Navetta

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Organo delle macchine per tessere e per cucire che contiene la spola, animato di moto alternativo. Per analogia, meccanismo di trasporto che collega due luoghi andando alternativamente dall’uno all’altro.

Astronautica

navettaN. spaziale Sistema di trasporto spaziale (space transportation system, STS), progettato e realizzato dalla NASA nel corso degli anni 1970 per mettere in orbita, fino a 300 km di altezza, carichi utili anche di massa notevole (ordine delle 30 t) a costi ridotti; la n. spaziale (comunemente chiamata space shuttle) infatti, pur decollando verticalmente come i vettori spaziali tradizionali, può rientrare alla base e atterrarvi al termine di un volo planato consentendo il quasi totale reimpiego delle sue parti. Gli scopi operativi principali del progetto comprendono: il posizionamento di satelliti su un’orbita, dalla quale i satelliti stessi possano raggiungere, con mezzi propri, orbite molto più alte; la riparazione, la manutenzione e, eventualmente, il recupero di satelliti mal funzionanti; l’assistenza logistica a stazioni spaziali (programma congiunto Shuttle-MIR, che prevedeva una serie di ormeggi delle n. alla stazione orbitale russa MIR; collegamenti con la Stazione spaziale internazionale); l’utilizzazione di un laboratorio spaziale (spacelab), che consenta attività tecnologica e di ricerca nello spazio.

fig. 1

L’STS, della massa di circa 2000 t, si compone di 3 parti principali: a) l’orbiter, il vero e proprio veicolo spaziale, comunemente assimilato alla n. spaziale stessa, nel quale si trovano: gli astronauti (fino a 7), la stiva per il trasporto dei carichi, il gruppo motori principali, il gruppo motori di manovra ecc.; b) due grandi razzi a propellente solido che sviluppano una spinta totale di 25.000 kN, destinati a staccarsi e a ricadere in mare appesi a paracadute, emettendo segnali radio che ne facilitano il recupero; c) un grande serbatoio esterno contenente idrogeno e ossigeno liquidi (per l’alimentazione del gruppo motori principali della n. spaziale) che va completamente perduto. L’orbiter (fig. 1) ha un’architettura simile a quella di un aeroplano con ala bassa, a doppio delta, larga circa 24 m sulla quale sono montate le superfici mobili per il governo aerodinamico; la capace fusoliera lunga circa 37 m termina con un impennaggio verticale di notevoli dimensioni (ca. 40 m2).

Per la maggior parte, la struttura e il rivestimento sono in lega di alluminio, ricoperto quest’ultimo quasi completamente da un sistema di protezione dalle elevatissime temperature causate dall’attrito aerodinamico nella fase di rientro nell’atmosfera (fino a 1260 °C); tale sistema è formato da oltre 30.000 piastrelle termoisolanti, in fibra di silicio e carbonio, di facile sostituibilità.

L’apparato propulsivo principale è costituito da 3 motori, ciascuno da 2300 kN di spinta massima, ed è posto nella parte poppiera della fusoliera. Il gruppo motori di manovra, composto da due razzi da 30 kN di spinta, e dai relativi serbatoi per propellenti liquidi, trova alloggio in due apposite gondole poste anch’esse a poppa; tale gruppo deve fornire la spinta per l’inserimento nell’orbita finale, per la circolarizzazione dell’orbita stessa, per l’eventuale cambio di orbita (per es., nel caso di rendez-vous) e, infine, per l’abbandono dell’orbita al rientro. Per il governo nel tratto di volo spaziale, l’orbiter dispone di un sottosistema formato da numerosi piccoli razzi ripartiti tra la prua e le gondole di poppa.

Per la vita e le operazioni in orbita l’equipaggio dispone di un sistema di pile a combustibile e di un grosso braccio articolato per la movimentazione dei carichi trasportati o da recuperare. Terminata la missione l’orbiter viene decelerato e posto nella traiettoria di discesa. L’angolo di attacco rispetto alla traiettoria è molto elevato (ca. 60°), cosicché il veicolo può far fronte, principalmente con il ventre, al riscaldamento cinetico. Da una velocità di oltre 26.000 km/h, a 130 km di altezza, l’orbiter, superata a partire da 80 km di altezza la fase di interruzione delle trasmissioni radioelettriche, raggiunge la velocità di 350 km/h alla quota di 4000 m. Inizia allora la manovra di atterraggio che ha luogo seguendo un sentiero MLS, in volo planato, senza motori, grazie all’impiego di ipersostentatori.

Lo sviluppo dell’orbiter fu avviato nel 1972. Il primo lancio, con due astronauti a bordo, aveva luogo il 2 aprile 1981 sul veicolo Columbia, con 36 orbite nei 2 giorni di permanenza nello spazio; a esso facevano seguito i lanci del Challenger, del Discovery e dell’Atlantis. Nel gennaio 1986, quando l’STS sembrava aver raggiunto un elevato grado di affidabilità, la n. spaziale Challenger esplose dopo pochi secondi dal lancio e morirono i 7 astronauti imbarcati. Dopo una fase di riesame tecnico del sistema, il programma riprese con regolarità negli anni 1990, con la realizzazione della n. spaziale Endeavour. Un nuovo arresto del programma fu causato dall’incidente occorso nel 2003 alla n. Columbia, che si disintegrò durante il rientro nell’atmosfera terrestre, provocando la morte dell’equipaggio. Le polemiche che seguirono, l’età ormai considerevole di queste navette spaziali, nonché i tagli governativi ai fondi della NASA, determinarono la decisione di concludere nel 2011 il programma Shuttle, dopo 30 anni di servizio e 135 missioni. Nell’attesa di portare a termine lo sviluppo di un nuovo vettore (il veicolo spaziale Orion), le missioni spaziali vengono realizzate con la n. russa Soyuz.

Biologia

fig. 2

In biochimica, si indica come sistema n. una serie di meccanismi di trasporto di equivalenti riducenti dal citoplasma al mitocondrio che permettono di riossidare il NADH citoplasmatico a NAD+ nonostante il NADH citoplasmatico non possa oltrepassare la membrana mitocondriale per essere direttamente ossidato da una NADH-deidrogenasi presente sulla membrana interna dei mitocondri. Il sistema n. più attivo per il NADH nel rene e nel cuore è la n. malato-aspartato (fig. 2).

Tecnica

Ogni servizio pubblico di trasporto di cose o persone, svolto da un veicolo o convoglio che collega due luoghi, andando avanti e indietro sullo stesso percorso, a intervalli regolari.

Nelle ferrovie, treno n., quello comprendente una locomotiva a un’estremità e un veicolo ‘pilota’, munito di cabina di guida, all’altra estremità, in grado di percorrere nei due sensi di marcia lo stesso binario; tale tipo di treno è adoperato per servizi locali di breve durata, per i quali le operazioni di cambio della locomotiva comporterebbero tempi eccessivi rispetto a quelli di percorrenza.

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