NICEFORO FOCA

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 78 (2013)

NICEFORO FOCA

Giorgio Ravegnani

(detto il Vecchio). – Nonno dell’imperatore Niceforo II, nacque intorno all’855 da Foca, primo esponente conosciuto di una famiglia dell’aristocrazia militare bizantina originaria della Cappadocia.

La genealogia di questa famiglia è fatta risalire dallo storico bizantino Michele Attaliate all’epoca romana, e precisamente alla gens Fabia, alcuni membri della quale avrebbero seguito l’imperatore Costantino I nella fondazione della nuova capitale sul Bosforo, ma si tratta di una verosimile falsificazione fatta a posteriori per nobilitare le origini di Niceforo II. Uno storico arabo con altrettanto scarsa attendibilità fa risalire la discendenza da un conterraneo di Tarso, ma più probabilmente la famiglia proveniva almeno in parte dall’Iberia (Georgia). Del padre si sa che fu un soldato di carriera, nominato spatario imperiale e turmarca dall’imperatore Basilio I (867-86) nell’872 e in seguito divenuto probabilmente protospatario e stratego di Cherson, drungario dell’Egeo e infine stratego di Anatolia.

Seguì come il padre la carriera militare e nell’872-73 ottenne da Basilio I l’ufficio di manglavita, ossia di membro di uno speciale reparto della guardia imperiale armato di mazza (maglavion) nonché di spada e di ascia a doppio taglio. Nell’872 sembra aver preso parte alla fortunata campagna condotta in Oriente contro i pauliciani, setta ereticale giunta a grande potenza in Asia Minore che si opponeva a Bisanzio alleandosi con gli arabi. Il cognato di Basilio I, Cristoforo, comandante in capo dell’esercito imperiale, ne distrusse la roccaforte di Tefrice e in una sanguinosa battaglia, in cui perse la vita anche il loro capo, ottenne una vittoria completa contro queste forze ribelli. Nell’873 accompagnò l’imperatore nella spedizione contro gli arabi nella regione dell’Eufrate, seguita dalla riconquista di Zapetra e Samosata. Facendosi notare per le sue capacità militari, entrò quindi a far parte del seguito del sovrano e da lui ottenne il rango di protostrator, ossia di comandante delle scuderie imperiali, e un palazzo a Costantinopoli ubicato in prossimità della chiesa di S. Tecla.

In seguito, prima dell’885, divenne stratego del tema di Charsianon, importante distretto militare dell’Oriente bizantino e, verso la metà dell’855, venne inviato in Italia meridionale come comandante supremo delle forze ivi dislocate.

All’epoca l’impero di Bisanzio stava notevolmente consolidando le posizioni nel sud della penisola riuscendo a estendere il controllo sul principato di Benevento, che nell’875 divenne protettorato imperiale, e a conquistare Bari nell’876. Nel decennio successivo era attivamente impegnato a contrastare i Saraceni in Calabria e, qualche tempo prima, era arrivato dall’Oriente un esercito al comando dello stratego Stefano Massenzio che comprendeva contingenti di diversi temi. Stefano Massenzio assediò senza risultato Amantea, poi si fece sconfiggere con ignominia sotto le mura di S. Severina, per cui venne richiamato a Costantinopoli e sostituito con Niceforo Foca.

Il nuovo generale giunse in Italia con altri rinforzi prelevati dalle truppe regolari dell’Oriente e ausiliari, fra cui i pauliciani dell’Asia Minore da poco sconfitti al comando di Diaconitze, già luogotenente del capo della setta caduto nella battaglia dell’872. Niceforo Foca, a quanto pare, mise in atto un efficace piano di guerra consistente nella divisione delle truppe in due o tre corpi principali e, mentre di persona assediava S. Severina, inviò un distaccamento a bloccare Amantea. Le due principali roccaforti della costa occidentale calabrese, Amantea e Tropea, furono subito prese e Santa Severina cadde a sua volta impedendo così agli arabi di disporre di una fortezza in cui attestarsi. Il vincitore stabilì presidi imperiali nei territori conquistati e proseguì con successo la campagna nella valle del Crati contro i Longobardi soggetti ai principi di Salerno e di Benevento che sfuggivano al controllo di Bisanzio. I limiti territoriali della conquista non sono definiti con esattezza nelle fonti, ma è verosimile che i bizantini abbiano occupato tutta la regione che si estende dalla valle del Crati ai dintorni di Taranto e la Lucania orientale, con le vallate del Sinni e del Bradano, mentre riesce più arduo definire dove essi siano arrivati a nord e a ovest di Bari.

L’accorta politica e la condotta irreprensibile del generale imperiale in Italia gli valsero la riconoscenza delle popolazioni locali, da lui liberate dal dominio degli arabi, al punto che queste edificarono una chiesa dedicata a S. Foca a ricordo delle sue benemerenze. Significativo, a questo proposito, è quanto si racconta in relazione a un suo intervento per fare rimettere in libertà gli abitanti che gli ufficiali e i soldati imperiali avevano illegalmente preso al loro servizio e, ancora, la cura con la quale al momento in cui l’esercito si imbarcò a Brindisi vigilò che non venissero commessi altri abusi.

Verso l’886 il nuovo imperatore Leone VI (886-912), subentrato al padre Basilio I, richiamò Niceforo Foca a Costantinopoli e gli conferì il titolo di patrizio assieme al comando militare di domestikos delle scholai, ossia di comandante supremo dell’esercito, divenuto vacante a seguito della morte di Andrea lo Stratelate, detto lo Scita, che lo aveva occupato fino a quel momento. Lo inviò quindi a combattere gli Arabi in Asia Minore dove trascorse alcuni anni. Nell’894, a seguito di contrasti commerciali, Bisanzio si trovò ad affrontare una pericolosa guerra con Simeone sovrano di Bulgaria (893-927), che irruppe in territorio imperiale sconfiggendo l’esercito di Costantinopoli. Al momento Niceforo Foca si trovava ancora impegnato nella campagna in Oriente ma, a seguito della conclusione di una tregua con gli arabi nell’895, assunse il comando delle truppe che operavano sul fronte occidentale e attaccò da sud la Bulgaria con un’operazione congiunta assieme al drungario Eustazio, che operava con la flotta al suo comando alla foce del Danubio, mentre gli ungari (a quel tempo stanziati nel territorio fra il Dnepr e il Danubio) assalirono a loro volta i bulgari a seguito delle trattative diplomatiche intercorse con Bisanzio. L’armata di Niceforo Foca in questa occasione non sembra aver affrontato sul campo il nemico, ma la pressione congiunta delle forze avversarie costrinse comunque Simeone di Bulgaria a concludere una tregua. Le ostilità ripresero nell’896: a questa data, però, Niceforo Foca aveva ceduto il suo posto di domestikos delle scholai a Leone Katakalon Abidelas, che si fece sanguinosamente sconfiggere a Bulgarophigon nel corso dello stesso anno costringendo Leone VI a concludere una pace onerosa che comportava il versamento di un tributo annuo al regno bulgaro.

Non conosciamo il nome della moglie di Niceforo Foca né la famiglia alla quale apparteneva, ma è probabile che presto sia rimasto vedovo, a giudicare dal fatto che nell’opera di Giovanni Scilitze si legge di un suo rifiuto di sposare la figlia di Stiliano Zautse come causa del rancore di quest’ultimo nei suoi confronti. Dalla moglie ebbe due figli: Leone e Barda. Il primo, nato verso l’875-76, divenne a sua volta domestikos delle scholai, carica dalla quale fu deposto nel 919, e cercò di farsi proclamare coimperatore durante la minore età di Costantino VII Porfirogenito (913-959) e, quando Romano I Lecapeno (920-944) usurpò il trono, si ribellò finendo però per avere la peggio. Barda, nato forse nell’879, esercitò a sua volta il mestiere delle armi con alterne fortune e fu il padre dell’imperatore Niceforo II Foca.

La storiografia bizantina diverge sulla data della morte di Niceforo Foca, che secondo una versione sarebbe avvenuta subito dopo la spedizione in Bulgaria, quindi fra 895 e 896. Al contrario, nella ricostruzione degli eventi fatta da Giovanni Scilitze, si fa riferimento a un’ulteriore attività pubblica di Niceforo Foca dopo questo avvenimento: a seguito della sostituzione nella carica di domestikos delle scholai (a causa dell’avversione nei suoi confronti di Stiliano Zautse, favorito di Leone VI) sarebbe infatti divenuto stratego del tema di Trakesion morendo intorno al 900 mentre combatteva contro gli arabi.

Secondo le fonti bizantine,fu un uomo valoroso e coraggioso e le sue non comuni capacità militari trovano una significativa attestazione nei due principali trattati militari dell’epoca: i Taktikà di Leone VI e il Trattato sulla guerriglia (de velitatione ) di Niceforo II Foca. Nel primo, in relazione al precetto generale sull’importanza di usare moderazione e promesse nei confronti degli assediati, si legge che tale appunto era stato il suo comportamento quando Basilio I lo aveva inviato a sottomettere i Longobardi, con esplicito riferimento quindi alla campagna in Calabria dell’885. Vengono quindi ricordati in altri passi un nuovo sistema da lui ideato per la difesa dell’accampamento nel corso della campagna in Bulgaria, l’opportunità di ritirarsi dal paese nemico prendendo le necessarie precauzioni, come Niceforo aveva fatto durante una spedizione contro gli Arabi, e infine la tecnica di risposta a un attacco al territorio imperiale, consistente nel fare un’incursione in quello nemico e rientrare per un itinerario diverso evitando così di incontrarlo. Quest’ultimo avvenimento, di cronologia incerta, messo in pratica al momento dell’attacco in Cappadocia di un non identificabile emiro Abulfer e seguito da una risposta di Niceforo in Cilicia, è poi ripreso e descritto poi con maggiore ampiezza di particolari nel Trattato sulla guerriglia.

Fonti e Bibl.: Theophanes Continuatus, Ioannes Cameniata, Symeon Magister, Georgius Monachus, a cura di I. Bekker, Bonn 1838 («Corpus Scriptorum Historiae Byzantinae», 45), pp. 312, 358-360; Michaelis Attaliotae Historia, a cura di I. Bekker, Bonnae 1853 («Corpus Scriptorum Historiae Byzantinae», 4), pp. 217 s.; M. Amari, Storia dei Musulmani di Sicilia, I, Firenze 1854, pp. 440 s.; G. Gay, L’Italia meridionale e l’impero bizantino. Dall’avvento di Basilio I alla resa di Bari ai Normanni (867-1071), trad. it., Firenze 1917, pp. 125-129, 132, 135, 160, 168 s., 171, 178; H. Grégoire, La carrière du premier Nicéphopre Phocas, in Prosforaè eiv Stiélpwna P. Kuriakiédhn (Omaggio a Stilpon P. Kuriakídes), Thessalonike 1953A, pp. 232-254; Id., Du nouveau sur Nicéphore Phocas, aïeul de l’empereur de ce nom, in Comptes-rendus des séances de l’Académie des Inscriptions et Belles-Lettres, XCIII (1953B), 1 pp. 11-18; Ioannis Scylitzae Synopsis Historiarum, a cura di I. Thurn, Berlin 1973 («Corpus Fontium Historiae Byzantinae», 5), pp. 160, 176-178, 262; I. Djurić, Porodika Foka (La famiglia Foca), in Zbornik RadovaVizantoloskog Instituta (Recueil des Travaux de l’Institut d’Études Byzantines), XVII (1976), pp. 228-237; V. von Falkenhausen, La dominazione bizantina nell’Italia meridionale dal IX all’XI secolo, trad. it., Bari 1978, p. 77; V. von Falkenhausen, I Bizantini in Italia, in I Bizantini in Italia, Milano 1982, p. 52; Le traité sur la guérilla (De velitatione) de l’empereur Nicéphore Phocas (963-969), a cura di G. Dagron - H. Mihăescu, Paris 1986, p. 113; J.-C. Cheynet, Nicéphore Phocas l’Ancien, ibid., pp. 165-169, 291-296; G. Ravegnani, I Bizantini in Italia, Bologna 2004, p. 157 s., 160, 210; Symeonis magistri et logothetae Chronicon, a cura di S. Wahlgren, Berlin 2006 («Corpus Fontium Historiae Byzantinae», 44,1), p. 276; The Taktika of Leo VI. Text, a cura di G. Dennis, Washington 2010, pp. 202, 366, 418 («Corpus Fontium Historiae Byzantinae», 49); Chronographiae quae Theophanis Continuati nomine fertur liber quo vita Basilii imperatoris amplectitur, a cura di I. Ševcenko, Berlin 2011(«Corpus Fontium Historiae Byzantinae», 42), pp. 244-246.

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