RICCARDI, Niccolò

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 87 (2016)

RICCARDI, Niccolo

Marco Cavarzere

RICCARDI, Niccolò. – Nacque nel 1585 a Genova, dove frequentò il locale collegio gesuitico.

Nel 1597 si trasferì con i genitori in Spagna; qui continuò gli studi all’Università di Valladolid e prese l’abito domenicano nel locale convento di S. Pablo prima del 1611 (a quella data poteva firmarsi come «lector de artes de l’ilustrissimo convento de San Pablo de Valladolid»). Il 14 ottobre 1613 fu nominato professore di teologia presso la cattedra di S. Tommaso del locale ateneo; al contempo, ebbe avvio la sua attività di predicatore. Il nome di padre Mostro, con cui Riccardi fu sempre ricordato, gli sarebbe stato attribuito da Filippo III per la facondia e prodigiosa cultura, oltre che per la sua obesità.

Influenzato da Tomás de Lemos, Riccardi fu educato a un rigido tomismo, contrario alla tesi dell’Immacolata concezione di Maria. Tuttavia, nel contesto spagnolo di inizio Seicento, caratterizzato da un intenso fervore immacolista, Riccardi mantenne una posizione conciliante nei confronti delle diverse posizioni teologiche. Nel 1616 si pensò a lui per accompagnare a Roma Plácido de Tosantos nella sua ambasciata proimmacolista presso Paolo V. Chiamato a predicare a Valladolid l’8 dicembre 1618, Riccardi presentò una via media tra le posizioni di san Tommaso e la dottrina dell’Immacolata, suscitando numerose proteste in città e presso la corte. Forse a ragione di queste difficoltà, si trasferì di lì a poco a Roma.

Riccardi aveva già mostrato da tempo la volontà di lasciare la Spagna. Nel novembre del 1615 Carlo Cibo chiese al cardinale Scipione Borghese, protettore dei domenicani, di affidare a Riccardi la carica di vicario generale dell’Ordine. Anche se la raccomandazione di Cibo non ebbe buon esito, Riccardi era di sicuro a Roma nel maggio del 1618, quando ricevette un incarico presso il S. Uffizio, come racconta lo stesso domenicano in una lettera a Galileo Galilei.

Al periodo trascorso a Valladolid devono essere fatti risalire i suoi primi contatti con l’Ordine carmelitano: nel 1614, in occasione della beatificazione di Teresa d’Avila, tenne un sermone in onore della santa, stampato l’anno successivo a Madrid. Al contempo, iniziarono i dissapori con la Compagnia di Gesù. Secondo il gesuita Alberto Alberti sarebbe stato Riccardi a portare fuori di Spagna il trattato De reformatione societatis di Juan de Mariana con l’intenzione di far circolare l’opera a Roma e così diffamare la Compagnia.

Giunto a Roma, nel 1621 Riccardi fu nominato reggente del collegio di S. Tommaso d’Aquino presso S. Maria sopra Minerva e, il 13 gennaio 1622, consultore della congregazione dell’Indice. Nel giugno-luglio 1624 entrò a far parte anche del S. Uffizio come qualificatore e socio del padre commissario. Questi primi successi furono dovuti all’influente rete di contatti da lui costruita. Durante il pontificato di papa Gregorio XV, fu vicino ai Ludovisi, come attesta una sua poesia in onore di Nicolò Ludovisi in occasione delle sue nozze; nel 1623 il cardinale Ludovico Ludovisi lo consultò prima di accettare la dedica della Paedia politices di Kaspar Schoppe. Con Schoppe, Riccardi mantenne rapporti cordiali anche negli anni successivi.

Sotto Urbano VIII consolidò il proprio prestigio culturale. Nel 1624 tenne la terza lezione dell’accademia raccolta a casa del cardinale Maurizio di Savoia, dopo quelle di Agostino Mascardi e Girolamo Aleandro; la quarta sarebbe invece spettata a Virgilio Malvezzi. Nulla sappiamo del contenuto della lezione di Riccardi che, a differenza degli altri interventi, non fu mai pubblicata; a ogni modo, l’accostamento del domenicano ai più importanti letterati del tempo è un chiaro indizio della fama acquisita. La sua partecipazione all’Accademia degli Umoristi è attestata da una raccolta manoscritta di lezioni. Altre testimonianze della fortuna di Riccardi sono i sonetti che gli furono dedicati in quegli anni da Giovanni Andrea Rovetti (Mormorio d’Elicona, Roma 1625, p. 141) e Marcello Giovanetti (Poesie, Roma 1626, p. 185).

Riccardi fu chiamato a occuparsi di opere poetiche anche come consultore dell’Indice. Il 4 ottobre 1622 gli fu affidata l’espurgazione del Canzoniero di Tommaso Stigliani e nel 1626 fu scelto per rivedere la correzione dell’Adone di Giovan Battista Marino proposta dall’Accademia degli Umoristi. Dopo che aveva negato l’imprimatur a questa versione censurata, tra il 1628 e il 1629 la congregazione dell’Indice gli chiese di offrire una versione espurgata dell’opera in collaborazione con Roberto Ubaldini; pare che questo incarico non fosse mai portato a termine. Il suo nome resterà legato soprattutto alla entusiastica approvazione data nel 1623 al Saggiatore di Galilei. Nonostante i tentativi di incontrarsi con lo scienziato nel 1623, mediati da Virginio Cesarini, il primo incontro tra Riccardi e Galilei avvenne solo nel maggio del 1624. In seguito la corrispondenza tra Galilei e Riccardi dovette intensificarsi, anche se del loro carteggio non è restata traccia diretta: in alcune lettere di quell’anno a Mario Guiducci e a Giovanni Faber, Galilei chiedeva di sollecitare la risposta di Riccardi alle sue missive.

Nel 1626 stampò la sua opera maggiore: i Ragionamenti sopra le letanie di Nostra Signora. Questo trattato in due volumi in folio esamina ciascuna invocazione delle litanie lauretane, dando luogo a prolisse digressioni su ogni caratteristica attribuita alla Vergine. Il trattato incontrò un immediato successo, con una ristampa parziale veneziana e una traduzione latina, pubblicata a cura di un carmelitano di Malines, Petrus de Molle, e dedicata al vescovo di Namur Jean de Wachtendonck.

È importante osservare che, in questo volume, nessun cenno è fatto al dogma dell’Immacolata concezione. Oltre alla predica spagnola del 1618, sembra che alla controversia immacolista Riccardi abbia dedicato un’opera manoscritta, in cui ripercorreva i maggiori punti del dibattito; a Roma, presso l’Archivio generale dell’Ordine dei predicatori (segn. XIV.285f, cc. 67-71), è conservato un suo memoriale in difesa delle posizioni antimmacoliste e contro i decreti con cui Paolo V e Gregorio XV avevano permesso la pubblicazione di opere in lode dell’Immacolata concezione e proibito di esprimersi ai detrattori di questa dottrina.

Non fu un caso se a Genova e non a Roma Riccardi decise di pubblicare la sua opera mariologica. In quegli anni egli stava infatti fornendo il suo sostegno teologico e politico alla Repubblica. Nel 1625, in occasione della nomina del doge Giacomo Lomellini, tenne un’orazione pubblica in cui spiegava come il conflitto con il duca di Savoia fosse anche una guerra santa, dal momento che avrebbero combattuto tra le fila sabaude molti ugonotti francesi. Inoltre, dal pulpito della chiesa di S. Domenico egli ribadì la contrapposizione tra la santità cattolica di Genova e l’eretica pravità delle armi sabaude. Nel 1627, in occasione dell’incoronazione della Madonna a regina di Genova, Riccardi fu l’oratore prescelto per celebrare l’evento.

Il 2 giugno 1629 fu nominato maestro del Sacro Palazzo e, in seguito, anche predicatore apostolico. Con questa promozione abbandonò gli svaghi letterari per affrontare questioni storiche e liturgiche. Iniziò le ricerche per una storia apologetica del Concilio di Trento da contrapporre al trattato di Paolo Sarpi, di cui rimane oggi a stampa una breve sinossi e molti materiali inediti. Tra il 1629 e il 1631 partecipò alla Congregatio super emendatione breviarii; nel 1635 divenne membro della neofondata Accademia Basiliana, sorta per ricucire i rapporti tra Chiesa greca e Chiesa latina, ed entrò nella commissione incaricata di emendare l’Eucologium Graecum; infine, nel 1638 ospitò la congregazione per la stesura della versione araba della Sacra Scrittura.

Nel decennio in cui Riccardi ricoprì la carica di maestro del Sacro Palazzo furono molte le opere e le questioni con cui ebbe a che fare, anche se si conservano solo due editti promulgati nel periodo del suo ufficio: quello, tradizionale, di inizio mandato (7 giugno 1629) e uno del 26 gennaio 1633 per la proibizione di tre volumi. I casi più celebri di cui Riccardi si occupò riguardarono, da un lato, la pubblicazione del Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo di Galilei e, dall’altro, la revisione delle opere del confratello Tommaso Campanella.

La questione più spinosa e pericolosa per Riccardi riguardò il Dialogo galileiano. Nel 1630 Galilei scese a Roma e ottenne da Riccardi la licenza per stamparvi l’opera. Di lì a qualche mese i piani di Galilei cambiarono e lo scienziato decise di pubblicare il Dialogo a Firenze. A questo punto non sarebbe più stata necessaria l’approvazione del maestro del Sacro Palazzo, ma Riccardi chiese comunque di poter rivedere l’opera. Questa revisione non avvenne: a Riccardi furono inviati solo il proemio e la parte finale dell’opera; in cambio Riccardi ottenne che il Dialogo venisse letto a Firenze da un domenicano. Dopo ulteriori indugi, Riccardi diede la propria approvazione e il Dialogo fu stampato con l’imprimatur sia delle autorità toscane sia del domenicano. Incorsa nei sospetti del pontefice, l’opera fu ritirata dal commercio nel luglio del 1632 per ordine dello stesso Riccardi, entrato allora a far parte della commissione nominata da Urbano VIII per rivedere il Dialogo. Su suggerimento di questa commissione, il procedimento fu rinviato al S. Uffizio. Riccardi uscì indenne dalla vicenda, che rivela tuttavia un atteggiamento ambivalente verso Galilei e la corte medicea.

Pari ambiguità emerge anche dai rapporti tra Riccardi e Campanella. Riccardi venne in contatto con le opere del confratello nel 1621, quando fu chiamato a esaminare, insieme con altri, l’Atheismus triumphatus; in conseguenza del loro parere sfavorevole fu negato l’imprimatur. Quando Campanella fu trasferito a Roma, cercò di pubblicare l’opera, ottenendo che nei primi mesi del 1628 una commissione, di cui faceva parte Riccardi, la rivedesse. Di nuovo il giudizio dei censori fu negativo, ma questa volta il pontefice decise di prosciogliere il volume che, insieme con altre opere campanelliane, fu avviato alla stampa. In un primo tempo Riccardi, revisore su incarico del maestro del Sacro Palazzo, corresse e approvò l’Atheismus, il Quod reminiscentur e la Monarchia Messiae; ben presto sorsero però ulteriori indugi. Per quanto riguarda l’Atheismus, Riccardi chiese il parere di Agostino Oreggi e una modifica del proemio e della parte finale; dopo queste correzioni, l’opera vide la luce nel 1631, venendo tuttavia sequestrata subito dopo. Anche la Monarchia Messiae, edita nel 1633 a Jesi con l’approvazione di Riccardi, fu immediatamente ritirata dal commercio, mentre il Quod reminiscentur non fu stampato fino al Novecento.

A ragione delle persecuzioni subite, Campanella ingaggiò un’offensiva contro Riccardi, accusato di essere, insieme con il maestro generale dell’Ordine Niccolò Ridolfi, il principale responsabile delle difficoltà incontrate a Roma. In primo luogo, si misurò con Riccardi sul suo stesso campo, redigendo tra il 1630 e il 1631 acuminate censure contro i Ragionamenti sopra le letanie di Nostra Signora e inviandole a Urbano VIII perché prendesse immediati provvedimenti; il gesto non ebbe alcun effetto concreto.

Arrivato in Francia, Campanella orchestrò una campagna stampa contro Riccardi: aggiunse in appendice all’edizione parigina dell’Atheismus una Disputatio contra murmurantes, in cui il primo obiettivo polemico era Riccardi con le sue richieste di nuove, esorbitanti correzioni, avanzate nel 1631 a stampa già avvenuta; inoltre, pubblicò una Defensio libri sui De sensu rerum in risposta alle censure che Riccardi aveva scritto nel 1626. Infine, nel De libris propriis et recta ratione studendi syntagma, Campanella lasciò intuire che sarebbe stato Riccardi a far stampare a Lione nel 1629 il De siderali fato, opera astrologica che alienò a Campanella le simpatie di Urbano VIII.

Dal suo esilio francese Campanella cercò di colpire Riccardi anche sul piano istituzionale. Le lettere spedite a Urbano VIII e a vari membri della famiglia Barberini tra il 1634 e il 1635 contengono varie accuse a Riccardi: di voler censurare le poesie del pontefice, reo di aver messo in versi le Sacre Scritture; di tenere per sé il Quod reminiscentur e di non permettere la circolazione della Monarchia Messiae; di aver preso parte alla congiura di Orazio Morandi. Al di là di san Tommaso, Riccardi non avrebbe «studiato teologia e scienza alcuna»; la sua storia del Concilio di Trento non sarebbe stata altro che un plagio delle opere di Campanella e delle «fatiche del Carli» (forse Filippo Quorli?). Più interessanti ancora sono i riferimenti all’edizione del «primo testo del Genesi in greco, arabico, latino e ebreo» con il commento della Catena in Genesim di Luigi Lippomani, edizione che Riccardi avrebbe stampato quattro anni prima (dunque nel 1631). Dal momento che non si ha notizia di una tale edizione a stampa, con ogni probabilità Campanella faceva riferimento a una delle opere di esegesi scritturale che Riccardi lasciò manoscritte. Nel frattempo, Campanella si stava impegnando a far censurare i Ragionamenti di Riccardi dalla Sorbona, oltre che a Roma, dove inviò nuovamente le sue censure nel 1636. Dei tentativi presso la Sorbona siamo informati dall’unica lettera pervenutaci di Riccardi a Campanella del novembre del 1638.

L’ultimo aspetto del confronto tra Campanella e Riccardi riguarda il sequestro dei testi di Campanella e, in particolare, del Quod reminiscentur. Nel 1635 Cassiano dal Pozzo si fece latore di una lettera di Campanella a Riccardi per la restituzione dell’opera; a quella data, Riccardi rispondeva che avrebbe ubbidito solo se Antonio Barberini o Urbano VIII avessero dato il loro benestare. Riccardi non rispose alla probabile replica di Campanella almeno fino alla citata lettera del 1638, in cui negava di avere in suo possesso opere campanelliane.

Riccardi morì per un colpo apoplettico a Roma il 30 maggio 1639 e fu sepolto nella chiesa di S. Maria sopra Minerva. L’orazione funebre, stampata a Roma nello stesso anno, fu tenuta dal gesuita Melchior Inchofer, membro della commissione di revisione del Dialogo galileiano e autore protetto da Riccardi nei suoi trascorsi con la censura romana. Benedetto Castelli riferì della morte di Riccardi a Galilei in una lettera del 7 giugno 1639, posticipando il decesso al 31 maggio.

Opere manoscritte. L.A. Vasquez, Entusiasmos inmaculistas en el Valladolid de los siglos XVII y XVIII, in La inmaculada Concepción en España. Religiosidad, historia y arte, I, San Lorenzo del Escorial 2005, pp. 425 s., riferisce che alcuni estratti della predica di Riccardi tenuta nel 1618 a Valladolid si trovano a Madrid presso la Real Academia de la Historia, 9-1.014, c. 106, e alla Biblioteca Nacional, 9.956, c. 112. Un manoscritto della predica si trova nella Biblioteca provinciale dei francescani di Toledo, Papeles varios, t. 104 [Est. 10-3], cc. 200-208; alcuni estratti sono stati trascritti in A. López, Descripción de los manuscritos franciscanos existentes en la Biblioteca provincial de Toledo, in Archivo ibero-americano, XIII (1926), pp. 230 s. Ambrosius Eszer (1983) riferisce che i mss. Barb. lat., 2942-2951, della Biblioteca apostolica Vaticana conservano prediche, elogi e materiale di vario genere appartenente a Riccardi (il Barb. lat., 2946, con prediche in castigliano) e segnala alcune raccolte di lezioni e commenti biblici: Barb. lat., 1093 (Lectiones ad quaestionem 22 S. Thomae de providentia Dei); 1108 (Lectiones ad quaestionem XIV S. Thomae de scientia Dei); 1109 (Lectiones ad quaestionem XIX S. Thomae de voluntate Dei); 1110 (Tract. De bonitate et malitia humanorum actuum); 2952 (De laico nullibi sacrificante et ecclesia in laicis iura sacerdotis non habente); 2954 (Commentaria in 2 Gen., Psalmos, Cantica Canticorum); 2955 (Concordiae versionum, commentaria); 2939 e 2949 (materiali di lavoro della citata storia del Concilio di Trento). Thomas F. Mayer (2015) cita tra i mss. contenenti opere di Riccardi anche i Barb. lat., 6518 (lezioni dell’Accademia degli Umoristi) e 2941 (Ragionamenti sopra le letanie di Nostra Signora), nonché 1094, 1107, 1123, 2953, 2956.

All’Archivio generale dell’Ordine dei predicatori a Roma si conserva un ms. dedicato alla controversia sull’Immacolata concezione (segn. XIV.950 IM.6); Luigi Firpo (1950) ne identifica un altro sullo stesso argomento nella Biblioteca apostolica Vaticana, Barb. lat., 296. Forse, il ms. segnalato da Firpo è lo stesso visto da Pedro de Alva y Astorga nella biblioteca di Francesco Barberini, di cui parla nel suo Sol veritatis […] pro candida aurora Maria in suo conceptionis ortu sancta pura immaculata et a peccato originali praeservata, Madrid 1660, pp. 91-94. Una descrizione del già citato memoriale antimmacolista di Riccardi, in cui si conserva il memoriale di Riccardi, è fornita da Germana Ernst (1989). Nell’Archivio della congregazione per la Dottrina della fede si conservano numerose censure di Riccardi: si vedano nell’Archivio dell’Inquisizione le Censurae Librorum 1607-27 e 1626-40.

Opere a stampa. La prima traccia letteraria lasciata da Riccardi è un sonetto di dedica posto in apertura ad A. Fernandez, Historia eclesiastica de nuestros tiempos…, Toledo 1611, cc. n.n. Sempre in Spagna Riccardi pubblicò un sermone in onore di Teresa d’Avila nei Sermones predicados en la beatificación de B.M. Teresa de Iesús Virgen fundadora de la Reforma de los Descalcos de n. Señora del Carmen, Madrid 1615. È attribuita concordemente a lui la poesia in spagnolo anonima che si trova nelle Felicissime nozze de gl’ill.mi et ecc.mi signori D. Nicolò Ludovisi e D. Isabella Gesualda principi di Venosa, Roma 1622. La sua opera più importante resta però La prima [e seconda] parte dei ragionamenti sopra le letanie di Nostra Signora del Padre Maestro Fra Nicolò Riccardi dell’ordine de’ predicatori, e reggente della Minerva in Roma, Genova 1626, descritta in G. Ruffini, Sotto il segno del Pavone. Annali di Giuseppe Pavoni e dei suoi eredi. 1598-1642, Milano 1994, pp. 318-321; del primo volume di quest’opera fu fatta nello stesso anno un’altra edizione a Venezia «appresso Christophoro Tomasini» in un formato ridotto (in ottavo e a due colonne); in seguito uscì una traduzione latina con il titolo Discursus theologici super litanias beatae Mariae Virginis doctissimi iuxta et exquisitissimi prius italice per A.R.P. Nicolaum Riccardi ord. praed. nunc vero Latine per R.P. Petrum de Molle ord. carmelitarum theologum in lucem editi, Antverpiae 1653, probabilmente tratta dall’edizione veneziana (anch’essa è stampata su due colonne e contiene solo il primo volume dei Ragionamenti genovesi); una traduzione parziale in italiano in Testi mariani del secondo millennio, V, Autori moderni dell’Occidente (secc. XVI-XVII), a cura di S. De Fiores - L. Gambero, Roma 2003, pp. 595-599. Per la storia del Concilio di Trento si veda l’Historia Concilii Tridentini emaculatae synopsis, Roma 1637; la citata orazione in onore di Lomellini si trova in Il Prencipe Iacopo Lomellino, Genova 1626, pp. 19-37 (descrizione in G. Ruffini, Sotto il segno del Pavone, cit., pp. 317 s.); si segnalano, infine, due brevi prediche, Per la catedra di San Pietro che venne nel giorno del Centurione e Nella quale si spiega quanto furono grandi i dolori della Vergine al piede della Croce, in Assunti predicabili del M.R.P.M. fra Tomaso Caraffa dominicano con due Prediche del R.P.F. Nicolò Riccardi dell’ordine de’ Predicatori, già Maestro di Sacro Palazzo, e detto il Mostro…, Venezia 1643, pp. 238-556.

Fonti e Bibl.: L. Allacci, Apes urbanae sive de viris illustribus qui ab anno MDCXXX per totum MDCXXXII Romae adfuerunt, ac typis aliquid evulgarunt, Romae 1633, pp. 199-202; Ianii Nicii Erythraei Pinacotheca imaginum illustrium doctrinae vel ingenii laude virorum…, Coloniae Agrippinae 1643, pp. 43-45; Ianii Nici Erythraei Eudemiae libri decem, Coloniae Ubiorum 1645, pp. 238 s. (Riccardi è rappresentato sotto lo pseudonimo di Teras); V.M. Fontana, Sacrum theatrum dominicanum, Romae 1646, p. 453; R. Soprani, Li scrittori della Liguria…, Genova 1647, p. 218; I. Marracci, Bibliothecae marianae…, II, Romae 1648, pp. 177-179; V.M. Fontana, Syllabus Magistrorum Sacri Palatii apostolici, Romae 1663, pp. 160-162; A. Oldoini, Athenaeum Ligusticum…, Perusiae 1680, pp. 431 s.; J. Quetif - J. Echard, Scriptores ordinis Praedicatorum recensiti..., II, Lutetiae Parisiorum 1721, pp. 503 s.; G. Catalano, De Magistro Sacri Palatii Apostolici libri duo…, Romae 1751, pp. 158-160; I. Döllinger - F.H. Reusch, Geschichte der Moralstreitigkeit in der römischkatholischen Kirche seit dem 16. Jahrhundert, Nördlingen 1889, I, pp. 582-584; II, pp. 302-304; S. Bäumer, Geschichte des Breviers…, Freiburg 1895, p. 504; Hierarchia ordinis praedicatorum, Romae 1916, p. 56; A. Kleinhaus, De collaboratoris franciscanis in Biblis arabicis a. 1671 editis, in Antonianum, IV (1929), pp. 382, 385; A. Pérez Gojena, Teólogos no españoles formados en España. Profesores de la Minerva, in Mélanges Mandonnet. Etudes d’histoire littéraire et doctrinale du Moyen Age, I, Paris 1930, pp. 450-459; L. Firpo, Appunti campanelliani. XVI: Il “De conceptione Virginis” ritrovato, in Giornale critico della filosofia italiana, XIX (1950), pp. 69 s.; S.L. Forte, I domenicani nel carteggio del card. Scipione Borghese protettore dell’ordine (1606-1633), in Archivum fratrum praedicatorum, XXX (1960), p. 398; A. Eszer, N. R., O.P. - “padre Mostro” (1585-1639), in Angelicum, LX (1983), pp. 428-461; I. Colosio, R., N., in Dictionnaire de spiritualité, XIII, Paris 1987, coll. 540-542; G. Ernst, Cristianesimo e religione naturale. Le censure all’“Atheismus triumphatus” di Tommaso Campanella, in Nouvelles de la République des Lettres, I (1989), pp. 137-200; C. Bitossi, Il governo dei Magnifici. Patriziato e politica a Genova fra Cinque e Seicento, Genova 1990, p. 238 n. 57; V. Malvezzi, Lettere a Fabio Chigi, a cura di M.C. Crisafulli, Fasano 1990, p. 86; E. Bellini, Umanisti e Lincei. Letteratura e scienza a Roma nell’età di Galileo, Padova 1997, pp. 173 s.; G. Caravale, L’orazione proibita. Censura ecclesiastica e letteratura devozionale nella prima età moderna, Firenze 2003, pp. 216-226; K. Schoppe, Autobiographische Texte und Briefe, München 2004-2012, ad ind.; I. Herklotz, The Academia Basiliana. Greek philology, ecclesiastical history and the union of the Churches in Barberini Rome, in I Barberini e la cultura europea del Seicento, Roma 2007, pp. 147-154; M. Miele, Tommaso Campanella e le censure al padre Mostro, in Laboratorio Campanella. Biografia, contesti, iniziative in corso, Roma 2007, pp. 197-211; C. Carminati, Giovan Battista Marino tra Inquisizione e censura, Padova 2008, pp. 170 s., 249 s., 255-264, 278 s.; G. Ernst, Tommaso Campanella fra censura e autocensura. Il caso dell’Atheismus triumphatus, in Praedicatores, inquisitores, III, I domenicani e l’inquisizione romana, a cura di C. Longo, Roma 2008, pp. 499-525; I documenti vaticani del processo di Galileo Galilei (1611-1741), a cura di S. Pagano, Città del Vaticano 2009, ad ind.; T. Campanella, Lettere, a cura di G. Ernst, Firenze 2010, ad ind.; J. Zunckel, Tra Bodin e la Madonna: la valenza della corte di Roma nel sistema politico genovese. Riflessioni sull’anello mancante, in Libertà e dominio. Il sistema politico genovese: le relazioni esterne e il controllo del territorio, a cura di C. Taviani - M. Schnettger, Roma 2011, pp. 145-191; T.F. Mayer, The Roman Inquisition. Trying Galileo, Philadelphia 2015, pp. 121-124, 284-286.

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