NITROGLICERINA

Enciclopedia Italiana (1934)

NITROGLICERINA

Franco GROTTANELLI
Alberico BENEDICENTI
Leonardo MANFREDI

. Viene così indicato l'estere trinitroglicerico, scoperto nel 1847 da A. Sobrero, e preparato industrialmente fin dal 1863 da A. Nobel. Il nome è improprio, poiché i composti che la glicerina forma con l'acido nitrico, non contengono veri nitrogruppi uniti direttamente al carbonio, come si riscontra nei derivati del benzolo. Fra gruppo NO2 e radicale alifatico vi è invece un atomo di ossigeno intermedio che definisce la natura chimica dei nitrocomposti della glicerina come esteri.

Dalla composizione stessa della glicerina deriva che possono esistere due isomeri della mononitroglicerina, due isomeri della dinitroglicerina e infine la trinitroglicerina, chiamata genericamente nitroglicerina. Tutti i composti sopra accennati sono conosciuti e sono impiegati nella fabbricazione degli esplosivi, ma di tutti quello di maggior importanza è la trinitroglicerina. Essa consiste in un liquido denso, di colore paglierino, con un peso specifico di 1,6; è inodoro e ha un sapore dolce e bruciante e può considerarsi come velenosa per la sua decisa azione dilatatoria dei vasi sanguigni. Questa sua azione specifica è sfruttata in medicina per combattere alcune affezioni del sistema circolatorio del sangue; viene impiegata a questo scopo in soluzione alcoolica sotto il nome di glonoina.

La nitroglicerina (come chiameremo la trinitroglicerina) è solubile in alcool, etere, benzolo, toluolo, acetone ed altri solventi. Al disopra di 153° può esplodere, soprattutto se riscaldata rapidamente e in massa; essa esplode al pari degli altri nitroderivati della glicerina sotto una percussione violenta specialmente se rapida, come quella dovuta a un innesco di fulminato di mercurio o a un forte urto meccanico. La nitroglicerina congela a circa −2°.

Fabbricazione. - La tecnica della fabbricazione consiste nell'immettere la glicerina, con le opportune precauzioni, in una miscela solfonitrica. L'apparecchio generalmente impiegato a questo scopo è oggidì quello del tipo N. Thomson. Esso consiste in una grande tina di piombo oppure di acciaio resistente agli acidi, di capacità variabile, ma generalmente di 2,5 mc. In essa sono contenuti serpentini in tre o quattro spire distinte, entro cui circola una miscela refrigerante composta generalmente di una soluzione di cloruro di calcio, raffreddata da −10° a −20°: la circolazione di questa miscela, o salamoia, è assicurata da pompe, refrigeranti o altro, disposti fuori dal locale dove deve avvenire la nitrazione.

Il recipiente di nitrazione (cilindrico) è chiuso superiormente a tronco di cono, con tiraggio per aspirazione dei fumi acidi, sul quale ad altezza conveniente è innestato un tubo di scarico munito di spia di vetro. Il fondo del recipiente è inclinato e porta alla parte inferiore la tubazione d'ingresso e di uscita della miscela solfonitrica. Entro l'apparecchio, da apposite aperture sono immersi nel seno del liquido almeno tre termometri posti ad altezza differente, che servono al controllo della temperatura durante la nitrazione.

Per un apparecchio di capacità normale, si usano kg. 1800 di miscela solfonitrica al 45% di nitrico e 55% di solforico (quindi senz'acqua), per 300 kg. di glicerina al 99% di purezza. La miscela solfonitrica viene introdotta dal basso dell'apparecchio e viene messa in agitazione o mediante gorgogliamento d'aria oppure mediante un'agitazione meccanica (in quest'ultimo caso l'apparecchio deve essere munito di un apposito albero motore interno con elica). Generalmente però s'impiega l'aria compressa. Dopo raffreddata la miscela nitrante, riportandola ad esempio a 0°, si immette la glicerina dalla parte superiore in forma di getto fine o pioggia mediante appositi distributori. Si regola la velocità di afflusso della glicerina controllando la temperatura e mantenendola non superiore ai 28°. In queste condizioni la nitrazione può avvenire in 20 minuti circa, dopo di che si toglie l'agitazione meccanica o ad aria, lasciando che la nitroglicerina si separi dalla miscela nitrante residuata e vi galleggi sopra. Dal basso allora s'introduce miscela solfonitrica residuata da operazioni precedenti, con la quale si solleva lentamente tutta la massa liquida nell'apparecchio fino a che la nitroglicerina incomincia a defluire dal tubo superiore di scarico; si regola l'ingresso dell'acido dal basso a mano a mano che la nitroglicerina si libera. L'operazione di spostamento dura generalmente un'ora. La nitroglicerina dal tubo superiore cade in una tina contigua dove viene ricevuta in acqua tiepida mantenuta in agitazione da getti di aria compressa. A completa separazione si arresta l'ingresso di acido, il quale viene poi scaricato dal basso e inviato ad un locale chiamato "separazione lenta"; in questo locale, in recipienti di piombo a chiusura superiore troncoconica, viene conservato per alcuni giorni, durante i quali si separano le piccole quantità residue della nitroglicerina che vengono schiumate dal liquido. Dopo di questo gli acidi passano alle ordinarie denitrazioni. La nitroglicerina raccolta in una prima tina di piombo, contigua all'apparecchio nitratore, viene in questa lavata più volte con acqua tiepida e infine una volta con acqua leggermente alcalina per carbonato sodico. Dopo di che viene vuotata da questa tina mediante un tubo di scarico inferiore munito non di rubinetto ma chiuso cori un tubo di gomma e pinza di legno. Per mezzo di brocche di caucciù indurito o di ebanite, viene poi trasportata a mano in altro locale dove viene nuovamente e ripetutamente lavata con acqua tiepida o leggermente alcalina, fino a che abbia raggiunto il grado previsto di purezza che viene controllato ad esempio con il saggio Abel. Infine, prima del suo impiego, viene filtrata attraverso un fitto mollettone di lana che trattiene eventuali impurezze come solfato di piombo, ecc.

Nella nitrazione della glicerina si deve porre la massima cura al controllo della purezza delle materie prime impiegate, in modo speciale per quanto riguarda la glicerina. Molti dei sinistri che sono avvenuti in questa lavorazione sono stati dovuti alla qualità deficiente delle materie prime impiegate. La glicerina da adoperarsi deve provenire possibilmente da grassi animali e deve avere una purezza non inferiore al 98%, essere priva d'acidità, priva di cloruri e contenere il minimo possibile di sostanze organiche a doppî legami. Speciali capitolati di recezione controllano queste qualità fondamentali della glicerina da nitrazione. Del pari l'acido nitrico deve essere esente al massimo da acido nitroso. Quando s'impiegava l'acido nitrico prodotto col nitrato sodico, occorreva controllare l'eventuale presenza di cloro nell'acido stesso. Questa presenza concorreva a formare, durante la nitrazione della glicerina, prodotti, come il tetranitrometano, che rimanevano selettivamente sciolti nella nitroglicerina, non venivano asportati dal lavaggio di purificazione di questa e davano al prodotto un'instabilità fondamentale che era pressoché impossibile rimuovere. Oggi l'acido nitrico impiegato è quasi esclusivamente quello di sintesi e il suo impiego ha migliorato molto l'ottenimento normale di alte stabilità nella nitroglicerina.

La miscela solfonitrica deve risultare perfettamente limpida. La limpidità delle miscele usate contribuisce alla rapida separazione della nitroglicerina ottenuta. La presenza d'impurezze può formare schiume colloidali e provocare così un prolungamento della separazione, che può presentare pericoli. Per evitarli si è ricorso ad aggiunte calcolate di sostanze additive, quale fluoruro di soda, ma la buona pratica è di adoperare miscele solfonitriche completamente pure e decantate. In queste condizioni la separazione della nitroglicerina a fine di operazione avviene rapidamente. Per impedire l'accumulamento di troppe operazioni e di troppa nitroglicerina in un solo locale, si suole dividere le operazioni successive compiendole una per una, in baracche di materiale leggiero isolate una dall'altra da grossi terrapieni con opportune gallerie curvilinee di congiunzione. In un locale avviene la nitrazione della glicerina e il primo lavaggio, in un altro i lavaggi definitivi, in un altro ancora, ad esempio, il filtraggio e le successive operazioni dell'impiego o per dinamite o per polveri.

Nel locale di nitrazione l'apparecchio nitratore è situato in alto, e sotto è sempre posta una grande vasca piena di acqua ove in caso di pericolo, con un grosso rubinetto di sicurezza, può venir inviata tutta la miscela solfonitrica e la glicerina nitrata in un tempo non superiore ai 30″. Questa operazione che si chiama "annegamento" può essere comandata anche automaticamente con rubinetti regolati da dispositivi elettrici collegati ai termometri immersi nell'apparecchio in modo che a un elevamento subitaneo di temperatura, indice della decomposizione della nitroglicerina, corrisponde la misura di sicurezza; oppure con comandi esterni ad aria compressa.

Per ovviare al pericolo che può presentare, negli apparecchi fino qui usati, la forte quantità di nitroglicerina libera o emulsionata nella miscela acida, o in corso di separazione, è stata proposta da Schmidt una apparecchiatura speciale che permette contemporaneamente la nitrazione e la separazione della nitroglicerina a mano a mano che essa si forma (v. fig.). In questa apparecchiatura la nitrazione avviene in un piccolo recipiente con entrata contemporanea dall'alto della glicerina e dal basso della miscela nitrante. L'emulsionamento dei due liquidi avviene per mezzo del movimento di un'elica e la miscela è raffreddata energicamente da serpentini a salamoia. Il deflusso avviene continuamente e porta insieme gli acidi residuati e la nitroglieerina formata in un secondo apparecchio contiguo che costituisce il separatore continuo. Esso è formato da un cassone con settori inclinati, ondulati, molto ravvicinati uno all'altro, lo scopo del quale è di dividere tutta la massa liquida in tanti filetti fluidi, permettendo così alla nitroglicerina di separarsi in modo più rapido dagli acidi residuati senza dovere attraversare, gocciola per gocciola, forti altezze di liquido. Due aflussi ad altezze differenti assicurano l'uscita della nitroglicerina dall'alto e della miscela acida più in basso.

La nitroglicerina poi viene passata in una colonna di lavaggio, dove viene iniettata dall'alto in basso a controcorrente con soluzioni leggermente ammoniacali. Il lavaggio in queste condizioni è estremamente rapido ed efficiente.

L'ideazione e la risoluzione di questo problema è estremamente ingegnosa e alcune fabbriche incominciano già ad adottare il nuovo procedimento. Sembra però che questo non possa portare alcuna economia di mano d'opera e quanto alla sicurezza si può rilevare dalla statistica degl'incidenti distribuiti attraverso il numero delle fabbriche ed il tonnellaggio della nitroglicerina prodotta, che questa fabbricazione è fra le più sicure, anche con il metodo Thomson, quando si adoperino le ovvie norme di precauzione che ogni lavorazione di esplosivi esige.

Il rendimento teorico di 100 kg. di glicerina in nitroglicerina sarebbe di 247 kg.; praticamente in lavorazione fatta anche con la massima cura non si raggiunge più di 232 kg. Le massime perdite sono dovute alla solubilità della nitroglicerina nell'acqua dei suoi lavaggi e nei miscugli acidi residuati. La solubilità della nitroglicerina in acqua si può calcolare dal 2 al 3 per mille.

Per la nitroglicerina che s'impiega nella dinamite può bastare, per la sicurezza d'impiego, di assicurarsi della sua perfetta neutralità con prove alle cartine rosso Congo oppure con il saggio alla fenolftaleina. Per quella che deve essere impiegata negli esplosivi da guerra occorre procedere alla verifica della stabilità con il saggio Abel, che consiste nel rilevare le tracce di vapori acidi mediante una cartina amido - iodurata opportunamente inumidita fino a metà con soluzione acquosa di glicerina. Al punto di demarcazione fra carta asciutta e inumidita, allo svolgersi di vapori nitrosi, compare la caratteristica colorazione azzurra. Una buona nitroglicerina per polveri deve resistere almeno 16′ a questa prova e alla temperatura di 80°.

Prodotti e usi. - Il grande impiego della nitroglicerina è soprattutto nelle dinamiti da quando, sempre per opera di A. Nobel, furono trovate le cosiddette dinamiti attive, quelle cioè in cui la nitroglicerina forma un colloide con cotone collodio (8% di cotone collodio e 92% di nitroglicerina formano le cosiddette gomme esplosive con il massimo di potenza: a queste si aggiungono proporzionalmente altre sostanze come cellulosa, nitrato potassico, ecc., graduando la forza e ottenendo le varie categorie di dinamiti commerciali).

La nitroglicerina ha tendenza a congelarsi come detto sopra e in questo stato anche nelle dinamiti essa tende a separarsi dal colloide trasportandosi all'esterno della massa dove si raccoglie in goccioline. In queste condizioni la dinamite diventa più pericolosa. Si è dunque tentato di trovare il modo di rendere la dinamite incongelabile e questo si è ottenuto con metodi differenti. Alcuni consistono nel modificare parzialmente la formula della trinitroglicerina, ad esempio sostituendo uno dei gruppi NO2 con Cl; questo si ottiene nitrando invece di glicerina, monocloridrina. Il prodotto così ottenuto resiste al gelo fino a −30° conseguentemente le dinamiti che si ottengono presentano qualità antigelo. In Italia vennero preparate, sullo stesso principio, la dinitroacetinglicerina e la dinitroforminglicerina. Buoni risultati si sono anche ottenuti addizionando alla trinitroglicerina i cosiddetti olî rossi di sgocciolamento, residui del trinitrotoluene, cioè miscele d'isomeri di binitrotoluolo costituenti un composto liquido a temperatura ordinaria che gelatinizza ottimamente con il cotone collodio.

Recentemente è entrato nell'uso della produzione delle dinamiti incongelabili l'impiego del nitroglicol, posto che il glicol etilenico è oggi diventata una materia prima corrente sul mercato. Generalmente si impiega il 25% di glicol mescolato con glicerina e si nitra nelle ordinarie condizioni sopraddette. Il nitroglicol è però assai più volatile della nitroglicerina e malgrado le sue ottime qualità antigelo non può trovare impiego nelle polveri di guerra per questa ragione.

Farmacologia. - I nitriti e la nitroglicerina sono usati anche come farmachi e debbono la loro azione all'anione O-N-O: prototipo il nitrito d'amile, liquido scoperto da A. Balard nel 1844, introdotto in terapia da T. Lauder Brunton nel 1873. L'inalazione di 3-5 gocce dà per pochi minuti senso di calore al capo, martellamento alle tempie, arrossamento della cute del volto, collo, regioni toraciche superiori e talora delle braccia. Il polso s'accelera molto, per diminuito tono del vago, la pressione sistolica e diastolica s'abbassano per paralisi dei centri vasomotorî e anche per un'azione diretta sulla tunica muscolare vasale. È usato nell'accesso di angina pectoris, perché la cessaziane della contrazione spastica delle coronarie migliora l'attività del cuore, mentre l'ipotensione ne diminuisce il lavoro. La nitroglicerina o trinitrina ha analoghi effetti, ma meno rapidi e meno energici.

In soluzione o in forma di pastiglie è usata pure nell'angina pectoris, e, associata alla digitale, nell'insufficienza cardiaca nell'emicrania, nei casi di emorragie interne, ecc.

Avvelenamento da nitroglicerina. - Sono rari gli avvelenamenti mortali da nitroglicerina: per questo la dose letale non è ben definita, e, da certi autori, ne è negata persino la tossicità. Anche a dosi piccole determina, assorbita, cefalee intense che non si ripetono però con l'assuefazione. Questa sostanza possiede l'azione farmacologica tipica del nitrosile, formando nell'organismo acido nitroso. Ingerita in dosi superiori a quelle minime di 1/2 mmg. usate in terapia, determina, oltre a vasodilatazione cutanea intensa, anche cefalea violenta, nausea seguita da dolori colici, vertigini, tremori. Inoltre per la metemoglobinemia, provocata dall'acido nitroso cireolante in eccesso, compaiono i segni dell'asfissia interna; il polso è frequente, le pupille midriatiche. L'ammalato cianmico e in oreda a convulsioni, soccombe all'asfissia. Il trattamento richiede, oltre a uno svuotamento gastrico il più rapido possibile, i soccorsi dell'asfissia, respirazione artificiale, ipodermoclisi o trasfusione sanguigna, iniezioni di caffeina e adrenalina.

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