ODORICO da Pordenone

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 79 (2013)

ODORICO da Pordenone

Andrea Tilatti

ODORICO da Pordenone. –  Secondo il cronista trecentesco Giovanni di Viktring (Liber certarum historiarum, II, a cura di F. Schneider, Scriptores rerum Germanicarum in usum scholarum ex Monumentis Germaniae historicis separatim editi, Hannover-Leipzig 1910, p. 113), nacque a Pordenone da una delle famiglie lasciate a presidio della cittadina friulana da Ottocaro II, re di Boemia nei primi anni Settanta del Duecento. Forse da questo ebbe origine la voce, non confermabile, che Odorico fosse di stirpe boema. Sicuramente non nacque dalla famiglia Mattiussi-Mattiuzzi e nemmeno nel 1265, data proposta da padre Girolamo Golubovich (1917, p. 21 s.), mosso da preoccupazioni ostili alla supposta ascendenza boema di Odorico. Preferibile è la tradizione che lo vuole nato nei primi anni Ottanta del secolo XIII, rafforzata dalla ricognizione medica sui resti parzialmente mummificati del corpo (2002). Se all’epoca della morte (1331) Odorico poteva avere circa 50 anni, si può calcolare che fosse nato attorno al 1280.

Gli agiografi trecenteschi dicono che entrò giovanissimo tra i frati minori. Mancano conferme, ma è forte la suggestione di riconoscere in lui un «Odolricus puer fratrum Minorum», che fu testimone con altri quattro frati a un atto redatto a Gemona del Friuli il 9 febbraio 1296 (Tilatti, 2004, p. 6). Se così fosse, gli scarni lineamenti biografici dell’agiografia troverebbero conforto.

Odorico vivente è nominato in tre atti notarili (1316, 1317 e 1318) nei quali appare, come teste o attore, in diverse località del Friuli: Cividale, Castello di Porpetto, Portogruaro (Tilatti, 2004, p. 17-22). La qualità dei negozi giuridici, gli attori e i testimoni svelano il prestigio e le relazioni di alto livello sociale e istituzionale nelle quali era inserito e lasciano pensare che avesse contatti con la curia avignonese. Tale possibilità darebbe senso istituzionale al successivo viaggio in Oriente, data l’attenzione del papato per le missioni. Il concilio di Vienne, infatti, aveva disposto la costituzione, a Bologna, Parigi, Oxford e Salamanca, di scuole di arabo, ebraico e caldeo per istruire missionari disposti a evangelizzare i popoli orientali (canone 24).

Proprio la relazione del viaggio in Oriente, che rese celebre Odorico, può corrobare l’ipotesi. Essa fu dettata nel maggio 1330 a Padova, al confratello Guglielmo da Solagna, per ordine del ministro provinciale dei Minori. Sembrerebbe dunque concepita come un documento ufficiale da recapitare alla curia papale, dove giunse. Le fonti agiografiche trecentesche, inoltre, sostengono che Odorico fosse tornato in patria per ottenere dal papa rinforzi per le missioni in Cina. Sono notizie non verificabili, però la mobilità del frate, che mostra di aver conosciuto numerose città italiane prima dell’Oriente, e la sua caratura elevata nel contesto storico in cui visse suggeriscono che il viaggio oltremare non fosse il frutto dell’inquietudine di una coscienza, né il riflesso di un moto di fuga di un membro di una frangia spirituale emarginata e perseguitata all’interno dell’Ordine.

La 'missione' sembra condotta secondo le consuetudini dei frati (Odorico ebbe almeno un socius, frate Giacomo d’Irlanda) e fu conclusa, appunto, con un resoconto ufficiale. Si tratta dell’Itinerarium o Relatio, che ebbe un’ampia fortuna manoscritta latina (circa 80 testimoni superstiti), suddivisa in diverse recensioni, più volte pubblicate a stampa, a partire dal 1513, sebbene manchi un’edizione critica migliore di quella di Anastaas van den Wyngaert, del 1929. Precoci furono i volgarizzamenti (molti editi): sette in italiano, due in francese e in tedesco, uno in catalano-castigliano e in gallese, fino a versioni più recenti in inglese e in ceco.

Odorico partì dopo il 1318, da Venezia, per sbarcare a Trebisonda, sul Mar Nero, la prima sosta documentata nella relazione. Da là, si mosse per via terra verso Hormuz, per salpare verso l’Oceano Indiano. Non ci sono dati cronologici precisi circa il susseguirsi delle tappe. Odorico forniva brevi note descrittive dei luoghi toccati, segnalava peculiarità culturali, religiose, sociali, produttive e commerciali, e indicava i tempi di percorrenza medi che separavano una località dall’altra.

L’approdo di Odorico in India fu Tana, a nord est di Mumbai. Qui seppe del martirio di quattro frati minori, avvenuto nell’aprile 1321: un termine post quem per i tempi del viaggio. Recuperò le ossa di Tommaso da Tolentino, Giacomo da Padova e Demetrio da Tiflis (ma non il corpo di Pietro da Siena) e le portò sino a Quanzhou, allora sede vescovile. Una lettera del vescovo, Andrea da Perugia, datata 1326, conferma la loro ricezione.

Dopo Tana, Odorico proseguì verso Malabar e Chennai (Madras), visitò la tomba dell’apostolo Tommaso a Mylapur. Di seguito il racconto appare più confuso ed è difficile capire la direzione dei movimenti e identificare le località toccate, in una peregrinazione che, se non è casuale, ha lo scopo di esplorare quanto più possibile rotte e regioni incognite. Da Ceylon Odorico passò per le isole Adamane, Nicobare, Sumatra, Giava, Borneo, forse per le Filippine e altri approdi. Solo l’arrivo a Guangzhou (Canton), nel Catai, l’impero del Gran Khan, conferisce una nuova linearità all’itinerario.

Le tappe successive furono Quanzhou, Fuzhou, Hangzhou, Nanchino, Yangzhou e altre città, spesso di incerta identificazione, ma gigantesche e ricchissime, a confronto con le più modeste città italiane. Odorico giunse coi compagni a Khanbaliq, oggi Pechino, sede imperiale e dell’arcivescovo francescano Giovanni da Montecorvino, che, partito da Rieti nel 1289, era arrivato alla sua sede nel 1294-95; nel 1307 Clemente V lo aveva elevato a metropolita di tutto l’Oriente, prima della creazione (1318) della metropoli di Soltaniyeh, in Persia, affidata ai predicatori. Giovanni tentò di evangelizzare specialmente i cristiani nestoriani, ma non riuscì a formare un clero indigeno. Non ci sono prove per collegare il viaggio di Odorico con l’azione dell’arcivescovo. Non si sa nemmeno quando il frate friulano sia giunto a Khanbaliq, benché si pensi a un periodo tra il 1322 e il 1325. È verosimile che Odorico incontrasse il presule, sebbene non ne parli nell’Itinerarium, come non parlò di attività propriamente missionarie, ma asserì di essere rimasto tre anni nella capitale dell’Impero. Giovanni da Montecorvino morì nel 1328. Questi dati hanno indotto l’ipotesi che Odorico fosse stato incaricato di tornare in Occidente per sollecitare aiuti.

Il viaggio di ritorno seguì il tragitto interno, noto come 'via della seta', attraverso la Cina, il Pamir, la Persia e il Mar Nero, sino, probabilmente, a Venezia. La descrizione è molto più sbrigativa, con cenni a curiosità e a storie in buona parte già note in Europa, come quella sul mitico regno del prete Gianni. Forse Odorico approdò in Italia tra il 1329 e il 1330. Sicuramente nel maggio 1330 era a Padova, ma la notizia, tarda, che volesse recarsi ad Avignone sembra cozzare contro il riscontro degli eventi. Il 14 gennaio 1331, infatti, Odorico morì a Udine, nel convento di S. Francesco, per complicanze cardiache causate da insufficienze respiratorie, secondo gli esiti dell’autopsia praticata sui resti mummificati della salma.

La morte avviò la fama di santità di Odorico. La chiesa conventuale udinese divenne il centro di una devozione amplificata dal succedersi di miracoli testimoniati da due raccolte. La prima, schematica ed essenziale, fu composta per iniziativa dei frati del convento; la seconda fu promossa dal patriarca di Aquileia, Pagano Della Torre, che nel maggio 1331 nominò una commissione incaricata di raccogliere testimonianze giurate sui miracoli patrocinati da Odorico. Era una prassi mutuata dai processi di canonizzazione e il dossier raccolto fu probabilmente inviato alla curia papale, ma non resta memoria di un processo curiale. La provenienza dei miracolati mostra che il culto, oltre che a Udine (dove assunse una valenza quasi civica) e in Friuli, aveva ramificazioni in Carinzia, in Istria e nel Veneto, favorito dalla propaganda dei minori.

Il patriarca decise di traslare ed elevare il corpo dell’ormai beato Odorico in un sepolcro lapideo, commissionato e pagato dalla comunità di Udine e scolpito da un artista veneziano, Filippo de Sanctis. La cerimonia di 'canonizzazione' episcopale avvenne nel 1332. Odorico fu venerato nella chiesa di S. Francesco e la cappella a lui dedicata fu affrescata, nel Quattrocento, con episodi del viaggio in Oriente e dei miracoli. Le reliquie furono rimosse a causa delle soppressioni venete (1769) e dopo alcune peregrinazioni pervennero alla chiesa di S. Maria del Carmine, dove tuttora si trovano nell’arca ricomposta.

La memoria agiografica di Odorico fu assicurata dalla Relatio, integrata nella tradizione manoscritta 'udinese' con la raccolta dei miracoli, e fu amplificata nei vari Catalogi sanctorum dell’Ordine, nella Chronica XXIV generalium ordinis Minorum (1369-73), attribuita a frate Arnaldo da Sarrant, e nel De conformitate vitae beati Francisci ad vitam domini Iesu di Bartolomeo da Pisa (1385-90). Nel secolo XVIII, l’Ordine, insieme con la diocesi di Aquileia e la municipalità udinese, avvertì la necessità di ottenere dal papa un decreto di beatificazione equipollente. Il processo fu avviato nel 1749 e il 2 luglio 1755 Benedetto XIV emise il decreto di conferma del culto ab immemorabili.

Dopo la beatificazione, la figura di Odorico assunse sempre meglio i connotati del frate missionario in estremo Oriente, tanto da essere definito, nel secolo XX, 'apostolo della Cina'. L’immagine agiografica ne fu aggiornata, al punto da meritare l’apertura di un processo di canonizzazione. Un primo infruttuoso tentativo fu compiuto nel 1931 e un altro nel 1965-66. Il progetto delineato nel 1931 fu ripreso negli anni Novanta del Novecento, quando l’arcivescovo di Udine incaricò un gruppo di storici e giuristi di analizzare la fortuna del culto successiva al 1755. La fase diocesana del processo fu aperta formalmente il 14 gennaio 2002 e chiusa positivamente nel 2006. Gli atti, trasmessi a Roma, non hanno ancora dato esito conclusivo. Oltre all’iniziativa per la canonizzazione di Odorico, si è aperta sul piano storico e filologico una nuova intensa stagione di studi.

Fonti e Bibl.: Gli studi odoriciani sono numerosi, qui se ne offre una campionatura indicativa: B. Asquini, Vita e viaggi del beato O. da Udine, Udine 1737; [F.A. Benoffi], Elogio storico alle gesta del beato O. dell’ordine de’ Minori Conventuali, con la storia da lui dettata de’ suoi viaggi asiatici, Venezia 1761 (normalmente attribuito a Giuseppe Venni); T. Domenichelli, Sopra la vita e i viaggi del beato O. da P. dell’Ordine de’ Minori, Prato 1881; O. Cordier, Les voyages en Asie au XIVe siècle du bienheureux frère Odoric de Pordenone, réligieux de saint-François, Paris 1891; G. Golubovich, Il beato frate O. da P. OFM. Note critiche bio-bibliografiche, in Archivum franciscanum historicum, X (1917), pp. 17-46; Sinica Franciscana, a cura di A. van den Wyngaert, I: Itinera et relationes fratrum Minorum saeculi XIII et XIV, Quaracchi 1929, pp. 381-495; A. Sartori, Odoriciana. Vita e memorie, in Il Santo, VI (1966), pp. 7-65; G. Strassmann, Konrad Steckels deutsche Uebertragung der Reise nach China des O. de P., Berlin 1968; G.C. Testa, Bozza per un censimento dei manoscritti odoriciani, in O. da P. e la Cina, Atti del Convegno storico internazionale, ... 1982, a cura di G. Melis, Pordenone 1984, pp. 117-150; Jean de Vignay, Le merveilles de la terre d’Outremer, traduction du 14e siècle du récit de voyage d’Oderic de Pordenone, a cura di D.A. Trotter, Exeter 1990; F.E. Reichert, Incontri con la Cina. La scoperta dell’Asia centrale nel Medioevo, Milano 1997 (ed. originale 1992); P. Chiesa, Per un riordino della tradizione manoscritta della Relatio di O. da P., in Filologia mediolatina, VI-VII (1999-2000), pp. 311-350; Libro delle nuove e strane e meravigliose cose. Volgarizzamento italiano del secolo XIV dell’Itinerarium di Odorico da Pordenone, a cura di A. Andreose, Padova 2000; G. Stival, O. del Friuli, Padova 2001; A. Tilatti, O. da P.. Vita e Miracula, Padova 2004; Id., Le sepolture e le migrazioni del corpo del beato O. da P., in Il Santo, XLIV (2004), 2-3, p. 477-486; E. Bacciga, O. da P., in Nuovo Liruti. Dizionario biografico dei Friulani, 1,II: Il medioevo, a cura di C. Scalon, Udine 2006, pp. 597-606; Le voyage en Asie d’Odoric de Pordenone traduit par Jean le Long OSB. Itineraire de la Peregrinacion et du voyaige (1351), a cura di A. Andreose - P. Ménard, Genève 2010; A. Andreose, La strada, la Cina, il cielo. Studi sulla Relatio di O. da P. e sulla sua fortuna romanza, Soveria Mannelli 2012.

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