Natura morta

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Nell’arte figurativa, dipinti che hanno come soggetto fiori, frutta, pesci, cacciagione, o vari oggetti d’uso.

La n. si configura nell’arte occidentale come genere pittorico autonomo dal 17° sec.; queste tematiche, però, ricorrono fin dai tempi più antichi nella pittura e nella scultura sia come figurazioni autonome sia in contesti narrativi: sono presenti nei rilievi e dipinti funerari egiziani e orientali e, in ambito ellenistico e romano, costituiscono generi specifici chiamati rhopographia (pittura di cose umili), rhyparographia (pittura di spazzature) e xenia (secondo Vitruvio, pitture in cui sono rappresentati i doni degli ospiti). Nell’arte bizantina e medievale occidentale episodi biblici e storie di santi offrono occasioni per raffigurare stoviglie e vivande sulle tavole (Ospitalità di Abramo, Nozze di Cana, Ultima cena) o gli strumenti per la scrittura e libri (ritratti degli Evangelisti, dei Padri della chiesa ecc.). Veri e propri trompe-l’oeil sono dipinti nel 14° sec. da artisti come T. Gaddi (nicchie con oggetti liturgici nella cappella Baroncelli in S. Croce) e si diffondono ancor più nel 15° sec. in dipinti, miniature e tarsie: i libri raffigurati nelle lunette delle ali dell’Annunciazione d’Aix (Bruxelles, Musées des Beaux-Arts; Amsterdam, Rijksmuseum), le tarsie dello studiolo di Federico da Montefeltro a Urbino (1476), fiori, frutta, gioielli su davanzali, miniati nel Libro d’ore di Maria di Borgogna (Vienna, Österreichische Nationalbibliothek), il vaso con gigli e iris dipinto da H. Memling sul verso di una tavola con la Madonna (1490 ca.; Madrid, Fondazione Thyssen-Bornemisza). La tavola (forse sportello di un armadio) con Pernice, manopole d’armatura e bolzone (Monaco, Alte Pinakothek) di Jacopo de’ Barbari, firmata e datata 1504, è spesso considerata il primo esempio di n. come genere pittorico autonomo.

È nel 16° sec., appunto, che comincia il processo che porta all’autonomia di questo, come degli altri generi pittorici, cui hanno contribuito diversi fattori, dalla diminuita richiesta di quadri religiosi nei paesi nordici dopo la Riforma alla formazione di una nuova committenza borghese e alla presenza, nelle botteghe, di artisti specializzati nel dipingere oggetti, paesaggi ecc. G. Vasari parla di pitture di «cose naturali, di animali, di drappi, di strumenti», K. van Mander di ‘pittura di fiori e frutta’; soggetti analoghi sono descritti anche come ‘colazione’, ‘tavola imbandita’ ecc. Solo alla metà del 17° sec. compare nei Paesi Bassi l’espressione stilleven («vita silenziosa/quieta»), J. von Sandrart usa per questi soggetti l’espressione still-stehende Sachen e poi Stilleben, che rimarrà a designare il genere nella terminologia tedesca, così come still life in quella dei paesi anglosassoni. In Francia l’olandese D. Bailly (1584-1657) è chiamato pittore di vie coye («vita quieta») e nel secolo successivo D. Diderot definisce questi soggetti nature inanimée; solo nel 19° sec. s’impone l’espressione nature morte di cui l’espressione italiana è un calco, mentre nell’ambito spagnolo i primi termini descrittivi (florero, frutero) sono sostituiti con quello di bodegón, che inizialmente designava una forma ibrida tra scena di genere e n., mostre di frutta, verdura, pesci ecc., in cucine e botteghe o sui banchi dei mercati. La n. sembra enuclearsi proprio da queste scene di genere, che presentano anche la figura umana, così come le dipingono nei Paesi Bassi P. Aertsen e J. Beuckelaer e in Italia V. Campi e B. Passarotti.

A seconda degli oggetti rappresentati, le n. racchiudono significati simbolici o allegorici (le stagioni, i sensi) e spesso, quando la presenza del teschio, del fiore appassito, del frutto marcito rimanda esplicitamente alla fugacità del mondo, assumono il nome di vanitas. La precisione documentaria nella rappresentazione di fiori e animali rispecchia anche l’interesse scientifico emergente in questi anni. In Olanda si distinguono in questo genere A. Bosschaert, P. Claesz, W. Kalf (non va dimenticato il contributo eccezionale di Rembrandt); nelle Fiandre, J. Bruegel dei Velluti, D. Seghers e F. Snyders. In Italia, i nomi di Caravaggio, E. Baschenis, P. Porpora, G. Ruoppolo riportano ad ambienti dove particolarmente viva fu la tradizione di questo genere. In Spagna, oltre a quelle di J. Sánchez Cotán e J. van der Hamen, sono da ricordare le splendide n. di F. Zurbarán; quelle di L. Baugin, J. Linard, L. Moillon in Francia dove, nel 18° sec., raggiungono un livello altissimo con J.-B.-S. Chardin. In quanto diretta osservazione e comunicazione con il vero, espressione poetica intima e raccolta, occasione di dirette ed esclusive ricerche formali, la n. ha una parte importante nella pittura del 19° sec. con H. de Fantin-Latour, Courbet, P. Cézanne, V. van Gogh; e, nel 20° sec., nell’ambito cubista, nel purismo. Alcuni pittori, come G. Morandi, ne fanno il tema quasi esclusivo della loro ricerca. Oggetti d’uso quotidiano sono protagonisti ancora sia delle poetiche dada e surrealista sia delle ricerche artistiche della seconda metà del secolo (pop art, nouveau réalisme ecc.) ma, rappresentati o riprodotti tridimensionalmente, spesso in scala gigantesca, o realmente introdotti nelle composizioni, travalicano i confini della n. come genere artistico.

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