con particelle più grandi.

I manufatti ottenuti mediante la compattazione di nanopolveri sono dotati di caratteristiche particolari, quali più elevata resistenza meccanica di quella dei materiali metallici, minor fragilità e maggiore duttilità. In particolare, si possono produrre oggetti in materiali polimerici, metallici e ceramici nella loro forma finale con grande precisione, così da rendere superflue le operazioni di finitura. Il processo di produzione di un manufatto ceramico partendo dalle polveri di granulometria convenzionale, ottenuto con trattamento termico (sinterizzazione) è, generalmente, lungo e complesso e il rendimento è assai basso a causa dei difetti di fabbricazione che obbligano a scartare una parte significativa dei pezzi prodotti. Nella sinterizzazione si concentra, a seconda del materiale lavorato, tra il 50 e il 90% dei costi di produzione. L'uso di polveri nanometriche permette di ottenere ceramici che, pur conservando la durezza e la resistenza alle temperature elevate proprie dei ceramici, sono meno fragili e hanno una considerevole duttilità che consente, tra l'altro, di facilitare la formatura del manufatto. Utilizzando nanopolvere anziché polvere di granulometria convenzionale si inibisce la formazione di microdifetti, precursori di fenomeni di frattura. Così, i materiali compositi prodotti da nanoparticelle dimostrano elevate caratteristiche meccaniche e tribologiche.

L'uso di precursori nanometrici è molto interessante anche per lo sviluppo di materiali biocompatibili, adatti a essere utilizzati in protesi o nella ricostituzione di parti lesionate. Le nanotecnologie offrono la possibilità di modificare le proprietà dei biomateriali, consentendo di realizzare impianti in vivo altrimenti impossibili.

In generale si può affermare che la realizzazione di rivestimenti nanostrutturati consentirà di migliorare notevolmente il rapporto prestazioni/costi negli impieghi già consolidati e di svilupparne altri interamente nuovi. Nel campo della meccanica, l'uso di ricoprimenti nanostrutturati sta determinando un sostanziale miglioramento di prestazioni, ad esempio una più elevata resistenza all'abrasione, grazie a un coefficiente di attrito molto basso, e una durezza di oltre il 60% superiore a quella dei ricoprimenti tradizionali.

Materiali assemblati da nanoparticelle, grazie alla loro elevata porosità e reattività superficiale, vengono utilizzati anche per la costruzione di dispositivi per l'immagazzinamento e la produzione di energia, come supercondensatori, sistemi di immagazzinamento di idrogeno e di conversione di energia solare, fondamentali nella propulsione veicolare non inquinante. Inoltre possono contribuire all'aumento del rendimento e all'abbassamento dei costi della produzione fotovoltaica di energia. Per quanto riguarda la disponibilità di energia pulita, le nanotecnologie potranno offrire nel breve-medio termine un contributo sostanziale grazie alla possibilità di utilizzare film nanostrutturati in sistemi di conversione fotovoltaica dell'energia solare. Questi film, realizzati in materiali semiconduttori (ad esempio silicio o ossidi metallici), consentono di aumentare notevolmente il rendimento di conversione con conseguente riduzione dei costi, i quali attualmente costituiscono un notevole ostacolo alla diffusione dei sistemi fotovoltaici.

La possibilità di controllare la dimensione dei grani e quindi la porosità dei film nanostrutturati consente di realizzare membrane ad alta efficienza per processi di filtraggio, adsorbimento e desorbimento, per l'immagazzinamento chimico e di energia elettrica e per processi catalitici. Dato che processi di questo tipo sono correntemente utilizzati da diverse industrie (chimica, agroalimentare, farmaceutica) e per la protezione ambientale, un miglioramento sostanziale dei rendimenti avrà effetti di vasta portata.

Un'altra area rivoluzionata dall'uso di materiali nanostrutturati è la sensoristica. I sensori sono dispositivi che servono a rivelare e misurare diverse grandezze (ad esempio temperatura, pressione, lunghezze, potenziale elettrico, velocità, concentrazione di certi elementi o composti chimici, ecc.) e le loro variazioni in funzione del tempo o di altre variabili di interesse per particolari finalità. I sensori, quindi, sono utilizzati per un'ampia varietà di funzioni, tra le quali ricordiamo, ad esempio, il monitoraggio e il controllo di sistemi meccanici ed elettromeccanici presenti nell'automobile e in altri mezzi di trasporto, negli elettrodomestici, nelle macchine agricole, nelle macchine utensili, ecc.; il monitoraggio di parametri rilevanti ai fini della sicurezza domestica e industriale, dei sistemi di difesa, della protezione civile, di apparati elettromedicali, ecc.

I concetti e i campi di applicazione delle nanotecnologie emersi negli ultimi decenni esercitano profonda influenza tanto sulla ricerca fondamentale che sulle tecnologie industriali, aprendo concrete prospettive di sviluppo e applicazione in parte ancora imprevedibili. Elencheremo in modo sintetico i principali campi nei quali le nanotecnologie sono oggi utilizzate e i dispositivi che hanno permesso di realizzare o che potranno essere messi a punti in futuro.

Industrie automobilistiche e aeronautiche, esplorazione spaziale

Sono stati messi a punto materiali compositi rinforzati con nanoparticelle per parti leggere, pneumatici rinforzati da nanoparticelle resistenti all'usura e riciclabili, vernici antipolvere, plastiche non infiammabili a basso costo, dispositivi di controllo elettronici, rivestimenti e tessuti autoriparanti, veicoli spaziali ultraleggeri, generazione e gestione economica dell'energia, sistemi robotici molto piccoli ed efficienti. Speciale menzione meritano i nuovi rivestimenti protettivi con elevata resistenza alla corrosione e all'erosione, in sostituzione dei rivestimenti a base di cromo, assai dannosi per l'ambiente; gli strati sottili per il filtraggio ottico e le barriere termiche; i polimeri e i materiali compositi nanostrutturati.

Elettronica e comunicazioni

Le principali applicazioni delle nanotecnologie nel campo dell'elettronica e delle comunicazioni sono: sistemi di registrazione basati su nanostrutture quantiche, schermi ultrapiatti, tecnologie senza filo (wireless); nuovi dispositivi e processi in tutti i settori tecnologici dell'informazione e della comunicazione basati su capacità di stoccaggio dei dati e velocità di calcolo da mille a un milione di volte superiori a quelle attuali. In particolare, ricordiamo i materiali nanostrutturati caratterizzati da magnetoresistenza gigante, che consentono grandi velocità di scrittura/lettura di memorie e bande magnetiche; nuovi tipi di processori di informazione basati su principî quantomeccanici, quali i transistor a tunnel risonante, i transistor a singolo elettrone, gli automi cellulari realizzati con punti quantici, nonché la prospettata realizzazione di computer quantistici.

Prodotti chimici e materiali per l'energetica

In questi settori le nanotecnologie hanno consentito le seguenti realizzazioni: nuovi tipi di batterie, fotosintesi artificiale per produzione di energia pulita, celle solari a buca quantica, stoccaggio sicuro dell'idrogeno per celle a combustibile, risparmio energetico derivante dall'uso di materiali ultraleggeri; catalizzatori che aumentano l'efficienza energetica degli impianti chimici e l'efficienza di combustione dei veicoli a motore, riducendo globalmente le emissioni inquinanti; punte di trapano, lame di frese e strumenti di taglio ad altissima durezza e bassa fragilità; fluidi magnetici smart per tenute a vuoto e lubrificanti. Meritano di essere menzionati anche gli aerogel, consistenti in materiali spugnosi altamente porosi con una trama tridimensionale nanostrutturata, che molto promettono nel campo della catalisi e dell'accumulo di energia in virtù dell'enorme area superficiale.

Prodotti farmaceutici, tutela della salute e scienze della vita

Le nanotecnologie sono utilizzate per realizzare nuovi medicinali nanostrutturati, sistemi di rilascio di farmaci e materiale genetico da impiegare in specifiche localizzazioni corporee, protesi biocompatibili e sostitutivi di fluidi fisiologici, strumenti di autodiagnosi, sensori per test biologici su chips, materiali per la rigenerazione del tessuto osseo e altri tessuti. In questo settore rientrano i numerosi nanosistemi e dispositivi proposti per determinare la sequenza di singole molecole di DNA, destinati ad aprire interessanti prospettive nella genomica su larga scala e nell'applicazione di nanostrutture inorganiche quali marcatori in biologia e medicina.

Biotecnologie e applicazioni biomediche

Le biomolecole hanno dimensioni e attributi che le rendono adatte a numerose applicazioni nanotecnologiche. Un aspetto particolarmente importante è l'ingegneria dei tessuti biologici, vale a dire la costruzione di sostituti per tessuti danneggiati o non funzionanti a partire da cellule o loro molecole prelevate dallo stesso organismo. Altre applicazioni sono l'impiego di nanocristalli semiconduttori come marcatori biologici fluorescenti.

Ambiente e sicurezza

Le applicazioni in questo settore riguardano le membrane selettive per il filtraggio di contaminanti e la dissalazione, le trappole nanostrutturate per la rimozione di inquinanti dagli scarichi industriali, la definizione dell'impatto ambientale delle nanostrutture, il mantenimento della sostenibilità industriale mediante significative riduzioni di materiali ed energia utilizzati, la riduzione delle fonti di inquinamento e l'aumento delle possibilità di riciclaggio. Nel campo della sicurezza citiamo i rivelatori e detossificatori di agenti chimici e biologici, i sistemi di sorveglianza miniaturizzati e lo sviluppo dei relativi dispositivi elettronici, i materiali mimetici, i sostitutivi del plasma sanguigno, i materiali e rivestimenti nanostrutturati ultrarobusti, tessuti leggeri e autoriparanti.

Industria manifatturiera

Tra i più significativi sviluppi in questo settore figurano: l'ingegneria di precisione basata su nuove generazioni di microscopi e tecniche di misura su scala nanometrica, nuovi processi e strumenti per manipolare la materia a livello atomico, nanopolveri sinterizzate per materiali con specifiche proprietà, quali sensori per rivelare rotture incipienti e attuatori per autoriparazioni, lucidature chimico-meccaniche con nanoparticelle, autoassemblaggio di strutture da molecole, biostrutture e materiali biomimetici.

Nanodispositivi, nanoelettronica e nanosensori

Sono stati compiuti passi fondamentali verso la realizzazione di sistemi elettronici e magnetici su scala nanometrica con varie funzioni. È stata dimostrata la possibilità di realizzare nanocircuiti autoassemblati e vi sono prospettive per la realizzazione di switch con singole molecole organiche e di memorie non volatili con una densità di bit un milione di volte maggiore che nelle attuali DRAM (Dynamic Random Access Memory). Un transistor a effetto di campo è stato realizzato mediante un nanotubo a parete singola nel ruolo di canale di connessione. È stata realizzata e commercializzata una testina magnetica di lettura basata sull'effetto della magnetoresistenza gigante, che si realizza in multistrati nanometrici di materiali magnetici e non magnetici alternati. Su scala nanometrica si hanno facilmente fenomeni di tunnel degli elettroni che portano alla realizzazione di dispositivi a tunnel risonante, di sistemi di giunzioni Josephson che possono trovare applicazione nella computazione quantistica. Come sopra accennato, la discretizzazione dei livelli energetici degli elettroni che si realizza nei punti quantici (atomi artificiali) e lo spostamento dei livelli indotto da cariche aggiunte permettono di realizzare processi di trasporto di singoli elettroni e fenomeni di bloccaggio coulombiano, che trovano applicazione in condensatori e transistor, e quindi in dispositivi nanoelettronici a elettrone singolo. Anche la spintronica, basata sul trasporto di elettroni a spin definito, ha prospettive di realizzazione su scala nanometrica. La possibilità di operare su scala nanometrica consente di integrare in un singolo chip una serie di sensori e tutta l'elettronica corrispondente per un'analisi chimica completa dell'aria o di liquidi e di rilevare la presenza di agenti tossici o esplosivi. Così l'integrazione di funzioni elettroniche e meccaniche prelude alla realizzazione di nano-robot e dei già citati sistemi nano-elettromeccanici (NEMS).

Tra i risultati più importanti che si prevede di ottenere dall'uso della nanotecnologia, e in qualche modo collegati a quanto detto sopra, vi è la riduzione del consumo di energia, con le positive conseguenze che ciò produrrebbe sull'ambiente. Queste tecnologie, in effetti, possono offrire un contributo diretto in questo senso migliorando il monitoraggio dei processi industriali e degli effetti nocivi sull'ambiente, sia esterno che interno, consentendo di elaborare in tempo reale possibili risposte correttive. La disponibilità di sensori nanostrutturati, di un'elettronica sempre più sofisticata e di catalizzatori ad alta efficienza avranno, nell'insieme, un notevole effetto migliorativo non solo sull'efficienza energetica - e quindi sull'impatto ambientale - dei processi industriali, ma anche nei mezzi di trasporto e nel settore abitativo (basti pensare alle 'case intelligenti' con controllo automatizzato della climatizzazione, degli elettrodomestici e dell'illuminazione).

A questo contributo diretto, senz'altro di grande rilevanza, si aggiunge il contributo indiretto, ma non meno importante, che può venire dall'uso dei nuovi materiali. Il comportamento dei materiali, in effetti, condiziona fortemente il rendimento energetico della maggior parte dei sistemi utilizzati dalla società umana: l'isolamento termico di impianti ed edifici industriali e civili (materiali isolanti e non nocivi); i mezzi di trasporto e le strutture mobili in generale (materiali leggeri e meccanicamente resistenti); le macchine termiche, dal motore a scoppio alle turbine a gas, compresi gli impianti di generazione di energia termoelettrica (materiali resistenti alle alte temperature anche in atmosfera 'aggressiva').

Gli importanti progressi nel campo dei materiali avvenuti negli ultimi trent'anni hanno contribuito in maniera determinante ad aumentare l'efficienza energetica complessiva delle economie industrializzate. Nuovi miglioramenti diventeranno necessari, e il ricorso alle nanotecnologie sarà indispensabile per trovare soluzioni innovative nella scienza dei materiali.

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