LEONICO TOMEO, Niccolò

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 64 (2005)

LEONICO TOMEO, Niccolò

Emilio Russo

Nacque a Venezia nel febbraio 1456 da una famiglia originaria dell'Epiro e sin dai suoi primi anni visse tra Padova e Venezia. Seguì l'insegnamento di lingua greca di D. Calcondila, forse già in occasione della permanenza dell'umanista a Padova, ma sicuramente quando questi passò a Firenze e a Milano: tra 1485 e 1488 vi sono infatti testimonianze di soggiorni del L. a Firenze oltre che a Roma, ed egli stesso, molti anni dopo, avrebbe ricordato di avere seguito a Milano il maestro. Il periodo di formazione dovette completarsi a Padova dove, il 7 maggio 1485, testimoni tra l'altro R. Regio e G. Calfurnio (G. Planza Rufinoni), il L. conseguì la laurea in artibus (De Bellis, 1980, p. 39). L'anno successivo risulta che partecipasse alle riunioni che si svolgevano a Venezia nella casa di F. Buonaccorsi (Callimachus Experiens), allora rappresentante della Polonia presso la Repubblica, ma ritornò poi a Padova, come testimonia uno scambio di missive dell'estate 1486 con Cassandra Fedele (Fedele, pp. 5 s.).

Mentre sono di dubbia attribuzione alcuni documenti su proprietà terriere e case (forse pertinenti al fratello Bartolomeo), è probabile che il L. trascorresse a Padova tutto il decennio successivo (certo vi si trovava nel 1492, cfr. Serena, p. 6), fino al 21 apr. 1497, quando ottenne dal Senato veneziano l'incarico di insegnare Aristotele sul testo greco ("maxime in philosophia et medicina") sulla base, si sostiene nel documento di nomina, di una richiesta generale da parte degli scolari (Arch. di Stato di Venezia, Senato, Terra, reg. 12, c. 201r).

Le lezioni presso la cattedra padovana e il successivo insegnamento a Venezia misero in luce la tendenza del L. alla conciliazione delle dottrine di Platone e di Aristotele, dopo un'iniziale adesione a idee averroistiche: una posizione di taglio ancora umanistico, memore della lezione di E. Barbaro, distinta dalle opzioni coeve di un P. Pomponazzi. L'incrocio in L. dell'approccio filologico e dell'indagine filosofica condotta sulle opere meno note di Aristotele improntò una generazione intera di intellettuali di rilievo, da P. Valeriano a T. Gabriele, P. Gaurico, L.P. Roselli, L. Filalteo (di quest'ultimo si conservano testimonianze sul L. in Libri tres epistolarum, Pavia 1564, pp. 4, 65, 89-92). Significativo anche il magistero esercitato su un gruppo di studiosi inglesi impegnati a completare la loro formazione umanistica tra Venezia e Padova: tra gli altri R. Pace, T. Linacre, W. Latimer e quel C. Tunstall che svolse un ruolo di tramite tra il circolo e la tipografia di A. Manuzio e il L. (Woolfson, pp. 90-93).

Molte le testimonianze, dirette e indirette, dei suoi interessi e studi filosofici, dai manoscritti presi in prestito presso la Biblioteca Marciana: le opere di Pausania; la Geometria di Euclide; il commento di Simplicio al De anima; il manoscritto con i commenti di Ammonio, Simplicio e Filopono sulla Logica (Venezia, Biblioteca nazionale Marciana, Mss.Gr. Z., 225). Quest'ultimo codice venne recuperato solo nel 1531, per interesse di P. Bembo, dopo un trentennio di permanenza sullo scrittoio del L., come dichiara la nota apposta all'inizio dallo stesso Bembo (cfr. Bembo, III, p. 299). Ancora, possono menzionarsi i codici transitati per la collezione di Fulvio Orsini e ora alla Biblioteca apostolica Vaticana: tra gli altri il Vat. gr. 1298, passato poi per le mani di Bembo e descritto da Pinelli, contenente un Aristide e una Politica di Aristotele del X secolo, e il Vat. gr. 1295 con opere di Euclide (cfr. Nolhac, pp. 171 s.).

Nel 1502 il L. intanto guadagnò, attraverso Bernardo De' Rossi vescovo di Treviso, la carica di preposto presso la collegiata di Montebelluna, carica che gli avrebbe assicurato una rendita cospicua, ma che non lo vincolò, come pure era prescritto, al soggiorno in sede; in quello stesso anno, in dicembre, risulta scrivesse una lettera contenente espressioni di amicizia e stima a Marino Sanuto (Venezia, Biblioteca nazionale Marciana, Mss. it., cl. IX, 364 [=7167], cc. 176v-177r, con la menzione anche di un contatto con l'umanista A.I. Mezzabarba).

L'insegnamento a Padova si protrasse, secondo quanto testimoniato dal L. medesimo (Aristotelis Parva quae vocant Naturalia, Venezia, B. Vitali, 1523, c. LXXXII), per un decennio, interrotto per ricoprire la cattedra di lettere greche e latine a Venezia, rimasta scoperta sin dal 1502 per la morte di B. Brugnoli. L'incarico a Venezia, che il L. ottenne superando la concorrenza di una figura di rilievo come M. Musuro, è testimoniato dalla fine del 1504 fino al settembre del 1506, quando il L. stesso rinunciò alla cattedra (Arch. di Stato di Venezia, Notatorio del Collegio, reg. 15, cc. 139r, 173r). Tornato a Padova, dovette interrompere le lezioni a causa della guerra divampata dopo la Lega di Cambrai (l'orazione composta da L. Bonamico in morte del L. lo raffigura in quei frangenti chino sulle opere di Aristotele e Platone: Milano, Biblioteca Ambrosiana, Mss., D. 386 inf., c. 79r).

Nel corso del 1508 a Venezia entrò in contatto con Erasmo da Rotterdam: il letterato olandese conservò un ricordo vivido del L., ricordo depositato in più occasioni nel suo epistolario, ove giunse a individuare (in una lettera del luglio 1529) in Bembo e appunto nel L. i "duo praecipua huius seculi lumina" (Erasmo, VIII, p. 245).

Il L. trascorse il resto della sua vita a Padova, impegnato, oltre che nell'insegnamento, senza tuttavia l'aggregazione al Collegio dei filosofi e medici (De Bellis, 1980, pp. 44 s.), in un'attività editoriale che si fece man mano più intensa e il cui primo esito è rappresentato dall'edizione aldina del Tolomeo del 1516 (Inerrantium stellarum significationes per Nicolaum Leonicum e Graeco translatae). Va tuttavia ricordato che una lettera di Bonamico ad A. Manuzio del gennaio 1509 (Pastorello, p. 281) pare connettere il L. e la sua officina di studi sui classici all'edizione aldina dei Moralia plutarchei di quello stesso anno.

Tra gli impegni di maggior rilievo del magistero esercitato dal L. vi è la formazione di R. Pole, il quale, sin dal maggio 1521, si impegnò nella lettura delle opere di logica e di scienza naturale sotto la sua guida. Iniziava così, ancora al cospetto del L., la seconda stagione dell'umanesimo inglese radicato a Padova, stagione che coinvolse anche T. Lupset, in seguito importante mediatore della lezione erasmiana in Inghilterra, e che si trova ben testimoniata nel ms. Ross., 997 della Biblioteca apostolica Vaticana.

Per l'ultimo decennio del L., a partire dal 1521, è appunto questo codice a fornire informazioni preziose, soprattutto per via delle numerose lettere intercorse tra il L. e i suoi allievi inglesi, antichi e recenti, da Pole a T. Starkey a J. Clement. La raccolta (impiegata da Gasquet prima, poi più approfonditamente da Woolfson, pp. 103-118), presenta diversi elementi di rilievo: in apertura testimonianze di contatti del L. con l'ambiente bergamasco, forse maturati in gioventù (tra gli amici ricordati G.B. Suardo e F. Bellafini, c. 2v); al termine un Argumentum Homeri, quadro introduttivo dell'Iliade, letto nell'aprile 1486 "in scholis publicis" (cc. 62r-67v); all'interno anche episodi precisi, come quello narrato in una lunga lettera indirizzata a Pole su una discussione dell'estate del 1521, in merito alla maggiore dignità di latino e volgare, tenuta nella villa di Bembo, e al suo cospetto, tra Giovanni Antonio da Marostica e C. Longolio, testimone anche il L. (cc. 14v-17r). Va ricordato che Longolio, altro umanista dagli spiccati interessi scientifici, fu amico del L. e intermediario per il contatto con Budé (se ne vedano le testimonianze in una lettera di Longolio a Bembo in Longolio, p. 193; e in una di Budé allo stesso L., in Budé, I, pp. 333-335).

Nel 1523 uscì a Venezia, presso B. e M. Vitali, l'edizione dei Parva naturalia, con traduzione e commento del L., dedicata a R. Pace, divenuto segretario di Enrico VIII e diplomatico a Venezia (nel citato Ross., 997, c. 52, compaiono i complimenti del L. a Pace per la versione del De avaritia plutarcheo).

La stampa del 1523 era accompagnata anche da una lettera di elogi di J. Montesdoch, il filosofo spagnolo le cui lezioni sul De caelo, tenute a Padova nel giugno 1523, videro la partecipazione di Bembo, B. Navagero e dello stesso L. (Venezia, Biblioteca nazionale Marciana, Mss. lat., cl. VI, 272 [=2883], c. 380r; Woolfson, pp. 91, 179). Quali prologhi alle singole operette aristoteliche vi erano poi lettere dedicatorie indirizzate dal L. ad amici e sodali, tra cui Bembo, Pole e G. Lascaris, mentre nella dedica del De memoria et reminescentia ad A. Capella veniva indicata una significativa sequenza di modelli che andava da Bessarione a G. Argiropulo, Barbaro, M. Ficino, G.F. Pico della Mirandola.

Nel 1524 uscirono i Dialogi (Venezia, G. de Gregori, con dedica a Pole; cfr. Ross., 997, c. 37), raccolta di operette latine: tra queste il Trophonius sive De divinatione, il Sadoletus sive De precibus e l'importante dialogo dedicato a Bembo sul tema dell'immortalità dell'anima.

Secondo le analisi di De Bellis (1979 e 1981), i tentativi filosofici del L. miravano a una conciliazione delle posizioni platoniche e aristoteliche sull'anima come motore e sull'anima come forma, in una polemica piuttosto scoperta con Pomponazzi. Consistenti, in questa chiave, l'impiego di materiali provenienti dalla filosofia di Ficino e più generalmente l'avvicinamento a posizioni neoplatoniche, come è visibile nell'Alverotus sive De tribus animorum vehiculis, dove il De vita ficiniano veniva meditato unitamente alla riflessione fisiologica e medica. Da segnalare l'aggiunta, nell'edizione parigina dei Dialogi (S. Colin, 1530) del più tardo De animorum essentia.

Risulta di rilievo, entro una parabola intellettuale viva anche in tarda maturità, la testimonianza di un contatto nel 1524 con T. Moro, cui il L. aveva inviato una lettera di complimenti (Ross., 997, cc. 25v-26r), e dal quale poi riceveva, per il tramite di J. Clement, una copia dell'Utopia, opera che mostrava di leggere immediatamente e con pieno entusiasmo ("Dii immortales ut lectio illa me delectavit", ibid., c. 38r). A metà di quello stesso anno inviò a Pole una lettera con numerosi consigli di autori antichi da leggere (ibid., c. 34v): oltre ad Aristotele e Platone, menzionava Galeno, una copia delle cui opere (nella stampa aldina del 1525) si conserva con numerose annotazioni del L. nella Yale University Medical Library (Mss., R.126.G.2.A, cfr. Woolfson, p. 93).

Nel 1525, in corrispondenza di uno scambio epistolare molto intenso tra il L. e Pole, ove era discussa la rovente situazione politico-militare in Italia (Ross., 997, cc. 40r-44r), uscì la stampa degli Opuscula (Venezia, B. Vitali), raccolta dei lavori sull'Aristotele naturale, che il L. aveva svolto nel corso di un quarto di secolo.

La silloge, dedicata a G. Burgarino, comprendeva versioni del De animalium motione, del De animalium incessu, alcune Quaestiones naturales del L. (una versione manoscritta di questo lavoro è segnalata a Londra, British Library, Sloane, 3280), le pseudo-aristoteliche Quaestiones mechanicae, una versione latina del commento di Proclo al Timeo e, ancora del L., le Quaestiones amatoriae su temi di psicologia e fisiologia amorosa. Da segnalare, al riguardo, che il ms. della Biblioteca apost. Vaticana Reg. lat., 1291 presenta una copia della versione delle Quaestiones mechanicae con una lettera di dedica indirizzata a G. Contarini.

Altro approdo dell'attività di studio e delle lezioni fu la stampa giuntina di Omnia ex exemplaribus N. Leonici Thomaei diligenter emendata (Firenze, eredi di F. Giunti, 1527), corredata da una quantità notevole di correzioni del L. al testo vulgato. Inoltre, uno scambio di lettere con il cardinale Ercole Gonzaga (Ross., 997, cc. 32r-33v) informa della conclusione del lavoro del L. sul De partibus animalium aristotelico a metà dell'anno 1528; tuttavia l'intenzione di stamparlo, con dedica appunto al Gonzaga, rimase senza frutto, e l'opera apparve postuma nel 1540 (stampata a Venezia, presso G. Farri, dal nipote Magno Leonico, con dedica a Pole, intanto giunto alla porpora: Conversio in Latinum atque explanatio primi libri Aristotelis de partibus animalium… nunc primum ex authoris archetypo in lucem aeditus).

In parallelo all'attività di editore ed esegeta di testi aristotelici, il L. maturò nella lunga dimora padovana interessi spiccati di antiquaria, accumulando nella sua casa di contrà S. Francesco una significativa collezione.

Una testimonianza è fornita da una lettera inviata a inizio 1525 dal L. stesso a F. Tomarozzo (Ross., 997, cc. 53v-54r; cfr. Gregory - Woolfson, pp. 254 s.), dove si legge il ringraziamento per l'offerta di un antico busto di Socrate ritrovato a Roma. La collezione (descritta in Notizia d'opere di disegno) comprendeva tra l'altro un dipinto di J. van Eyck e due ritratti del L. stesso e del padre, rispettivamente di Iacopo e Giovanni Bellini. Eloquente, al riguardo, che al L. fosse indirizzata la celebre missiva sugli antichi pittori padovani di Girolamo Campagnola, oggi perduta, ma largamente citata da G. Vasari.

Si infittirono, nel corso degli anni Venti, i segnali di amicizia e di stima che il L. otteneva dai maggiori esponenti della cultura veneta coeva: oltre ad avere contatti con M. Mantova Benavides e G. Grimani, era in relazione con il gruppo veneziano di Bembo (De Bellis, 1980, p. 64 n.). Una lettera di Bembo a G.M. Giberti, del novembre 1525, elogia il costume perfetto del L. (la sua "prospera e sanissima vecchiezza", Bembo, II, p. 317), l'amore per la sapienza e l'abbandono di ogni ambizione di ricchezza. Da altre missive di Bembo si deducono relazioni con G. Fracastoro (ibid., pp. 315-317, 327 s.) e la notizia di una malattia del L. nel marzo del 1526 (ibid., pp. 339 s.). Importanti testimonianze di relazioni extravenete si trovano in uno scambio di missive con L. Nogarola, risalente all'estate 1526 (Firenze, Biblioteca Medicea Laurenziana, Ashb., 279, cc. 6, 8) e nella lettera di dedica indirizzata al L. (dell'ottobre 1527) che Alessandro de' Pazzi antepose alla sua versione latina della Poetica aristotelica (Firenze 1536).

Questo documento conserva, oltre al ricordo dell'ausilio prestato dal L. e da Contarini nella versione del testo greco, anche l'informazione su alcune osservazioni del L. "in Electram nostram"; in effetti, a testimonianza di una qualche relazione al riguardo, un epigramma greco del L. venne anteposto alla traduzione di Elettra ed Edipo del Pazzi (Firenze, Biblioteca nazionale, Mss., II.4.8, c. 5r).

A questi elementi, per completare un ricco profilo culturale, va aggiunta la richiesta del 1528 (Ross., 997, cc. 10r-11r) a Giberti di un esemplare del commento di Giovanni Crisostomo alle Epistole di s. Paolo, un testo importante sui temi della grazia e della giustificazione, entro un interesse dichiarato pluriennale che apre degli squarci sulle posizioni del L. in materia di Riforma (Woolfson, p. 109). In tal senso andrebbero approfonditi i legami con Giberti stesso, ma anche con Contarini e Sadoleto (cfr. al riguardo Padova, Biblioteca del Seminario vescovile, Mss., 71, cc. 139v-142v), benché nel percorso del L. appaia dominante un culto ostinato degli studi che lo portava, per esempio, a una nuova lettura della Retorica aristotelica, ancora nel 1529 (Ross., 997, c. 28v).

Tutto ciò non impediva anche prese di posizione pubbliche, come lo schieramento, a cui non erano probabilmente estranei gli antichi allievi, a favore della monarchia inglese nella controversia sulle nozze di Enrico VIII, e si hanno notizie (De Bellis, 1980, pp. 56-58) di una operazione di convincimento in tal senso, esercitata dal L., nei confronti degli altri dottori dell'Università di Padova.

All'inizio del 1531 uscirono i De varia historia libri tres (Venezia, L. Giunta; una stampa lo stesso anno a Basilea, presso J. Froben, e una l'anno successivo a Lione, presso S. Gryphe; altre uscite lionesi nel 1534 e nel 1555).

Si tratta di una miscellanea erudita, data come compiuta già nel 1523 (Ross., 997, cc. 52v-53r), frutto delle pluriennali letture storiche del L., divisa in capitoletti ("commentariolos") su questioni peregrine di storia antica: dalle statue di Dedalo (I, 7), alla discussione della spedizione di Ercole contro le Amazzoni (III, 29). Una raccolta organizzata in modo che chiunque "cito percurrere possit" (c. A1v) e perciò destinata a prevedibile fortuna nel panorama di medio Cinquecento, come attestano la versione volgare (Venezia, M. Tramezzino, 1544) e persino una nuova uscita della versione latina (ibid., Giunti, 1581).

Gratificato dall'amicizia e dalla stima di Bembo, il L. scrisse un'ultima lettera a Pole nelle prime settimane del 1531 (Ross., 997, cc. 54r-56r), ragguagliandolo sull'attualità, su Bembo, ma soprattutto offrendo di sé un ritratto composto di vecchio maestro, ancora alle prese con la stampa e con "quaedam philologica".

Sebbene Bembo (III, p. 217) avesse scritto, proprio a Pole, di un L. "assai gagliardo per gli anni molti che egli ha" all'inizio di febbraio, il L. morì a Padova negli ultimi giorni del marzo 1531.

Bembo ne annunciò la scomparsa a V. Soranzo; compose un sonetto per l'occasione (Leonico, che 'n terra al ver sì spesso, in Id., Rime e prose, a cura di C. Dionisotti, Torino 1960, p. 631) e soprattutto il testo dell'iscrizione latina per la tomba nella chiesa di S. Francesco a Padova.

Sono numerose le testimonianze dell'autorità e del rispetto che il L. si era guadagnato: si va dal citato elogio funebre di Bonamico (Milano, Biblioteca Ambrosiana, Mss., D. 386 inf.), all'onorevole raffigurazione del L. entro il De sculptura di Gaurico o nel Cortegiano di B. Castiglione (II, 71); dal ricordo di P. Giovio (Elogia veris clarorum virorum imaginibus apposita, Venetiis 1546, cc. 57v-58r), alle numerose attestazioni di stima assoluta per il L. rilasciate da Erasmo, tanto nelle lettere quanto nel Ciceronianus (Opera omnia, II, Amsterdam 1971, p. 668), fino alle parole di Valeriano (Hieroglyphica sive De sacris Aegyptiorum literis Commentarii, Basileae 1556, cc. 165r, 198v, 233r, 338v).

Per le opere, oltre a quanto più sopra citato: London, British Library, Add. Mss., 19061, cc. 65r-67r (carme latino del L. indirizzato a Lorenzo Cretico); Venezia, Biblioteca nazionale Marciana, Mss. lat., cl. XIV, 61 (=4241), c. 245r; una canzone in volgare fu pubblicata nel Terzo libro delle rime di diversi nobilissimi et eccellentissimi autori, Venezia, A. Arrivabene, 1550, c. 139r. Sull'ipotesi di una partecipazione del L. alla composizione della Macaronea di Tifi Odasi, cfr. Lazzerini, pp. 261 s.

Fonti e Bibl.: C. Longolio, Lucubrationes, Orationes III, Epistolarum Libri IV, Lugduni 1542, p. 193; G. Budé, Opera omnia, I, Basileae 1557, pp. 333-335; C. Fedele, Epistolae et orationes posthumae, Padova 1636, pp. 5 s.; Erasmo da Rotterdam, Opus epistolarum, Oxonii 1906-58, V, p. 520; VI, pp. 144, 282; VIII, pp. 245, 477; IX, pp. 166, 329, 414; E. Pastorello, L'epistolario manuziano. Inventario cronologico-analitico 1483-1597, Firenze 1957, p. 281; P. Bembo, Lettere, a cura di E. Travi, Bologna 1987-93, ad ind.; Notizia d'opere di disegno pubblicata e illustrata da d. Jacopo Morelli, Bologna 1884, pp. 13 s., 31-38; P. de Nolhac, La bibliothèque de Fulvio Orsini, Paris 1887, pp. 171 s., 184, 188; E. Percopo, Pomponio Gaurico umanista napoletano, in Atti della R. Accademia di archeologia, lettere e belle arti, XVI (1891-93), pp. 161, 195; A. Serena, N. L.T., in Id., Appunti letterari, Roma 1903, pp. 3-32; G. Pavanello, Un maestro del '400. Giovanni Antonio Augurello, Venezia 1905, pp. 115-119; B. Croce, Aneddoti di varia letteratura (1913), Bari 1953, pp. 411 s.; F.A. Gasquet, Cardinal Pole and his early friends, London 1927, passim; V. Rossi, Il Quattrocento, Milano 1933, p. 309; E. Garin, Noterelle erasmiane, in La Rinascita, VI (1943), pp. 332-334; Id., La filosofia, II, Milano 1947, pp. 7, 12, 58 s.; P. Gaurico, De sculptura, a cura di A. Chastel - R. Klein, Genève 1969, pp. 15-18, 100 n.; L. Lazzerini, "Per Latinos grossos". Studio sui sermoni mescidati, in Studi di filologia italiana, XXIX (1971), pp. 261 s.; D. De Bellis, N. L.T. interprete di Aristotele naturalista, in Physis, XVII (1975), pp. 71-93; I. Favaretto, Appunti sulla collezione rinascimentale di N. L.T., in Boll. del Museo civico di Padova, LXVIII (1979), pp. 15-29; D. De Bellis, "Autokineton" e "Entelechia". N. L.T.: l'anima nei Dialoghi intitolati al Bembo, in Annali dell'Istituto di filosofia della Facoltà di lettere e filosofia dell'Università di Firenze, I (1979), pp. 47-68; Id., La vita e l'ambiente di N. L.T., in Quaderni per la storia dell'Università di Padova, XIII (1980), pp. 37-75; Id., I veicoli dell'anima nell'analisi di N. L.T., in Annali dell'Istituto di filosofia… dell'Università di Firenze, III (1981), pp. 1-21; D.J. Geanakoplos, The career of the little-known Renaissance Greek scholar Nicholas Leonicus Tomaeus and the ascendancy of Greco-Byzantine Aristotelianism at Padua University, in Byzantina, XIII (1985), pp. 357-371; M. King, Umanesimo e patriziato a Venezia nel Quattrocento, Roma 1989, ad ind.; A. Gregory - J.M. Woolfson, Aspects of collecting in Renaissance Padua: a bust of Socrates for N. L.T., in Journal of the Warburg and Courtauld Institutes, LVIII (1995), pp. 252-265; J.M. Woolfson, Padua and the Tudors. English students in Italy 1485-1603, Cambridge 1998, ad ind.; I. Favaretto, Arte antica e cultura antiquaria nelle collezioni venete al tempo della Serenissima, Roma 2002, pp. 100-103.

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