Neuroimmagine

Lessico del XXI Secolo (2013)

neuroimmagine


neuroimmàgine s. f. – Le tecniche di n. (o neuroimaging) permettono di studiare il cervello in modo non invasivo, evidenziandone anatomia e funzioni. Tali tecniche sono utilizzate a scopo sia diagnostico sia di ricerca, in quanto garantiscono la visualizzazione dell’attività cerebrale e stanno conoscendo un sviluppo notevole, che potrebbe apportare contributi molto significativi alla conoscenza della mente, del cervello e delle sue disfunzioni e quindi dei disturbi psichiatrici. Ne potrebbe conseguire la possibilità di un trattamento medico personalizzato. Le tecniche di neuroimaging sono quelle della ; tra queste alcune, piuttosto recenti, stanno dando promettenti risultati.

Imaging mediante risonanza magnetica. – La MRI (Magnetic resonance imaging) permette di visualizzare alcuni aspetti della fisiologia dei tessuti, in partic. fornisce immagini funzionali del cervello. Nella fMRI (functional Magnetic resonance imaging) l’attività del cervello è visualizzata grazie ai suoi correlati emodinamici. L’afflusso di sangue ossigenato nei distretti cerebrali caratterizzati da un’aumentata attività neuronale determina una variazione locale di suscettività magnetica evidenziata in immagini MRI, acquisite secondo modalità appropriate. La fMRI ha avuto un’espansione senza precedenti e viene utilizzata nelle neuroscienze, nella neuropsicologia, nella neurofisiologia e come preparazione alla neurochirurgia. L’evoluzione corrente dei sistemi per MRI è nella direzione di campi magnetici applicati sempre più intensi, perché questo consente di aumentare la risoluzione spaziale e di ridurre il tempo di acquisizione delle immagini. L’imaging in diffusione, tecnica MRI sensibile alle proprietà diffusive delle molecole di acqua, garantisce immagini in cui l’intensità del segnale è legata al movimento casuale delle molecole di acqua, che può essere ricondotto al coefficiente di diffusione. In molti tessuti, come nella materia bianca, la diffusione è anisotropa, ossia la mobilità dell’acqua dipende dalla direzione, e con un’opportuna acquisizione delle immagini si può individuare la direzione di massima diffusione (DTI, Diffusion tensor imaging); questa, nella materia bianca, coincide con la direzione del fascio di fibre e le immagini MRI in diffusione si possono usare per la mappatura tridimensionale delle fibre di sostanza bianca (fiber tracking). Questa tecnica consente l’esplorazione in vivo della connettività anatomica del cervello umano, dando informazioni sulle connessioni neuronali.

Nuclear magnetic resonance. – Questa tecnica, nota anche con la sigla NMR, permette di utilizzare un campo magnetico applicato molto debole. Dati sperimentali indicano la possibilità di applicare i principi della NMR a una nuova tecnica che permetterà di ottenere simultaneamente immagini anatomiche del cervello, mappe magnetiche dell’attività cerebrale e, probabilmente, anche immagini di risonanza magnetica funzionale.

Magnetoencefalografia. – Insieme alla fMRI, tra le tecniche di indagine funzionale del cervello la magnetoencefalografia (MEG) è stata quella con il maggiore sviluppo. È una tecnica non invasiva, che rileva l’attività elettrica dei neuroni cerebrali attraverso la misura del campo magnetico generato da tale attività. Le correnti neuronali sono molto deboli e, quindi, lo sono anche i segnali magnetici generati dal cervello, ma grazie all’uso degli SQUID (Superconducting quantum interference device) è stata raggiunta la sensibilità al campo magnetico necessaria per questo tipo di misurazioni. La grande debolezza dei segnali neuromagnetici comporta anche la necessità di schermare il luogo di misurazione dal rumore magnetico ambientale. Da un punto di vista applicativo la MEG è simile alla tradizionale elettroencefalografia (EEG), ma fornisce informazioni molto più accurate riguardo alla posizione, all’interno del cervello, del gruppo di neuroni attivi. Grazie alla MEG sono stati ottenuti importanti risultati sulla comprensione dei meccanismi fisiologici alla base del funzionamento cerebrale e nello studio dei fenomeni patologici che colpiscono il cervello, soprattutto per quanto riguarda l’epilessia e i fenomeni di plasticità cerebrale nella fase di recupero da ictus.

Integrazione multimodale. – Nell’ambito dell’imaging funzionale del cervello è fondamentale la ricerca sui metodi e sulle applicazioni della fusione di immagini ottenute con tecniche diverse, nota come integrazione multimodale. Infatti, mentre i metodi di imaging come la fMRI, basati sull’emodinamica cerebrale, hanno elevata risoluzione spaziale (qualche millimetro), ma bassa risoluzione temporale, i metodi basati sulla rilevazione diretta dei campi elettromagnetici generati dall’attività cerebrale, come la MEG e l’EEG, hanno bassa risoluzione spaziale, ma elevata (dell’ordine del millisecondo) risoluzione temporale. Obiettivo finale della ricerca è integrare i due metodi per realizzare una tecnologia che abbia allo stesso tempo elevata risoluzione temporale e spaziale. La difficoltà principale è che tecniche di imaging diverse osservano fenomeni diversi (con correlazioni e rapporti di causalità soltanto parzialmente compresi) e che possono essere caratterizzati da localizzazioni leggermente discordanti. Un altro problema sta nell’acquisizione di dati secondo tecniche differenti, che può essere simultanea soltanto nel caso di fMRI ed EEG, utilizzando però strumentazione dedicata e con un’analisi dei dati preliminare per la rimozione di artefatti. Al contrario, dati di fMRI e MEG non possono essere acquisiti simultaneamente. Malgrado queste difficoltà, i primi studi con tecnologia integrata hanno evidenziato sia la dinamica sia la localizzazione dell’attività cerebrale.

Near infrared spectroscopy. – Questa tecnica, nota anche con la sigla NIRS, offre informazioni sull’attività cerebrale complementari a quelle fornite dall’EEG, dalla fMRI e dalla MEG, e basate sulle differenti proprietà ottiche di assorbimento e riflessione dell’emoglobina ossigenata e deossigenata, irradiata con luce di lunghezza d’onda tra 690 nm e 830 nm. Sebbene la risoluzione spaziale della tecnica non sia ancora confrontabile con quella della fMRI e sia impossibile localizzare sedi profonde di attivazioni, importanti sforzi si stanno compiendo per realizzare sistemi NIRS ad alta risoluzione integrati con gli altri sistemi di imaging funzionale.

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