NILO

Enciclopedia Italiana (1934)

NILO (A. T., 105-106, 109-110-111 e 118-119)

Attilio MORI
Evaristo BRECCIA

Fiume dell'Africa, fra i maggiori della Terra per sviluppo di corso ed ampiezza di bacino e portata, ma il più celebre di tutti per la sua importanza storica e per i benefici che arreca alle popolazioni che vivono sulle sue rive.

Il Nilo è noto sino dai più remoti tempi della storia perché nella sua valle inferiore fiorì la più remota e celebrata civiltà del Mediterraneo e perché da esso e dalle sue periodiche inondazioni dipendeva la vita dell'Egitto, qualificato già da Erodoto come un dono del Nilo. La conoscenza del suo corso superiore rimase tuttavia per molti secoli un mistero e diede origine a svariate supposizioni. Nella carta di Tolomeo (secolo II era volgare) le sue origini sono poste nei Monti della Luna e sono segnati anche due grandi bacini lacustri dai quali il fiume veniva alimentato; ma nessun dato positivo né alcuna attendibile tradizione avvalorava questa ipotesi. I Romani, dopo che ebbero conquistato l'Egitto, si preoccuparono del problema e da Plinio e da Seneca apprendiamo come Nerone inviasse un'apposita spedizione per risolvere il problema delle fonti del Nilo; ma essa non poté risalirlo oltre l'espandimento lacustre detto Lago No che si forma alla confluenza del Baḥr al-Ghazāl. Questo rimase per secoli il punto più meridionale delle conoscenze acquisite sul corso del fiume. Durante il Medioevo fiorirono le concezioni più fantastiche sul corso del Nilo che venne persino confuso con quello del Niger e neppure i geografi arabi, ai quali tanto dovette la conoscenza dell'Africa interna, portarono luce su questo problema. A parte le notizie raccolte sull'altipiano etiopico dai missionarî e dai viaggiatori che vi furono nei secoli XVII e XVIII, sul Lago Tana e sul suo emissario, con la ricognizione del quale lo scozzese J. Bruce si vantò di avere scoperto le vere sorgenti del Nilo, dobbiamo arrivare al sec. XIX per vedere intrapresa una sistematica ricognizione nel corso principale del fiume. Questa può dirsi iniziata durante l'occupazione francese (1799) alla quale si deve, fra le tante opere compiute per l'illustrazione dell'Egitto, anche il regolare rilevamento del tratto del Nilo a valle di Assuan. Durante la spedizione militare condotta da Ismā‛īl pascià per l'occupazione della Nubia, della quale facevano parte anche studiosi e tecnici francesi, ne fu continuato il rilevamento sino alla confluenza del Nilo Azzurro, nel luogo cioè dove sorse la città di Khartum. Successivamente, concepito da Moḥammed ‛Ali il disegno di assoggettare tutto il Sudan orientale, si compì tra gli anni 1840 e 1841 il rilevamento del Nilo da Khartum sino alla latitudine di 4°54′, cioè dove otto anni dopo sorgerà la missione eattolica veronese di Gondokoro, divenuta per varî anni anche centro d'irradiazione dell'esplorazione geografica della regione. A questa concorsero missionarî, mercanti, viaggiatori, per la maggior parte italiani, fra i quali ricordiamo il Beltrame, il Kinzelbacher, il Vinco, A. De Bono e principalmente l'audace e sfortunato Giovanni Miani che nel 1860 riuscì a spingersi sino a 3°32′ lat. N., lasciando inciso il suo nome su quell'albero che per qualche tempo ancora segnò sulle carte l'estremo punto meridionale del corso del fiume raggiunto da Europei. Ma la gloria di avere risolto il secolare problema delle origini niliache era riserbata ai viaggiatori inglesi J. H. Speke, J. A. Grant e sir S. Baker con le loro memorabili scoperte dei grandi bacini equatoriali dai quali il Nilo si alimenta. Riconosciuto così che il Nilo defluisce dal Lago Vittoria e integrata la scoperta con le successive esplorazioni intese a chiarire le incertezze ancora sussistenti su alcuni tratti del suo corso, restava a stabilire quale fosse da ritenersi il principale affluente del Lago Vittoria meritevole perciò di essere considerato il vero "caput Nili" questione che fu risolta nel 1892 da O. Baumann con la ricognizione da lui compiuta del fiume Kagera.

Secondo dunque lo stato attuale delle cognizioni il tronco superiore del Nilo è rappresentato dal Kagera, il quale col suo principale affluente Nyavarongo ha origine a 2120 m. s. m. nel territorio dcl Ruanda Urundi e si sviluppa per 850 chilometri scaricandosi indi nel Lago Vittoria a circa 0° 50′ di latitudine sud.

L'emissario del Vittoria Nyanza, che si può considerare il primo ramo del vero Nilo, assume il nome di Nilo Vittoria ed esce da un'insenatura della costa settentrionale del lago, detta Golfo di Napoleone, a 210 km. a nord-est dello sbocco del Kagera, formando un salto (cascate del Ripon) e dirige quindi il suo corso verso nord per entrare in un vasto e frastagliato espandimento paludoso-lacustre che dal suo primo esploratore, il col. Chaillé Long, ebbe il nome di Lago Ibraim, conosciuto poi più comunemente con quello di Lago Kioga, la cui altitudine è di 1012 m. Formando poi un'ampia curva del raggio medio di circa 50 km., segue un corso veloce spesso interrotto da salti e da rapide; tra esse le più importanti sono quelle dette di Murchison a 40 km. dallo sbocco nel Lago Alberto. Lo sviluppo del Nilo Vittoria dalle cadute del Ripon sino al detto sbocco, compresa la traversata del Lago Kioga, è di 389 km. L'altitudine del Lago Alberto è di 620 m., e il dislivello superato dal Nilo Vittoria è complessivamente di 514 m. Per quello che si riferisce al Lago Alberto ai corsi d'acqua che lo alimentano, vedi alberto nyanza; qui seguiremo il Nilo dal suo defluire dal lago. Il Nilo riesce dal Lago Alberto a meno di 10 km. dal punto in cui vi immette e assumendo il nome di Baḥr al-Giabal (il fiume della montagna) si apre un passaggio attraverso gole anguste, interrotte da rapide, fra massi granitici, per raggiungere dopo circa 200 km. la confluenza dell'Assua presso Nímule (615 m. s. m.) e quindi dopo altri 125 km. perviene a Fort Berkeley dove l'altitudine discende a 465 m. s. m. Da questo punto il Nilo toccando Rejaf, Gondokoro e Ladō diventa un fiume di pianura scorrente pigramente con direzione costante verso nord attraverso zone palustri stendentisi per 766 km., coperte di folta vegetazione acquatica, dette sudd, che assorbono una grande quantità dell'acqua convogliata dal Nilo. A circa 330 km. da Fort Berkeley si distacca dal corso principale del Nilo un ramo secondario, detto Baḥr az-Zarāf (fiume delle giraffe), che dopo 380 km. di sviluppo gli si ricongiunge. A 70 km. prima della ricongiunzione e a 260 km. dopo il distacco del Baḥr az-Zarāf il Nilo forma un gomito pronunziato, cambiando direzione e volgendosi direttamente verso est. Nel detto gomito, corrispondente all'antico Lago No, si unisce al Nilo il Baḥr al-Ghazāl, il suo maggiore, anzi si può dire il solo suo affluente di sinistra. Il Baḥr al-Ghazāl (fiume delle gazzelle) risulta formato dall'unione dei numerosi corsi d'acqua (dei quali i principali sono l'Ibba, il Wau, il Jur e il Baḥr al-‛Arab) scendenti a ventaglio su una fronte di 700 km. dalle alture che formano il displuvio tra il bacino del Nilo e quello del Congo. Da questa confluenza il Nilo piega, come s'è detto, verso est per un tratto di circa 150 km. sin oltre il 31°30′ meridiano dove riceve da destra il Sobat, fiume cospicuo che con i suoi numerosi affluenti (fra i quali principalmente il Baro e l'Akobo) scende dai fianchi meridionali dell'altipiano etiopico. Il Sobat, risalito per la prima volta dal De Bono, è navigabile insieme col suo affluente Baro per alcuni mesi dell'anno durante i quali può essere risalito sino alla stazione britannica di Gambela a 100 km. entro il territorio abissino. Dopo la sua confluenza col Sobat il Nilo, che ha preso il nome di Baḥr al-Abyaḍ (il fiume bianco), riprende la sua direzione verso nord e dopo 750 km. di sviluppo si ricongiunge a Khartum al Nilo Azzurro (Baḥr al-Azraq), detto così dalle torbide brune che la corrente in piena convoglia. Solo dalla riunione di questi due rami principali il Nilo assume, anche nell'uso locale, il suo classico nome. Il Baḥr al-Azraq defluisce col nome di Abai dal Lago Tana nel cuore dell'Etiopia. L'importanza notevole che esso presenta dal punto di vista idrologico e nel determinare le celebri e benefiche piene, fece sì che potesse venire anche considerato come il ramo principale del Nilo. Oltre Khartum il Nilo si apre la sua valle tra le formazioni granitiche e arenacee del deserto nubiano superando la prima cateratta (la 6ª nell'ordine di numerazione abituale risalendo il fiume) a 100 km. a valle di Khartum e dopo altri 220 km. ricevendo l'Atbara, che discende anch'esso dall'altipiano etiopico e contribuisce a determinare le piene estive. L'Atbara col Nilo Azzurro e il Nilo Bianco viene così a circoscrivere quella vasta regione pianeggiante di quasi 100.000 kmq., nota col nome di Isola di Meroe (Gezīret el-Meroe). L'Atbara è l'ultimo degli affluenti del Nilo. Più a nord si entra nella regione desertica di cui solo le acque del classico fiume, scorrente entro una valle angusta (5-15 km.), opportunamente utilizzate con sbarramenti e canali, varranno a interrompere l'uniforme aridità. A 110 km. dalla confluenza dell'Atbara il corso del Nilo è interrotto dalla 5ª cateratta e dopo altri 150 km. presso Abū Hamed cambia direzione piegando verso sud-ovest e superata la 4ª cateratta raggiunge il 18° parallelo. Quindi, ripresa la direzione di nord, bagnata Dongola e superate rispettivamente la 3ª e la 2ª cateratta, con un corso tortuoso di circa 900 km. di sviluppo tocca Wādī Ḥalfā (o semplicemente Ḥalfā) penetrando dopo altri 50 km. in territorio egiziano. Dal confine alla 1ª cateratta presso Assuan intercedono 300 km. e 850 ne corrono tra Assuan e il Cairo. Lungo questo percorso in cui il fiume si mantiene a una larghezza media di 500 m., salvo un'ampia curva formata poco prima di Luxor, il Nilo prosegue nel suo corso regolare verso nord-ovest dapprima, poi piegando brevemente verso est sino al Cairo dopo di che a 10 km. di distanza comincia la biforcazione del Delta. Il Delta del Nilo è un vasto piano alluvionale della forma press'a poco d'un triangolo equilatero di circa 200 km. di lato, la cui altitudine raggiunge appena i 10 metri al vertice meridionale. Mentre nella valle del Nilo i cambiamenti fisiografici verificatisi nei tempi storici sono, in generale, di scarsa importanza, quelli che la natura e l'opera dell'uomo hanno compiuto nella regione del Delta sono rilevantissimi e tali da variarne completamente le condizioni. Delle sette bocche per le quali ancora nell'età romana il Nilo defluiva nel Mediterraneo, oggi solo due ne rimangono, quelle cioè cui fanno capo i rami di Damietta e di Rosetta, corrispondenti rispettivamente alle antiche bocche Ftanitica e Bolbitica. Le altre bocche, ora scomparse, erano la Pelusica, la più orientale, a 80 km. a levante della Ftanitica; la Tanitica, più a ponente; la Mendesiana, 15 km. più a ovest; la Sebenitica, presso il Capo Borollos, a metà distanza tra la bocca di Damietta e quella di Rosetta; e la Canopica nella baia di Abukir, tra Rosetta e Alessandria.

Si attribuiscono al Nilo, a partire dalle origini del Kagera, uno sviluppo complessivo di 6497 km., un'ampiezza di bacino di 2.842.000 kmq. e una portata media di 2000 mc., onde dopo il Mississippi-Missouri sarebbe per lunghezza di corso il maggiore della Terra, mentre varî altri lo supererebbero per estensione di bacino e più ancora per la portata.

Il regime del Nilo dipende dalle piogge che si abbattono nelle regioni subtropicali del suo bacino, specialmente sull'altipiano etiopico. Le piogge equatoriali quasi costanti e comunque regolate dai grandi serbatoi lacustri, ne fanno invece di poco oscillare la portata, giudicata di circa 4000 mc., mentre il Nilo Azzurro che nelle grandi piene raggiunge talvolta anche i 100.000 mc. riesce ad arrestare il deflusso del Nilo Bianco. Sono dunque le piogge dell'altipiano etiopico e le piene del Nilo Azzurro e dell'Atbara che provocano quelle del Nilo; come sono i materiali da esse convogliati che rappresentano il limo fecondatore di cui si è forse esagerata l'importanza, ma che in ogni modo è valso a formare nei secoli il suolo alluvionale e feracissimo che costituisce il fondo della valle del celebre fiume. Si calcola infatti che il materiale depositato avrebbe, negli ultimi 50 secoli, fatto rialzare il livello del suolo in ragione di 10 cm. per secolo. Le piene del Nilo cominciano a manifestarsi a Khartum verso la metà di maggio, ad Assuan due settimane dopo, raggiungendo il massimo verso la metà di settembre. Cessate le piogge estive in Etiopia comincia la decrescita delle acque e il tributo al Nilo che viene portato, nel periodo gennaio-giugno, quasi soltanto dal Nilo Bianco. Le piogge autunnali dell'altipiano vi contribuiscono solo in modo limitato e irregolare.

Sino da tempo antichissimo le piene del Nilo, di cui s'ignoravano le cause, ma di cui si valutavano i benefici effetti, erano utilizzate sottoponendo a una sistematica inondazione, costretta entro apposite arginature, i terreni che venivano così irrigati per sommersione e dopo il ritiro delle acque si procedeva alla semina. A questo sistema, che lasciava inutilizzata una troppo grande parte delle acque, venne nel secolo XIX sostituito quello dell'irrigazione permanente, resa possibile dalla costruzione di sbarramenti del fiume che valevano a immagazzinarne le acque distribuendole poi razionalmente. Il primo sbarramento fu quello di Qalyūb a circa 15 km. a valle del Cairo dove comincia il biforcamento dei due rami del Delta. I lavori iniziati nel 1835 poterono considerarsi compiuti solo nel 1901. Si ottenne così l'innalzamento del livello estivo delle acque a m. 15,50 e la possibilità d'estendere l'irrigazione a 6760 kmq. del Basso Egitto. A questa grandiosa opera, la maggiore del genere sino allora eseguita, fece seguito lo sbarramento di Assuan e quello di Asyūṭ.

Lo sbarramento di Assuan, secondo i piani concepiti da W. Willcocks, consta d'una diga di circa 2 km. di lunghezza, originariamente larga alla base 27 m. e 7 alla sommità alta 23 m., che venne inaugurata con solennità nel dicembre 1902. Successivamente i lavori compiuti nel 1912 la rialzarono di 5 m. e altri ancora più considerevoli lavori, eseguiti dal 1930 al 1933, ne portarono l'altezza a circa 37 m. e la capacità del bacino, originariamente di 1 miliardo di metri cubi, a circa 5 miliardi di mc. È questa l'opera più grandiosa del genere che sia stata sinora compiuta, all'esecuzione della quale presero parte, in larga misura, ingegneri, tecnici e operai specializzati italiani. Lo sbarramento di Asyūṭ, costruito anche esso sui piani del Willcocks, regola l'alimentazione del canale Ibrāhīmiyyah, scavato nel 1873 e da cui si distacca il Baḥr Yūsuf che irriga il Fayyūm. Il Nilo è navigabile in quasi tutto il suo percorso. Regolari servizî di navigazione a scopo principalmente turistico funzionano dal Cairo sino a Wādī Ḥalfā e da Khartum sino a Juba presso Lado (5° lat. N.). Durante i periodi di piena funzionano anche servizî di navigazione nel corso inferiore del Baḥr al-Ghazāl, del Sobat, del Nilo Azzurro e dell'Atbara.

V. tavv. CXXXIII e CXXXIV.

Bibl.: Oltre alla bibl. di egitto, XIII, p. 553, e alla classica per quanto antiquata opera del Lombardini, Essai sur l'hydrologie du Nil, Parigi 1865, si vedano fra gli scritti recenti: W. Willcocks, The Nile in 1904, Londra 1913; H. E. Hurst e P. Phillips, The Nile Basin, Cairo 1931-32.

La divinità fluviale.

L'eccezionale importanza che il miracoloso fiume ha per la prosperità e l'esistenza stessa dell'Egitto, ne fece una veneratissima divinità anche nell'età greco-romana. Gli accenni di Lucano, di Elio Aristide e lo speciale poemetto di Claudiano, ci hanno trasmesso l'ultima eco pagana di tale concezione religiosa. Sebbene come divinità fluviale appartenesse teologicamente a una categoria inferiore di dei, pure, in tanta quasi incredibile varietà di culti parziali, ebbe il privilegio d'essere adorato da tutti indistintamente gli abitanti, con particolari onori. Difatti se ebbe santuarî proprî in pochi luoghi, venne ovunque associato agli altri dei locali e non gli mancarono sacerdoti fino nei più piccoli villaggi.

Con la rigorosa osservanza dei riti, con i prescritti sacrifici (forse un tempo e in circostanze speciali anche umani) si tentava di propiziarlo per ottenere la sempre ansiosamente attesa inondazione, ch'era ottima quando raggiungeva i sedici πήχεις o cubiti, quanti, personificati da scherzosi fanciulli, se ne riscontrano sulla famosa statua del Vaticano e in altre rappresentazioni analoghe. Ma il grande fecondatore, sposo d'Iside, la nera terra, aveva, con molte miracolose virtù curative, anche il potere di favorire la prolificità, in prevalenza maschile, degli uomini e degli animali. A lui era consacrata una gran parte delle feste egiziane: quelle chiamate Νειλῷα o Νειλαῖα che avevano luogo al cominciare dell'inondazione, erano le più importanti e le più popolari di tutte.

I Greci lo equipararono a Giove e intimamente lo unirono con Serapide, capo supremo del pantheon alessandrino, spesso rappresentato con attributi caratteristici del Nilo.

Nella statuaria, nelle terrecotte, sulle lucerne e sulle monete imperiali alessandrine il dio è rappresentato come un vecchio seduto o semisdraiato, nuda la parte superiore del corpo, il capo ornato di due bottoni di loto, una cornucopia nella mano sinistra, un giunco nella destra.

Il culto fu abolito da Costantino, ma sopravvisse a lungo ai divieti ufficiali ed era ancora in pieno vigore nel quarto secolo.

Bibl.: G. Lumbroso, L'Egitto al tempo dei Greci e dei Romani, Roma 1882; 2ª ed., 1892; W. Drexler, in Roscher, Ausführliches Lexikon der griechischen und römischen Mythologie, III, pp. 87-103; P. Perdrizet, Les terres cuites grecques d'Égypte de la coll. Fouquet, Parigi 1921, pp. 61-63.

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