ZINGARELLI, Nicola

Enciclopedia Italiana (1937)

ZINGARELLI, Nicola

Andrea Della Corte

Musicista, nato a Napoli il 4 aprile 1752, morto a Torre del Greco il 5 maggio 1837. Nel conservatorio di Santa Maria di Loreto a Napoli studiò composizione con F. Fenaroli, dedicandosi specialmente alla scienza del contrappunto. Coltivò anche il violino e le lettere italiane e latine. Congedatosi dal conservatorio nel 1769, passò a studiare con Alessandro Speranza. Poverissimo, ebbe protettrici prima la duchessa di Castelpagano a Napoli, poi la contessa di Castiglione e la marchesa Cusani a Milano, dove s'era recato dopo la fredda accoglienza della sua opera Montezuma (1781) al San Carlo. Quest'opera, giudicata in Italia più dotta che ispirata, piacque in Germania e fu lodata da J. Haydn. Recatosi a Milano, compose parecchi melodrammi e opere comiche che ebbero buon successo. Fu chiamato nell'89 a Parigi, dove l'Antigono passò quasi inosservato. Ritornato a Milano, si dedicò alla musica da chiesa, nella quale, data la sua competenza contrappuntistica e il tradizionale favore della chiesa per lo stile polifonico, avrebbe potuto affermarsi. Concorse al posto di maestro nella cappella del duomo e lo vinse superando prove difficilissime. Non trascurò pertanto il teatro; alcune sue opere ebbero buon successo in Italia e fuori, specialmente Giulietta e Romeo (1796). Nominato maestro della Santa Casa di Loreto, vi rimase circa dieci anni, e in quel tempo attese all'antologia che s'intitola Annuale di Loreto (e comprende un gran numero di brevissime Messe) e a parecchie opere teatrali serie e buffe. Tralasciò queste, allorché succedette a Pietro Guglielmi nella direzione della cappella pontificia. Ai melodrammi precedentemente composti aggiunse La distinzione di Gerusalemme, che ebbe lunga fortuna, La riedificazione di Gerusalemme, il Baldovino e la Berenice, applauditi a Roma. Trovandosi colà e in quell'ufficio, gli toccava di comporre e dirigere un Te Deum per il re di Roma. Egli rifiutò, riconoscendo re di Roma soltanto il papa. Bonaparte lo invitò a Parigi, e, poiché egli tergiversava, lo costrinse a recarvisi, eliminando tutte le difficoltà da lui prospettate. Lo accolse bonariamente, gli fu largo di danaro e ottenne ch'egli scrivesse per la sua imperiale cappella una breve messa, della quale fu soddisfattissimo. Congedandolo, gli fornì una lettera per Gioacchino Murat, con la raccomandazione di assegnargli un alto posto nella vita musicale napoletana. E poiché non v'era alcun posto disponibile, fu creato per lui quello di direttore del Real Collegio di musica. In tale ufficio egli rimase fino alla restaurazione borbonica; allora il suo incarico fu ristretto alla direzione della sezione musicale. Fra i suoi allievi furono Saverio Mercadante, Carlo Conti, V. Bellini, Luigi e Federico Ricci, Lauro Rossi, Enrico Petrella. Attendendo con grande zelo e severità all'insegnamento, non trascurò la composizione da chiesa. Il suo Miserere a 4 voci del 1826 rimase per più decennî famoso.

Bibl.: F. Florimo, La scuola mus. di Napoli, II, Napoli 1880-84.

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