ALBERGATI, Niccolò

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 1 (1960)

ALBERGATI, Niccolò

Edith Pàsztor

Nacque a Bologna verso l'anno 1375 da Pier Nicola, che aveva avuto notevole parte nella vita comunale bolognese. In assai giovane età, dopo avere iniziato gli studi di diritto, si fece monaco della certosa di S. Girolamo di Casara nei pressi della sua città nativa l'anno 1395. Ordinato sacerdote nel 1404, per la sua fama di austerità fu eletto ben presto priore nel 1407 e poi nel 1412 visitatore dei monasteri d'Italia, preoccupandosi di mantenervi la disciplina regolare e di eliminare le divisioni provocatevi dai contrasti teologici.

Questa sua vita monastica venne però improvvisamente interrotta, quando, morto il 4 gennaio 1417 il vescovo di Bologna, Giovanni, il Consiglio dei Seicento, organo in cui s'esprimeva la volontà popolare, lo acclamò, nello stesso giorno, vescovo, trascinando al consenso il capitolo dei canonici, che elessero vescovo appunto l'Albergati. Questi, come raccontano le Cronache bolognesi, riluttante e perplesso, fu indotto ad accettare anche per l'intervento del suo priore generale, specialmente dopo che la elezione dei canonici fu ratificata dal metropolita, a Ravenna, e poi approvata dal pontefice Martino V. L'A., anche se eletto con così vasta unanimità di consensi, si trovò ben presto di fronte a due difficoltà notevoli; da un lato doveva preoccuparsi di riottenere quanto il Comune aveva sottratto alla Chiesa di Bologna, dall'altra doveva sforzarsi di realizzare le direttive politiche e religiose di Martino V, relative a Bologna. Se l'A. riuscì a riottenere le terre vescovili di Cento e di Pieve, ben più laboriosa fu la sua opera di mediazione fra il papa ed il Comune.

Martino V subito dopo la sua elezione aveva pensato a ricuperare per lo Stato della Chiesa Bologna ed il suo territorio, importante per la sua ricchezza e per la sua posizione strategico-militare di chiave verso la pianura padana.

D'altra parte i Bolognesi, mentre riconoscevano senza discussione l'alta sovranità del pontefice, dichiaravano con altrettanta fermezza la loro aspirazione ad una ampia autonomia. Lunghe trattative nell'autunno del 1418 non avevano approdato a nessuna conclusione, sicché il papa ritenne opportuno rivolgersi all'A, che riscuoteva ugualmente la fiducia sua e dei Bolognesi.

L'A. iniziò allora una serie di viaggi tra Bologna e Mantova, ove fu in dicembre e in gennaio, per preparare il terreno alla vera e propria ambasceria cittadina che incontrò Martino V a Ferrara verso il io febbraio, iniziando una serie di trattative, concluse dalla bolla del 13 maggio 1419 con un compromesso fra le due parti.

Scoppiati aspri contrasti per il controllo del potere nella città fra le famiglie rivali dei Bentivoglio e degli Zambeccari, da una parte, e dei Canetoli, dall'altra, l'A. ancora tentò, ma questa volta invano, di metter pace fra Bologna ed il pontefice, che sottopose la città a interdetto e fece intervenire Ludovico Alidosi; quest'ultimo il 15marzo 1420 dichiarava guerra a Bologna, mentre due giorni dopo sopraggiungeva Braccio da Montone: poco più di tre mesi dopo la città era costretta alla resa e veniva tolto l'interdetto. In questi negoziati l'A. aveva mostrato tali capacità di negoziatore che il papa pensò di affidargli incarichi di ben maggiore impegno, mandandolo nel 1422 in Francia come legato "a latere" per uno dei numerosi tentativi di composizione dei contrasti che dilaniavano il paese durante la guerra dei Cent'anni. Ma giunto appena prima della morte di Enrico V e di Carlo VI poco in realtà poté fare. Ritornato in Italia nel marzo del 1423 rientrò a Bologna, che era tornata sotto l'autorità della Chiesa e che era amministrata da un legato del pontefice.

Nominato per i suoi meriti cardinale prete del titolo di S. Croce in Gerusalemme il 24 maggio 1426, chiamato a Roma, veniva solennemente festeggiato nella sua città il 17 settembre, per iniziativa del legato Louis Aleman; ma subito dopo dovette partire per Venezia, riuscendo, con difficili trattative, a metter pace tra Veneziani e Milanesi nel maggio del 1427. Tornato a Bologna, nell'agosto 1428, era costretto a lasciare la città, insorta ancora una volta contro la Chiesa, profittando della debole situazione militare, in cui si trovava il legato per aver licenziato una parte delle truppe ai suoi ordini. L'A. però era ormai fra le personalità più in vista presso Martino V, che, anche dopo l'accordo stipulato con Bologna, nel 1429, lo lasciò solo pochi mesi nella sua diocesi: veniva infatti adoperato per missioni diplomatiche, oltre che nella stessa Bologna, anche in altre città dell'Italia settentrionale e poi di nuovo in Francia, ove fu inviato per tentare un accordo tra Carlo VII di Francia ed Enrico VI d'Inghilterra; ma la sua abilità di negoziatore, se riuscì a realizzare numerosi incontri fra i due contendenti o i loro ambasciatori, non giunse a far concludere una pace. Morto Martino V nel 143 i, nel conclave del 1432 a Roma l'A. fu sul punto di essere eletto papa; tuttavia il nuovo pontefice Eugenio IV, che era stato legato proprio a Bologna ove non aveva mancato di apprezzare le qualità dell'A., lo ebbe assai caro e lo chiamò dalla Francia avendo pensato di affidargli il difficilissimo incarico di presiedere il concilio di Basilea (sett. 1433). Anche senza ottenere alla fine quella alta, ma spinosa incombenza, l'A. seppe esser sempre un elemento di notevole equilibrio, pur aderendo con fermezza, in quelle vivaci e spesso turbinose discussioni, alla tesi della superiorità del papa sul concilio. Ritornato a Firenze, ove s'era rifugiato Eugenio IV, fu da lui mandato ancora una volta in Francia.

Nella Francia, sempre insanguinata dalla guerra dei Cent'anni, s'erano verificati intanto dei profondi mutamenti di alleanze: Filippo il Buono, duca di Borgogna, dopo la morte di sua sorella Anna, moglie di Giovanni di Lancaster, duca di Bedford, si era gradatamente allontanato dall'alleanza inglese, accostandosi definitivamente a Carlo VII, dopo l'alleanza tra quest'ultimo e l'imperatore Sigismondo. Questi aveva, da parte sua, appoggiato il re di Francia, rimproverando a Filippo le sue usurpazioni in Germania. Col 1434 si iniziarono trattative, nelle quali intervenne appunto l'A., per decisione di Eugenio IV.

L'A. fece da mediatore al congresso di Arras, ove intervennero il duca di Borgogna, il cardinale Beaufort, vescovo di Winchester, e i legati del re di Francia (5 agosto 1435). Dopo lunghe trattative, l'A. vide rifiutate dagli Inglesi le proposte di Carlo VII (31 agosto), ma riuscì, con la sua abilità di negoziatore e, insieme, di giurista, a ottenere la riconciliazione fra Francia e Borgogna (21 settembre). L'A., che aveva avuto una parte di grande rilievo, rientrò a Firenze, donde il papa lo incaricò di tornare a Basilea; vi si andava infatti sempre più rafforzando la tendenza conciliarista, specialmente per opera del cardinale Louis Aleman, già compagno di traversie dell'A. a Bologna. Nulla però egli poté fare contro una situazione già stabilizzata e assistette perciò, senza poter reagire, alle penose vicende del 7 maggio 1437. Tornò allora dal papa, che lo nominò presidente del concilio che si andava intanto riunendo a Ferrara dai primi mesi del 1438 per tentare l'unione fra Chiesa latina e Chiesa greca, ma nell'ottobre si recò in Germania, a Norimberga, per partecipare ad una dieta di principi tedeschi. Poco dopo a Firenze, rimase accanto al pontefice fino al marzo 1443. Durante il viaggio da Firenze a Siena, sulla via di Roma, morì il 9 maggio 1443 e fu sepolto nella certosa di Monte Acuto di Firenze.

La sua fama di santità culminò nella beatificazione proclamata da Benedetto XIV il 25 sett. 1744.

Fonti e Bibl.: Oltre alla monografia di P. De Toth, Il b. cardinale Nicola A. e i suoi tempi, 2 voll., Acquapendente 1934, che fornisce anche le indicazioni bibliografiche precedenti, si vedano: Corpus Chronicorurn bononensium, II, in Rer. Iualic. Script., 2 ediz., a cura di A. Sorbelli, III, pp. 559 s., 565, 567; K. A. Fink, Martin der V und Bologna, in Quellen und Forschungen aus italienischen Arch. und Bibliorh., XXIII (1931-32), pp. 182-217; P. Partner, The papa! State under Martin V, London1958, pp. 50 s., 53, 6s, 89 s.

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