Nesso

Enciclopedia Dantesca (1970)

Nesso

Giuseppe Izzi

Centauro, figlio di Issione e di Nefele; traghettava i viandanti da una sponda all'altra del fiume Eveno. Avendo tentato di possedere la moglie di Ercole, Deianira, colpito a morte dall'eroe, donò a Deianira una tunica intrisa del suo sangue; Deiavira la fece indossare a Ercole, ma la veste si apprese alle carni dell'eroe, che morì tra atroci sofferenze.

Nella Commedia (If XII 61 ss.) la figura di N., come quella di Chirone (v.), si stacca dalla schiera dei centauri che sono a guardia delle anime dei violenti, con una sua forza notevole e una sua fisionomia poetica, meno maestose di quelle attribuite alla figura di Chirone, ma non meno efficaci. I suoi modi, da bruschi e imperiosi (Ditel costinci; se non, l'arco tiro, v. 63), divengono, nella seconda parte dell'episodio, asciutti e rapidi, quasi pieni di contenuto cruccio per il ricordo, ravvivato da Virgilio, della sua colpa (mal fu la voglia tua sempre sì tosta, v. 66); tanto che l'impressione di eccessiva asciuttezza data ai commentatori dalla rapida rassegna dei violenti è da riportare non solo a secchezza di enumerazione ma anche alla secchezza dei modi di Nesso. Ma la sua figura acquista improvviso rilievo quando N. si ferma a indicare l'anima appartata di Guido di Montfort (vv. 115-120), e quando, avendo adempiuto al suo compito di guida, si volge bruscamente indietro.

D. conosce la figura di N. e l'episodio del ratto di Deianira attraverso Ovidio. Infatti la bella Deianira dantesca è la " pulcherrima virgo " (Met. IX 9) di Ovidio; nel poeta latino D. trovava non solo implicito nel racconto, ma esplicitamente detto che N. morì per la bella Deianira (" At te, Nesse ferox, eiusdem virginis ardor / perdiderat ", vv. 101-102) e che fé di sé la vendetta elli stesso (" neque enim moriemur inulti / secum ait [Nessus] ", vv. 131-132).

Anche il motto che Ercole lancia al centauro che gli ha rapito la sposa (" quo te fiducia " clamat " vana pedum, violente, rapit? ", vv. 120-121) sembra rivivere nell'umiliante ricordo che Virgilio suscita dinanzi a N. (mal fu la voglia tua sempre sì tosta, If XII 66), almeno per l'impressione che danno i versi di entrambi i poeti della rapidità dell'atto violento e della vanità di questo. Evidente è poi il ricordo ovidiano nel compito di guida e traghettatore che D. assegna nell'Inferno a N. (" Nessus adit, membrisque valens scitusque vadorum ", v. 108): solo che l'esperienza dei guadi di cui in vita egli si servì per soddisfare le proprie brame violente deve qui assecondare i fini della volontà divina (per tale problema, relativo a tutti i centauri, cfr. sub v.).

TAG

Guido di montfort

Deianira

Centauro

Virgilio

Issione