Neonato

Universo del Corpo (2000)

Neonato

Giovanni Bucci
Annamaria Giua
Francesca Campi
Anna Fabrizi
Marinella Rosano

Si chiama neonato il bambino nel periodo fra il momento della nascita e le prime quattro settimane di vita, quando, venuta a mancare la stretta dipendenza dall'organismo materno, si compie il suo adattamento all'ambiente esterno. Al momento della nascita, infatti, con il passaggio dalla vita intrauterina a quella extrauterina, si instaurano modificazioni funzionali e in parte morfologiche, che consentono al feto di adattarsi a un'esistenza indipendente.

Aspetti medici

di Giovanni Bucci, Annamaria Giua, Francesca Campi,

l. Classificazione

La classificazione dei neonati segue i criteri dell'età gestazionale (EG) e del peso alla nascita (PN). L'età gestazionale viene calcolata a partire dal primo giorno dell'ultima mestruazione e si esprime in settimane compiute; in base a essa si distinguono neonati pretermine (EG  37 settimane), a termine (EG=38-41 settimane), post-termine (EG Ž 42 settimane). Il peso alla nascita viene considerato appropriato (o proporzionato) alla corrispondente età gestazionale quando è compreso tra il 10° e il 90° percentile di una determinata popolazione; in base a esso, i neonati vengono definiti piccoli per l'EG (PEG o SGA, Small for gestational age: peso 〈 10° percentile), appropriati per l'EG (AEG o AGA, Appropriate for gestational age: peso tra il 10° e il 90° percentile), grossi per l'EG (GEG o LGA, Large for gestational age: peso > 90° percentile). Sulla base del peso alla nascita, si parla anche di neonato di basso peso (LBW, Low birth weight, con PN 〈2500 g), di peso molto basso (VLBW, Very low birth weight, con PN 〈1500 g), di peso estremamente basso (ELBW, Extremely low birth weight, con PN〈1000 g). Il basso peso alla nascita può essere determinato da un ritardo di accrescimento intrauterino (neonato SGA), o da un periodo gestazionale più breve (neonato pretermine) o dalla combinazione di entrambi i fattori. Sono state elaborate delle griglie di riferimento per collocare, a seconda dell'età gestazionale, i singoli neonati nelle categorie degli appropriati o non appropriati, in eccesso o in difetto per il rispettivo peso. Attualmente la più utilizzata è la cosiddetta griglia di Denver. La valutazione dell'età gestazionale può essere confermata mediante una valutazione clinica dello sviluppo neuromuscolare e della maturità fisica del neonato. Attualmente il metodo più usato è il nuovo punteggio di Ballard, che può essere applicato anche al neonato molto pretermine e offre risultati più accurati rispetto ai precedenti: consiste in una prima osservazione di 6 criteri di maturità neuromuscolare, seguita da una successiva valutazione di 6 criteri di maturità fisica. L'esame neurologico (che va fatto alla nascita e ripetuto dopo 2-3 giorni) deve rilevare la postura e il tono muscolare. L'esame fisico prende in considerazione la consistenza, il colore e la trasparenza della cute, la presenza di lanugine, la presenza e la distribuzione dei solchi plantari, la forma e la consistenza dei capezzoli, l'aspetto e la consistenza dei padiglioni auricolari e i caratteri dei genitali esterni. A ciascuno degli indici suddetti si attribuisce un punteggio da 0 a 5, a seconda del grado di maturità. La somma del punteggio dell'esame fisico e di quello neurologico corrisponde a una determinata età gestazionale. Il sistema di valutazione più diffuso e adottato per la prima valutazione clinica del neonato fu proposto, nel 1953, da V. Apgar, e permette di valutare il neonato sulla base di cinque parametri: frequenza cardiaca, attività respiratoria, tono muscolare, eccitabilità riflessa, colorito cutaneo. A ogni segno clinico viene attribuito un punteggio da 0 a 2 e l'indice totale si ottiene sommando i vari punteggi. La valutazione effettuata al 1° minuto è indispensabile per individuare i neonati che necessitano di rianimazione; quella al 5° e al 10° minuto definisce la vitalità del neonato ed è una misura della probabilità di successo dell'intervento rianimatorio. Sulla base del punteggio di Apgar a 1 minuto, i neonati possono essere provvisoriamente così identificati: punteggio da 7 a 10 per il neonato normale, sano e vitale; punteggio da 4 a 6 per il neonato moderatamente depresso, con asfissia di media gravità; punteggio da 0 a 3 per il neonato gravemente depresso, fortemente asfittico o in stato di morte apparente. La normalità del neonato alla nascita è condizionata dalla coesistenza di un'anamnesi materna negativa, di un fisiologico decorso del parto e di un perfetto funzionamento dei meccanismi di adattamento neonatali. Secondo un criterio clinico, viene definito normale ogni neonato a termine, di età gestazionale tra 38 e 41 settimane, di peso tra 2500 e 4000 g, nato da gravidanza regolare, con punteggio di Apgar Ž 7, che ha respirato entro il 1° minuto di vita, che non ha presentato difficoltà respiratorie o neurologiche entro i primi giorni di vita.

2.

Assistenza al neonato

Poiché la maggioranza dei parti avviene in ambiente ospedaliero, le procedure assistenziali primarie prese in esame sono quelle ivi eseguite. In sala parto, subito dopo l'espulsione del neonato, si effettuano: la disposizione del neonato su un piano; l'aspirazione delle mucosità dal cavo orale e dalle narici; la recisione del cordone ombelicale, dopo che è stata applicata al tralcio fetale del funicolo, a circa 3 cm dalla parete addominale, una pinza di materiale plastico che, una volta chiusa, non può essere riaperta. Tali procedure devono essere praticate entro 20-30 s dall'espulsione; una volta terminate, il neonato, asciugato e avvolto in un panno, viene posto sul lettino apposito dell''isola neonatale', adiacente alla sala parto e affidato al pediatra per una prima valutazione clinica. L'assegnazione del punteggio di Apgar (v. sopra) è per il neonatologo, presente in sala parto, un'indicazione per la condotta terapeutica immediata; costituisce inoltre un'informazione utilizzata nei controlli clinici successivi per la valutazione delle condizioni al momento della nascita. Dopo la prima valutazione clinica, il programma assistenziale del neonato normale comprende: il bagno di pulizia, cioè la pulizia sommaria effettuata per immersione con acqua a temperatura di 37 °C, utilizzando un sapone, che abbia eventualmente un'azione antisettica; la profilassi congiuntivale, che viene eseguita installando nel sacco congiuntivale di ciascun occhio una soluzione acquosa di nitrato d'argento all'1% (recentemente viene piuttosto consigliato l'uso di pomate oftalmiche all'eritromicina o alla clortetraciclina, attive sia sul gonococco sia sulla Chlamydia, in seguito alla aumentata frequenza delle infezioni genitali da Chlamydia trachomatis); e, infine, la profilassi della malattia emorragica, che è attuata mediante la somministrazione intramuscolare di vitamina K₁ di sintesi. La maggior parte delle modificazioni nelle funzioni respiratorie, cardiocircolatorie e metaboliche che consentono un adeguato adattamento del neonato alla vita extrauterina avviene nelle prime 6-12 ore dopo il parto e presenta una dinamica particolare, che, per essere considerata fisiologica, deve essere contenuta entro limiti di durata e di tempo abbastanza precisi, durante i quali il neonato deve essere attentamente valutato. È indispensabile controllare la pulsazione del tratto funicolare, che deve brevemente cessare (fase di progressiva decelerazione, i cui valori più bassi si riscontrano verso la 6ª ora, attorno ai 100 battiti per minuto), la temperatura corporea, la frequenza cardiaca, la frequenza respiratoria, il colorito cutaneo e l'adeguatezza della circolazione. Tali rilievi vengono effettuati ogni ora, fino a che il neonato non sia stabilizzato nei valori per due ore consecutive. Durante questo periodo appare preferibile non separare il neonato dalla madre, in quanto il distacco potrebbe compromettere il buon avvio del legame madre-neonato. Durante il periodo di permanenza in ospedale, il neonato deve essere attentamente osservato, a causa della possibilità di insorgenza di patologie nelle prime 72 ore di vita. Questa osservazione deve essere eseguita intensivamente per le prime 6-12 ore, durante le quali si completano, generalmente, i processi fisiologici iniziali di adattamento. Quando il neonato viene trasferito in reparto è necessario effettuare i seguenti controlli: saturazione di O₂, temperatura, frequenza cardiaca e respiratoria, colorito, dispnea, motilità e reattività, peso, lunghezza e circonferenza cranica. Nelle prime 24 ore di vita vanno inoltre controllati il mitto urinario e l'emissione di meconio. L'alimentazione va iniziata dopo aver verificato la pervietà del sondino esofageo in sala parto; il neonato va alimentato ogni 3-3,30 h, cercando sempre di favorire l'attaccamento al seno materno. Superata la fase dell'osservazione transizionale, il neonato può essere accudito nel nido o nell'ambiente in cui si trova la madre (rooming-in). Da questo momento i controlli possono essere diradati: la temperatura corporea e la frequenza respiratoria vanno controllate 1-2 volte al giorno e quotidianamente va controllato il peso del neonato. La cute del neonato deve essere ripulita dai residui di vernice caseosa con cotone imbevuto di olio di vaselina; a ogni cambio di pannolino, il podice e le parti sporche di feci e urine vanno pulite con emollienti. Particolare attenzione merita la cura del cordone ombelicale, che va medicato e avvolto con garze sterili fino alla sua caduta.

3.

Caratteristiche morfologiche

Il peso del neonato a termine oscilla alla nascita tra 2500 e 4000 g (in media è compreso tra 3000 e 3500 g); esso è influenzato da fattori costituzionali e, in relazione alla razza, dalle condizioni di nutrizione della madre e dalla durata della gravidanza. Esiste, inoltre, una connessione tra peso della placenta e peso alla nascita; normalmente tale rapporto è di 1:6 (il peso medio della placenta è di 500-600 g). La statura è compresa mediamente tra 49,5 e 50,5 cm. Sia il peso sia la statura dei neonati sono in genere superiori nei maschi (con un'eccedenza media di 150 g per il peso e di 1 cm per la lunghezza). Le proporzioni corporee del neonato sono alquanto diverse da quelle dell'adulto. Lo si può definire un brachitipo-megalosplancnico, per la maggior lunghezza del tronco rispetto agli arti e per la prevalenza dei diametri trasversi del tronco su quelli anteroposteriori. Il capo è sproporzionatamente voluminoso, in quanto corrisponde a 1/4 della statura corporea, mentre nell'adulto è 1/8. La circonferenza cranica supera di 1-2 cm quella toracica; il cranio cerebrale è molto sviluppato rispetto a quello facciale; la linea interpupillare è bassa; la fronte è alta e sporgente (nel neonato il cervello è relativamente voluminoso, pesando circa 350-400 g, cioè il 13-14% del peso corporeo, il che spiega la sproporzione tra testa e corpo). La faccia è relativamente piccola, larga in alto e ristretta in basso, il naso è piccolo e appiattito alla base, il collo è corto, non facilmente visibile all'ispezione durante l'esame obiettivo. Il tronco è lungo in rapporto agli arti inferiori ed è molto sviluppato in senso anteroposteriore. Il torace ha sezione rotondeggiante, a botte, essendo il diametro anteroposteriore pressoché uguale a quello trasverso e le costole hanno direzione orizzontale, come in posizione inspiratoria. L'addome è voluminoso, espanso, globoso, a causa dell'ipotonia muscolare delle pareti e della dilatazione delle anse intestinali; la sua circonferenza è leggermente superiore a quella del torace. Il bacino, che alla nascita ha una posizione verticale molto più pronunciata che nelle età successive, ha forma conica, con stretto superiore quasi verticale. Gli arti sono corti rispetto alla statura corporea; quelli superiori sono relativamente lunghi rispetto agli inferiori. Il braccio ha una lunghezza pressoché uguale a quella dell'avambraccio; la coscia ha una lunghezza approssimativamente uguale alla gamba. La colonna vertebrale, a causa della posizione sdraiata che il neonato tiene abitualmente, descrive un'ampia curvatura a concavità anteriore, presentando una cifosi ad ampio raggio. L'atteggiamento normale del neonato in stato di veglia corrisponde a quello del feto nella cavità uterina; per la predominanza dei muscoli flessori su quelli estensori (ipertono fisiologico), la testa è flessa sul tronco, le braccia sono addotte, gli avambracci flessi sulle braccia, le mani chiuse a pugno, le cosce flesse sul bacino e le gambe flesse sulle cosce. Gli arti inferiori sono leggermente sollevati dal piano di appoggio.

4.

Adattamento neonatale e fenomeni fisiologici

Alcuni dei meccanismi adattativi che intervengono per consentire al neonato la sopravvivenza, si instaurano rapidamente e la loro riuscita può essere valutata in minuti o al massimo in ore dopo la nascita; altri fenomeni emergono più lentamente, per cui sono necessari giorni e persino mesi per la loro valutazione. Le modificazioni del sistema circolatorio e polmonare costituiscono la principale forma di adattamento rapido, in quanto da esse dipende la sopravvivenza immediata del neonato. Il controllo del neonato deve essere particolarmente concentrato al momento della nascita (assistenza in sala parto) e nelle prime ore di vita (assistenza transizionale), allo scopo di individuare tempestivamente e trattare in maniera adeguata le eventuali alterazioni dell'adattamento, che possono influire sia sulla sopravvivenza sia sull'integrità del bambino.

a) Adattamento respiratorio. I fenomeni adattativi più critici sono legati al trasferimento della sede degli scambi gassosi dalla placenta al polmone. Nel feto la funzione respiratoria si svolge attraverso la placenta che provvede agli scambi gassosi grazie all'intimo contatto tra sangue materno e sangue fetale. Durante la vita fetale i polmoni sono pieni di liquido, hanno lo stesso volume dei polmoni pieni di aria e ricevono circa il 10-17% della gittata cardiaca. Perché si realizzi un normale adattamento respiratorio, l'apparato polmonare si sviluppa nel corso della vita intrauterina attraverso un complesso processo maturativo, morfologico e biochimico, che porta alla formazione di unità alveolocapillari in grado di garantire gli scambi gassosi alla nascita. L'aspetto più importante della maturazione biochimica è la produzione del surfattante, una sostanza lipoproteica ad azione tensioattiva, prodotta dalle cellule epiteliali polmonari (pneumociti di tipo II). Alla nascita, dopo l'interruzione dell'attività placentare, il polmone diventa un organo a contenuto aereo, e la respirazione da diffusoria diventa di tipo ventilatorio. L'inizio della respirazione è caratterizzato dai seguenti fenomeni fondamentali: 1) intervento di stimoli tattili, termici e chimici, responsabili del primo atto respiratorio; 2) rimozione del liquido polmonare fetale mediante espulsione attraverso la bocca, nel momento in cui avviene la compressione della gabbia toracica durante il passaggio nel canale del parto, e riassorbimento attraverso i vasi linfatici e il sistema vascolare del polmone; 3) aerazione del polmone: dopo il primo atto respiratorio, una parte dell'aria penetrata nei polmoni viene trattenuta negli alveoli polmonari per costituire la capacità funzionale residua, il cui mantenimento è garantito dalla pressione negativa intrapleurica e dalla presenza nelle cavità alveolari del surfattante, il quale, abbassando notevolmente la tensione superficiale a livello delle interfacce aria-alveolo, riduce la forza necessaria a impedire che il polmone collassi; 4) apertura della circolazione polmonare, per cui, in conseguenza del processo di espansione dei polmoni, che induce uno spiegamento del tessuto polmonare, si determina una spiccata riduzione delle resistenze al flusso di sangue e quindi un aumento considerevole della portata circolatoria polmonare.

b) Adattamento cardiocircolatorio. Parallelamente ai meccanismi adattativi respiratori si verificano importanti modificazioni cardiocircolatorie, per cui si passa da una circolazione di tipo fetale a una circolazione di tipo adulto. Nel feto la circolazione si compie con particolari modalità, che consentono di trasferire ossigeno e sostanze nutritive dalla placenta al feto. Le caratteristiche anatomiche più rilevanti di tale circolazione sono: il sistema vasale fetoplacentare, costituito dalle arterie ombelicali (sangue venoso alla placenta) e dalla vena ombelicale (sangue arterioso al feto); la presenza del dotto venoso di Aranzio, che mette in comunicazione la vena ombelicale con la vena cava inferiore; la presenza di ampi shunt tra circolo sistemico e circolo polmonare attraverso il forame ovale e il dotto arterioso di Botallo. Alla nascita, con la legatura del cordone ombelicale e l'inizio della respirazione, si verificano le seguenti modificazioni circolatorie: 1) aumento delle resistenze vascolari sistemiche, per esclusione del circolo placentare, e aumento della pressione aortica; 2) caduta delle resistenze vascolari polmonari, in seguito all'introduzione di aria negli alveoli, e all'aumento della pressione parziale di ossigeno (pO₂) nel sangue polmonare; 3) chiusura degli shunt fetali (foro ovale e dotto arterioso), che consente di separare la circolazione polmonare da quella sistemica, realizzando il passaggio dalla circolazione in parallelo a quella in serie: il foro ovale si chiude funzionalmente per accollamento della valvola corrispondente, in seguito all'aumento del flusso ematico polmonare, mentre il dotto arterioso si chiude funzionalmente entro le prime 24 ore di vita, per vasocostrizione, e anatomicamente entro alcune settimane o mesi.

c) Fenomeni fisiologici. Nei primi giorni dopo la nascita si verifica il calo fisiologico, caratterizzato da una diminuzione di peso, che di solito non supera il 5-10% del peso alla nascita. Maggiore nel neonato pretermine, è dovuto principalmente all'evacuazione del meconio e alle perdite di liquidi che si hanno in parte per via renale, ma soprattutto attraverso la perspiratio insensibilis. Fisiologicamente, dopo 4-5 giorni, il peso tende ad aumentare ed entro la 1ª settimana di vita viene recuperato il peso della nascita. Il moncone ombelicale si forma in seguito alla recisione del cordone ombelicale al momento della nascita; successivamente va incontro a un progressivo processo di essiccamento per mummificazione e si distacca, in genere, tra la 5ª e l'8ª giornata di vita (se il moncone non è ancora caduto dopo 10-12 giorni dalla nascita, può essere sopraggiunta un'infezione). Caduto il moncone, rimane la ferita ombelicale che va incontro a cicatrizzazione, formando la cicatrice ombelicale verso la 12ª-15ª giornata.

Importanti sono le modificazioni cutanee. La pelle alla nascita è ricoperta dalla vernice caseosa, una sostanza bianco-grigiastra untuosa, che ha protetto il feto dalla macerazione da parte del liquido amniotico, durante la vita intrauterina, ed è costituita da una miscela idroleosa, contenente sebo, cellule epidermiche, lanugine e altri detriti. Asportata la vernice caseosa, la cute del neonato assume un colore intensamente rosso (eritema neonatale) che scompare nel giro di un paio di giorni ed è seguito da una desquamazione lamellare interessante il tronco e gli arti. Nei neonati post-termine, la desquamazione è particolarmente evidente già alla nascita e in corrispondenza delle mani e dei piedi acquista aspetto fogliaceo. In un certo numero di neonati sono presenti, alla nascita, manifestazioni cutanee transitorie, quali l'esantema tossico, che si manifesta dopo 3-4 giorni nel 50% circa dei neonati come un'eruzione di breve durata, a tipo eritematopapuloso, che regredisce spontaneamente; il milio sebaceo, caratterizzato da piccole cisti da ritenzione sebacea, bianco-giallastre, localizzate al volto, soprattutto al naso, che scompaiono senza alcuna terapia entro la fine del primo mese; le macchie teleangectasiche alla nuca, alle palpebre, alla radice del naso che, generalmente, scompaiono nel corso del primo anno di vita; le macchie mongoliche, di colore grigio-ardesiaco, a limiti indeterminati, di grandezza variabile da uno a parecchi centimetri, localizzate alla regione sacrale e imputabili alla presenza di cellule connettivali ricche di pigmento melaninico, che scompaiono entro uno o due anni.

Il tumore da parto o caput succedaneum, presente immediatamente dopo la nascita, è caratterizzato da una tumefazione edematosa in corrispondenza della parte presentata durante il parto (più spesso al capo, in regione parietoccipitale) ed è dovuto alla differenza di pressione tra l'ambiente intrauterino e quello extrauterino. È di consistenza pastosa, del diametro di 4-6 cm, e scompare in genere entro pochi giorni. Va differenziato soprattutto dal cefaloematoma esterno, legato a trauma da parto. La crisi genitale è contraddistinta da un complesso di segni fisiologici; questi dipendono in gran parte dalla presenza in circolo di ormoni di origine placentare o materna (gonadotropina HCG, estrogeni, progesterone), ma anche da effetti endocrini di steroidi androgeni fetali. Generalmente tali segni compaiono verso il 3°-4° giorno di vita e regrediscono nel giro di 2-4 settimane. Le principali manifestazioni sono: nelle femmine, tumefazione del clitoride e delle grandi labbra, secrezione vaginale lattescente (fluor neonatorum) e secrezione vulvare sieroematica; nei maschi, tumefazione dei genitali esterni, temporaneo idrocele, ingrossamento della prostata; in entrambi i sessi, tumefazione mammaria con secrezione simile al colostro ('latte di strega'; è necessario differenziare questa forma dalla mastite dei neonati, dovuta a un processo infiammatorio di natura settica, da trattare con antibioticoterapia oppure con l'incisione della raccolta purulenta). Tutte queste manifestazioni non necessitano di terapia. Nel neonato pretermine la crisi genitale appare modesta o assente, sia per il minor tempo di esposizione alla stimolazione endocrina placentare o materna, sia per l'immaturità di risposta degli organi recettori. Nel 50% circa dei neonati a termine e nell'80% circa dei pretermine è presente, nel corso della prima settimana di vita, l'ittero fisiologico, caratterizzato da colorazione giallastra della cute e delle sclere, imputabile ad aumentati livelli di bilirubinemia coniugata (5-7 mg/dl). È un ittero transitorio, benigno, che non altera le condizioni di salute del neonato e pertanto non necessita di trattamento.

5.

Principali patologie neonatali

a) Asfissia neonatale. La condizione di emergenza più importante nel periodo dell'immediato adattamento postnatale è l'incapacità del neonato a istituire spontaneamente una valida attività respiratoria. Quando ciò si verifica (per cause materne, fetali, neonatali), si realizza il quadro dell'asfissia neonatale, condizione patologica caratterizzata da riduzione della pressione parziale e della saturazione di ossigeno (ipossia), seguita da un aumento dell'anidride carbonica (ipercapnia) nel sangue arterioso e nei tessuti. Generalmente è conseguente a una sofferenza fetale ipossica instauratasi durante la vita intrauterina, durante il travaglio o il parto; pertanto tutte le condizioni che interferiscono con il trasporto dell'ossigeno ai tessuti fetali possono essere causa di sofferenza fetale asfittica. I criteri utili per fare diagnosi di asfissia si possono distinguere in prenatali e neonatali: i primi sono rappresentati da liquido amniotico tinto di meconio, alterazioni della frequenza cardiaca fetale (bradicardie, con frequenza cardiaca 〈100 battiti/min), acidosi fetale (pH 〈7,25 su sangue capillare); i secondi da indice di Apgar 〈6, respirazione spontanea assente o insufficiente dopo 2-2,30 min, frequenza cardiaca 100 dopo 2-2,30 min, acidosi neonatale (pH 〈7,15 su sangue capillare).

b) Patologia traumatica da parto. Le lesioni secondarie a traumi da parto sono attualmente diminuite per frequenza e gravità, in seguito alle migliorate condizioni di espletamento del parto. I fattori che predispongono a tali patologie sono: la macrosomia fetale; la nascita pretermine; le sproporzioni cefalopelviche; le distocie dinamiche; il travaglio prolungato; le presentazioni anomale. Il cefaloematoma, raccolta ematica tra periostio e osso, in corrispondenza di una o più ossa craniche, si riscontra nel 2% dei neonati ed è dovuto a rottura dei vasi del periostio in corso di travaglio prolungato, per applicazione di forcipe o ventosa; compare in 2ª-3ª giornata di vita, nettamente delimitato e di consistenza tesoelastica, e scompare lentamente dopo 4-6 settimane, talvolta anche mesi. L'ematoma dello sternocleidomastoideo, raccolta ematica tra le fibre del muscolo sternocleidomastoideo, si verifica più frequentemente nelle presentazioni di spalla o di podice, causando incapacità del bambino, nel corso della prima settimana di vita, a volgere il capo dal lato interessato; regredisce fino a scomparire nel corso di alcune settimane. Tra le fratture, la più frequente è quella della clavicola, che si verifica nelle presentazioni di spalla, ma anche in parti fisiologici, nei neonati macrosomici, e può passare inosservata o essere riconosciuta per limitazione di movimenti e assenza del riflesso di Moro dal lato colpito; non richiede trattamento e guarisce perfettamente dopo alcune settimane. Fra i traumi dei nervi periferici figurano le cosiddette paralisi ostetriche, che possono interessare il nervo facciale, il plesso brachiale e il nervo frenico.

c) Itteri neonatali. L'ittero è una delle condizioni più frequenti del periodo neonatale ed è caratterizzato da un aumento della bilirubina nel sangue. Una diagnosi precoce è di fondamentale importanza, in quanto permette di distinguere l'ittero fisiologico dalle forme patologiche, nelle quali è necessaria una terapia mirata allo scopo di prevenire eventuali danni immediati o a distanza. A seconda del tipo di bilirubina in eccesso, si distinguono: itteri a bilirubina libera, non coniugata, nei quali la bilirubina indiretta è superiore all'80%; itteri a bilirubina coniugata, con un aumento prevalente della quota a reazione diretta, superiore del 20%. Gli itteri a bilirubina non coniugata possono essere del neonato sano (ittero fisiologico, ittero da latte materno) o patologici. L'ittero fisiologico è una delle manifestazioni più tipiche dell'adattamento funzionale del neonato (v. sopra); quello da latte materno si presenta verso la fine della 1ª settimana con livelli di bilirubina che raggiungono, in 2ª settimana, i 15-20 mg % e si normalizzano dalla 3ª alla 12ª settimana; non è necessario interrompere l'allattamento al seno, che può essere sospeso per 24-48 ore, mantenendo la spremitura manuale o meccanica. L'ittero è considerato non fisiologico quando, pur comparendo nelle prime 24 ore di vita, i livelli di bilirubina sono >5 mg/dl/die, la concentrazione di bilirubina diretta è >1,5-2 mg %, e il quadro clinico dell'ittero persiste oltre una settimana nel nato a termine e oltre le 2 settimane nel pretermine. La tossicità della bilirubina può causare gravi lesioni al sistema nervoso centrale, in quanto, per la sua liposolubilità, è in grado di superare la barriera ematoencefalica e di penetrare nelle cellule del sistema nervoso centrale, provocando l'ittero nucleare. Quest'ultimo, caratterizzato da un danno dei nuclei della base, si manifesta clinicamente in 3ª-4ª giornata di vita con apatia, debolezza della suzione, pianto stridulo e ipotonia. Successivamente, si ha irritabilità, opistotono e convulsioni; può verificarsi la morte per danno encefalico. Gli itteri a bilirubina coniugata, sempre patologici, sono dovuti a un aumento prevalente della bilirubina a reazione diretta (>20%). Fanno parte di questo gruppo principalmente gli itteri colestatici neonatali, caratterizzati da una riduzione del flusso biliare. Le cause più frequenti sono l'epatite idiopatica neonatale (35-40% dei casi) e l'atresia delle vie biliari extraepatiche (25-30% dei casi). Il quadro clinico è aspecifico, con ittero già evidente alla nascita, urine scure, feci completamente chiare (acoliche) o solo giallastre (ipocoliche), prurito ed epatomegalia di entità variabile.

d) Patologia respiratoria. Le affezioni respiratorie rappresentano un aspetto importante della patologia neonatale, soprattutto nei soggetti pretermine, in quanto per essi è la patologia più frequente e più grave. Le principali sono la malattia delle membrane ialine, le apnee del pretermine e la pervietà del dotto arterioso, che colpiscono i neonati pretermine (v. oltre), e inoltre la sindrome da aspirazione di meconio e la tachipnea transitoria del neonato. La sindrome da aspirazione di meconio è conseguente ad atti respiratori spasmodici compiuti dal feto in condizioni di asfissia. La tachipnea transitoria, detta anche sindrome del polmone umido, è causata da un ritardato assorbimento del liquido alveolare fetale dopo l'inizio della respirazione; ne sono colpiti sia neonati a termine asfittici sia nati da parto cesareo.

e) Patologia neurologica. Le cause di danno neurologico neonatale sono molteplici e possono intervenire durante la vita fetale, nel periodo intra partum o immediatamente dopo il parto. Allo stato attuale, in seguito alla migliorata assistenza, le cause prevalenti sono quelle a insorgenza prenatale. I fattori causali più frequenti e importanti sono: encefalopatia ipossico-ischemica, emorragie endocraniche, convulsioni neonatali, meningiti neonatali, disordini metabolici, sindrome da astinenza da droghe, malformazioni cerebrali congenite ipotonia neonatale. L'encefalopatia ipossico-ischemica è la causa più importante di morbilità e mortalità neurologica nel periodo neonatale e la più frequente di sequele neurologiche a distanza. Nel 90% dei casi la causa principale è l'asfissia perinatale, ossia un insufficiente apporto di ossigeno al feto, che agisce attraverso due meccanismi: diminuzione della quantità di ossigeno cerebrale (ipossiemia) e diminuzione della perfusione ematica cerebrale (ischemia). Le manifestazioni cliniche e il decorso variano a seconda della gravità del danno e dipendono anche dall'età gestazionale. Nel neonato pretermine vi può essere uno stato di depressione con iperreattività o assenza di sintomi clinici. Nel neonato a termine la sintomatologia più comune interessa la corteccia cerebrale e si manifesta sotto forma di: neonato con tono muscolare normale (nell'80% dei casi si ha uno sviluppo normale); neonato iper-reattivo, con iper-reflessia e alterazione del tono muscolare (la maggior parte ha uno sviluppo normale, ma possono verificarsi esiti di convulsioni, letargia e obnubilimento); neonato fortemente ipotonico, generalmente molto depresso, che può andare incontro a convulsioni, emisindromi e coma. La prognosi dipende dalla gravità dell'insulto ipossico-ischemico e dalla rapidità del recupero neurologico. L'assenza di sequele neurologiche può essere affermata intorno all'anno di vita, mentre le sequele intellettive, comportamentali ed epilettiche non possono essere escluse prima del compimento dei 10 anni. Le emorragie endocraniche costituiscono un altro importante quadro clinico del periodo neonatale, sia per l'incidenza sia per le sequele che spesso sono infauste o molto gravi. L'emorragia subdurale (rottura delle vene a ponte della convessità cerebrale) si verifica elettivamente nel neonato a termine; ha una patogenesi prevalentemente traumatica e può essere asintomatica o manifestarsi con ipereccitabilità e ipertono nelle forme meno estese, mentre sfocia in una sintomatologia molto grave se l'emorragia è più estesa, con stupore, coma, opistotono, convulsioni e stato di shock. L'emorragia subaracnoidea (rottura delle vene cerebrali superficiali) si manifesta maggiormente nel pretermine, ma anche nel neonato a termine, ed è causata da trauma, ipossia o deficit emocoagulativo; può essere asintomatica o evolvere con un quadro neurologico di tipo irritativo, fino alle convulsioni. L'emorragia periventricolare è caratteristica del pretermine. Le convulsioni sono le più importanti e frequenti manifestazioni di compromissione neurologica del neonato e anche segno di sofferenza cerebrale; sono, quindi, espressione di una malattia in grado di danneggiare il sistema nervoso centrale, ma possono esse stesse causare danno cerebrale. Pertanto, un neonato con convulsioni deve essere trattato con urgenza per evitare che si verifichino lesioni cerebrali permanenti. Le cause sono molteplici (insulto ischemico, emorragie cerebrali, infezioni virali e batteriche, cause metaboliche, tossiche e ignote); non vi è rapporto diretto tra causa e tipo e gravità delle crisi, mentre esiste una certa relazione tra epoca di comparsa e fattore eziologico. La frequenza è più elevata nei prematuri, fino a raggiungere un 25‰ nei neonati in terapia intensiva. Le manifestazioni cliniche delle convulsioni in epoca neonatale sono in rapporto alle particolari caratteristiche maturative dell'encefalo e della corteccia cerebrale. A differenza del bambino più grande, nel quale si osservano convulsioni ben organizzate, tonico-cloniche generalizzate, nel neonato prevalgono crisi locali o migranti o 'minime', spesso difficilmente riconoscibili. La prognosi negli ultimi anni è migliorata; la mortalità è attualmente del 15% e le sequele neurologiche nei sopravvissuti si verificano nel 30-35% dei casi.

f) Infezioni neonatali. Durante il periodo neonatale le infezioni rappresentano un'importante causa di morbilità e mortalità, nonostante il miglioramento delle tecniche assistenziali e l'uso di antibiotici a largo spettro. Molte infezioni neonatali si presentano nelle prime 72 ore di vita (sepsi precoci), in seguito all'esposizione di microrganismi materni in grado di infettare il feto per diffusione ematogena, per via ascendente, oppure per diffusione attraverso il liquido amniotico, come in caso di rottura delle membrane materne. Inoltre, l'aumentata sopravvivenza dei neonati di basso peso e la loro prolungata ospedalizzazione hanno aumentato il rischio di infezioni nosocomiali (sepsi tardive), il cui tasso di incidenza viene riportato fino al 25%. L'incidenza bassa sul totale dei nati (circa 10/1000 nati vivi) si accompagna a una elevata mortalità, che risulta pari al 25% ed è dipendente dall'età gestazionale in modo inversamente proporzionale, fino ad arrivare al 90% nei neonati di peso molto basso. Le infezioni perinatali, contratte durante il parto, sono dovute principalmente a microrganismi presenti nell'intestino o nel tratto genitale della madre; l'eziologia di queste infezioni è riferibile soprattutto a streptococco di gruppo B, Escherichia coli, Lysteria monocytogenes, Chlamydia tracomatis, Mycoplasma, salmonella, Herpes simplex, Cytomegalovirus, Candida albicans. Le infezioni postnatali, contratte dopo la nascita, sono causate, maggiormente, da microrganismi che albergano nei reparti di degenza (nido, reparti di terapia intensiva e patologia neonatale). Gli agenti patogeni implicati sono vari e attualmente risultano predominanti gli stafilococchi e i batteri gram-negativi, specialmente Klebsiella, Escherichia coli, Proteus, Pseudomonas aeruginosa. Le infezioni neonatali sono particolarmente pericolose perché tendono a diffondersi a causa di un sistema immunitario immaturo, incapace di arginare efficacemente il processo infettivo; si verificano, pertanto, sepsi generalizzate alle quali fanno seguito, di frequente, localizzazioni in vari organi e tessuti. La prognosi dipende dalla tempestività della diagnosi e del trattamento, associata a un'accurata anamnesi clinica e di laboratorio.

6.

Il neonato prematuro o pretermine

Un neonato si definisce pretermine se nasce prima di aver completato la 37ª settimana di gestazione, cioè prima che siano trascorsi 259 giorni dall'ultima mestruazione materna. I neonati di basso peso rappresentano il 5-10% di tutti i neonati: la frequenza varia dal 4% della Scandinavia, al 6-10% degli USA, a circa il 30% dell'Asia centromeridionale. Nel nostro paese essa si aggira intorno al 10-15%, di cui un 5% circa è rappresentato da neonati di peso molto basso. Questi ultimi, insieme ai neonati di peso estremamente basso, rappresentano circa il 3% di tutti i neonati. La nascita pretermine può verificarsi in seguito a: inizio spontaneo e prematuro del travaglio (50% dei casi); rottura spontanea e prematura delle membrane (30% dei casi); provocazione del parto prematuro per necessità materne o fetali. Grazie al miglioramento delle tecniche di assistenza intensiva neonatale, negli ultimi anni del 20° secolo si è osservata una riduzione della mortalità e, di conseguenza, la sopravvivenza è aumentata dal 4% dei neonati di peso molto basso, nel 1950, al 50%, 80% e 97% per i neonati, rispettivamente, di 24, 28 e 32 settimane di EG. Tra i fattori prognostici favorevoli vi sono il sesso e la razza; infatti, le femmine sono favorite rispetto ai maschi, e i neonati di razza nera rispetto a quelli di razza bianca.

I fattori di rischio materni per la nascita di neonati pretermine o di basso peso sono rappresentati da: malattie acute e croniche, quali ipo- e ipertensione arteriosa, diabete mellito, cardiopatie, ipertiroidismo, infezioni (batteriuria asintomatica, rosolia, Cytomegalovirus ecc.); gestosi; età troppo giovane (〈16 anni) o avanzata (>35 anni), probabilmente perché spesso associata ad altre situazioni predisponenti, quali primiparità, livello socioeconomico basso, peso corporeo incongruo; fumo di tabacco; malnutrizione; attività fisica e atteggiamenti posturali errati, quali stazione eretta prolungata e orari di lavoro pesanti; abuso di alcol o sostanze stupefacenti (diversi studi hanno dimostrato che il consumo di due o più alcolici al giorno in gravidanza è associato a un rischio doppio di partorire un neonato di basso peso; mentre, invece, la cocaina stimola la muscolatura uterina ed è associata a improvviso distacco di placenta, nascita pretermine e morte fetale).

I fattori di rischio ostetrici sono invece: primiparità; gravidanza multipla (i gemelli sono maggiormente esposti a un basso peso alla nascita, sia per una gestazione più breve sia per un reale ritardo di crescita intrauterina); anamnesi positiva per aborti e per parto pretermine; poli- e oligoidramnio; malformazioni uterine; mioma; incompetenza della cervice uterina; patologia placentare; rottura prematura delle membrane; travaglio pretermine; infezioni, quali: cervicite, cervicovaginite, corionamniosite.

Infine, i fattori di rischio fetali sono: sesso, in quanto le femmine tendono ad avere un peso alla nascita minore; sofferenza fetale; anomalie fetali; eritroblastosi. Comunque, tutte le condizioni che interferiscono con la capacità dell'utero di contenere il feto, che ostacolano il decorso della gravidanza o che stimolano le contrazioni uterine prima del tempo sono associate alla nascita di un neonato pretermine. Al contrario, le situazioni che ostacolano la circolazione, la funzionalità della placenta, lo sviluppo e la crescita del feto, nonché lo stato di salute generale e la nutrizione della madre sono generalmente associate alla nascita di un neonato piccolo per l'età gestazionale. Prima della nascita la diagnosi di basso peso si basa sulla valutazione ecografica di numerosi parametri, tra cui i più importanti sono: diametro biparietale, circonferenza addominale e lunghezza del femore. Dopo la nascita, la diagnosi di prematurità si avvale, oltre che del calcolo dell'EG cronologica in base all'ultima mestruazione materna, della stima dell'EG mediante la valutazione fisica e neurologica secondo Ballard. Infine, sono necessarie indagini specifiche nel sospetto di patologie particolari. Alla nascita il neonato pretermine è caratterizzato da una generale ipotonia muscolare agli arti superiori e inferiori, i quali sono rilasciati sul piano del letto. La cute è sottile e traslucida, eritematosa e, alle estremità, cianotica e fredda; spesso è presente subedema. Le unghie sono corte e non coprono completamente il letto ungueale. L'ittero è frequente e prolungato; scarsamente rappresentato il tessuto sottocutaneo. Il cranio in rapporto al resto del corpo è notevolmente voluminoso; può presentare diastasi delle suture craniche e accavallamento delle squame. I capelli, inizialmente fini, soffici e immaturi, vengono poi sostituiti da capelli simili a quelli del neonato a termine. Gli occhi sono sporgenti, la fronte e a volte anche il resto del volto presentano spesso una peluria soffice e rada (lanugo). La frequenza respiratoria è più alta (40-50/min) e irregolare del neonato a termine. Il ritmo del respiro è di norma irregolare per immaturità dei centri respiratori; di frequente riscontro è il respiro periodico (ritmo di Cheyne-Stokes), caratterizzato da ricorrenti periodi di apnea (di circa 5-10 s) alternati a periodi con atti respiratori ravvicinati. La frequenza cardiaca è di solito intorno a 150-180 battiti/min. L'addome si presenta globoso e talvolta si hanno diastasi dei muscoli retti ed ernia ombelicale. Nella femmina si riscontrano ipertrofia del clitoride e piccole labbra e grandi labbra appena accennate. Nel maschio i testicoli possono non essere palpabili, poiché la discesa nel canale inguinale inizia dopo la 29ª settimana di gestazione. Infine, rispetto al neonato a termine, il calo ponderale è più marcato e il recupero è più lento. In rapporto all'età gestazionale e al peso, il neonato pretermine presenta più o meno marcate compromissioni di gran parte delle funzioni organiche, alle quali corrispondono altrettanti problemi di assistenza e di accrescimento.

Per quanto riguarda la termoregolazione, i neonati prematuri appaiono, caratteristicamente, suscettibili a: ipotermia causata da immaturità dei centri nervosi termoregolatori; difetto della termogenesi, a causa di un minor contenuto di grasso bruno, carenza di depositi di glicogeno e insufficiente apporto di calorie con la dieta; maggiore termodispersione, per scarsità del tessuto sottocutaneo e relativa maggior estensione della superficie corporea in rapporto al peso; limitata capacità di ossigenazione in presenza di patologie polmonari. La regolazione della temperatura va, pertanto, attuata ponendo il neonato pretermine in una culla termostatica o, se di peso inferiore a 2000 g, in un'incubatrice munita di riscaldamento elettrico e termostatico regolabile, con circolazione di aria filtrata e umidificata e di impianto per la somministrazione di O₂ nella concentrazione voluta. L'immaturità del sistema polmonare è il principale fattore responsabile delle insufficienze respiratorie che caratterizzano la patologia dell'adattamento alla vita extrauterina del neonato pretermine. Clinicamente, l'insufficienza respiratoria del pretermine si traduce in elevato rischio di asfissia e di patologia da distress (sofferenza) respiratorio. In particolare, i quadri più frequenti sono la malattia delle membrane ialine polmonari e le apnee del pretermine. La malattia delle membrane ialine polmonari è la principale causa di mortalità e la sua incidenza è inversamente proporzionale all'età gestazionale; quanto più bassa è l'età gestazionale, tanto più grave è il ritardo della maturazione biochimica polmonare e quindi il deficit di surfattante alla base della patogenesi della malattia. Quest'ultima è dovuta alla carenza (a causa di immaturità polmonare) oppure all'inattivazione (a causa di vasocostrizione da ipossia) del surfattante, essenziale per il mantenimento dell'espansione polmonare. Gli alveoli tendono a collabire e a raggrupparsi in zone atelettasiche; la ridotta irrorazione polmonare e il rallentamento del flusso capillare danno luogo a trasudazione negli alveoli di plasma ricco in fibrina (membrane ialine). La diagnosi si basa su dati clinici, emogasanalitici e radiologici. Sebbene negli ultimi anni, soprattutto grazie all'uso del surfattante suppletivo (bovino, suino o sintetico), siano notevolmente migliorati il decorso clinico e la prognosi, la malattia, come appena accennato, rappresenta ancora una delle principali cause di morte nei neonati di peso molto basso, con una mortalità di circa il 20% nei nati che presentano un'età gestazionale inferiore alle 34 settimane. Da qui l'unanime accordo sulla necessità di porre in atto, in caso di minaccia di parto pretermine, la profilassi con somministrazione alla madre di steroidi che inducono, tramite meccanismi diversi, la maturazione biochimica del polmone fetale. Le apnee del pretermine sono dovute essenzialmente a insufficiente risposta del centro del respiro agli stimoli fisiologici, per l'immaturità anatomica del sistema nervoso centrale. L'incidenza è inversamente proporzionale al peso del neonato, manifestandosi nell'85% dei neonati con peso inferiore a 1000 g. Il quadro clinico è variabile, da crisi che passano inosservate a crisi prolungate che danno luogo a pallore, cianosi, ipotonia e bradicardia, e comportano il rischio di emorragia endocranica per squilibri dell'emodinamica cerebrale.

Per le caratteristiche anatomofunzionali del suo sistema nervoso centrale, il neonato pretermine, soprattutto se di peso estremamente basso, può andare incontro in epoca neonatale principalmente a due tipi di patologia cerebrale: l'emorragia perintraventricolare e la leucomalacia periventricolare. L'emorragia perintraventricolare è caratterizzata da un sanguinamento della matrice germinale sottoependimale, riccamente vascolarizzata, che avviene tra la 24ª e la 32ª settimana di età gestazionale; negli ultimi anni si è assistito a un declino nell'incidenza di tale patologia, passata nei neonati di peso molto basso dal 40-60% della fine degli anni Settanta del 20° secolo al 20-40% alla fine del secolo; l'emorragia, favorita dalle modificazioni del flusso cerebrale proprie del neonato pretermine, soprattutto se asfittico, si presenta nei primi 3 giorni di vita con una sintomatologia clinica molto variabile e può essere caratterizzata da una sindrome clinicamente silente o saltatoria (saltuarie crisi toniche, oculogire e apnee di breve durata) o infine catastrofica (opistotono, apnee prolungate, stupore, coma), con esito generalmente infausto. La leucomalacia periventricolare rappresenta il quadro neuropatologico della sindrome ipossicoischemica cerebrale nel neonato pretermine; è dovuta a necrosi della sostanza bianca in prossimità degli angoli esterni dei ventricoli laterali ed è spesso associata a emorragia subependimale e ventricolare. La peculiare patologia cardiocircolatoria del neonato di peso molto basso è essenzialmente legata a ipotensione arteriosa, spesso conseguente a ipovolemia, disfunzione cardiaca o vasodilatazione da sepsi; talvolta è responsabile di crisi di apnea e danno da ipoperfusione a carico di vari organi, tra i quali il sistema nervoso centrale, e a scarsa contrattilità del dotto arterioso che, unitamente alle basse resistenze polmonari, giustifica la frequente occorrenza della pervietà del dotto arterioso con shunt sinistro-destro e scompenso cardiocircolatorio. I principali problemi connessi con l'equilibrio metabolico riguardano il metabolismo del glucosio, del calcio e della bilirubina: l'ipoglicemia (〈25 mg/dl) è dovuta alle scarse riserve di glicogeno epatico, in rapporto a una gestazione non a termine; l'ipocalcemia (〈7 mg/dl) è causata dalla scarsità dei depositi di calcio nelle ossa e dall'ipoparatiroidismo neonatale, più prolungato che nei neonati a termine; l'iperbilirubinemia comporta il rischio di superamento della barriera ematoencefalica anche con valori non altissimi. La prematurità è il maggior fattore di rischio per l'insorgenza dell'enterocolite necrotizzante, una necrosi ischemica intestinale acuta, generalmente associata a sepsi e spesso complicata da perforazione e peritonite, di eziologia sconosciuta. È una grave affezione che colpisce prevalentemente i neonati pretermine nelle prime 2 settimane di vita, con un'incidenza che varia da centro a centro e di anno in anno nei vari centri di terapia intensiva. Possono verificarsi endemie ed epidemie; nella maggioranza dei centri si verifica nel 2-5% di tutti i ricoverati in terapia intensiva neonatale e nel 5-10% dei neonati di peso molto basso. Il quadro clinico è caratterizzato da sintomi aspecifici, quali crisi di apnea e bradicardia, instabilità termica, letargia, e da sintomi gastrointestinali, quali diarrea, distensione addominale, vomito e sangue nelle feci. Il quadro radiologico è di fondamentale importanza per la diagnosi: dilatazione intestinale; presenza di gas nella parete dell'intestino (pneumatosi intestinale); pneumoperitoneo in caso di perforazione; gas nel sistema portale in fase avanzata. È presente alterazione degli indici di infezione (VES, velocità di eritrosedimentazione; PCR, Polymerase chain reaction), leucocitosi o leucopenia, trombocitopenia, CID (coagulazione intravascolare disseminata) ed eventuale anemizzazione: dalle indagini possono emergere specifici microrganismi particolarmente invasivi a livello intestinale da trattare con un'antibioticoterapia mirata. La terapia consiste in alimentazione parenterale, antibiotici per via sistemica, terapia generale dello shock e intervento chirurgico, in caso di perforazione intestinale. La prevenzione deve essere attuata in tutti i pazienti a rischio (neonati di peso molto basso e con stress perinatale) e consiste nel controllare le infezioni, nello stabilizzare la pressione arteriosa e nel ritardare l'inizio dell'alimentazione orale.

Per quanto riguarda le infezioni, infatti, il neonato prematuro, a causa di una risposta immunitaria ridotta (deficit di anticorpi propri e materni, difetto di immunità aspecifica), è particolarmente esposto, soprattutto a quelle di tipo enterico, respiratorio o anche, inizialmente, solo tegumentario (quest'ultima sede è più comune per la scarsa resistenza della cute). Nonostante i notevoli progressi della terapia, la mortalità per sepsi è ancora elevata nei neonati estremamente prematuri, in quelli con shock settico, nonché in quelli con gravi patologie che richiedono terapie invasive. La profilassi delle infezioni deve essere attuata adottando le più scrupolose misure di asepsi e antisepsi nei reparti di terapia intensiva neonatale. Il neonato prematuro richiede infine un'attenzione particolare riguardo alla modalità, alla quantità e al tipo di alimentazione. Le attitudini ad alimentarsi di molti neonati pretermine sono limitate, in quanto possono mancare del tutto o essere deboli e incompleti i riflessi di suzione o deglutizione. In altri casi, i neonati di basso peso, specie se clinicamente compromessi, non tollerano i pasti al seno o al poppatoio, che possono causare vomito o crisi asfittiche. Si ricorre, pertanto, all'alimentazione mediante tecniche appropriate (nutrizione per sonda gastrica, alimentazione enterale continua); in particolari condizioni, quali estrema prematurità o insufficienza respiratoria grave, si evita l'alimentazione enterale, ricorrendo per alcuni giorni alla nutrizione parenterale. Le capacità digestive, di assorbimento e del metabolismo del pretermine sono limitate da: ridotta capacità gastrica (30-10 ml), per cui sono più frequenti il rigurgito e il vomito; ridotta attività della lattasi, la cui maturazione avviene durante il 3° trimestre di gravidanza; minor digestione e assorbimento dei lipidi, causati dal deficit di secrezione della lipasi pancreatica e dalla ridotta concentrazione intraluminale dei sali biliari; incompleta utilizzazione di alcuni aminoacidi (per es. tirosina), il cui accumulo può essere pericoloso per l'integrità del sistema nervoso. Pertanto, la scelta del latte da utilizzare nell'alimentazione del neonato pretermine di basso peso deve rispondere a particolari requisiti, in grado di assicurargli un adeguato accrescimento, senza forzare le sue capacità metaboliche. I problemi a lungo termine di più frequente riscontro nei neonati prematuri sono: handicap maggiori (paralisi cerebrale, ritardo mentale); deficit sensoriali, uditivi e visivi; disfunzioni cerebrali minime relative a linguaggio, apprendimento, attenzione, comportamento; retinopatia della prematurità; displasia broncopolmonare o malattia polmonare cronica (chronic lung disease); ritardo di crescita; anemia; aumentata morbosità ed elevata frequenza di reospedalizzazione; aumentata frequenza di anomalie congenite; morte improvvisa del lattante. Gli handicap maggiori a distanza, percentualmente, rispetto ai sopravvissuti non sono aumentati; tuttavia, essendo più che raddoppiata la sopravvivenza dei neonati di peso molto basso, il numero dei soggetti con gravi esiti neurosensoriali è quantitativamente aumentato. Il follow-up è di fondamentale importanza e permette il controllo dell'evoluzione clinica dopo la dimissione dal reparto di degenza, la precoce individuazione di eventuali deficit e l'attuazione di misure preventive e terapeutiche; deve essere attuato dal pediatra di base almeno fino all'età scolare, in quanto soltanto verso i 5-6 anni si evidenziano meglio le sequele minori, quali, per es., un modesto ritardo mentale, turbe neurocomportamentali ecc.

7.

Il neonato piccolo per l'età gestazionale

Si definisce neonato piccolo per l'età gestazionale (SGA) o neonato con ritardo di crescita intrauterina (IUGR, Intrauterine growth retardation) il neonato con un peso alla nascita inferiore al 10° percentile del peso alla nascita medio per l'età gestazionale riferito alle curve di accrescimento intrauterino. Le curve di accrescimento fetale e neonatale più usate sono quelle di Lubchenko (in Maglietta 1994), che si differenziano per i seguenti fattori: età, sesso, razza, caratteristiche genetiche, fattori geografici ed economici. L'incidenza della nascita di bambini piccoli per l'età gestazionale è variabile da studio a studio, ma, in generale, secondo indagini condotte in USA e Gran Bretagna, è compresa tra il 2 e il 5% approssimativamente, per cui un terzo dei neonati di basso peso è SGA. Il ritardo di crescita intrauterino è gravato da una mortalità fino a cinque volte superiore a quella di neonati di pari età gestazionale ma con sviluppo adeguato ed è valutata in circa il 19% nei neonati con un peso alla nascita inferiore al 5° percentile. Le cause di mortalità spesso sono sconosciute (in circa il 56% degli SGA all'esame autoptico non si riscontra nessuna anomalia); risultano, comunque, prevalenti le cause respiratorie e le malformazioni congenite. Il ritardo di crescita durante la gestazione si verifica per il presentarsi di eventi patologici che determinano un ridotto sviluppo del feto, agendo sul suo potenziale genetico di crescita. Le cause si possono distinguere in intrinseche ed estrinseche. Le cause intrinseche sono rappresentate da fattori che agiscono direttamente sul feto: fattori costituzionali, quali il peso e l'altezza dei genitori (l'influenza genetica sul peso alla nascita è stata stimata intorno al 40%); patologie cromosomiche, quali la trisomia 18 e 13 o la sindrome di Turner, nonché le delezioni e le traslocazioni cromosomiche (il ritardo di crescita si presenterà più o meno severo a seconda del cromosoma colpito); infezioni congenite, contratte in un momento critico della crescita fetale, prevalentemente nel 1° trimestre di gravidanza (le infezioni più temibili per tale evenienza sono quelle del gruppo TORCH - toxoplasmosi, rosolia, Cytomegalovirus, Herpes simplex -, la sifilide, la malaria); l'esposizione materna a droghe e farmaci, in quanto l'uso di farmaci o l'abitudine a fumo, alcol o stupefacenti da parte della madre causa un passaggio di tali sostanze al feto attraverso la circolazione placentare e, di conseguenza, un effetto sul feto.

La sindrome fetoalcolica provoca, oltre al ritardo di crescita, anche anormalità facciali e alterazioni del sistema nervoso centrale; il fumo, determinando un'aterosclerosi dei vasi sanguigni materni, causa un ridotto apporto di sangue al feto e quindi un ritardo di crescita. Tra i farmaci, quelli interessati nel determinare patologia fetale sono prevalentemente l'idantoina e i cumarolici. Le cause estrinseche a esordio tardivo sono di origine materna o placentare ed esplicano la loro azione attraverso il mancato apporto al feto di nutrienti od ossigeno. Se tali carenze sono croniche, durante tutta o buona parte della gestazione, determinano una riduzione sia del peso sia della lunghezza del feto; se si verificano acutamente, la loro azione si manifesta principalmente sul peso alla nascita. Tra queste cause ricordiamo in particolare: le malattie materne che determinano un ridotto apporto di sangue e ossigeno al feto, quali, per es., anemia, ipertensione, diabete, lupus eritematoso, complicati da vasculopatia; la malnutrizione materna grave, tanto più grave quanto più precocemente si presenta nel corso della gravidanza; patologie ostetriche, quali anormalità della placenta e del cordone ombelicale, infarti placentari, emangiomi della placenta, fibromi uterini. Il ritardo di crescita intrauterina determina delle sequele perinatali e a lungo termine sul feto e sul neonato. I nati IUGR presentano infatti un rischio di mortalità perinatale 8 volte superiore rispetto ai neonati di peso adeguato; la mortalità fetale si stima intorno al 50%. Bisogna sottolineare, però, che una grande percentuale di queste morti fetali è da ricondurre alle anomalie cromosomiche associate al ritardo di crescita intrauterino. Alla nascita o durante il travaglio è più frequente l'evenienza di un distress fetale o di un'acidosi; in feti IUGR che nascono dopo la 34ª settimana di gestazione si presenta spesso la sindrome da aspirazione di meconio. I neonati SGA vengono comunemente suddivisi in due sottogruppi, in rapporto al diverso periodo in cui si è verificata la noxa patogena responsabile del ritardo di crescita. Negli SGA 'simmetrici' o proporzionati, l'agente patogeno ha agito precocemente, sin dal 1° trimestre di gravidanza; risultano ridotti tutti i parametri auxologici, quali peso, lunghezza e circonferenza cranica, a causa di una prolungata malnutrizione e l'aspetto generale è quello di un neonato magro ma armonioso; la cute è normale e l'adipe è appropriato alla massa corporea. Negli SGA 'asimmetrici' o non proporzionati, che rappresentano il caso più frequente, il ritardo di crescita è iniziato a partire dal 2° o 3° trimestre di gravidanza; il peso è ridotto, ma la circonferenza cranica e la lunghezza sono nei limiti della norma; l'aspetto è abnormemente lungo e magro, con il capo grosso rispetto al resto del corpo; la pelle è pallida e desquamata con ridotto spessore delle pliche; il pannicolo adiposo è scarso; il cordone ombelicale è sottile e giallo-brunastro; rispetto al neonato a termine, l'ittero fisiologico è più intenso, mentre rispetto al neonato pretermine l'ittero e il calo ponderale sono meno accentuati.

Le problematiche presenti nel periodo perinatale non sono esclusive del neonato SGA, ma in questo si ritrovano con frequenza elevata. I problemi di termoregolazione sono più accentuati per una maggiore termodispersione (scarsità di tessuto sottocutaneo ed elevata superficie corporea) o una minore disponibilità di riserve energetiche. L'asfissia perinatale, provocata dalle contrazioni uterine, aggrava lo stato di ipossia cronica e limita l'adattamento cardiopolmonare; ne consegue una maggiore frequenza di morte intrauterina, encefalopatia ipossicoischemica, scompenso cardiaco, enterocolite necrotizzante, sindrome da aspirazione di meconio. L'ipoglicemia, secondaria a ridotte scorte di glicogeno, alterata gliconeogenesi, iperinsulinismo e a deficit di catecolamine, si manifesta precocemente dopo la nascita con crisi di cianosi, apnea, ipotonia, collasso e, talora, convulsioni; frequentemente giunge a valori inferiori a 20-25 mg ed è una delle possibili cause di danno neurologico. L'ipocalcemia è secondaria all'asfissia neonatale e al distress respiratorio. L'ipossia cronica prenatale è responsabile dell'aumento dell'eritropoietina, dell'incremento del volume plasmatico e, quindi, del numero dei globuli rossi e di elevazione dell'ematocrito; ne deriva iperviscosità con disturbi emodinamici e metabolici. Le infezioni sono molto frequenti, in conseguenza della compromissione del sistema immunitario (sia umorale sia cellulare), legata all'effetto della malnutrizione e dell'ipossia. L'alimentazione risulta problematica. Per quanto riguarda l'accrescimento somatico, i neonati SGA hanno una prognosi a distanza sensibilmente peggiore di quella dei nati pretermine, con una curva di crescita condizionata dalle cause che hanno determinato il ridotto sviluppo intrauterino. Negli SGA simmetrici il ritardo di peso, statura e circonferenza cranica non viene in genere recuperato e persiste costantemente come nella vita prenatale. Negli SGA asimmetrici, la potenzialità di recupero della crescita postnatale è di solito migliore: questi neonati nei primi 6-12 mesi di vita spesso presentano un aumento del peso, della statura e della circonferenza cranica anche più rapido rispetto a quello dei coetanei nati con peso normale; tuttavia, dopo il 1° anno di vita l'accelerazione della crescita si esaurisce e molti di loro si mantengono su percentili bassi per tutta l'età pediatrica, e anche nell'adolescenza e nell'età adulta; possono poi insorgere ritardo nell'eruzione dentaria e difetti di formazione dello smalto; è presente infine una maggiore possibilità di infezioni. Nel neonato SGA vi è una maggiore incidenza sia di deficit maggiori sia di disturbi dell'apprendimento. Studi effettuati su bambini con ritardo di crescita intrauterina, seguiti fino all'età scolare, hanno dimostrato che gli handicap maggiori (ritardo mentale, convulsioni, deficit sensoriali e paralisi cerebrali) risultano essere relativamente più frequenti nei neonati SGA pretermine e, in generale, negli SGA simmetrici. Gli SGA asimmetrici, invece, presentano una più elevata incidenza di deficit psichici minori, quali la disfunzione cerebrale minima, problemi di linguaggio, di attenzione, di apprendimento scolastico, nonostante presentino un'intelligenza globalmente entro i limiti della norma.

Aspetti psicologici

di Anna Fabrizi, Marinella Rosano

Lo sviluppo fisico e psichico del bambino è caratterizzato da un continuo processo di crescita e di trasformazione che inizia sin dai primi giorni a partire dal concepimento e prosegue fino all'età adulta. Le profonde modificazioni che caratterizzano l'intero sviluppo derivano dalla costante influenza reciproca tra fattori genetici e fattori epigenetici, vale a dire ambientali e dovuti all'interazione tra bambino e ambiente. Il fenomeno della nascita segna un passaggio fondamentale nel rapporto tra maturazione biologica e ambiente, ma rappresenta solo un momento del continuo processo di adattamento dell'individuo alla realtà. Le conoscenze attuali, basate su tecniche d'indagine strumentali e funzionali più raffinate, consentono di comprendere e interpretare meglio la natura dei cambiamenti e dei processi che li provocano, nonché degli effetti conseguenti. In questa prospettiva le caratteristiche specifiche del neonato sono attualmente studiate, oltre che nella loro peculiarità, anche in funzione della continuità con fasi precedenti e successive dello sviluppo. Gli importanti cambiamenti che avvengono sul piano delle funzioni psichiche nel primo anno di vita e durante l'intero sviluppo precoce sono interpretati nelle attuali teorie dello sviluppo in termini sia di continuità sia di discontinuità. Vale a dire che l'ontogenesi delle diverse funzioni specifiche viene analizzata come il susseguirsi di passaggi graduali da prestazioni più semplici a prestazioni più complesse e mature, oppure come modificazioni qualitative profonde che conducono a organizzazioni comportamentali e adattative completamente nuove. Le concezioni strettamente stadiali dello sviluppo precoce vengono oggi utilizzate in modo meno rigido: si valuta che all'interno di una stessa fase stadiale gli individui possano evolversi nei diversi domini non solo in modo sincrono, ma anche asincrono, in rapporto ad abilità, esperienze e conoscenze già possedute. Il modello maturativo, che interpreta lo sviluppo come strettamente interdipendente dalla maturazione delle strutture neurobiologiche, è attualmente messo in discussione. Infatti le differenze tra individui e all'interno dello stesso individuo, vengono oggi attribuite all'equilibrio tra meccanismi di funzionamento globale e competenze specifiche attivate durante l'apprendimento e lo scambio interattivo con l'ambiente.

Come abbiamo detto, le competenze del neonato presentano delle caratteristiche di continuità con il periodo prenatale, oltre che con le fasi successive dello sviluppo. Le prime conoscenze del bambino dipendono dalle sue azioni e dalle sue esperienze percettive. Per quanto riguarda lo sviluppo motorio, gli studi condotti tramite ecografia hanno consentito di cogliere già le caratteristiche motorie del feto. I movimenti da irregolari e globali si trasformano in movimenti sempre più selettivi e ritmici, che sembrano avere una funzionalità immediata, legata soprattutto al benessere fisico del bambino, ma svolgono anche una funzione di preparazione allo sviluppo psicomotorio postnatale. In precedenza, le capacità motorie neonatali erano definite, secondo un modello meccanicistico, come risposte riflesse, espressione dell'immaturità delle strutture cerebrali. Oggi sono considerate espressione di una funzionalità più articolata, frutto del funzionamento di un sistema già molto complesso e capace di risposte di adattamento alle esigenze immediate del neonato fuori dell'utero materno, quali il nutrimento attraverso il riflesso di suzione e di rotazione mirata del capo, cui fanno seguito movimenti validi e ritmici che gli consentono di succhiare in modo perfettamente coordinato con il ritmo respiratorio, pure immediatamente efficiente dopo la nascita. Le reazioni di difesa sono anche esse perfettamente organizzate per la salvaguardia del bambino di fronte a stimoli dolorosi o a situazioni di pericolo. Le reazioni di raddrizzamento del capo e del tronco, come pure la marcia automatica, appaiono come anticipazioni funzionali di acquisizione successive. Soprattutto la competenza motoria del neonato si rivela molto efficace per stabilire contatti sociali precocissimi con l'ambiente di cura e per consentire le esperienze percettive visive, uditive, tattili necessarie al suo sviluppo. L'evoluzione motoria successiva permette al bambino di acquisire, in pochi mesi, la completa autonomia di spostamento con il raggiungimento del completo controllo posturale e della deambulazione autonoma, e una notevole precisione nella capacità di manipolazione degli oggetti.

Le capacità percettive del neonato sono ugualmente abbastanza raffinate da consentirgli la discriminazione tra stimoli molto simili, sul versante sia uditivo sia visivo. Dalle prime esperienze il neonato acquisisce rapidamente la capacità di differenziare un evento conosciuto da un evento nuovo, rivelando una capacità molto precoce di classificazione. Il cambiamento è una qualità essenziale per determinare l'attrazione e il mantenimento dell'attenzione del bambino piccolo su un determinato evento. Gli esperimenti svolti hanno messo in evidenza che egli ha maggiore sensibilità alla variazione di certi particolari dell'esperienza percettiva che non ad altri, per es. la grandezza di una coppia di pallini all'interno di un cerchio, sensibilità che viene considerata innata e specifica, in questo caso, dell'attitudine sociale verso il volto umano. La prima forma di conoscenza organizzata del bambino, definita da alcuni autori schema, consiste nella rappresentazione dell'esperienza in rapporto a un evento originario. I bambini creano rappresentazioni schematiche di ciò che vedono, odono, toccano, gustano e odorano. Lo schema non è una copia della realtà, ma una combinazione delle diverse esperienze di una certa realtà specifica, su cui il bambino costruisce un prototipo schematico, che gli permette di riconoscere ciò che già possiede mentalmente. I bambini piccoli apprendono infatti per contrasto, per es. sono sensibili alla continuità e alla discontinuità tra eventi, oppure alla presenza e all'assenza di un oggetto, o alla rappresentazione singola o multipla di un evento, o alla dislocazione spaziale come sopra o sotto di un oggetto o di una persona, tra il soggetto e l'oggetto dell'agire, tra prima e dopo. Il bambino controlla così la relazione tra schemi e quindi diviene capace di affrontare la trasformazione degli schemi preesistenti, nonché la discrepanza di eventi nuovi. Anche lo stato emotivo del bambino è influenzato dalla capacità di assimilare i fatti discrepanti. Un fatto nuovo che può essere assimilato produce interesse ed eccitazione, ma un fatto che non può essere assimilato produce incertezza fino a trasformarsi in paura o ansietà, se il bambino non trova strategie per spiegarselo. La capacità di anticipare il fatto discrepante riduce l'incertezza, ma i cambiamenti fanno lavorare la mente stimolandola.

Lo sviluppo della memoria, durante il 1° anno di vita, consente al bambino di mettere in relazione le esperienze presenti con il passato, attraverso tre funzioni: riconoscere il passato, richiamarlo e, infine, confrontarlo con il presente nella memoria attiva. Già dai 3 mesi un bambino può riconoscere un evento che abbia proprietà comuni con i propri schemi, per es. riconosce un volto conosciuto, ma non è capace di richiamare quel volto quando è solo. A 6-8 mesi il bambino impara a richiamare un oggetto anche quando non è presente o, come dice J. Piaget, acquisisce la costanza dell'oggetto, che gli esperimenti hanno dimostrato essere più precoce di quanto Piaget stesso avesse sostenuto. Dopo gli 8 mesi il bambino diventa capace di confrontare il presente con il passato appena trascorso, riesce cioè a lavorare su due canali d'informazione. Entro il 1° anno di vita il bambino acquisisce la capacità di passare dal semplice riconoscimento di un fatto sperimentato subito prima alla possibilità di ricordare e integrare idee diverse che sono state sperimentate in un più lontano passato. L'analisi dello sviluppo cognitivo del bambino appena condotta ha posto l'accento sullo sviluppo degli schemi mentali attraverso le abilità percettive e sul valore della capacità di richiamo e della memoria attiva. In altre teorie dello sviluppo, in particolare nella teoria di Piaget, l'elemento centrale della conoscenza è lo schema sensomotorio, cioè una rappresentazione della realtà acquisita tramite la manipolazione attiva degli oggetti. Lo sviluppo dell'intelligenza durante il 1° anno di vita si realizza, secondo Piaget, mediante una continua ripetizione di atti che porta il bambino alla capacità di differenziare tra mezzi e fini, tra azioni generiche e azioni specifiche e funzionali sugli oggetti, alla consapevolezza della permanenza dell'oggetto al di là della sua presenza, al controllo intenzionale delle proprie azioni. L'adattamento alla realtà, acquisito tramite il controllo di schemi sensomotori, permette quindi il passaggio verso la rappresentazione mentale e la capacità di anticipare la realtà attraverso i processi simbolici tipici del 2° anno di vita. I processi mentali che sottendono le capacità di discriminazione percettiva tramite l'attenzione sostenuta e la memoria, e quelli che sottendono il controllo progressivo delle proprie azioni, non devono essere considerati come frutto di teorie contrapposte e dunque incompatibili, come è stato fatto, ma come chiavi di lettura di una realtà molto complessa qual è quella del funzionamento mentale in rapida evoluzione del bambino piccolo. Un'altra chiave di lettura dello sviluppo cognitivo e affettivo del bambino, oggi considerata fondamentale, riguarda i processi mentali che sottendono lo scambio interattivo tra il bambino e l'altro.

Gli studi più recenti di psicologia dello sviluppo e quelli di psicoanalisi più diretti allo sviluppo infantile sottolineano l'evoluzione di forme originarie di intersoggettività, che intercorrono tra il bambino e i suoi partner di cura, centrate sulla condivisione di conoscenze e di affetti: l'organizzazione delle conoscenze e la regolazione degli affetti avvengono attraverso modalità di scambio diadiche già dal 1° semestre di vita del bambino e triadiche a partire dall'8°-12° mese. Sul piano cognitivo nella diade madre-bambino avvengono, fin dai primi mesi, fenomeni di tune-talking con scambi sociali di sguardi, sorrisi e vocalizzazioni che si configurano come strutture protoconversazionali e permettono sia il rispecchiamento sia la condivisione di stati emotivi; quest'ultima è considerata la vera matrice di scambio nella relazione diadica. L'apertura della diade verso il mondo degli oggetti trasforma la comunicazione in protoreferenziale attraverso forme gestuali e preverbali che consentono la condivisione degli oggetti. Quando la condivisione delle sequenze di azioni diventa ripetitiva, vengono facilitate tanto l'assimilazione simbolica quanto l'organizzazione dei significati e dei concetti, tipiche del 2° anno di vita. Sul piano dello sviluppo affettivo, lo scambio diadico viene considerato centrale nel creare il riferimento sociale, struttura essenziale tramite cui gli affetti intesi come segnali dell'Io a livello intrapsichico sono collegati con i correlati comportamentali ed espressivi con la finalità di regolazione adattativa nel rapporto con l'altro. Esperienze reiterate di significati e affetti condivisi, attraverso la ricerca e il mantenimento dello stesso focus attentivo, portano alla formazione precoce del senso del Sé, del senso dell'Altro, del senso di Sé con l'Altro. La capacità rappresentazionale generalizzata di Sé e l'Altro dà origine a una capacità intersoggettiva matura e adattativa, che funzionerebbe da working model per la vita intera. In sintesi, le teorie evolutive più attuali convergono nel dimostrare che almeno nei primi anni di vita non può esserci conoscenza generalizzabile se non attraverso la sintonizzazione affettiva con l'altro, e non c'è maturazione affettiva senza strutture e strumenti cognitivi di condivisione. L'organizzazione e l'integrazione tra le diverse strutture mentali avviene comunque mediante l'interazione e lo scambio con l'altro.

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