Neokantismo

Dizionario di filosofia (2009)

neokantismo


Denominazione con la quale vengono designate una serie di scuole e correnti filosofiche affermatesi in Germania nella seconda metà dell’Ottocento e nei primi decenni del Novecento e diffusesi anche in Francia, Inghilterra e Italia. La caratteristica comune di queste correnti era il ritorno, sia pure in modi e forme diversi, al pensiero di Kant, e un rifiuto dell’irrazionalismo e della filosofia della natura romantica. Precursori di questa tendenza possono considerarsi Liebmann, Zeller, von Helmholtz e Lange, che stimolarono uno studio approfondito dell’opera kantiana. Sviluppi del kantismo in senso positivistico-realistico si ebbero con Riehl, mentre altri studiosi ne tentavano un’elaborazione più o meno apertamente metafisica. Tra le scuole neokantiane la più importante è la Scuola di Marburgo (➔) – i cui protagonisti furono H. Cohen, Natorp e Cassirer – che interpretò il kantismo soprattutto come «teoria dei principi della scienza e della cultura», mettendo in rilievo il piano logico-trascendentale e respingendo qualsiasi tentativo di fondazione psicologistica. In Cohen il pensiero di Kant viene problematizzato radicalmente; si sottolinea il ruolo del pensiero di fronte al dato e della forma di fronte al contenuto, e ciò conduce a una critica di tutte le «datità» kantiane (particolarmente per quanto riguarda il concetto di cosa in sé e l’opposizione intuizione-categoria). L’obiettivo è quello di delineare la struttura categoriale e la logica delle scienze matematiche e fisiche. Lo stesso obiettivo, con maggior penetrazione metodologica e ampiezza di interessi, è perseguito da Natorp, il cui merito è soprattutto quello di aver applicato anche alla psicologia il metodo trascendentale. Cassirer estese infine questo metodo all’intera gamma dei fenomeni culturali (linguaggio, mito, arte, religione, ecc.), dando vita a una concezione in cui assume fondamentale importanza la nozione di attività simbolica. Alla Scuola di Marburgo si oppose la Scuola di Gottinga (Nelson), che cercò di giungere a una fondazione psicologica della deduzione trascendentale kantiana, senza incorrere nel relativismo e nel riduzionismo psicofisiologico. Notevole influenza ebbe inoltre la Scuola di Heidelberg (detta anche scuola del Baden), i cui massimi rappresentanti furono Windelband e Rickert. Windelband ritenne di poter riformulare il problema epistemologico kantiano in un più vasto contesto assiologico, elaborando cioè una filosofia dei valori: per es., per Windelband il giudizio, inteso in senso kantiano, è una funzione valutativa, poiché il valore cui fa riferimento è la verità. Particolarmente rilevante, in Windelband, la distinzione tra scienze nomotetiche (scienze della natura) e scienze idiografiche (scienze storiche). Rickert, proseguendo su questa linea, sviluppò una vera e propria filosofia della cultura, distinguendo nettamente tra il mondo degli oggetti della percezione (e della scienza naturale) e il mondo degli oggetti non sensibili, ossia degli oggetti colti attraverso un processo intellettivo (Verstehen). Il concetto kantiano di esperienza poteva così estendersi ad abbracciare la storia. Legato a precisi interessi logici e scientifici, nonché politici e sociali (per es., al socialismo riformista), il n. decadde rapidamente con il rapido mutare delle condizioni storiche e culturali all’inizio del Novecento, influenzando peraltro in maniera determinante i successivi sviluppi della filosofia contemporanea.