NIKKŌ

Enciclopedia Italiana (1934)

NIKKŌ (A. T., 101-102)

Alfred SALMONY
Marcello Muccioli

Ō Nome di una cittadina della provincia di Tochigi, nel Giappone centrale. Le origini di Nikkō sono religiose e si ricollegano a un tempio che nel 766 il bonzo Shōdōshōnin (735-817) fece costruire sul luogo dell'attuale città, compreso in una regione chiamata, allora, Futa-ara-yama. Nell'820 Kōbō Daishi (v. kūkai) cambiava questo nome in quello attuale di Nikkō (luce del sole). Più tardi, i numerosi templi sorti accanto al primo ottennero da molti imperatori appezzamenti di terreno i quali, verso il 1220, comprendevano già 70 villaggi. Notevole splendore conseguì la città nel '600 con le ceneri di Ieyasu (1542-1616) e di Iemitsu (1603-1651), primo e terzo shōgun della famiglia Tokugawa, i cui mausolei sono veri gioielli d'arte. Nikkō è certo uno dei luoghi più interessanti dell'Oriente, famoso per la bellezza del paesaggio circostante e per la magnificenza dei suoi templi. Il famoso viale delle criptomerie, i laghi e le cascate, il rigoglio della vegetazione hanno destato l'ammirazione dei visitatori di tutte le epoche. Particolarmente decantate sono le cascate di Kirifuri e di Kegon, a 3 e a 11 km. dalla città, rispettivamente, e il lago Chūzenji, a 11 km. La sua popolazione, nel 1925, era di 17.378 ab.

Monumenti. - La fama di centro artistico della quale gode Nikkō è in parte immeritata. I suoi monumenti sono tutti sorti nell'epoca Tokugawa, ossia cominciano soltanto col sec. XVII. Lo "stile di Nikkō" consiste nella decorazione di tutte quante le parti degli edifici. Sennonché la mania decorativa dell'epoca non si contenta di lavorare a mo' di filigrana il bronzo e soprattutto il legno, ma vi aggiunge una colorazione straricca e una profusione di laccatura e doratura. A questa peculiarità tecnica è dovuta la cattiva conservazione della maggior parte dei monumenti, il cui aspetto attuale è in gran parte dovuto ai restauri. Benché pertanto il valore puramente artistico dei monumenti di Nikkō non sia grande, essi mostrano tuttavia nel modo più completo una delle caratteristiche dell'architettura giapponese: la fusione col paesaggio. Lo stesso "santo ponte rosso", ricostruito nel 1902 sul modello dell'originale del 1638, dà, con la sua stupenda sospensione, un esempio di magistrale adattamento alle condizioni naturali. I quattro pali sono coronati da capitelli cubici (un tipo che si riscontra anche a Kyōto), lavorati con una tecnica nella quale sopravvive, come pure nelle guarnizioni traforate e dorate, una tradizione determinata da esigenze pratiche. Notevoli altresì le lanterne bronzee del 1648 e la colonna, anche di bronzo, del 1644. Gl'incensieri, i vasi e le pagode mostrano piuttosto una degenerazione della tecnica. Tra gli edifici più importanti sono infine il portico dei tre Buddha con numerose sculture, la porta di città del 1618, la pagoda del 1659 e il portico di Yakushi. Il lavoro di scultura e pittura è dovuto ad allievi di Kano Tannya. Le migliori sculture in legno sono di Hidari Jingoro.

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