GATTILUSIO, Niccolò

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 52 (1999)

GATTILUSIO, Niccolò

Enrico Basso

Primo di questo nome. Nato a Genova nella prima metà del XIV secolo dal ramo della famiglia Gattilusio discendente da Luchetto, il G. era fratello minore di Francesco (I), primo signore di Mitilene. Non è noto se abbia seguito il fratello nella spedizione in Oriente del 1354-55, ma fu sicuramente ben presto presente alla sua corte dopo l'insediamento di questo nell'isola di Lesbo in qualità di vassallo dell'Impero bizantino. Grazie ai buoni uffici di Francesco, ottenne dall'imperatore Giovanni V Paleologo la signoria della città e della baronia di Enos (l'attuale Enez), sita sulla costa della Tracia orientale in prossimità della foce della Maritza, in data anteriore al maggio 1382.

L'esatta cronologia del suo insediamento non ci è nota, in quanto la baronia di Enos, istituita all'epoca della partitio Romanie successiva alla IV crociata e per lungo tempo appartenuta titolarmente ai duchi di Borgogna, era stata nei decenni precedenti controllata dapprima da Niceforo II Angelo, ex despota d'Epiro e genero dell'imperatore Giovanni VI Cantacuzeno, e quindi, a partire dal 1356, nuovamente all'imperatore Giovanni V, che vi aveva insediato un proprio governatore; secondo alcune fonti bizantine, era stata la stessa popolazione locale, stanca del malgoverno dei rappresentanti imperiali, a chiamare il fratello minore di Francesco ad assumere il governo della città e questi, destreggiandosi abilmente fra Bizantini e Turchi, era riuscito a consolidare il proprio potere negli anni successivi.

Qualunque sia stato il modo in cui il G. giunse a insignorirsi di Enos, certamente questa acquisizione territoriale ebbe grande importanza per il consolidamento delle fortune della dinastia, tanto dal punto di vista commerciale quanto da quello politico: il nuovo dominio, oltre a costituire un punto strategico di notevole importanza al confine del territorio ormai in gran parte sotto il controllo turco, offriva infatti notevoli risorse economiche grazie alla pescosità delle acque della zona e, soprattutto, alla presenza delle importanti saline del lago di Jala Göl, il cui sfruttamento assicurò in breve l'autonomia economica dei Gattilusio di Enos nei confronti dei signori di Mitilene.

Dopo la morte improvvisa del fratello Francesco, causata dal terremoto che colpì Lesbo nell'agosto 1384, il G. venne chiamato dai maggiorenti dell'isola a esercitare la reggenza in nome del giovane nipote Jacopo e per i tre anni successivi tutti i domini della famiglia furono riuniti sotto il suo controllo. Nel 1387, però, fra lo zio e il nipote venne a determinarsi un grave contrasto, forse da ricollegarsi a una divergenza di opinioni sull'atteggiamento da assumere nei confronti del cugino di Jacopo, Manuele Paleologo (il futuro imperatore Manuele II), rifugiatosi a Lesbo dopo il fallimento della campagna militare che dal suo appannaggio di Tessalonica aveva lanciato contro i possedimenti turchi nei Balcani, in violazione dei trattati di pace sottoscritti anni prima da suo padre Giovanni V. La presenza di Manuele nell'isola avrebbe potuto attirare sui Gattilusio l'ira del sultano Murad I, contravvenendo al prudente atteggiamento di equidistanza abilmente perseguito dal G.; mentre il nipote Jacopo marcava l'inizio del proprio governo personale assumendo il nome "dinastico" di Francesco (II), egli decise quindi di rientrare nella propria baronia, dedicandosi alla sua amministrazione e all'incremento delle sue rendite, un impegno nel quale ebbe un notevole successo, come testimoniano le cospicue somme che egli fu in grado di pagare per il riscatto dei baroni francesi caduti prigionieri delle schiere turche guidate da Bayazid I, dopo la battaglia di Nicopoli del 1396.

In questa occasione il G. fu in grado di anticipare dapprima 2000 ducati al maresciallo Jean Le Meingre, signore di Boucicaut, liberato dai Turchi per raccogliere il denaro del riscatto, ai quali sua moglie - una nobildonna greca di nome Elena - aggiunse provviste e abiti per il conforto dei prigionieri, e quindi, dopo aver ricevuto preghiera in tal senso da Carlo VI, re di Francia, e da Filippo II duca di Borgogna, di impegnarsi a pagare 40.000 dei 200.000 ducati richiesti complessivamente dal sultano; inoltre, egli versò altri 10.000 ducati per il riscatto personale di Giovanni conte di Nevers e futuro duca di Borgogna dalle mani dei Turchi.

L'entità delle cifre sopra menzionate conferma la prosperità economica del signore di Enos, così come il fatto che la cattura di una sola delle sue navi, avvenuta a Modone, abbia fruttato ai Veneziani un bottino di 3000 ducati d'oro. Il suo prestigio politico e personale è attestato dalle espressioni di rispetto rivoltegli dal patriarca di Costantinopoli nella missiva con la quale richiedeva il suo consenso per l'insediamento di un nuovo metropolita nella sede di Enos, da lungo tempo vacante; inoltre, anche se i suoi legami con i pirati che assalivano prevalentemente le navi veneziane erano ben noti, i legami stretti con influenti personaggi della corte di Carlo VI, all'epoca signore di Genova, valevano a proteggerlo dalle richieste di rappresaglia, anche in considerazione del fatto che le sue azioni erano comunque rispondenti agli interessi commerciali di Genova, dove il G. manteneva rapporti economici con esponenti di famiglie di rilievo quali i Doria e i signori di Lagneto.

La morte di Jacopo (Francesco II), nel 1404, portò nuovamente il G. a Lesbo in qualità di reggente della signoria per conto del giovane erede, Jacopo, e dei suoi fratelli minori, Dorino e Palamede. Come nella precedente occasione, anche in questo frangente la sua azione di governo si dimostrò saggia e prudente, nonostante la difficile situazione interna determinata, nel campo ecclesiastico, dalla compresenza di due titolari della sede arcivescovile cattolica, conseguente al grande scisma d'Occidente (1378-1414), e i consueti problemi all'esterno nelle relazioni con Venezia, nei confronti della quale egli si sforzò di seguire una politica di pace, determinati in particolare dal nuovo tentativo messo in atto dai Gattilusio, al quale non erano forse estranee influenze politiche genovesi, per impadronirsi di Tenedo e fortificare l'isola.

Nella primavera del 1409, in una data compresa fra il 12 aprile e il 25 maggio, il G. morì: poiché aveva avuto soltanto figlie femmine, e queste a loro volta solo figlie, egli lasciò in eredità la sua prospera signoria al più giovane dei pronipoti, Palamede.

La fama del primo signore di Enos durò in Oriente ben oltre la sua morte, tanto che alcuni cronisti bizantini di epoca più tarda arrivarono addirittura a identificare con lui il fratello Francesco, esaltandone la figura come quella di un principe colto e saggio, abile tanto come guerriero che come diplomatico, la cui potenza sul mare era temuta da tutti i potentati islamici dalla Siria fino alla Tripolitania, che, per timore, gli avrebbero pagato un cospicuo tributo annuale.

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