NATOLI GONGORA di Scaliti, Giuseppe

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 77 (2012)

NATOLI GONGORA di Scaliti, Giuseppe

Luciana Caminiti

NATOLI GONGORA di Scaliti, Giuseppe.– Nacque a Messina il 9 giugno 1815 da Giacomo e da Emanuela Cianciolo, ambedue di famiglie nobili da tempo presenti nel governo della città.

Il nonno Bartolomeo fu senatore e proconsole di Messina, mentre il padre, che aveva ereditato il titolo dal fratello Michele, anch’egli senatore, militò col grado di colonnello di cavalleria nel reggimento cacciatori Forìe di Messina.

Studiò filosofia ed eloquenza all’Accademia Carolina di Messina, dedicandosi poi al diritto. Laureatosi a 22 anni presso l’Università di Palermo, intraprese l’attività forense. La sua capacità oratoria gli creò una certa fama e nel 1843 fu chiamato dall’Università di Messina a sostituire Giacomo Vinciguerra nell’insegnamento di codice civile e procedura. Più tardi gli fu proposta la nomina a giudice civile, ma rifiutò per non dover lavorare alle dipendenze dello Stato borbonico. Sposò Maria Cardile, da cui il 27 agosto 1846 ebbe il suo unico figlio, Giacomo.

Sin da giovane, partecipò attivamente alla vita sociale messinese, frequentando la consolidata rete cittadina di accademie, circoli e gruppi massonici, dove assorbì i fermenti liberali filtrati dall’affermarsi del romanticismo. Nel 1832 prese parte alla nascita della Società economica del Vallo di Messina. Si adoperò per l’indipendenza della Sicilia dai Borbone e, sebbene contrario ai moti violenti, fu coinvolto nelle trame cospirative prequarantottesche. Nel gennaio 1848 con il fratello più giovane, Vincenzo, fu tra gli organizzatori dei moti rivoluzionari scoppiati in Sicilia. Vincenzo si arruolò volontario nell’esercito siciliano, mentre Giuseppe, quando si costituì il Parlamento siciliano, rifiutò di occupare il seggio che gli spettava alla Camera dei Pari e si candidò alla Camera dei Comuni, risultando eletto per il circondario di Messina. In Parlamento, nonostante le posizioni politiche differenti, strinse alleanza con gli altri deputati messinesi per ottenere una legge che riconfermasse alla loro città il privilegio del porto franco.

Durante gli eventi rivoluzionari ebbe spesso incarichi diplomatici: il 31 gennaio fu inviato dai messinesi a prendere contatti con il comitato di Palermo; nei primi giorni di marzo fu tra i parlamentari che trattarono con il mediatore inglese, lord Gilbert Elliot Minto, la riconciliazione della Sicilia con il Borbone; il 22 aprile fu presente a Messina alla riunione in Casa Brunaccini, dove si ottenne la sospensione dei bombardamenti sulla città; ad agosto fece parte della delegazione che s’imbarcò sulla fregata francese Descartes per raggiungere il Piemonte e offrire al duca di Genova la corona della Sicilia. Rientrato a Messina, allorché le truppe del generale Carlo Filangieri attaccarono la città, s’imbarcò su una nave inglese per raggiungere Palermo e chiedere aiuto. Ottenuto un diniego dal governo provvisorio intento ad approntare le difese della capitale, insieme a Giuseppe La Farina, costituì un battaglione di giovani universitari, ma, quando erano già in marcia, furono fermati dalla notizia che Messina aveva capitolato.

Nell’aprile 1849 abbandonò la Sicilia e cercò asilo in Piemonte, dove lo raggiunse il fratello. Negli 11 anni di esilio visse tra Torino e Genova e fu parte attiva nei circoli dell’emigrazione politica: frequentò i salotti di alcuni nobili siciliani fuoriusciti, in particolare quello del marchese Vincenzo Fardella di Torrearsa, strinse rapporti di affari e amicizia con i fratelli Orlando, non trascurò mai di soccorrere emigrati in difficoltà. Nel 1850 partecipò a Torino alla riunione per l’elezione di un comitato da inviare a Parigi in rappresentanza degli esuli siciliani. S’impegnò proficuamente anche in attività economiche: nel 1853, al momento della formazione della Banca nazionale, partecipò alla sottoscrizione del capitale e finanziò il cantiere navale degli Orlando in Liguria.

Il periodo dell’esilio fu fondamentale per la maturazione delle posizioni politiche di Natoli, che abbandonò progressivamente il federalismo per abbracciare il progetto di unificazione nazionale sotto i Savoia. A partire dal 1854 intensificò i suoi rapporti con La Farina, stabilitosi a Torino, e si avvicinò alle posizioni di Cavour, partecipando nel 1857 alla formazione della Società nazionale. Aderì alla loggia Ausonia, costituita a Torino nell’ottobre 1859, e restò affiliato alla massoneria anche negli anni seguenti, arrivando a ricoprire incarichi direttivi nel Grande Oriente d’Italia.

Frattanto il fratello Vincenzo, addetto a Torino all’ufficio reclutamento volontari, nel 1853 aveva sposato la nobildonna Carlotta Bertaldi Centurioni. Nel 1856 si spostò a Malta con il reggimento anglo-piemontese che si preparava a frenare l’avanzata russa verso il Mediterraneo; poi, dopo aver combattuto in Crimea, fu di stanza ad Alessandria d’Egitto.

Nel 1859 i fratelli Natoli rifiutarono di accettare l’amnistia emanata da Francesco II in favore dei fuoriusciti del 1848.

Giuseppe riprese i contatti con la Sicilia all’avvicinarsi della nuova guerra d’indipendenza e svolse un ruolo di raccordo fra Cavour e Garibaldi per ricucire i rapporti che la cessione di Nizza alla Francia aveva incrinato. Si adoperò per raccogliere i finanziamenti per la spedizione in Sicilia e, salpate le prime navi, predispose con Giuseppe Sirtori e Giacomo Medici la seconda spedizione, a cui egli stesso si aggregò.

Alla campagna garibaldina del 1860, oltre a Vincenzo, rientrato nell’isola, parteciparono anche gli altri fratelli: Luigi, che si distinse in modo particolare nella battaglia di Milazzo, e Bartolomeo, religioso, firmatario nel 1862 dell’appello Passaglia diretto a Pio IX affinché rinunciasse al potere temporale.

In Sicilia Natoli lavorò per contrastare il progetto di Garibaldi che si opponeva al plebiscito per l’annessione immediata dell’isola, puntando prima a liberare tutto il Sud. A giugno, l’arrivo nell’isola di La Farina, aprì la crisi nel governo dittatoriale che si ricostituì con il coinvolgimento di personaggi di sicura fede cavouriana. A Natoli fu proposto il ministero di Agricoltura e commercio, con l’interim degli Affari esteri, incarico che accettò solo dopo aver ottenuto l’assenso da Cavour. Il 10 luglio 1860, in seguito all’espulsione di La Farina dall’isola, si dimise. A dicembre, allorché giunse a Palermo il re Vittorio Emanuele con al seguito La Farina – che assunse l’incarico di consigliere della Luogotenenza per la sicurezza e gli affari interni – venne nominato governatore di Messina con il compito di ‘normalizzare’ la città. Entrambi serbarono le loro cariche per breve tempo, poiché il 27 gennaio 1861 furono eletti al Parlamento nei due collegi di Messina centro. In questo arco di tempo costituirono in città la loggia simbolica Luce e Verità, che aderì al Grande Oriente d’Italia.

Nel primo governo nazionale fu chiamato da Cavour al ministero di Agricoltura, industria e commercio. In Parlamento rappresentò subito i problemi più urgenti di Messina, il porto franco e la smilitarizzazione dei forti. Il governo ebbe vita breve e si sciolse il 12 giugno 1861, a seguito della morte di Cavour. Nominato senatore del Regno, Natoli fu inviato come prefetto a Brescia, dove si fece apprezzare per le sue qualità fino all’increscioso episodio del 16 maggio 1862, quando nel corso di una manifestazione di piazza l’esercito sparò uccidendo dei giovani. La città insorse contro il prefetto, anche perché aveva rifiutato l’intervento del colonnello Girolamo Federico Fenaroli, comandante della locale guardia nazionale. Rimosso da Brescia, fu trasferito a Siena, dove restò pochi giorni, rinunciando definitivamente al ruolo prefettizio per tornare ai lavori parlamentari.

Fu chiamato nuovamente al governo nel settembre 1864 da Alfonso La Marmora che lo designò al ministero della Pubblica Istruzione. Il dicastero La Marmora si era formato in un momento di emergenza, succedendo a quello presieduto da Marco Minghetti, caduto a causa dei disordini avvenuti a Torino per la stipula della convenzione con la Francia che prevedeva il trasferimento della capitale a Firenze. Natoli cercò di assecondare tale passaggio e si adoperò nella valorizzazione di Firenze come capitale culturale.

Nel ruolo di ministro della Pubblica Istruzione si impegnò su più fronti: avviò il riassetto degli archivi pubblici, varò regolamenti diretti a uniformare l’istruzione universitaria, riorganizzò i licei, si occupò di disciplinare l’insegnamento della storia, promosse un’indagine sui programmi svolti nelle scuole, in particolare quelle private. Denunciò, inoltre, la carente preparazione scientifica e civica offerta ai giovani nei seminari, dove allora si dispensava la maggior parte dell’istruzione superiore.

Quando, il 22 agosto 1865, il ministro degli Interni Giovanni Lanza si dimise, il compito di sostituirlo ad interim venne affidato a Natoli, ma le manifestazioni contro lo spostamento della capitale si intensificarono e alla protesta di piazza si aggiunse il pronunciamento di un gruppo di senatori subalpini. In tale frangente, Natoli non seppe ricomporre le fratture interne alla Destra e non riuscì a controllare l’andamento delle elezioni politiche svoltesi nell’ottobre 1865 che registrarono uno spostamento a favore della Sinistra. A metà dicembre dello stesso anno, fu allontanato dal governo, sostituito al ministero dell’Interno da Desiderato Chiaves, e non più richiamato nel secondo dicastero La Marmora.

Il 12 giugno 1867 partecipò all’assemblea costituente del Grande Oriente d’Italia, tenutasi a Napoli presso la loggia Egeria, e venne eletto tra i dirigenti di quella istituzione massonica. Ad agosto, scoppiato il colera a Messina, accorse per organizzarvi gli aiuti. Il 25 settembre 1867, contratto il male, morì.

Fu tumulato nella cappella dell’Arciconfraternita degli Azzurri. Il Consiglio comunale votò per l’erezione di un monumento a suo ricordo nel famedio del Gran Camposanto e lo commissionò a Letterio Gangeri. Il 6 luglio 1880, a seguito di una petizione popolare e su iniziativa del Comune, la salma fu riesumata e trasportata con solennità al Gran Camposanto, dove fu posta in un sarcofago contiguo a quello di La Farina.

A raccogliere la sua eredità politica furono prima il figlio Giacomo (Messina 1846 - Roma 1896), consigliere comunale e per tre volte sindaco di Messina (1886-87, 1889-91, 1894-96), poi il nipote Giacomo, figlio del fratello Luigi, assessore comunale alla vigilia del terremoto del 1908, evento che distrusse la famiglia.

Fra gli scritti di Natoli si segnalano: In difesa della Commenda d’Alì dell’ordine costantiniano contro il cav. D. Paolo Granata, memoria per la g. c. civile in Messina, Messina 1847; Discorso pronunciato nella tornata del 12 luglio 1861 sulla condotta politica e parlamentare del deputato signor G. N., ibid.1861; Discorso del senatore N. sul progetto di legge pel conguaglio provvisorio dell’imposta fondiaria, Roma 1864; Giuseppe La Farina: discorso postumo del barone Natoli, Palermo 1869.

Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Messina, Atti civili, nascite 1846, b.146, n. 199; 1862, f.142; Ufficio registro, 1897, vol.120, n.4; Messina, Comune, Registri decessi, 1867; Atti del Parlamento italiano, Camera e Senato, Discussioni, 1861-1867, ad indices; Roma, Arch. centrale dello Stato, Ministero Pubblica Istruzione, Div. Istruzione sup. (1860-1881), b. 23, f. 17: Relazione di De Maria, Brioschi e Villari al ministro sui disordini avvenuti nell’Università di Napoli per protesta contro il regolamento Natoli; Collezione di Atti e sessioni del generale Parlamento di Sicilia colle leggi e gli atti, Palermo 1848, pp. 126, 167, 218; G. La Farina, Istoria documentata della rivoluzione siciliana e delle sue relazioni co’ governi italiani e stranieri (1848-1849), Capolago 1850, ad ind.; Commemorazione del senatore G. N., Senato, tornata del 5 dicembre 1867; C. Gemelli, Storia della siciliana rivoluzione del 1848-1849, Bologna 1867, pp. 56, 79, 246; Alla memoria degl’illustri estinti nel cholera del 1867 in Messina. Orazione funebre di G.B. Impallomeni letta nella sala del Palazzo municipale in occasione dell’Accademia patriottica a dì 29 marzo 1868, Messina 1868, pp.15-24; Epistolario di Giuseppe La Farina, a cura di A. Franchi, I-II, Milano 1869, ad ind.; O. Biasini, Cenni biografici degli illustri contemporanei messinesi compilati ad uso del popolo (1877), rist. anast. con introd. di G. Molonia, Messina 1995, p. 13; Stato presente della nobiltà messinese, descritta pel barone Giuseppe Galluppi di Pancaldo, Milano 1881, pp. 134 s.;  P. Preitano, Biografie cittadine (1881), rist. anast., Messina 1994, pp. 325-330; P. Levi, Luigi Orlando e i suoi fratelli per la patria e per l’industria italiana. Note e documenti raccolti e pubblicati per voto del municipio livornese e a cura della famiglia, Roma 1898, p. 61; A. Guzzoni degli Ancarani, Rettori, Presidi e professori della R. Università di Messina, Messina 1903, pp. 28 s.; G. La Corte Cailler, Un ricordo del barone N., in Arch. storico messinese, IV (1907), p. 12; L. La Bella, Vincenzo Fardella marchese di Torrearsa, i suoi tempi e i suoi amici, in Archivio storico per la Sicilia orientale, VII (1931) pp. 61-86; VIII (1932), pp. 447-483; F. De Stefano, I Fardella di Torre Arsa. Storia di tre patrioti, in Rassegna storica del Risorgimento, XII-XIII (1934), pp. 921-1371; G. Oliva, Annali della città di Messina, VIII (1954), pp. 294 s.; A. Moscati, Messina diede per prima un ministro siciliano al Regno d’Italia: G. N., in Archivio storico messinese, s. 3, V (1953-54), pp. 39-46; G. Cerrito, Lo spirito pubblico a Messina dal 1860 al 1882, ibid., pp. 99-139; L’emigrazione politica in Genova ed in Liguria dal 1848 al 1857,  a cura di F. Poggi, I-II, Modena 1957, ad ind.; L. Tomeucci, Messina nel Risorgimento. Contributo agli studi sull’Unità d’Italia, Milano 1963, p. 221 s.; G. Ciampi, Gli esuli moderati siciliani nel decennio di preparazione, Roma 1979, ad ind.; M. Missori, Governi, alte cariche dello Stato, alti magistrati e prefetti del Regno d’Italia, Roma 1989, pp. 28, 36, 429, 588; F. Crispi, Lettere a Rosalino Pilo, 1849-1855, introd. e note di S. Candido, Roma 1991, ad ind.; M. Canto, Dizionario degli uomini illustri messinesi, Lodi 1991, s.v.; N. Checco - E. Consolo, Messina nei moti del 1847-48, in Il Risorgimento, I (1999), pp. 5-41; L. Polo Friz, La massoneria italiana nel decennio post unitario. Lodovico Frapolli, Milano 1998, pp.68, 328; L’istruzione universitaria (1859-1915), a cura di G. Fioravanti - M. Moretti - I. Porciani, V,  Roma 2000, ad ind.; L. Caminiti, Dalla pietà alla cura. Strutture sanitarie e società nella Messina d’Ottocento, Milano 2002, pp. 189 s., 208; F. Conti, Storia della massoneria italiana. Dal Risorgimento al fascismo, Bologna 2003, ad ind.; G. Molonia, La stampa periodica a Messina. Dalla «Gazzetta Britannica» alla «Gazzetta di Messina», Messina 2004, p. 136 ; G. Rizzo, Annali della città di Messina (1862-1885), Messina 2007, p.193; R. Scatamacchia, Azioni e azionisti. Il lungo Ottocento della Banca d’Italia, Roma-Bari 2008, pp. 53, 156; E. De Fort, Immigrazione politica e clima culturale a metà Ottocento nel Regno di Sardegna, Genova 2008, p. 134, 162, 164; M. Novarino - G. M. Vatri, Uomini e logge nella Torino capitale. Dalla fondazione della loggia “Ausonia” alla rinascita del Grande Oriente Italiano (1859-1862), Torino 2009, pp. 1806-1863;L. Caminiti, G. G. N. di S., in Messina 1860 e dintorni, a cura di R. Battaglia - L. Caminiti - M. D’Angelo, Firenze 2011, p. 313-317.

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