Malebranche, Nicolas de

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Filosofo (Parigi 1638 - ivi 1715). Seguace di R. Descartes, se ne discostò poi per alcuni aspetti. La sua tesi principale è che la mente umana, attraverso l'illuminazione, vede le idee (cioè le cose e i loro rapporti) direttamente in Dio (Recherche de la vérité , 1674). Dio è inoltre l'unica vera causa di tutti gli eventi: le cause naturali sarebbero semplici 'occasioni' del manifestarsi della volontà di Dio (occasionalismo).

Vita

Nel 1660 entrò nella congregrazione dell'Oratorio; nel 1664 fu ordinato prete e da allora si diede agli studi filosofici, Nel 1699 fu ammesso come membro onorario all'Académie des sciences. Nell'ultimo periodo della sua vita coltivò in modo particolare il calcolo infinitesimale e propose una teoria che spiegava la differenza dei colori in base alla frequenza delle vibrazioni.

Opere e pensiero

Nel 1674 pubblicò il primo volume della Recherche de la vérité e polemizzando poi con J.-B. Bossuet, con F. Fénelon, con A. Arnauld: Traité de la nature et de la grâce (1680); Méditations chrétiennes (1683); Traité de morale (1684); Entretiens sur la métaphysique et la religion (1688); Traité de l'amour de Dieu (1697; contro le dottrine quietistiche); Entretien d'un philosophe chrétien avec un philosophe chinois sur l'existence de Dieu (1708); Réflexions sur la prémotion physique (1715). Pur accettando la tesi cartesiana dell'assoluta distinzione tra le due sostanze (la res cogitans e la res extensa), M. si discosta dal cartesianesimo in alcuni punti essenziali. Rifiutando la concezione dell'idea come copia dell'oggetto esterno, M. elaborò una teoria gnoseologica di ascendenza agostiniana; la nostra conoscenza sarebbe in effetti non una replica della realtà esterna, ma una visione delle idee in Dio, una visione cioè degli archetipi di cui la mente divina si è servita nella creazione dell'universo. M. veniva così a contrapporsi nel modo più netto alle tesi cartesiane sull'origine delle idee, scartando la soluzione innatista. Sottolineava nel contempo ancor più vigorosamente il ruolo conoscitivo dell'idea stessa nei confronti della sensazione, approssimativa e confusa come veicolo di conoscenza (per l'applicazione alla distinzione tra qualità primarie e secondarie), cercando inoltre di risolvere gli spinosi problemi connessi al particolare tipo di platonismo da lui sostenuto (cfr. le discussioni sulle idee d'oggetti particolari e sulle idee generali, come quelle di cosa estesa in generale). Coerentemente alla sua teoria delle idee, M. modificò poi la prova cartesiana dell'esistenza di Dio, basandola sull'idea di infinito (e sulla distinzione tra pensiero e rappresentazione). Criticò quindi le argomentazioni cartesiane per l'esistenza d'un mondo sensibile, assolutamente non dimostrabile, né concepibile come necessaria emanazione della divinità. Di qui l'impossibilità di servirsi secondo i canoni tradizionali del concetto di causa e il grave problema di una spiegazione dei rapporti mente-corpo e delle loro apparenti interazioni, oltreché dei rapporti tra corpi. M. ricorre qui alla teoria occasionalista, affermando che essendo ogni cosa creata da Dio, che continuamente provvede a mantenerla in esistenza, l'unica causa autentica è da considerarsi appunto la divinità. Le leggi generali del moto che da essa promanano rendono peraltro possibile parlare di cause particolari, mere occasioni dunque del manifestarsi della volontà divina. La stessa spiegazione vale per il parallelismo (parallelismo e non connessione causale) tra fatti mentali ed eventi corporei (per es. fatti cerebrali). M. cercava così di eliminare alcune delle fondamentali difficoltà di quel pensiero cartesiano, che nell'originalità delle sue formulazioni (polemica antiscolastica, psicofisiologia, meccanicistica, geometrizzazione della fisica, tesi della assoluta eterogeneità tra fisico e psichico) poteva fornire, col suo razionalismo, la base filosofica per una nuova forma di "filosofia cristiana", compatibile con le conoscenze scientifiche del proprio tempo. "Filosofia cristiana" in cui ritornano peraltro (in M.) i temi della fede e della grazia, necessaria all'esercizio d'una vera libertà, correttivo indispensabile alle debolezze della natura umana, intaccata e sminuita dal peccato.

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