New Open Economy Macroeconomics (NOEM)

Dizionario di Economia e Finanza (2012)

New Open Economy Macroeconomics (NOEM)

Ester Faia

New Open Economy Macroeconomics (NOEM) Programma di ricerca enunciato nel 1995 da un lavoro di K. Rogoff e M. Obstfeld intitolato Exchange rate dynamics redux («Journal of Political Economy», 103, 3). La NOEM nasce all’interno della new neoclassical synthesis (➔) come esigenza di integrare il rigore dei modelli macroeconomici microfondati, dinamici e stocastici con la possibilità di fornire analisi di politica economica; quest’ultima esigenza si concretizza solo in presenza di rigidità di tipo nominale come i prezzi vischiosi (➔ prezzo- L’approccio macroeconomico ).

Il modello base della NOEM

Si tratta di un modello di una piccola economia aperta, oppure un modello a due Paesi, in cui consumatori e imprese compiono le loro scelte economiche risolvendo problemi di ottimizzazione dinamica. In questi modelli le aziende operano in condizioni di competizione monopolistica, possono, cioè, scegliere il prezzo perché favorite da una posizione di nicchia (➔), anche se fronteggiano la competizione di molte altre aziende presenti nel mercato, che offrono prodotti simili. L’assunzione della competizione monopolistica consente l’introduzione e l’analisi dei disturbi di domanda aggregata (➔): in questo caso, infatti, l’economia si trova a essere sottoutilizzata, poiché le imprese monopolistiche producono meno della loro capacità potenziale e gli stimoli di domanda, come quelli attuati dalle politiche economiche, possono avere un’efficacia nel breve periodo. In tali modelli si presuppone inoltre che i prezzi siano rigidi o che si aggiustino lentamente. Questo tipo di rigidità nominali permette lo studio degli effetti delle politiche economiche. Il modello NOEM presenta, quindi, le stesse potenzialità del modello Mundell-Fleming (➔ Mundell-Fleming, modello di) in termini di previsioni sui possibili risultati delle manovre economiche, offrendo altresì un’analisi più rigorosa grazie alla presenza delle microfondazioni. Quest’ultimo elemento, in particolare, dà modo di superare la critica di R.E. Lucas (➔) in base alla quale agenti ottimizzanti dovrebbero poter rivedere le loro attività a seguito di cambiamenti della politica economica. La presenza di rigidità nominali consente inoltre di fare una distinzione nel modello tra regimi di cambi fissi e regimi di cambi flessibili: con prezzi flessibili i due sarebbero difficilmente riconoscibili, poiché l’aggiustamento dei prezzi a seguito di shock interni o esterni renderebbe il modello con regime di cambi fissi pressoché equivalente a quello con regime di cambi flessibili.

Perfezionamento del modello

Il modello base ha subito negli anni molte specificazioni addizionali, che hanno permesso di analizzare vari altri aspetti dell’economia internazionale, come il funzionamento dei mercati finanziari internazionali e di quelli dei prodotti commerciati con l’estero. In particolare, un’importante distinzione è stata fatta in questi modelli tra l’assunzione che le imprese determinano i prezzi in valuta domestica e quella per cui esse determinano i prezzi in valuta estera. Entrambi queste ipotesi hanno importanti implicazioni, soprattutto in relazione agli effetti dei movimenti del tasso di cambio nominale sui prezzi: nel primo caso, infatti, quello in cui le aziende determinano i prezzi in valuta domestica, variazioni nel tasso di cambio nominale vengono interamente trasferite sul livello dei prezzi interni. Una conseguenza rilevante è che la politica monetaria deve avere come unico obiettivo la stabilità dei prezzi interni e non deve prestare alcuna attenzione ai movimenti del tasso di cambio nominale, dal momento che questi ultimi sono interamente riflessi nella dinamica dei prezzi. Il modello NOEM è stato infine utilizzato estesamente per analisi dei livelli di benessere associati con vari regimi monetari, e soprattutto dei vantaggi della cooperazione tra Paesi. In un’economia aperta, i movimenti delle ragioni di scambio possono produrre esternalità (➔), in quanto ogni Stato si impegna ad attuare manovre di politica economica che favoriscono la propria competitività, ma che potrebbero avere ricadute negative sugli altri Paesi. Tuttavia, in una situazione di equilibrio, ogni Stato tenta di sfruttare i movimenti delle ragioni di scambio a proprio vantaggio, portando quindi l’economia in una condizione di dilemma del prigioniero (➔ prigioniero, dilemma del). In questo caso, l’equilibrio in cui i Paesi cooperano e si coordinano è Pareto efficiente (➔ efficienza economica) rispetto a un equilibrio con dilemma del prigioniero.

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