FARNESE, Odoardo

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 45 (1995)

FARNESE, Odoardo

Dario Busolini

Nacque a Colorno (Parma) il 12 ag. 1666, primogenito del duca Ranuccio II e della duchessa Isabella d'Este, che morì il 21 agosto seguente, in conseguenza del parto.

Battezzato il bambino nella cappella del palazzo con una cerimonia privata, Ranuccio II decretò immediatamente un periodo di lutto ed annunciò ufficialmente la nascita dell'erede al trono ducale solo il 1º settembre. Il lutto cessò nel 1668, quando il duca contrasse per la terza volta matrimonio con la sorella della defunta, Maria, e fece ripetere il battesimo del figlio in forma solenne, nel duomo di Parma, il 5 luglio.

Il F. venne educato a corte in maniera adeguata al suo rango. Afflitto da una precoce obesità, dotato di spirito e di maniere affabili, si uniformò volentieri ai dettami e ai costumi paterni, cominciando presto a frequentarne assiduamente la folta schiera di favoriti.

Tra questi, il F. si legò particolarmente a Giuseppe Calvi, un sarto piacentino che, fattosi cantante per fuggire la povertà, aveva sposato una ricca e nota prostituta dell'epoca, la Madelon. Il Calvi, dopo varie vicende, si era presentato a corte con lei e, grazie ai suoi maneggi, aveva ottenuto da Ranuccio II uno stipendio e un titolo comitale. Per qualche tempo il F. divise con il padre anche i favori della donna, indotta poi a monacarsi, col consenso del marito, prima che lo scandalo divenisse troppo evidente. Il "conte Calvi" invece lo accompagnò per tutta la sua giovinezza, come maestro di gusto, divertimenti e galanterie, mantenendo a corte un'influenza che accennò a diminuire solo quando il duca cominciò la lunga e complessa tessitura delle trattative matrimoniali per il figlio.

Accogliendo un suggerimento dell'imperatore Leopoldo I, Ranuccio II richiese per il F. al conte elettore palatino del Reno, Filippo Guglielmo di Neuburg, la mano di una delle sue figlie, Dorotea Sofia.

Con delega firmata dal F. il 3 ag. 1688, la trattativa fu affidata ad un altro favorito, però dotato di reali capacità politiche, F. Perleti. Questi riuscì a dirottare la concorrenza del re di Spagna Carlo II, recentemente rimasto vedovo, su un'altra figlia dell'elettore, Maria Anna, e la convenzione per il matrimonio del F. con Dorotea Sofia venne stipulata al principio del 1690. Il Perleti ebbe in premio il titolo di conte e la carica di ambasciatore a Vienna.Le nozze furono celebrate per procura il 3 aprile, ma già il 26 la principessa giunse a Parma. Qui, il 17 maggio, ebbe luogo la tanto attesa cerimonia nuziale, in un'opulenta cornice di lusso, sfarzo e scenografie meravigliose che impressionarono i tedeschi al seguito della sposa. Per una decina di giorni gli sposi condivisero le musiche di L. Lotti, M. Sabatini e G. Tosi, le coreografie di F. Galli Bibiena e le rappresentazioni (per le quali riaprì anche il celebre teatro Farnese) di A. Aureli. Poi cominciarono la loro vita coniugale segnata da un durevole, reciproco affetto che i contemporanei giudicarono assai raro nei matrimoni combinati tra principi.

I sudditi invece non amavano la futura duchessa, il matrimonio della quale era costato loro una pesante tassazione, e la descrivevano come non particolarmente bella, severa e pedante. Ma anche quando parlavano del F., lodavano sì il suo carattere fondamentalmente bonario, però ne rimarcavano la "straordinaria, e veramente mostruosa grassezza", dubitando della sua capacità di mettere al mondo dei figli.

Tuttavia, nonostante le dicerie sulla coppia, a Parma il 6 dic. 1691 nacque un erede, Alessandro Ignazio, con grande gioia di Ranuccio II. Quasi a ulteriore smentita dei maligni poi, il 25 ott. 1692, Dorotea Sofia partorì una bambina, Elisabetta, la futura regina di Spagna.

Le condizioni di salute del F. comunque peggioravano. La grave obesità gli rendeva difficili i movimenti e l'espletamento delle normali attività. Secondo i medici, date le circostanze, la nascita di ulteriore prole sarebbe stata un evento altamente improbabile. Il 5 ag. 1693, dopo soli venti mesi di vita, morì improvvisamente il piccolo Alessandro Ignazio. In Parma circolarono ipotesi, del tutto fantasiose, su di una presunta responsabilità della madre, sempre invisa ai sudditi, nella morte del bambino. Ranuccio II, ormai praticamente certo che suo figlio non gli avrebbe più dato un altro nipote, iniziò a temere per la sua successione. Il F. confermò i timori del padre. Anche a causa del dolore per la perdita del figlio, le sue condizioni di salute subirono un tracollo. Il 6 sett. 1693, alle 5 del mattino, egli moriva, "oppresso dal proprio peso e soffocato dall'esorbitante pinguedine", a Parma.

Compatito da tutti, giacché - come si disse allora - non aveva avuto modo di opprimere nessuno, e pianto accoratamente dal padre e dalla moglie, venne sepolto, dopo solenni funerali, nella chiesa di S. Maria Maddalena del Tempio, dove già riposava un altro Farnese dal destino simile al suo, il principe Pietro. Entrambe le salme, nel 1812, furono traslate nella cripta della Steccata.

Ranuccio II, prima di morire a sua volta, nel 1695, persuase il suo secondogenito Francesco, nuovo e giovanissimo crede del Ducato, a sposare la cognata vedova per poter cosi salvare il legame con l'Impero. Inoltre evitava di dover restituire all'elettore palatino la ricca dote della figlia, qualora costui avesse deciso di farla convolare a nuove nozze. La crisi dinastica, però, venne soltanto rinviata di pochi decenni.

Fonti e Bibl.: Archivio di Stato di Parma, Casa e corte Farnesiana, s. 2, b. 33, ff. 5-8; Carteggio estero, b. 131, f. 1692; Descrittione delle feste fatte eseguire nel maggio 1690 da Ranuccio II per le nozze del principe O. suo primogenito con la serenissima principessa Dorotea Sofia Palatina di Neoburgo, Parma 1690; C. Freschot, Etat ancien et moderne des duchés de Florence, Modène, Mantoue et Parme, Utrecht 1711, pp. 471, 503, 510, 512, 519, 531; C. Poggiali, Memorie storiche di Piacenza, XII, Piacenza 1766, pp. 64, 145-150, 152, 159 s.; F. de Navenne, Rome et le palais Farnèse pendant les trois derniers siècles, II, Paris 1923, pp. 30 s.; G. Drei, Le tombe di Alessandro Farnese e dei principi di Parma, in Aurea Parma, XXI (1937), 6, pp. 192 s.; Id., I Farnese, Roma 1954, pp. 231, 245, 247; E. Nasalli Rocca, I Farnese, Milano 1969, pp. 197, 199, 209, 230; O. Michel, L'Accademia, in Le palais Farnèse, I, 2, Rome 1981, p. 571; M. Aymard-J. Revel, La famille Farnèse, ibid., pp. 711, 714 s.; P. Litta, Le famiglie celebri italiane, subvoce Farnesi, tav. XIX.

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