Neuroradiologia interventistica

Dizionario di Medicina (2010)

neuroradiologia interventistica


Disciplina specialistica che si basa sul trattamento endovascolare di patologie che interessano le arterie e le vene del sistema nervoso, intervenendo attraverso tali vie naturali. La tecnica presenta il vantaggio, rispetto alla neurochirurgia vascolare, di evitare ogni manipolazione del parenchima cerebrale e di poter perciò trattare lesioni localizzate in aree altamente funzionali del cervello senza lederle. La n. i. si è sempre occupata di patologie emorragiche: aneurismi, malformazioni arterovenose, fistole arterovenose durali; più recentemente anche di patologie ischemiche.

Evoluzione della tecnica

Nel 1927 António Egas Moniz, neurochirurgo portoghese, inventò l’arteriografia cerebrale; nel 1953 Sven-Ivar Seldinger, radiologo svedese, introdusse la tecnica del cateterismo arterioso e venoso. Queste due tappe, alla base della diagnostica neuroradiologica vascolare, aprirono la strada alle prime intuizioni terapeutiche. Nel 1962 Fedor Serbinenko, neurochirurgo russo, sviluppò un catetere con un palloncino all’estremità che viene spinto dal flusso del sangue. Nel 1974 il neuroradiologo francese Gerard Debrun trattò una fistola carotidocavernosa con palloncini staccabili. Negli anni Ottanta, il neuroradiologo francese Jacques Moret creò una tecnica per la chiusura degli aneurismi con palloncini pieni di un materiale che solidifica alla temperatura del sangue. I palloncini erano di latex o silicone con una valvola che ne impediva lo sgonfiamento. Il maggiore impulso alla n. i. lo diede, nel 1991, il neurochirurgo italiano Guido Guglielmi che pubblicò due articoli sulla rivista americana Journal of neurosurgery. L’argomento era quello dell’elettrotrombosi degli aneurismi sacculari. Il trattamento degli aneurismi venne così rivoluzionato e reso più accessibile e sicuro.

Terapia neuroradiologica

La terapia neuroradiologia può essere applicata in diverse situazioni patologiche.

Aneurismi. L’aneurisma endocranico è una dilatazione della parete di un’arteria; la sua rottura provoca un’emorragia subaracnoidea che causa la morte quasi immediata del 30÷40% dei pazienti. Gli aneurismi spesso non si rompono, ma danno sintomi da compressione o risultano reperti occasionali in corso di esami diagnostici (TC, RMN). L’aneurisma è composto da un colletto, punto di attacco sull’arteria, da una sacca e da un fondo, sede usuale della rottura. La terapia consiste nel riempire la sacca con spirali di platino fino a ottenerne la scomparsa all’angiografia. Con il metodo di Seldinger si punge l’arteria femorale e si sale con un catetere lungo l’aorta e l’arteria del collo, sul cui decorso intracranico si sviluppa l’aneurisma. Dentro il catetere se ne spinge uno molto più sottile, la cui estremità si introduce nella sacca. Le spirali di platino, saldate a un filo guida, sono spinte nel microcatetere e appena ne escono riacquistano la loro forma circolare o tridimensionale occupando la circonferenza della sacca; a questo punto si decide se staccare o ritirare la sacca (se mal posizionata); dopo la prima se ne introducono altre fino al riempimento dell’aneurisma. Esistono varie dimensioni di spirali che permettono di chiudere sacche di varie grandezze. Il trattamento di aneurismi complessi come quelli senza colletto, quelli giganti (sopra i 25 mm di diametro) o quelli fusiformi (con slargamento completo dell’arteria in un suo punto) ha portato all’introduzione di nuove tecniche come l’uso di stent, da posizionare a cavallo della sacca, e il riempimento della stessa con spirali, o stent di nuova concezione con maglie molto fitte (flow diverter) che ricostruiscono la parete dell’arteria senza l’uso di spirali.

Malformazioni arterovenose (MAV). Le MAV sono anomalie del letto capillare con grosse tortuosità e comunicazioni dirette fra arterie e vene, il cui punto centrale è detto nido. Una MAV si può rompere provocando emorragia, può dare crisi epilettiche o essere un reperto occasionale. La terapia endovascolare si basa sul riempimento del nido con emboli liquidi, come una colla derivata dai cianoacrilati o un polimero addensante dell’alcol vinilico.

Fistole arterovenose durali (FAVD). Le FAVD sono anomale comunicazioni fra arterie e vene che si sviluppano nel foglietto che riveste il sistema nervoso e possono provocare un’alterazione della pressione del sangue nelle vene che drenano il cervello, con conseguenti emorragie o ischemie. Il trattamento consiste nell’esclusione del tratto di vena malata che si può raggiungere iniettando cianoacrilati o un polimero addensante dell’alcol vinilico attraverso le arterie, oppure riempendo il tratto malato con spirali attraverso le vene.

Patologie ischemiche. Queste patologie sono provocate da steno-occlusioni di arterie endocraniche o da partenza di emboli da distretti vascolari extracranici. La terapia, nel primo caso, consiste nella dilatazione con palloncino della stenosi e successivo posizionamento di stent per mantenere la pervietà del vaso; nel secondo, nella lisi farmacologica o meccanica del trombo.

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