NASI, Nunzio

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 77 (2012)

NASI, Nunzio

Gian Luca Fruci

– Nacque a Trapani il 2 aprile 1850 da Rosario, farmacista, e da Anna Virgilio.

Appartenente a una famiglia della borghesia urbana, frequentò il liceo classico nella città natale, mentre a Palermo si preparava per l’ammissione all’Accademia militare di Torino. Rimasto orfano di padre, rinunciò al mestiere delle armi e si laureò in giurisprudenza nel 1873. Dopo un periodo di praticantato forense, partecipò a un concorso governativo per borse di studio all’estero e in attesa del suo esito si trasferì a Roma, dove conseguì l’abilitazione all’insegnamento di economia politica nelle scuole secondarie. Non ottenne la borsa, ma l’Accademia dei Lincei deliberò la pubblicazione del saggio presentato per il concorso (La teoria del progresso legislativo, Trapani 1875). Rientrato a Trapani, insegnò presso l’istituto tecnico provinciale, di cui diventò preside. Poi, grazie al medico patriota Ignazio Lampiasi, membro delle giunte liberali moderate cittadine, gli fu affidata la direzione delle scuole elementari. Nel 1878 divenne responsabile politico della Gazzetta di Trapani, periodico dell’Unione democratica, l’associazione intorno alla quale si riuniva l’universo liberale radicale di estrazione artigiano-borghese che contendeva l’egemonia della politica trapanese all’aristocrazia garibaldina fino ad allora dominante.

Dopo il matrimonio con Emilia Scichili, da cui ebbe tre figli, Virgilio (1880), Emma (1881) ed Elena (1882), entrò in consiglio comunale nel 1883 e in consiglio provinciale nel 1885, e ricoprì la carica di assessore anziano nella giunta democratica di Carmelo Solina, sottraendo la leadership liberale radicale a un altro outsider, l’avvocato Tommaso Mauro, patrocinatore del Banco Operaio e di un’ampia rete di società di mutuo soccorso e di reduci garibaldini che, passati sotto il controllo di Nasi, rappresentarono il fulcro del suo potere locale e della sua fortuna nazionale. Nelle elezioni politiche del 1886, su richiesta del luogotenente crispino Abele Damiani, rappresentò la città nella lista antitrasformista che si opponeva al deputato depretisino Ruggiero Maurigi di Castel Maurigi. Ultimo degli eletti, consolidò progressivamente la sua posizione anche in provincia, arrivando nelle consultazioni del 1890 a eguagliare il consenso di compagni di cordata filocrispini, come il sonniniano barone Vincenzo Saporito di Castelvetrano, con il quale ebbe poi per tutta la sua vita politica un rapporto di ‘competizione collaborante’. Nel 1892 con il ritorno al sistema uninominale, diventò il dominus del collegio di Trapani, dove le elezioni si trasformavano in plebisciti personali, consentendogli un’ampia libertà di manovra parlamentare.

Il suo successo fu dovuto anche alla configurazione del corpo elettorale che, dopo la riforma del 1882, si attestò su un numero di iscritti fra i più alti della penisola: nella provincia di Trapani un cittadino adulto su due era elettore politico, grazie alla costruzione pilotata delle liste da parte di una classe di ‘galantuomini’ che si lanciavano alla conquista del potere politico-amministrativo ritagliandosi una base di consenso fra gli artigiani e la piccola e media borghesia. Prototipo di questi nuovi politici, Nasi interpretò il dinamismo della piccola borghesia emergente, patrocinandone gli interessi e inquadradone le clientele nella sua rete politica interclassista a leadership carismatica, che di volta in volta si inseriva in più ampie costellazioni nazionali.

Entrato alla Camera con un programma favorevole alla ricostituzione dei partiti, dopo il sostegno diligente, ma non acritico, ai primi due ministeri Crispi, avversò Antonio di Rudinì e appoggiò, invece, il primo esecutivo di Giovanni Giolitti, espressione della Sinistra liberale. All’indomani delle elezioni del 1892 fu tra i promotori del gruppo parlamentare dei radicali legalitari, che si distaccò progressivamente dall’Estrema Sinistra fino alla rottura consumatasi in una riunione tenuta a Bologna nell’ottobre 1893 su iniziativa di Alessandro Fortis e dello stesso Nasi, che vi sostenne la necessità per la «democrazia plebiscitaria» di «affermarsi come partito di governo» (Costanza 2011, p. 86). Il 20 dicembre 1893, i radicali legalitari si astennero sull’ordine del giorno di plauso, presentato da Felice Cavalotti, all’operato del comitato d’inchiesta sulle banche, da cui Nasi si era dimesso tre giorni dopo la sua designazione nel marzo dello stesso anno. Riavvicinatosi alla Sinistra crispina, egli fornì, tuttavia, un’interpretazione originale dei Fasci siciliani in un discorso del 26 febbraio 1894, in cui si espresse contro lo stato d’assedio e invocò politiche favorevoli alle classi lavoratrici. Anche in seguito si oppose alla repressione attuata nei confronti del movimento socialista e anarchico, mentre sostenne Crispi sui provvedimenti economici e finanziari, tranne che sull’aumento del prezzo del sale. Spie del suo crescente ruolo parlamentare furono la nomina nella commissione sulle elezioni dal 1893 al 1895 e la carica di segretario dell’Ufficio di presidenza della Camera ricoperta dal febbraio 1894 alla fine della legislatura. Nel maggio 1895 fu rieletto trionfalmente, anche grazie ai limitati effetti sull’elettorato trapanese della revisione delle liste del 1894, da cui uscì anzi sovradimensionata la componente piccolo borghese.

Caduto Crispi, si collocò all’opposizione dei governi di Rudinì e della ‘tirannia’ centralizzatrice e aristocratica del commissariato civile per la Sicilia. Nell’ecatombe subita dai crispini alle elezioni del 1897, la macchina politica nasiana resse bene, anche per effetto dell’alleanza, avviata fin dal 1895, con i sonniniani guidati dal senatore Giuseppe d’Alì. Si trattò di una saldatura momentanea fra i nuovi ceti medi urbani emergenti e la grande proprietà terriera che si ruppe con la crisi di fine secolo, quando Nasi si schierò sotto la bandiera di Giuseppe Zanardelli.

Il biennio 1897-98 segnò una tappa fondamentale nell’ascesa sociale e politica di Nasi. Da un lato, fu chiamato quale libero docente di filosofia del diritto prima all’Università di Palermo e poi a quella di Roma grazie alla ripubblicazione accresciuta del suo testo giovanile, corredato dal sottotitolo Saggio sintetico di filosofia del diritto (Roma 1885). Dall’altro lato, dopo aver assunto nell’aprile 1897 la carica di segretario della giunta generale del bilancio, nel giugno 1898 entrò, insieme a Fortis,  nel primo governo Pelloux con l’incarico di ministro delle Poste e Telegrafi.

Il 23 marzo precedente si era definitivamente affermato sul piano parlamentare con un’appassionata difesa di Crispi pronunciata alla Camera durante il dibattito sulle conclusioni del comitato incaricato di esaminare le accuse contro l’ex presidente del consiglio.

Il distacco dalla politica liberticida di Pelloux fu l’ultima iniziativa che vide insieme Fortis e Nasi, che presero da quel momento direzioni distinte, l’uno di nuovo verso Giolitti, l’altro verso Zanardelli. Il 1° luglio 1899, Nasi partecipò alla riunione di rilancio del partito democratico costituzionale e nel febbraio 1901 fu premiato con l’ingresso nel governo Zanardelli, come ministro della Pubblica Istruzione. Rappresentò il presidente del Consiglio in numerose occasioni ufficiali, come ai funerali di Crispi, dove volle reggere i cordoni del corteo funebre, anche in segno di autocandidatura alla sua eredità politica.

In quegli stessi anni, ammesso nel 1892 alla loggia Centrale di Palermo, assunse la carica di maestro venerabile della loggia Roma, inaugurata nella capitale il 23 dicembre 1900 e divenuta sede della Gran loggia di rito simbolico, di cui fu serenissimo presidente dal 1901 al 1902. Nel discorso programmatico pronunciato nel nuovo tempio al cospetto dell’amico Ernesto Nathan, gran maestro del Grande Oriente d’Italia, sostenne l’ideale di una massoneria democratica e aperta ai problemi del tempo, in primis quello della giustizia sociale.

In qualità di ministro della Pubblica Istruzione, promosse la legge 19 febbraio 1903 con cui lo Stato riduceva l’autonomia dei Comuni in materia d’insegnamento elementare, istituiva la figura del direttore didattico e definiva lo status giuridico ed economico di maestri e maestre. Nel luglio 1901, la Camera aveva approvato la sua proposta di introdurre nelle scuole come testo di lettura in versione emendata Dei doveri dell’uomo di Mazzini, iniziativa accompagnata dalla circolare di raccomandazione dell’8 marzo 1903 ai dirigenti scolastici, intorno ai cui contenuti si svolse un vivace confronto fra Nasi e il repubblicano Carlo del Balzo, che criticò il ministro per la decontestualizzazione della figura di Mazzini e la sua riduzione a maestro universale di morale.

Fra 1901 e 1903, coltivò la sua popolarità attraverso continui giri oratori che si rivolgevano a tutti i livelli del mondo culturale e alle associazioni dei docenti e degli studenti di ogni ordine e grado. Da tempo si era segnalato per la cura riservata alla sua immagine pubblica (e privata), veicolata tramite un rapporto privilegiato con i media del tempo e una molteplicità di supporti visuali: busti (per i quali si rivolse anche a Ettore Ximenes), fotografie, cartoline, stampe di riproduzione di quadri a olio, fra cui un ritratto divisionista di Giacomo Balla del 1902.

All’interno del governo, entrò in conflitto con Giolitti, il cui ruolo cercò di depotenziare promuovendo l’avvicinamento a di Rudinì e l’ingresso di Luigi Luzzatti nel ministero. Nell’estate 1903, il suo atteggiamento tollerante verso le manifestazioni studentesche contro l’Austria, a seguito degli scontri verificatisi all’Università di Innsbruck fra giovani trentini, triestini e tirolesi, provocò un ulteriore deterioramento dei rapporti con il ministro dell’Interno che lo sollecitò, invano, a garantire l’ordine nelle scuole secondarie e negli atenei. Anche di questo episodio Giolitti approfittò per prepararsi a sostituire Zanardelli, che nel dicembre 1903 scrisse a Nasi, astenutosi dal voto di fiducia al secondo governo Giolitti, parole molto dure nei confronti del suo successore e degli amici che si disponevano, invece, ad appoggiarlo.

La fine di Zanardelli coincise per Nasi con il coinvolgimento in un lungo scandalo politico-giudiziario, che conobbe vasta risonanza. Scoppiò alla fine del 1903 per la denuncia di malversazioni nella gestione di diversi capitoli di spesa della Pubblica Istruzione avanzata sia dalla stampa conservatrice sia da esponenti del gruppo parlamentare socialista, quali Ettore Ciccotti e Leonida Bissolati.

Sicuro dell’appoggio del Parlamento, Nasi provocò un dibattito che si concluse, invece, con una richiesta di indagine affidata a un membro esperto della giunta generale del bilancio: il barone Saporito, suo storico competitore. Il 22 marzo 1904 Saporito presentò  un dettagliato elenco di sprechi e abusi nella distribuzione dei sussidi e nelle missioni di viaggio, che fu pubblicato sul Giornale d’Italia prima che la Camera ne prendesse visione. Allo scalpore suscitato nell’opinione pubblica nazionale, ed europea tramite Le Temps, seguì la costituzione di un comitato parlamentare d’inchiesta di fronte al quale Nasi cercò invano di discolparsi, addossando ogni responsabilità al suo segretario personale Ignazio Lombardo. Nel maggio 1904, la magistratura ottenne dalla Camera l’autorizzazione all’arresto di Nasi, che, intanto, era fuggito in Francia e da lì a Londra, iniziando una latitanza che, a parte incursioni clandestine, durò tre anni.

Alle prese di distanza, come l’espulsione dall’associazione nazionale dei liberi docenti universitari e dal Grande Oriente d’Italia, fece riscontro, anche all’estero, una vasta mobilitazione pro Nasi, orchestrata principalmente dal figlio Virgilio. Cadute le accuse circa la distribuzione dei sussidi, l’8 maggio 1905 fu rinviato a giudizio per falso in atto pubblico e peculato, per avere distratto 87.000 lire in viaggi e acquisti e per la sottrazione di diversi oggetti. La difesa sostenne il profilo ministeriale dei reati e quindi l’incompetenza della giustizia ordinaria a favore del Senato costituito in Alta Corte. Il 7 giugno 1906, la sentenza di rigetto del primo ricorso in questo senso fu contestata a Trapani con vivaci manifestazioni: nell’aula consiliare il busto del re fu sostituito da quello di Nasi, in onore del quale fu composto un inno cantato e ballato per le strade.

Il processo, apertosi a Roma in Corte d’Assise il 14 dicembre 1906, fu segnato da continui colpi di scena, a partire dall’eccezione di incompetenza sollevata dal pubblico ministero e accolta il 10 giugno 1907 dalla Cassazione. Per effetto della sentenza, Nasi poté rientrare in Italia e perorare la propria causa davanti alla Camera che, tuttavia, deliberò la sua messa in accusa. Il 15 luglio 1907, Tancredi Canonico, presidente del Senato costituitosi in Alta Corte, spiccò un mandato di cattura per Lombardo e Nasi, che, dopo pochi giorni a Regina Coeli, ottenne gli arresti domiciliari. La notizia provocò in tutta la Sicilia dimostrazioni di protesta che a Palermo culminarono nell’uccisione di uno studente da parte della polizia.

A richiamare forte attenzione sul processo, che ebbe inizio il 5 novembre 1907, contribuì la stessa famiglia Nasi promuovendo una pubblicazione illustrata a fascicoli, in cui alla leggenda nera antinasiana era contrapposta la leggenda bianca del complotto giolittiano. L’imputato prese la parola per negare l’appropriazione di oggetti, pur ammettendo l’utilizzo di somme di denaro, ma sempre per scopi politici e mai personali. Il 24 febbraio 1908, la Corte emise una sentenza di assoluzione per Lombardo e condannò Nasi, riconosciuto colpevole di peculato soltanto per i viaggi e gli acquisti, a 11 mesi e 20 giorni di reclusione e all’interdizione dai pubblici uffici per 4 anni e 2 mesi. Il 24 marzo 1908 decadde dal mandato parlamentare, cui aveva di nuovo avuto accesso a seguito dell’elezione – convalidata – del 23 giugno 1907, dopo che in precedenza quattro successive nomine, conseguite con crescenti suffragi e votanti, erano state annullate.

Si rassegnò alla sconfitta giudiziaria, ma non a quella politica, da cui si riprese ampliando in senso meridionalista il discorso antigovernativo e sicilianista sviluppato nei comitati pro Nasi non solo da abili oratori come l’avvocato Francesco Perrone Paladini, ma anche da intellettuali come Luigi Capuana. Dopo aver scontato la pena nella sua residenza romana, il primo segno della sua ‘resurrezione’ politica fu il trionfale viaggio di ritorno verso la città natale, avvenuto su un vapore noleggiato a Napoli e approdato il 22 luglio 1908 nel porto di Trapani gremito di sostenitori, accorsi a salutare quello che si presentava come un martire, perseguitato per la sua qualità di siciliano. Nel collegio di Trapani continuò a ottenere fra 1908 e 1912 ripetuti omaggi plebiscitari, in cui alla sentenza giudiziaria di colpevolezza si contrapponeva l’assoluzione politica del voto nel quadro di una tensione fra diritto e sovranità popolare che la Camera acuì annullando la nomina di Nasi anche quando era ormai decorsa l’interdizione dai pubblici uffici.

Questo atteggiamento del Parlamento, basato su un’interpretazione retroattiva della nuova legge elettorale bocciata il 3 febbraio 1914 in Cassazione, fornì ulteriori materiali al meridionalismo e all’antigiolittismo di Nasi, che nel 1913 si impegnò in una sequenza di bagni di folla e di comizi, culminati a Palermo e Napoli, in cui si atteggiava a paladino dell’autonomia amministrativa ed economica di un Sud sfruttato dal Nord con l’avallo dello Stato.

Lo stile populista e antipolitico lo riportò alla ribalta della scena nazionale e gli valse una triplice elezione nei collegi di Trapani, Palermo I e Caltanissetta, oltre che un buon successo a Modica e Castroreale, nelle consultazioni a suffragio quasi universale (maschile) del 1913. Riprese, infine, il suo posto alla Camera, ma lo scoppio del primo conflitto mondiale depotenziò il ricorso al linguaggio regionalista, costringendolo a un rapido riallineamento nazional-patriottico e all’anonimato parlamentare, a favore dell’impegno all’Università di Roma che l’aveva reintegrato nel 1912. Si distinse solo per un intervento in comitato segreto nel giugno 1917 contro la sospensione delle licenze ai soldati siciliani e per il voto contrario all’adozione del sistema proporzionale nel luglio 1919.

Dopo l’ingresso nel gruppo misto e il sostegno critico ai due governi Nitti, l’autentica rentrée parlamentare di Nasi avvenne il 2 luglio 1920, in occasione del dibattito sulla fiducia all’ultimo ministero Giolitti, a cui si oppose con un discorso che coniugava severi giudizi sull’universo democratico italiano con la richiesta di un ordinamento regionale per la Sicilia. Superata nel 1921 anche la seconda prova del sistema proporzionale nel collegio interprovinciale di Trapani, Girgenti e Caltanissetta con la lista Unione Democratica contrassegnata dal simbolo della Trinacria, aderì da indipendente al gruppo parlamentare della Democrazia sociale, partecipando attivamente al convegno siciliano del novembre 1921 organizzato in vista della trasformazione in partito, che avvenne nell’aprile 1922, ma a cui Nasi si iscrisse soltanto nel 1923, in controtendenza rispetto a coloro che in quella fase transitavano verso il fascismo.

Nel gruppo demosociale interpretò la tendenza più guardinga e di cauta attesa verso Mussolini, al quale votò la fiducia nell’ottobre 1922, contestandogli però il diritto di identificarsi con la nazione. In provincia di Trapani, invece, tentò di controllare dall’interno il partito fascista attraverso l’inserimento ai suoi vertici di esponenti a lui fedeli, che tuttavia furono soppiantati dal prevalere di una linea conservatrice interpretata da Saporito, il quale patrocinò con l’avallo di Cesare Mori, prefetto di Trapani dal giugno 1924 all’ottobre 1925, l’adesione della grande proprietà terriera al nuovo ordine.

Nel settembre 1923, lo scioglimento del consiglio comunale di Trapani e della giunta democratica guidata da Carlo Guida segnò l’inizio del declino politico di Nasi, che, ciononostante, fu fra i dieci deputati eletti della lista della Democrazia sociale nell’aprile 1924 e rappresentò uno degli ultimi baluardi contro il definitivo affermarsi del fascismo in Sicilia. Già sospettato di avere sostenuto il movimento di difesa costituzionale del ‘soldino’ sviluppatosi a Messina nel maggio 1923, aderì nel giugno 1924 all’Aventino parlamentare, poco dopo avere tenuto il suo ultimo discorso in aula in qualità di oppositore del ‘fascismo della sesta ora’. Nel luglio 1925, insieme agli ex ministri Giovanni Antonio Colonna di Cesarò e Pietro Lanza di Trabia, fu fra i promotori della lista di concentrazione antifascista Unione per la libertà che alle elezioni comunali di Palermo mise in atto l’estremo tentativo di contrastare per via legale l’instaurarsi della dittatura. Il 9 novembre 1926 fu dichiarato decaduto dal mandato parlamentare, mentre Saporito pubblicava un volume di ricordi in cui riesumava i fatti all’origine del processo contro di lui.

Ritiratosi a vita privata, si dedicò alla stesura delle memorie, poi pubblicate postume, nell’estate 1943, a cura del figlio Virgilio, futuro costituente e parlamentare social-comunista.

Morì a Erice il 17 settembre 1935.

Opere: oltre ai testi citati, si segnalano: L’educazione popolare nel regime democratico moderno, Padova 1878; Pel 50° anniversario della rivoluzione siciliana del 1848. Discorso pronunciato dall’On. N. N. addì 12 gennaro 1898 nella Chiesa Nazionale di Trapani, Trapani 1898; Feste ed evoluzioni del patriottismo, Roma 1898; Per la Pubblica Istruzione.Discorsi pronunciati fuori del Parlamento da S.E. il ministro della Pubblica Istruzione on. N. N. durante l’anno 1902, ibid. 1903; L’on. N. N. a Palermo. Discorso del 7 aprile 1913, Napoli 1913; La questione meridionale ed altri discorsi tenuti al popolo di Noto il 7 settembre 1913, Noto 1913; Il diritto e la guerra. Prolusione al corso di Filosofia del diritto nella R. Università di Roma (1915-16), Selci 1918; Memorie. Storia di un dramma parlamentare, Roma 1943, 2a ed., Mazara 1951.

Fonti e Bibl.: L’archivio di Nasi è conservato nel Fondo Nasi della Biblioteca Fardelliana di Trapani. Lettere di e a Nasi si possono reperire in: Arch. di Stato di Brescia, Carte Zanardelli; Roma, Arch. centr. dello Stato, Carte Camillo Finocchiaro Aprile; Cremona, Biblioteca statale, Fondo Ettore Sacchi; Arch. di Stato di Forlì, Fondo Alessandro Fortis; Roma, Arch. storico del Senato, Fondo Antonio Cefaly, Serie 1 Corrispondenza. Inoltre: Atti Parlamentari, Camera dei Deputati, Discussioni, legislature XVI-XXVII, ad indices; Indice generale degli Atti parlamentari 1848-1897. Storia dei collegi elettorali, Roma 1898, pp. 673 s.; E.M. Morelli, Il processo N. Storia sensazionale documentata. Resoconto dell’Alta Corte, Palermo 1908; M. Vaina, Popolarismo e nasismo in Sicilia, Firenze 1911; V. Saporito, Trenta anni di vita parlamentare, Roma 1926, pp. 4, 46 s., 54, 57, 95 s., 114, 197, 214; S. Cilibrizzi, Storia parlamentare, politica e diplomatica d’Italia da Novara a Vittorio Veneto, III, Napoli 1939, pp. 360-367; T. Grandi, Appunti di bibliografia mazziniana.La fortuna dei «Doveri» e Mazzini fuori d’Itaia, Milano-Torino-Genova 1961, pp. 35-47; R. Colapietra, Il radicalismo legalitario, in Rassegna di politica e di storia, VIII (1962), 93, pp. 23-32; 94, pp. 16-32; Dalle carte di Giovanni Giolitti. Quarant’anni di politica italiana, II, a cura di G. Carocci, Milano 1962, pp. 124 s., 297, 302-305; G. Mosca, Il tramonto dello stato liberale, a cura di A. Lombardo, Catania 1971, pp. 70-81, 427-436; A. Landuyt, Le sinistre e l’Aventino, Milano 1973, pp. 157, 390-392; A. Infranca, Il periodo trapanese del prefetto Mori nel giudizio della stampa locale, in Nuovi Quaderni del Meridione, 1982, n. 78, pp. 227-261; R. Ferrari Zumbini, L’«incidente» N. Cronaca di una vicenda dell’Italia poltica d’altri tempi (1903-1908), Padova 1983; P.L. Ballini, La destra mancata. Il gruppo rudiniano-luzzattiano fra ministerialismo e opposizione (1901-1908), Firenze 1984, pp. 19, 33, 37, 63, 83-86, 99, 111; F. Renda, Storia della Sicilia dal 1860 al 1970, II, Palermo 1985, pp. 366-374; S. Girgenti, La vicenda N. e i suoi riflessi sull’opinione pubblica italiana, Trapani 1985; G. Barone, Egemonie urbane e potere locale (1882-1913), in La Sicilia, a cura di M. Aymard - G. Giarrizzo, Torino 1987, pp. 279-299; S. Lupo, L’utopia totalitaria del fascismo (1918-42), ibid., pp. 382 s., 394 s., 405; M. Pacelli, Lo scandalo N., in Il Parlamento italiano 1861-1988, VII, Roma 1990, pp. 19 s.; L. D’Angelo, La democrazia radicale tra la prima guerra mondiale e il fascismo, Roma 1990, pp. 201, 242-246, 314, 379, 397-400, 460 s.; G. Bongiovanni, Immagini di N. N.: ritratti, caricature, vignette satiriche, in Omaggio a N. N., Trapani-Erice 1995, pp. 29-44; S. Girgenti, Vita politica di N. N. Separatismo e autonomismo in Sicilia nei primi del ’900, Trapani, 1997; C. Duggan, Creare la nazione. Vita di Francesco Crispi, Roma-Bari 2000, p. 874; F. Conti, Storia della massoneria italiana. Dal Risorgimento al fascismo, Bologna 2003, pp. 158, 168, 174 s.; A. Scornajenghi, La sinistra mancata. Dal gruppo zanardelliano al Partito Democratico Costituzionale Italiano (1904-1913), Roma 2004, pp. 27-30, 73, 334-336, 342; S. Costanza, Cultura e informazione a Trapani fra Otto e Novecento, Palermo 2006, pp. 72-135; Id., Trapani fra le due guerre. Il tramonto delle egemonie urbane, Trapani 2006, pp. 11-48; Sindaci Podestà Commissari 1861-1946, a cura di M. Megale, Trapani 2007, pp. 19-25; I. Rosoni, 3 aprile 1900. L’Aventino di Zanardelli, Bologna 2009, pp. 35, 47, 181; S. Costanza, Sicilia risorgimentale, Trapani 2011, pp. 70-108.

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