NICCOLÒ di Jamsilla

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 78 (2013)

NICCOLO di Jamsilla

Fulvio Delle Donne

NICCOLÒ di Jamsilla (Nicolaus de Jamsilla). – A questo personaggio è convenzionalmente attribuita una cronaca, che costituisce una delle fonti più importanti per la storia del Regno di Sicilia all’epoca di Manfredi di Svevia, e alla quale generalmente viene assegnato il titolo Historia de rebus gestis Frederici II imperatoris eiusque filiorum Conradi et Manfredi Apuliae et Siciliae regum, stabilito da Ludovico Antonio Muratori, anche se l’archetipo di tutta la tradizione manoscritta, il ms. Napoli, Bibl. naz., IX C 24, non reca titolo.

Riguardo all’attribuzione dell’opera si è avuto un secolare dibattito. Il nome dell’autore fu indicato da Muratori sulla base del manoscritto da lui utilizzato per la sua edizione, ma dubbi sull’identità del cronista furono avanzati già a partire dalla fine del XIX secolo, soprattutto in base alla constatazione che in età sveva il nome Jamsilla non risulta attestato, mentre in età angioina venne in Italia meridionale al seguito di Carlo I una famiglia Joinville. Per questo, innanzitutto Bartolommeo Capasso suppose che quel nome indicasse solo il possessore di un manoscritto della Historia e ipotizzò che il vero autore potesse essere il notaio imperiale Nicola da Rocca. Friederich Wilhelm Schirrmacher propose il nome del notaio Nicola da Brindisi e August Karst, con più acribia, attribuì la cronaca a Goffredo di Cosenza, principalmente perché questi viene più volte menzionato, nella prima parte dell’opera, come presente ai fatti. Tuttavia Michele Fuiano ha obiettato a quest’ultima ipotesi, dimostrando che Goffredo non accompagnò Manfredi nella parte finale del tragitto verso Lucera del 1° novembre 1254. Questa, invece, è descritta fin troppo minuziosamente per non pensare a una partecipazione diretta. Di recente si è tornati sulla questione dell’autore, che comunque dimostra buona cultura retorica, ed è stato riproposto il nome di Nicola da Rocca, almeno per la prima parte dell’opera (o, meglio, della sua fonte diretta), la cui datazione complessiva è stata spostata agli inizi del XIV secolo.

Il testo fu pubblicato per la prima volta da Ferdinando Ughelli nel 1662, come opera di un anonimo, col titolo De rebus Frederici imperatoris, Conradi et Manfredi regum eius filiorum. Questa edizione, nel 1723, fu poi riprodotta da Johann Georg Eckhart e, con qualche variante tratta da un codice messinese, da Giambattista Caruso. Muratori, nel 1726, pubblicò il testo nei Rerum Italicarum Scriptores, suddividendolo in due parti ben distinte: la Historia vera e propria, che arrivava fino al 1258, ovvero fino all’incoronazione regia di Manfredi, e un anonimo Supplementum. Questa edizione, sempre divisa in due parti, fu poi riprodotta, nel 1770, nella Raccolta curata da Giovanni Gravier, e, in seguito, nella silloge storiografica, assai diffusa, di Giuseppe Del Re, che separò nettamente le due parti, interponendo tra la Historia e il Supplementum vari altri testi. L’edizione di Muratori ha fuorviato sistematicamente i lettori, inducendoli a ritenere che l’opera fosse di poco successiva al 1258: più precisamente, Enrico Pispisa ha supposto che essa risalisse al 1261-62 e ne ha enfatizzato la funzione di ‘relazione ufficiale’ indirizzata al papato, finalizzata anche all’esaltazione del ruolo ricoperto dalla famiglia Lancia. In realtà, l’opera, comunque mutila, deve essere necessariamente successiva al 1283-85, ovvero al periodo di composizione della Historia di Saba Malaspina, che viene usata come fonte.

La Historiapresenta una struttura alquanto irregolare, o, comunque, non organicamente equilibrata. È, infatti, possibile riscontrare molteplici partizioni nell’andamento del racconto: la prima sezione narra in maniera piuttosto rapida le vicende che vanno dalla morte di Federico II a quella del figlio Corrado; la seconda, piuttosto lunga e dettagliata, di natura autoptica, è dedicata agli eventi di tutto il 1254, e va dall’assunzione del baliato del Regno da parte di Manfredi fino alla sua fuga in Puglia in seguito all’uccisione di Borrello di Anglona; la terza, anch’essa lunga e dettagliata, pur se con inserzioni su alcune azioni di Manfredi, vede uno spostamento del racconto in Sicilia e Calabria, per seguire i movimenti di Pietro Ruffo, almeno per il periodo fino all’estate del 1255; la quarta, piuttosto breve e desultoria, va dall’estate del 1255 fino all’incoronazione di Manfredi, celebrata a Palermo l’11 agosto 1258; infine, l’ultima è quella che nell’edizione di Muratori, di fatto, è espunta e considerata un Supplementum, in quanto riprende, manipolandolo ampiamente in chiave filomanfrediana o più ampiamente filosveva, il testo della Historia di Saba Malaspina, e arriva, mutila, fino all’autunno del 1267, ovvero agli inizi della discesa di Corradino. L’opera è, dunque, nettamente scomponibile in diverse parti, di cui tre sono le principali: quella che risulta essere la descrizione autoptica delle imprese e dei movimenti di Manfredi fatta da un sostenitore che lo accompagna; quella in cui l’attenzione è concentrata sugli avvenimenti di Sicilia e Calabria connessi con la ribellione di Pietro Ruffo; e quella che, in buona parte, riproduce il secondo, il terzo e l’inizio del quarto libro della Historia di Saba Malaspina. Tale constatazione, corroborata dalla certezza che la terza parte è tratta da un’opera che è pervenuta e che è nota, induce, di conseguenza, a pensare che un anonimo compilatore abbia messo assieme almeno tre diversi testi o fonti, con l’intento di farsi, a sua volta, autore di un’opera storiografica.

Forse non è possibile ricostruire nel dettaglio ogni intervento dell’anonimo collazionatore, tuttavia, è possibile notare, nel primo nucleo, una tensione narrativa più spiccata, nonché un maggiore ricorso alle tecniche retoriche, evidente soprattutto nei giochi verbali – come quello sui significati etimologici del nome di Manfredi – o nell’uso, abbastanza frequente, dei discorsi diretti o delle allocuzioni. Oltre a ciò, spiccano alcune cesure all’interno del testo pervenuto, utilizzabili al fine di delimitarne le diverse parti.

È possibile, pertanto, avanzare l’ipotesi che – salvo possibili aggiunte, ritocchi o modifiche occasionali e parziali – la prima fonte a cui l’ignoto compilatore abbia attinto contenesse, innanzitutto, tutta, o quasi, la prima parte, e arrivasse fino all’estate del 1255, ovvero fino al momento in cui viene stipulato un armistizio col legato papale Ottaviano degli Ubaldini, concludendosi con la celebrazione del ritorno della concordia, connotata da atmosfere di pace universale: l’autore della fonte diretta di questa prima parte (forse compilata nell’estate del 1256) potrebbe essere il notaio di cancelleria e dictator Nicola da Rocca, che intrattenne rapporti – attestati dall’invio di epistole – con Goffredo di Cosenza, più volte menzionato nell’opera e legato da amicizia col futuro cardinale Giordano Pironti di Terracina, che con una certa enfasi viene menzionato a proposito del suggerimento, da lui offerto a Manfredi, di inviare messi al papa nel dicembre 1254 o nel gennaio 1255. La seconda fonte, invece, è possibile che risalisse all’inizio del 1257 e contenesse solo la descrizione delle vicende incentrate sulla figura di Pietro Ruffo, localizzate tra Sicilia e Calabria; tanto più che, verso la loro fine, viene inserito un commento di tipo moralistico che, sottolineando la sconfitta degli oppositori di Manfredi, mira all’esaltazione di quest’ultimo: un commento che potrebbe preludere a un più enfatico finale, celebrativo della vittoria calabrese. L’autore della fonte diretta di questa parte potrebbe essere un cosentino, dato il modo in cui giustifica l’atteggiamento di quella cittadinanza quando fu costretta a fronteggiare Pietro Ruffo, ma non un ufficiale centrale, bensì un funzionario periferico, o un semplice rappresentante del ceto preminente di Cosenza fautore della fazione sveva. Poiché, infine, conosciamo con esattezza struttura e contenuti originali della Historia di Saba Malaspina (la terza fonte diretta), rimarrebbero escluse dai tre principali nuclei narrativi solo le rapide notazioni che coprono il periodo dall’estate del 1255 all’incoronazione di Manfredi: notazioni che l’anonimo compilatore potrebbe, a questo punto, aver usato a mo’ di cerniera di collegamento con la parte tratta da Saba Malaspina, ricavandole da una cronaca che descrive gli eventi in maniera più stringata – come quella, magari, del non meglio identificabile, ma piuttosto attestato archiepiscopusCusentinus – oppure da una che segue lo schema della serie cronologica.

Tutti questi elementi inducono a supporre che l’ignoto compilatore non si sia solamente limitato a giustapporre, o a mettere l’una di seguito all’altra opere (o parti di opere) differenti, ma che, spinto dall’intento di farsi autore originale e non solo copista, sia intervenuto mescolando e incastrando, in qualche caso, le fonti che aveva a disposizione. Insomma, è possibile che abbia recuperato ‘materiale di riuso’ al fine di delineare in maniera compiuta la storia del Regno di Sicilia dal 1250 al 1267. Quando abbia proceduto a questa opera di compilazione è ricavabile, innanzitutto, dalla data di composizione della Historia di Saba Malaspina, collocabile al 1283-85, che costituisce il termine post quem. Tale termine cronologico, connesso con l’atteggiamento filosvevo, o meglio filomanfrediano, che caratterizza tutta l’opera e spicca particolarmente nella rielaborazione della parte ripresa da Saba Malaspina, nonché con lo speciale interesse dimostrato verso le vicende siculo-calabresi, rimanda immediatamente alla Sicilia e alla temperie connessa con la guerra del Vespro, ovvero con la ribellione siciliana alla dominazione angioina, scoppiata nel 1282. Più particolarmente, l’attenzione e il favore eccezionali riservati a Manfredi spingono a identificare il compilatore in un sostenitore dei diritti e delle rivendicazioni aragonesi sul Regno di Sicilia, basate essenzialmente sul fatto che Costanza, figlia di Manfredi, aveva sposato Pietro III d’Aragona, generando sia Giacomo, sia Federico, futuro re di Trinacria.

Questa constatazione, messa in relazione con la tradizione manoscritta dell’opera (che rimanda alla famiglia Joinville), forse permette di fornire qualche altra traccia per l’individuazione del compilatore, che, a questo punto, potrebbe essere connesso con Nicola de Joinville, finora ritenuto solo un possessore del manoscritto. Per il periodo in cui, verosimilmente, fu compilata la Historia, ovvero tra la fine del XIII e l’inizio del XIV secolo, furono almeno tre i personaggi con quel nome, ma quello che per noi è, forse, il più importante nacque dal matrimonio di Jean ‘Trouillard’ de Joinville con Belladama (o Belladonna) Ruffo, figlia di quel Pietro Ruffo a cui è dedicata la seconda parte dell’opera. Per di più, questo Nicola de Joinville nell’estate e nell’autunno del 1314 prese parte alla sfortunata campagna militare angioina contro la Sicilia e fu uno dei negoziatori e dei garanti della tregua che venne conclusa a Trapani, il 23 dicembre di quell’anno, con Federico III d’Aragona. È, quindi, possibile che una copia dell’Historia – compilata, probabilmente, in Sicilia – sia finita nelle sue mani proprio in occasione di questa spedizione siciliana e che l’abbia fatta ricopiare, perché parlava in buona parte di suo nonno, Pietro Ruffo, e forniva notizie utili alla conservazione della memoria delle vicende familiari, nonostante lo facesse in maniera poco benevola. Se questa ipotesi dovesse essere giusta, potremmo avere, dunque, a disposizione un termine ante quem, il 1314, appunto, per la datazione della compilazione complessiva attribuita a Niccolò di Jamsilla. Se questo corrisponde a Nicola de Joinville, allora la sua morte potrebbe essere fissata all’estate o all’autunno del 1325.

Edizioni dell’opera: F. Ughelli, Italia sacra, IX, Roma 1662, coll. 751-888 (a cura di S. Coleti, X, Venezia 1722, coll. 561-654); J.G. Eccardus, Corpus historicum medii aevii, I, Leipzig 1723, coll. 1025-1148; J.B. Carusius, Bibliotheca historica Regni Siciliae, II, Palermo 1723, pp. 677-787; L.A. Muratori, in Rer. Italic. Script., VIII, Milano 1726 (Historia, coll. 493-584; Supplementum, coll. 585-616); G. Gravier, Raccolta di tutti i più rinomati scrittori dell’istoria generale del Regno di Napoli, XVI, Napoli 1770, seconda parte del vol.; G. Del Re, Cronisti e scrittori sincroni napoletani, II, Napoli 1868 (Historia, pp. 101-200; Supplementum, pp. 649-682), con traduzione di S. Gatti; F. De Rosa, Le gesta di Federico II imperatore e dei suoi figli Corrado e Manfredi re di Puglia e di Sicilia, Cassino 2007 (solo Historia, con traduzione).

Fonti e Bibl.:F. Schirrmacher, Die letzten Hohenstaufen, Göttingen 1871, passim; A. Karst, GeschichteManfreds vom Tode Friedrichs II. bis zu seiner Krönung, Berlin 1897, passim; A. Karst, Über den sogenannten Jamsilla, in Historisches Jahrbuch, XIX (1898), pp. 1-28; O. Cartellieri, Reise nach Italien im Jahre 1899, inNeues Archiv, XXVI (1901), pp. 679-706; B. Capasso, Le fonti della storia delle province napoletane dal 568 al 1500, a cura di E.O. Mastrojanni, Napoli 1902, pp. 106 s.; M. Fuiano, N. Jamsilla, in Atti dell’Accademia Pontaniana, n. s., III (1949-50), pp. 327-346 (poi in Id., Studi di storiografia medievale, Napoli 1960, pp. 199-233, e in Id., Studi di storiografia medievale e umanistica, Napoli 1975, pp. 197-229); A. Nitschke, Die Handschriften des sog. Nikolaus von Jamsilla, in Deutsches Archiv, X (1954), pp. 233-238; M. Fuiano, Vicende politiche e classi sociali in Puglia dopo la morte di Federico II nelle cronache del cosiddetto Jamsilla e di Saba Malaspina, in Archivio Storico Pugliese, XXX (1977), pp. 155-167; P.F. Palumbo, Medio Evo meridionale. Fonti e letteratura storica dalle invasioni alla fine del periodo aragonese, Roma 1978, pp. 86-88; E. Pispisa, N. di Jamsilla. Un intellettuale alla corte di Manfredi, Soveria Mannelli 1984, passim; Id., Il regno di Manfredi. Proposte di interpretazione, Messina 1991, ad ind.; L. Gatto, Sicilia e siciliani nell’opera di Jamsilla, in Id., Sicilia medievale, Roma 1992, pp. 93-108; E. Pispisa, Profilo di N. di Jamsilla, in Id., Medioevo meridionale. Studi e ricerche, Messina 1994, pp. 145-170; M. Thumser, Der König und sein Chronist. Manfred von Sizilien in der Chronik des sogenannten Nikolaus von Jamsilla, in Die Reichskleinoden: Herrschaftszeichen des Heiligen Römischen Reiches, Göppingen 1997, pp. 222-242; Repertorium Fontium Historiae Medii Aevi, VIII, Roma 1998, pp. 209 s.; Die Chronik des Saba Malaspina, a cura di W. Koller - A. Nitschke, in Monumenta Germaniae Historica, Scriptores, XXXV, Hannover 1999, pp. 62 s. (introduzione); E. D’Angelo, Una silloge umanistica suessana (scheda per Napoli B.N. IX. C. 24), in Vichiana, s. 4, II (2000), pp. 225-239; F. Delle Donne, La cultura di Federico II: genesi di un mito. Il valore della memoria e della philosophia nell’Historia dello pseudo-Jamsilla, in Id., Politica e letteratura nel Mezzogiorno medievale, Salerno 2001, pp. 75-109; Id., Goffredo di Cosenza, in Diz. biografico degli Italiani, LVII, Roma 2002, pp. 539-541; E. D’Angelo, Storiografi e cronologi latini del Mezzogiorno normanno-svevo, Napoli 2003, pp. 49, 176-178; Nicola da Rocca, Epistolae, ed. F. Delle Donne, Firenze 2003 (specialmente l’introduzione sull’autore); A. Kiese-wetter, Jamvilla (Joinville-Briquenay), Nicolò, in Diz. biografico degli Italiani, LXII, Roma 2004, pp.136 s.; L. Capo, Cronachistica, in Federico II. Enciclopedia Federiciana, I, Roma 2005, pp. 420 s.; E. Pispisa, N. Jamsilla, ibidem, II, pp. 392-394; F. Delle Donne, Gli usi e i riusi della storia. Struttura, parti, fasi compositive e datazione dell’historia del cosiddetto Iamsilla, in Bullettino dell’Istituto storico italiano per il medioevo, CXIII (2011), pp. 31-122; Id., L’Historiadel cosiddetto Iamsilla e le origini del Vespro, in Miscellanea in memoria di Enrico Pispisa, Messina, in corso di stampa.