RUFFO, Niccolò

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 89 (2017)

RUFFO, Niccolò

Antonio Macchione

– Figlio di Antonello e di Giovanna Buondelmonti, nacque nel 1359. Fu sesto conte di Catanzaro e marchese di Crotone.

Nulla si sa della sua giovinezza. Subentrato al padre alla guida della contea, fronteggiò un lungo periodo di incertezza politica segnato dalle lotte dinastiche angioine e dal grande scisma. Inizialmente schierato con il partito durazzesco (Napoli, Biblioteca nazionale, Ms. Borrelli. Apparatus historicus, III, cc. 742 s.), ricevette dalla regina Margherita, il 9 settembre 1384, la nomina di viceré della Calabria (Archivio di Stato di Napoli, De Lellis, Notamenta, vol. 7, c. 139) con il compito di pacificare la regione in cui i baroni sostenevano le sorti del partito provenzale, guidato (dopo la morte di Luigi d’Angiò) da Maria di Blois e Luigi II. Ma quando il 15 gennaio 1385 Urbano VI scomunicò Carlo di Durazzo e la moglie, egli aderì al partito pontificio. E dopo che i provenzali conquistarono Napoli (1387), costringendo i durazzeschi a rifugiarsi a Gaeta (da dove affidarono al duca di Venosa, Venceslao Sanseverino, la riconquista della Calabria), Urbano VI nominò Ruffo (1° maggio 1388) giustiziere del Ducato di Calabria e vicario pontificio in temporalibus, confermando la precedente nomina della regina Margherita.

Dopo la morte del pontefice (1389) e la successiva incoronazione di Ladislao a Gaeta, Ruffo si riavvicinò ai durazzeschi ricevendo la nomina di viceré e il titolo di marchese di Crotone (18 ottobre 1390) con il conseguente indulto per i reati commessi (10 novembre 1390; Napoli, Biblioteca della Società napoletana di storia patria, Mss., XXV-A-15, c. 501).

A investire il nuovo marchese di Crotone furono delegati da Ladislao Enrico Sanseverino di Mileto, Carlo Ruffo di Montalto e Giordano de Arenis, che oltre ai consueti privilegi gli infeudarono anche le terre di Satriano, il castrum di S. Niceto e Oliveto appartenuti a Giovanna Ruffo di Sinopoli, notoria ribelle.

Poco dopo, mutando nuovamente casacca, abbandonò i durazzeschi schierandosi con le forze angioine e sconfiggendo in Terra d’Otranto l’esercito di Ladislao (24 aprile 1392). L’agosto seguente, con altri baroni calabresi, perfezionò un accordo con gli Aragonesi di Sicilia impegnandosi a non aiutare i ribelli dell’isola e a non assistere il siciliano Artale Alagona, che cercava alleanze in Calabria in cambio della libertà di commercio e della protezione a persone e merci nei porti siciliani.

Le relazioni col partito aragonese furono intensificate l’anno successivo (agosto 1393), quando Martino I chiese a Ruffo di favorire l’azione diplomatica di Antonio de Sanctopaulo e Pietro Serra arcivescovo di Monreale inviati in Calabria per stringere alleanze. In cambio l’aragonese accordò protezione mercantile a tutte le imbarcazioni dirette negli scali calabresi controllati da Ruffo e in quello napoletano (Archivio di Stato di Palermo, Canc. 7 c. 260r, 18 c. 138r, 19 c. 143r-v, 22 cc. 66v-67r).

Con la Calabria in gran parte controllata dagli angioini Ruffo non volle recarsi a Napoli per giurare fedeltà al sovrano; del resto, più che difendere un papa o giurare fedeltà a un re egli cercò sempre, con ogni mezzo, di tutelare la propria signoria.

Sconfitto Luigi II in Puglia e pacificata la Calabria con la dedizione di buona parte del baronato (2 luglio 1399), Ladislao ottenne il giuramento di fedeltà di Ruffo cui confermò le concessioni di Luigi II (giugno 1400). Il pentimento gli valse anche la concessione del titolo vicereale (Napoli, Biblioteca della Società napoletana di storia patria, Mss., XXV-A-15, c. 501t). La riconciliazione definitiva si ebbe però solo il 30 luglio 1401, come lascia intendere il diploma di fondazione del «coenobium dicti ordinis sub vocabulo et invocatione S. Dominici» a Catanzaro (Regesto Vaticano per la Calabria, 1975).

Spregiudicatezza e ambizione indussero Ruffo a mantenere segrete relazioni con Luigi II, innescando così un nuovo scontro con Ladislao. Gli eventi precipitarono nel 1404 dopo l’ennesimo tradimento: occupata Reggio, egli si schierò nuovamente al fianco del provenzale. Ladislao scese allora in Calabria assediando Crotone, ottenendo la resa di S. Severina e la dedizione di Catanzaro. Mentre attendeva l’arrivo delle navi francesi per presidiare i porti di Reggio e Crotone, l’avanzata durazzesca ridusse all’obbedienza le ‘sue’ terre, ed egli rifiutò – riparando in Provenza – l’offerta di una vantaggiosa pace prospettatagli, forse per garantire gli equilibri politici della regione, da Ladislao.

Dopo la sua partenza furono ridotte all’ubbidienza Crotone, Seminara e Reggio e i beni del conte e dei ribelli furono distribuiti ai seguaci del sovrano, tra i quali il conte di Sinopoli (Archivio di Stato di Napoli, Ruffo di Scilla II, cc. 36r-37v).

E mentre in Calabria lo ‘stato’ di Ruffo fu smembrato, Luigi II si affrettò a concedergli il 13 marzo 1405 la giurisdizione di Berre, il castello di Lançon, quello di Rognac e l’Isle-du-Martigue, e il castello di Berbentana, in Provenza (Mugnos, 1880, pp. 121-135). Niccolò non abbandonò tuttavia la speranza di poter riconquistare le terre catacensi e, dopo qualche mese, raggiunse re Martino in Sicilia da dove riaccese la ribellione, prontamente repressa dalle truppe durazzesche che distrussero anche la flotta inviata in soccorso a Maria d’Enghien. Nuovamente sconfitto, tornò in Provenza dove ricevette la conferma delle donazioni del 1405 e la concessione del mero e misto imperio sul castello di Junqueriis il 20 luglio 1408 (p. 138), non prima forse di una temporanea riconciliazione con Ladislao tra l’aprile e il novembre del 1407, come dimostrerebbe la donazione dei feudi di Roccella e di Castelvetere a Giovanni Azzarito (Archivio di Stato di Napoli, Sicola, 8, c. 111). In Provenza sposò nel 1414 Margherita di Poitiers figlia del signore di Saint-Vallier, consolidando i suoi interessi economici nella regione.

Qualche anno più tardi (1418-19) tornò in Calabria riottenendo i suoi feudi, tra cui Catanzaro. Ma imbracciò ancora una volta le armi al fianco di Luigi III d’Angiò, per sostenere il quale vendette Berre e strinse alleanza con molti baroni calabresi ribelli alla regina Giovanna II. Partecipò poi allo scontro tra Luigi III d’Angiò e Alfonso V d’Aragona (1421-23) espellendo dai suoi antichi feudi gli usurpatori e sostenendo l’azione di Francesco Sforza, che coordinava la resistenza calabrese contro Giovanni Ixar. Al termine del conflitto, causato dalla revoca dell’adozione da parte della regina Giovanna II (1° luglio 1423), era nuovamente il potente signore di Catanzaro e marchese di Crotone.

Ruffo dedicò gli ultimi anni della sua vita a riorganizzare i suoi possedimenti e a ricostruire una rete di alleanze con la corte napoletana e papa Martino V, il cui nipote Antonio Colonna fu dato in sposa a sua figlia Giovannella. Non intervenne negli intrighi di corte tra Sergianni Caracciolo e Martino V, ma quando nel 1431 il nuovo papa Eugenio IV spianò la strada ad Alfonso d’Aragona (che nel 1432 iniziò a trattare la nuova adozione con Giovanna II che lo designò erede al trono il 4 aprile di quell’anno), Ruffo parteggiò apertamente per costui. Nel giugno del 1433 la regina sovvertì ancora una volta le carte in tavola, e riconfermò l’adozione di Luigi III: protagonista di un ennesimo voltafaccia, Ruffo si schierò con l’angioino. Fu questa l’ultima vicenda che lo coinvolse prima del ritirò nella sua città, dove morì nel 1434 quasi contemporaneamente all’ultima dinastia della casata angioina.

Ossessionato dall’idea di mantenere il proprio potere signorile, Ruffo fu dunque una presenza costante nelle vicende storiche del regno meridionale fra Tre e Quattrocento e divenne un elemento di equilibrio del baronato calabrese bassomedievale.

Fonti e Bibl.: Archivio di Stato di Napoli, De Lellis, Notamenta, vol. 7, c. 139; Sicola, VII-VIII, cc. 14-15, 111; IX, c. 49; Ruffo di Scilla, Cartulario, 2, cc. 36r-37r; Chiarito, Diplomata, XLV, c. 29; Borrelli, 22, c. 95; Archivio di Stato di Palermo, Canc. 7 c. 260r, 18 c. 138r, 19 c. 143rv, 22 cc. 66v-67r, 40 c. 199; Napoli, Biblioteca nazionale, Ms. IX C 7, f. 513; Mss., Borrelli. Apparatus historicus, III, cc. 18, 452, 742-743, 750, 763; Biblioteca della Società napoletana di storia patria, Mss. XXV-A-15, cc. 501rv, 502; F. Ughelli, Italia sacra sive de episcopis Italiae et insularum adiacentium, IX, Venetiis 1721, col. 227; N. Barone, Notizie storiche tratte dai registri di Cancelleria di Carlo III di Durazzo, in Archivio storico per le province napoletane, XII (1887), pp. 5-30, 185-208; Id., Notizie raccolte dai registri di cancelleria del re Ladislao di Durazzo, ibid., pp. 493-512, 725-739, XIII (1888), pp. 5-35; Diurnali detti del Duca di Monteleone, a cura di N.F. Faraglia, Napoli 1895, pp. 52, 61, 85, 129 s.; Fonti aragonesi, a cura degli archivisti napoletani, I, Napoli 1957, pp. 4, 18; P.F. Russo, Regesto Vaticano per la Calabria, II, Roma 1975, p. 106 n. 8846; Registro della Cancelleria di Luigi III per il Ducato di Calabria 1421-1434 Ms. 768 della Biblioteca di Aix in Provenza, a cura di I. Orefice, intr. di E. Pontieri, Roma 1978, pp. 22, 52, 77-79, 124, 126, 136, 157, 185, 196 s.

Istoria della Casa dei Ruffo, Napoli 1873; F. Mugnos, Histoire genealogique de la maison Ruffo, Marseille 1880, pp. 121-138; N.F. Faraglia, Storia della regina Giovanna II d’Angiò, Lanciano 1904, pp. 170, 323, 348, 401; A. Valente, Margherita di Durazzo vicaria di Carlo III e tutrice di re Ladislao (ricerche e note su documenti inediti), Napoli 1919, p. 21; A. Cutolo, Maria d’Enghien, Napoli 1928, p. 120; E. Pontieri, La Calabria a metà del secolo XV e le rivolte di Antonio Centelles, Napoli 1963, pp. 169-171, 183-185; F. Pacella, Un barone condottiero della Calabria dei secc. XIV-XV. Nicolò Ruffo, marchese di Crotone, conte di Catanzaro, in Archivio storico per le province napoletane, LXXXII (1964), pp. 45-95; A. Cutolo, Re Ladislao d’Angiò-Durazzo, Milano 1969, pp. 115-132, 200; G. Galasso, Il Regno di Napoli. Il Mezzogiorno angioino e aragonese (1266-1494), Torino 1992, pp. 255 s., 260 s., 301; G. Vitolo, Il Regno angioino, in Storia del Mezzogiorno, III, Il Regno dagli Angioini ai Borboni, a cura di G. Galasso - R. Romeo, III, Roma 1994, pp. 59, 71; G. Caridi, La spada, la seta, la croce. I Ruffo di Calabria dal XIII al XIX secolo, Torino 1995, pp. 19-21, 25-27, 32, 39, 41, 44, 49, 240, 242; S. Fodale, La Calabria Angioino-aragonese, in Storia della Calabria medievale. I quadri generali, a cura di A. Placanica, II, 1, Roma-Reggio Calabria 2005, pp. 227-239, 243; F.P. Tocco, Tra memoria e identità, la parabola insediativa di una famiglia fiorentina nella Sicilia tardomedievale: i Buondelmonti di Sciacca, Messina 2006, pp. 31-35, 58; S. Pollastri, Le Lignage et le fief. L’affirmation du milieu comtal et la construction des états féodaux sous les Angevins de Naples (1265-1435), Paris 2011, pp. 214, 304; P. Dalena, Calabria medievale. Ambiente e istituzioni (secoli XI-XV), Bari 2015, pp. 244 s., 266.

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