Odore

Universo del Corpo (2000)

Odore

Red.
Stefano Allovio

L'odore è la sensazione specifica dell'organo dell'olfatto, diversa a seconda delle sostanze da cui è provocata. Gli studi antropologici hanno messo in evidenza come gli odori, che alla pari di tutte le altre percezioni sensoriali sono soggetti a una classificazione di tipo culturale e non hanno quindi valore assoluto, possono costituire elementi determinanti dell'identità o dell'alterità e una potente metafora per le distinzioni sociali. Nella società occidentale contemporanea è l'assenza di odori, derivata dall'asetticità e dai nuovi materiali, ad avere assunto una valenza positiva.

Odori e strutture molecolari (Red.)

Soltanto nel 20° secolo la scienza, basandosi sulla conoscenza delle strutture molecolari, ha potuto affrontare il problema della genesi degli odori. Sono state proposte molte teorie, che hanno tutte l'obiettivo di correlare le strutture molecolari con le caratteristiche olfattive delle sostanze odorose. La difficoltà del problema è ben rappresentata dal fatto che gli esperti di profumi sono in grado di distinguere ben 15.000 odori differenti, che spesso sostanze con strutture molecolari molto diverse hanno odori indistinguibili e che l'odore di molte sostanze dipende dalla loro concentrazione. Le sostanze odorose hanno tuttavia in comune alcune proprietà: sono volatili, liposolubili e almeno parzialmente idrosolubili. Ciò consente loro di passare sia attraverso lo strato lipidico della membrana cellulare sia attraverso lo strato acquoso che bagna i terminali del sistema nervoso olfattorio. Tra le proprietà molecolari chiamate in causa come responsabili dell'odore vanno citate: le frequenze vibrazionali, il carattere acido o basico, il momento di dipolo, la forma delle molecole, le funzioni chimiche in esse presenti. È probabile che nessuna di esse possa, da sola, essere considerata come determinante per le caratteristiche odorose di una sostanza. D'altra parte, lo studio degli organi dell'olfatto ha verificato l'esistenza di differenti tipi di recettori dell'olfatto (nella specie umana sono sette). È possibile pertanto che più recettori diversi vengano stimolati dalla medesima sostanza con meccanismi differenti, e che la percezione soggettiva dell'odore sia determinata dal complesso dei segnali inviati dall'insieme dei recettori ai centri cerebrali dell'olfatto.

L'analisi statistica della distribuzione degli odori assegna la diffusione maggiore a quelle sostanze che hanno odore di canfora, di muschio, di fiori, di menta, etereo, pungente e di putrido. Questi sarebbero i sette odori primari, a ciascuno dei quali corrisponderebbe un diverso tipo di recettore dell'olfatto. Le molecole odorose appartenenti alle classi suddette producono i loro effetti penetrando con precisione in uno dei siti del recettore. Tutti gli altri odori sarebbero composti e generati sia da sostanze in grado di interagire con più siti recettoriali contemporaneamente, sia da miscele di sostanze. È stato dimostrato che la forma di una molecola gioca un ruolo importante nel determinare le proprietà olfattive: ciò indica che alcuni tipi di recettori dell'olfatto possiedono cavità asimmetriche capaci di ospitare soltanto molecole della forma e della chiralità adatte. Tuttavia, la forma e la dimensione non sono le uniche qualità importanti nel determinare gli odori: lo dimostra il fatto che alcune classi di sostanze, come per es. le amine o i solfuri organici, mantengono le loro caratteristiche olfattive anche quando le vicinanze del gruppo aminico o del gruppo solfuro vengono modificate introducendo sostituenti ingombranti nella molecola. In tal caso i recettori sarebbero sensibili soltanto alle proprietà acide o basiche.

Non vi sono ancora basi sperimentali abbastanza solide per individuare quali altre proprietà molecolari intervengano a determinare le caratteristiche odorose delle sostanze, e ciò che ancora manca è la strumentazione adatta a porre su basi quantitative una 'scienza degli odori', come è già avvenuto per l'acustica e per l'ottica; non possediamo cioè per gli odori un'unità di misura come il decibel o il lumen. Per molte sostanze, invece, conosciamo bene le concentrazioni al di sotto delle quali non percepiamo di esse alcun odore. La sostanza alla quale il nostro olfatto risulta più sensibile è la vaniglina, la cui soglia di percezione è di 2 ∙1 0-11 g/l di aria e cioè 7,9 ∙ 1010 molecole/l. Il migliore degli attuali rivelatori gascromatografici ha una sensibilità mille volte minore.

Aspetti antropologici

di Stefano Allovio


1.

Le classificazioni degli odori

Un classico ambito di ricerca degli etnologi e degli antropologi è la percezione del mondo esterno nelle varie culture. Gli esseri umani, pur provvisti di una comune dotazione biologica, orientano e interpretano la propria sfera sensoriale in relazione a classificazioni di ordine culturale. Numerosi studi etnoantropologici hanno mostrato, per es., come i colori vengano percepiti e classificati in modo diverso a seconda della società di appartenenza, oppure come lo spazio circostante venga percepito sulla base di mappe mentali e cosmologie esclusive di una determinata cultura. L'interesse degli antropologi si è concentrato soprattutto su alcune classificazioni di percezioni trascurandone altre, come per es. gli odori e i gusti. Un motivo di ciò è rintracciabile nel fatto che le percezioni che colpiscono alcuni sensi, come il gusto e l'olfatto, non sono chiaramente riconducibili a una precisa terminologia. Un'esperienza comune è quella di non saper descrivere a parole uno specifico odore che pure si riconoscerebbe fra mille; in questi casi le lingue riescono a tradurre soltanto imperfettamente e le terminologie risultano ambigue. Per ovviare a questi limiti linguistici, si ricorre di frequente al lessico delle altre sfere sensoriali (Cardona 1985). In questo modo, per descrivere un accostamento di colori si dice che è stridente (un termine connesso all'udito), di un vino si dice che è morbido (tatto) e rotondo (vista), un gusto può essere secco e un odore acuto.

Al di là delle terminologie, gli stessi meccanismi della percezione fanno sì che determinate sfere sensoriali siano particolarmente legate fra loro; è il caso dell'olfatto e del gusto in cui le decodificazioni operate attraverso la mucosa nasale e le papille gustative si sintetizzano nel riconoscimento di particolari aromi. Per tale motivo, la gastronomia (pensata come un universo di gusti e di sapori) diventa espressione dell'estetica olfattiva, la quale si differenzia nei vari contesti culturali. Secondo l'etnologo francese A. Leroi-Gourhan (1965), i legami fra la cucina e la 'personalità etnica' sono quasi esclusivamente olfattivi: "le cucine in cui il riso è l'elemento base sono numerose, ma è impossibile confondere piatti di riso malgasci, cinesi, indiani, ungheresi o spagnoli, perché il modo di cucinare comporta la creazione di un aroma olfattivo-gustativo specifico di ogni cultura" (trad. it., p. 342).

Se è vero che ogni gruppo umano possiede e produce i propri aromi, è altrettanto vero che in ogni cultura gli odori vengono valutati mediante una scala che va dallo sgradevole al gradevole e classificati in base a determinati criteri non condivisi universalmente. Fra i sereer ndut del Senegal esistono sei categorie di odori: sun, hot, hes, pirik, pen e hen (Dupire 1987). La categoria sun è riservata all'urina e a tutti gli animali che ne sprigionano l'odore (il toro, il serpente, la scimmia, il cavallo, il cane). Con il termine hot si designano gli odori putridi caratterizzanti la terra umida, le radici, i funghi, gli animali che vivono nel fango e nella sporcizia (maiali e anatre), gli escrementi, le carogne e i cadaveri. L'odore hes accomuna il latte e il pesce, mentre il termine pen designa tutti gli odori sgradevoli come il sudore umano. Alcune piante che possiedono un odore particolarmente sgradevole rientrano nella categoria pirik e vengono utilizzate dagli ndut per scacciare gli spiriti, gli stregoni e i serpenti. Anche l'asino, l'animale domestico meno amato, ha un odore pirik. Gli odori gradevoli dei fiori e dei frutti vengono denominati hen, così come la cipolla cruda e la pasta di arachidi. Osservando questa classificazione pare evidente, in primo luogo, una maggiore precisione nel definire gli odori sgradevoli piuttosto che quelli gradevoli, un particolare che si contrappone a molte scale diffuse in Occidente (per es., la scala Henning presenta anch'essa sei categorie di cui cinque caratterizzate da fragranze gradevoli). In secondo luogo, incuriosisce la connessione dell'odore del pesce con quello del latte nella categoria denominata hes. A ben vedere, sia il latte sia il pesce sono soggetti, in qualità di alimenti, a modificazioni analoghe: il latte può essere consumato fresco, cagliato o ancora come prodotto caseario; il pesce è consumato sia fresco sia essiccato. Il termine hes, quindi, non specifica un odore particolare, ma piuttosto modificazioni parallele e analoghe di due alimenti e dei loro odori (Dupire 1987).

Attraverso la classificazione degli odori risulta possibile non solo ordinare il mondo esterno in categorie specifiche, ma anche sviluppare un discorso sull'uomo, in altre parole esplicitare una determinata antropologia. Restando all'interno del caso etnografico esaminato finora, è opportuno sottolineare che i sereer ndut ritengono l'essere umano contraddistinto da un tipico odore (kiili). In realtà il kiili presenta due forme distinte: il kiili fan e il kiili coona. Il primo è l'odore del corpo (fan appunto) e dell'anima mortale localizzata nel cuore, il secondo è l'odore dell'anima immortale. Quando un individuo muore il kiili coona abbandona il corpo del defunto per reincarnarsi in un discendente. Durante il funerale i parenti svolgono un rituale intorno al corpo del morto per fargli sentire "gli odori delle anime dei suoi compagni terrestri" (Dupire 1987, p. 12). Il kiili coona, l'odore dell'anima immortale, rappresenta una sorta di gruppo sanguigno spirituale ed è connesso all'identità della famiglia.

2.

L'odore degli uomini

Se davvero è possibile intravedere una sorta di antropologia connessa agli odori, diventa significativo analizzare non solo il nesso fra odore e identità, ma anche il legame fra odore e alterità. In effetti, in molte culture le forme di umanità 'altre' (rispetto al proprio gruppo e alla propria etnia) vengono definite a partire da uno specifico odore. Le stesse sei categorie ndut sono utilizzate per definire i gruppi vicini: odorano sun, al pari dell'urina, gli europei, i peul e i mauri (questi ultimi in quanto una leggenda li vuole discendenti dei cani, considerati sun). Odorano hes i diola e i manjak della Casamance, mentre nell'unica categoria di odori gradevoli (hen) vengono inclusi i bambara e, su un livello inferiore, gli stessi ndut. A seconda dell'appartenenza etnica e culturale, il corpo umano emana specifici odori. Malgrado ciò sia parzialmente spiegabile attraverso le differenze dei regimi alimentari e alcuni fattori genetici, l'attribuzione di un odore a un gruppo umano possiede una forte valenza ideologica. Succede spesso che il proprio odore risulti gradevole, mentre quelli degli altri sgradevoli e, come nel caso degli ndut, connessi agli strati inferiori del mondo vivente (gli animali). In alcuni contesti la distinzione operata non è fra differenti sensazioni olfattive, ma fra l'asetticità e l'odore, in considerazione del fatto che si percepiscono maggiormente gli odori degli altri che non i propri. I primi esploratori europei attribuirono un odore puzzolente ai neri dell'Africa, di contro i bianchi risultano maleodoranti ai membri di altre culture.

Nell'Europa medievale, alcuni sostenevano che gli ebrei emanassero un forte fetore e che l'unico rimedio per eliminarlo fosse diventare cristiano per mezzo del battesimo, oppure ingerire il sangue di un bambino cristiano (Classen 1992). Evidentemente l'odore diventa in alcuni casi una potente metafora per le distinzioni sociali, e risulta chiaro che non solo si disprezza qualcuno perché si prova ribrezzo per il suo odore, ma molte volte si attribuisce un odore sgradevole a chi si odia o si considera inferiore. Nella foresta del Congo, il senso di superiorità dei coltivatori lese nei confronti dei pigmei efe si esprime anche con valutazioni sull'odore di questi ultimi. I pigmei vivono di caccia e raccolta e per fare ciò si spostano in continuazione all'interno della grande foresta costruendo accampamenti temporanei, rappresentati dai lese come un insieme di sporcizia, odori ripugnanti e malattie. I bambini lese hanno il terrore di penetrare in un accampamento efe abbandonato; essi sostengono che le capanne hanno l'odore della foresta e degli efe. L'odore dei pigmei - dicono i lese - "rende lo stomaco triste" e l'odore corporale degli efe è indicato come la ragione principale per cui una donna lese non accetterebbe mai di avere rapporti sessuali con un uomo efe.

Un esempio particolarmente interessante di simbolismo olfattivo correlato con l'identità di gruppo è rintracciabile nella cultura dei gruppi tucano, insediati nella foresta amazzonica colombiana e studiati dall'antropologo G. Reichel-Dolmatoff. I tucano sostengono che tutti i componenti di una stessa tribù possiedono un odore corporeo specifico per mezzo del quale segnano il territorio del gruppo, analogamente a ciò che fanno gli animali. Questo odore territoriale dipende dai differenti cibi consumati nelle varie tribù: i desana (cacciatori) odorano di carne; i pira-tupuya, dediti alla pesca, odorano di pesce; i tucano (coltivatori) odorano di radici (Classen 1992). Gli odori, oltre a marcare i confini fra i territori occupati dai vari gruppi etnici, segnano anche i confini sociali interni a un villaggio. Fra i suya dell'Amazzonia brasiliana ogni individuo appartiene, a seconda dell'età e del sesso, a una specifica categoria olfattiva: ai maschi adulti che vivono nella casa degli uomini nel centro del villaggio è attribuito un odore dolce e gradevole, agli anziani, indipendentemente dal sesso, viene attribuito un odore pungente, ai ragazzi e alle ragazze un odore forte, alle donne un odore molto forte.

Questa classificazione traduce in termini olfattivi lo status sociale, e ciò è confermato dai significati che vengono attribuiti al rito di iniziazione alla vita adulta, durante il quale - dicono i suya - i ragazzi perdono l'odore forte e acquistano quello dolce e gradevole. Lo stretto rapporto fra status sociale e odore pareva evidente anche nel mondo occidentale alla fine del 19° secolo, quando la distinzione era fra una classe agiata pulita, inodore e amante di delicate fragranze, contrapposta alla classe lavoratrice, sporca, puzzolente e solita usare profumi volgari e forti. Malgrado le difficili condizioni di vita del proletariato giustificassero una sommaria pulizia del corpo, gli aristocratici di allora ritenevano che le classi elevate avessero maggiore sensibilità e delicatezza nell'apprezzare raffinate fragranze (Classen 1992). Gli odori, utilizzati come si è visto per compiere classificazioni e distinzioni fra gli uomini, possiedono un valore olfattivo determinato anche da considerazioni di ordine culturale. Un odore può essere gradevole per alcuni e sgradevole per altri in base a determinate scelte culturali. Fra i dassanetch, una società dell'Etiopia divisa in pastori e pescatori, tutto ciò che è connesso al bestiame acquista una valenza positiva, in quanto i pastori sono considerati superiori ai pescatori. Coloro che praticano l'allevamento evidenziano questa superiorità 'ostentando' gli odori dei loro animali. L'odore del bestiame è un segno di identità e di superiorità all'interno del gruppo etnico al punto che i pastori spesso si lavano le mani con l'urina degli animali e si imbrattano il corpo con il letame. Per i pastori dassanetch l'odore del bestiame è buono, di contro, i pescatori emanano un cattivo odore, che può addirittura infettare gli armenti. La tendenza olfattiva di un gruppo può inoltre cambiare nel tempo a causa di mutamenti comportamentali e ambientali. Per es., A. Corbin (1982), nel suo contributo relativo al 18° e al 19° secolo, ha fatto notare come, con il miglioramento dell'igiene urbana, la tendenza olfattiva dei parigini sia mutata nel volgere di un breve arco di tempo portandoli ad apprezzare l'inodoro e le fragranze delicate.

3.

L'uso dei profumi

Finora ci si è concentrati sui significati più squisitamente antropologici connessi all'odore corporale in varie culture umane. Occorre aggiungere che in molte società (inclusa la nostra) l'uso di profumi, oli odorosi e deodoranti acquista una funzione analoga a quella del letame e dell'urina del bestiame dei dassanetch: creare un'immagine idealizzata del proprio corpo. In realtà, nella cultura occidentale, è il non-odore ad assumere una valenza positiva e a diventare sinonimo di modernità. L'asetticità è connessa alla pulizia e all'igiene, i materiali da costruzione moderni (metalli, plastica) non hanno odori rispetto ai tradizionali (legni, pelli e ossa) e quindi anche l'odore del corpo deve essere coperto con deodoranti (spesso inodori) o con profumi leggeri e delicati. Esistono tuttavia contesti sociali e rituali in cui determinati odori vengono marcati e apprezzati: si pensi per es. al ruolo dei profumi nelle interazioni affettive e amorose, oppure all'importanza delle fumigazioni di incenso nelle chiese cristiane.

Restando nell'ambito religioso, appare opportuno sottolineare come i buoni odori siano di frequente associati alla divinità. Nella tradizione cristiana i profumi contraddistinguono la santità e gli stessi corpi dei santi emanano delicate fragranze (si dice infatti 'essere in odore di santità'). Di contro, gli odori cattivi vengono associati agli spiriti maligni, come nel caso del legame fra demonio e odore di zolfo. Nel pantheon dei bororo del Brasile questa dicotomia si presenta attraverso due tipi di spiriti: i bope, spiriti negativi della trasformazione, caratterizzati da un odore molto sgradevole, e gli aroe, spiriti benevoli della conservazione, caratterizzati da una dolce fragranza. In molte culture amerindie, inoltre, le piante odorifere vengono usate per comunicare con gli spiriti; nell'India induista i profumi sono necessari al culto degli dei, e le fumigazioni di incenso e di legno di sandalo sono legate alle offerte compiute dai brahmani. In alcuni casi gli odori e i profumi hanno una funzione medica e terapeutica. Fra i warao del Venezuela, le sensazioni olfattive pervadono la percezione dello spazio e influenzano la salute degli uomini. Per i warao, l'Ovest è connesso alla morte ed è la direzione da cui arrivano odori cattivi spesso associati a malattie; l'Est è il luogo della divinità della vita ed è la direzione da cui provengono i profumi. Quando una persona viene 'contagiata' dai cattivi odori dell'Ovest si ammala, e l'unico rimedio è rappresentato dagli odori gradevoli dell'Est.

Il caso sicuramente più curioso di impiego terapeutico degli odori è rintracciabile in antichi testi medici cinesi, nei quali viene consigliata una cura a base di pillole di profumo da ingerire con regolarità. In seguito alla cura, dopo 10 giorni di trattamento il corpo risulta profumato, dopo 27 il profumo del corpo impregna i vestiti, dopo 57 giorni il profumo si trasmette alle mani degli altri e così via. Si narra di giovani ragazze nutrite con aromi fin dall'infanzia in modo che la loro pelle potesse effondere delicate fragranze.

Bibliografia

G.R. Cardona, La foresta di piume. Manuale di etnoscienza, Roma-Bari, Laterza, 1985.

C. Classen, The odor of the other. Symbolism and cultural categories, "Ethos", 1992, 20, 2, pp. 133-66.

A. Corbin, Le miasme et la jonquille. L'odorat et l'imaginaire social, XVIIIe et XIXe siècles, Paris, Aubier Montaigne, 1982.

M. Dupire, Des goûts et des odeurs: classifications et universaux, "L'Homme", 1987, 27, 4, pp. 5-25.

A. Leroi-Gourhan, Le geste et la parole. La mémoire et les rythmes, Paris, Michel, 1965 (trad. it. Torino, Einaudi, 1977).

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