NERGAL

Enciclopedia dell' Arte Antica (1963)

NERGAL (sumerico Né-uru-gal "signore della grande dimora"; Νήργιλος)

A. Bisi

Dio originariamente solare o ctonio, protettore della fertilità, divenuto poi il dio dell'Oltretomba (della terra inferiore: erṣetu shaplītu), della peste e della guerra.

È il figlio primogenito di Enlil (v.): talora lo si dice figlio di Anu (v.) o di Enki (v.). La sua assunzione a divinità del mondo sotterraneo come sposo di Ereshkigal, la dea sumerica degli Inferi, è narrata da un testo di el-'Amārnah ed è conosciuta solo in questa veste semitica. La sua città sacrale è Kutū, la Kutāh della Bibbia, oggi Tell Ibrahimi, a N-E di Kish, già sede di un antico dio della peste, Irra, assimilato successivamente a Nergal.

A Kutū, Shulgi, re della III dinastia di Ur, costruisce un tempio al dio Mes-lam-ta-é-a (altra ipostasi di N., significante in sumerico: "colui che esce dal Mes-lam", cioè dagli Inferi); un altro santuario innalza a N. Gudea, nel quartiere sacro di Girsu in Lagash; in epoca molto più tarda il re d'Assiria Sennacherib edifica un altro tempio a N. e lo chiama, come quello antichissimo di Shulgi, é-mes-lam, casa di Mes-lam.

Rappresentazioni di N. compaiono su alcuni sigilli della I dinastia babilonese, nella prima metà del Il millennio; ma occorre premettere che nessuna di queste testimonianze dà l'assoluta certezza che sia N. il dio con la mazza multipla che infierisce contro un personaggio inginocchiato ai suoi piedi; uno degli esemplari più significativi proviene da Ishchali e mostra il dio dalla mazza multipla, con veste corta e privo della consueta tiara cornuta, accanto a due dèmoni dalla testa leonina, i quali sembrano minacciare un uomo che cerca rifugio presso un altare; il Frankfort identifica questa scena con la rappresentazione di N. (anziché di Shamash, come si credeva un tempo) e di due dèmoni della malattia, suoi ministri e subalterni. Meno sicura l'altra ipotesi del Frankfort che vede simboleggiato il mito di N. ed Ereshkigal in un altro piccolo gruppo di sigilli della stessa epoca, mostranti una coppia abbracciata, giacché è più probabile che qui si alluda a una ierogamia.

Le fonti letterarie attribuiscono a N. l'arco e uno scudiscio (qinazu) e, come animali il corvo, il toro e il drago: quest'ultimo nella tipologia accadica del leone-grifone sputante fiamme, associato ad Adad in sigilli di quell'epoca, e piegatosi facilmente ad una nuova simbologia proprio per la mancanza, fin dai tempi protostorici, di una caratterizzazione al servizio di una divinità o in un contesto mitico esattamente determinati.

Sui kudurru, o pietre di confine, prevalentemente di età cassita, l'emblema di N. è la testa di leone (forse meglio intenderla come testa di drago dalle sembianze leonine), infissa su di un bastone; un emblema di questa guisa è comune anche a Ninurta e Ningirsu, tutte divinità guerriere, e ricompare nella tarda epoca assira come ornamento dei carri da combattimento, che recano insieme gli stendardi di N. e di Ninurta.

Anche un altro tipo di mazza, con due teste leonine congiunte per il collo o sorgenti dalle estremità di una sorta di gancio, simboleggia contemporaneamente N., Ninurta e talora la stessa Ishtar (v.); questa mazza compare, oltre che sui kudurru, sul rilievo di Bawian (v.) e sulla stele di Asarhaddon da Sam'al: orna inoltre il modellino in argilla di un carro da Nippur, ed altre lastre fittili, pure da Nippur, con un dio che reca in mano lo scettro a testa di drago, mentre nell'altra sostiene la mazza dalla doppia testa leonina. Il sincretismo apparente fra tutte queste divinità guerriere e i loro emblemi è dovuto, più che a una reale confusione di simbologia, allo stato imperfetto delle nostre conoscenze circa le singole divinità mesopotamiche e i loro attributi.

Bibl.: A. Jeremias, in Roscher, III, 2, 1897-909, pp. 250-71, s. v.; K. Frank, Bilder und Symbole babylonisch-assyrischer Götter, Lipsia 1906, pp. 26-27; A. Deimel, Pantheon Babylonicum, Roma 1914, pp. 191-93, s. v.; E. Unger, in M. Ebert, Reallexikon der Vorgeschichte, IV, 2, Berlino 1926, p. 422, s. v. Götterbild; G. Furlani, La religione babilonese e assira, I, Bologna 1928, pp. 243-49; E. Dhorme, Les religions de Babylonie et d'Assyrie2, Parigi 1949, pp. 38-44; Ch. F. Jean, La religion sumérienne d'après les documents sumériens antérieurs à la dynastie d'Isin (2186), Parigi 1931, pp. 90-92; E. Douglas Van Buren, symbols of the Gods in Mesopotamian Art, Roma 1945, pp. 146-49; 165-66; 177-78. Sulle terrecotte: E. Douglas Van Buren, Clay Figurines of Babylonia and Assyria, New Haven-Oxford 1930 n. 622, fig. 169; n. 1275, fig. 314. Sui kudurru: L. W. King, Babylonian Boundary-Stones and Memorial-Tablets in the British Museum, Londra 1912, tavv. LXXVIII, XCII, CIII; L. Ch. Watelin, Observations nouvelles sur les kudurru, Parigi 1933, figg. 2, 3, 5, 6, 9, 10, 12. Sui sigilli: W. H. Ward, The Seal Cylinders of Western Asia, Washington 1910, nn. 445, 448, 449, 451; L. Delaporte, Catalogue des cylindres orientaux... de la Bibliothèque Nationale, Parigi 1910, nn. 130, 241-243; H. Frankfort, Cylinder Seals, Londra 1939, pp. 126, 167, 169-70, 178, tav. XXVIII, c; XXIX, b.