Olimpiadi estive: Pechino 2008

Enciclopedia dello Sport (2012)

Olimpiadi estive: Pechino 2008

Andrea Salvarezza

di Andrea Salvarezza

Giochi della XXIX Olimpiade: Pechino 2008

NUMERO OLIMPIADE: XXIX

DATA: 8 agosto-24 agosto

NAZIONI PARTECIPANTI: 204

NUMERO ATLETI: 10.942 (6.305 uomini, 4.637 donne)

NUMERO ATLETI ITALIANI: 345 (212 uomini, 133 donne)

SPORT: 28 (Atletica, Badminton, Baseball, Calcio, Canoa, Canottaggio, Ciclismo, Equitazione, Ginnastica, Hockey su prato, Judo, Lotta, Pallacanestro, Pallamano, Pallavolo, Pentathlon moderno, Pugilato, Scherma, Softball, Sollevamento pesi, Sport acquatici, Taekwondo, Tennis, Tennis da tavolo, Tiro, Tiro con l'arco, Triathlon, Vela)

NUMERO DI GARE: 302

APERTURA UFFICIALE DEI GIOCHI: Hu Jintao (Presidente della Repubblica Popolare Cinese)

ULTIMO TEDOFORO: Li Ning (ex atleta, ginnastica artistica)

GIURAMENTO OLIMPICO: Zhang Yining (atleta, tennis da tavolo)

In vista del raggiungimento di una posizione di rilievo sullo scacchiere politico ed economico internazionale, fin dagli anni '90 del XX secolo la Repubblica Popolare Cinese ha visto nell'opportunità olimpica lo strumento ideale per suggellare il suo ruolo di protagonista e leader a livello mondiale. Data l'importanza strategica racchiusa nell'organizzazione dei Giochi, il governo cinese ha sostenuto con forza e a più riprese i tentativi di Pechino di ottenere un'edizione delle Olimpiadi, riuscendo finalmente a raggiungere l'obiettivo nell'estate del 2001, anno doppiamente cruciale per il reinserimento della Cina nel consesso internazionale, visto che a dicembre, dopo ben quindici anni di negoziati, la Repubblica Popolare Cinese sarebbe entrata a far parte anche del WTO, l'Organizzazione Mondiale del Commercio.

L’assegnazione

Già nel 1993, in occasione del 101° Congresso del CIO che avrebbe assegnato le Olimpiadi del 2000, Pechino sembrava vicinissima a coronare il sogno olimpico cinese: ma con grande sorpresa, dopo aver raccolto il maggior numero di voti in ciascuno dei primi tre turni di elezioni, uscì sconfitta di misura nel ballottaggio finale contro Sidney, che si vide così assegnare i Giochi del 2000 con 45 preferenze contro le 43 di Pechino.

Se la rabbia per la sconfitta del 1993 fu grande, più grande ancora è stata la soddisfazione cinese quando otto anni più tardi l'ambizione di ospitare una rassegna olimpica sul proprio territorio nazionale ha visto finalmente il suo compimento. I giochi della XXIX Olimpiade sono stati assegnati ufficialmente a Beijing (nome inglese di Pechino) il 13 luglio 2001, nel corso della prima giornata di lavori del 112° Congresso del CIO, svoltosi a Mosca. Delle dieci città che avevano inizialmente presentato la propria candidatura per le Olimpiadi del 2008 (Bangkok, Il Cairo, L'Avana, Kuala Lumpur, Siviglia, Osaka, Istanbul, Parigi, Toronto e Pechino), il CIO aveva effettuato una prima scrematura già nell'estate del 2000, selezionando quelle cinque che sarebbero state valutate in modo più approfondito e avrebbero partecipato all'elezione del 13 luglio (Osaka, Istanbul, Parigi, Toronto, Pechino). A Mosca, Pechino ha letteralmente sbaragliato la concorrenza, raggiungendo la maggioranza assoluta dei voti già al secondo turno, con 56 preferenze contro le 49 totali delle tre candidate rimaste in gioco dopo l'eliminazione di Osaka al primo turno. Gli artefici del successo cinese furono soprattutto Liu Qi, allora sindaco di Pechino e presidente del Beijing Olympic BId COmmittee (BOBICO), il comitato che lavorò alla candidatura e alla presentazione del dossier, e Wang Wei, che del BOBICO assunse le mansioni di segretario generale. Non a caso, entrambi avrebbero occupato un posto di rilievo anche nel Beijing Organizing Committee for the Olympic Games (BOCOG), il Comitato Organizzatore dei Giochi: Liu Qi come Presidente e Wang Wei come Vice Presidente Esecutivo.

Il problema dei diritti umani

In questo modo, per la terza volta dopo Tokio '64 e Seoul '88, l'Olimpiade ha preso la via dell'Asia: l'occasione di aprirsi ad un mercato così importante, facendo breccia nella nazione più popolosa del mondo, era evidentemente per il CIO e per i suoi sponsor un'occasione commerciale troppo ghiotta per non essere sfruttata. Inevitabili, e ben più aspre del solito, furono le polemiche e le critiche sollevate all'indomani dell’assegnazione. Accusato di svendere l'ideale olimpico ad un paese incapace di garantire il rispetto dei diritti civili, il Comitato Olimpico Internazionale ha dovuto fare i conti anche con la questione della libertà di stampa (in Cina vige tuttora la censura su Internet) e con i problemi ambientali legati all'inquinamento. La timida difesa del CIO, secondo cui la scelta di portare i giochi in Cina doveva servire proprio a favorire il progresso della Repubblica Popolare Cinese sul piano dei diritti umani e della graduale democratizzazione, in modo simile a quanto accaduto in Corea del Sud con i giochi di Seoul, è apparsa fin da subito del tutto pretestuosa e infondata. Limitandosi ad un ruolo di facciata, accettando le promesse cinesi senza esercitare effettive pressioni a livello politico, il CIO e quindi le Olimpiadi hanno fatto ben poco per promuovere il rispetto dei diritti umani in Cina.

L'unico possibile effetto positivo, dovuto ad una maggiore attenzione dell'opinione pubblica mondiale, si è andato sgonfiando quando si sono spenti i riflettori delle gare; nei mesi precedenti le Olimpiadi, soprattutto a causa della situazione del Tibet, il tema ha effettivamente ricevuto un'attenzione mediatica senza precedenti, ma a dieci giorni dalla cerimonia inaugurale un rapporto di Amnesty International ha continuato a denunciare come nonostante lievi passi in avanti, la Cina fosse rimasta ancora molto indietro rispetto alle promesse fatte al CIO.

Inevitabilmente, anche il percorso della fiaccola ha risentito del clima di polemiche: accesa ad Olimpia il 24 marzo 2008, la sacra fiamma è giunta a Pechino dopo aver compiuto un cammino di oltre 137.000 chilometri durato 130 giorni, il percorso più lungo da quando il viaggio della torcia ha fatto la sua comparsa a Berlino 1936. In diversi angoli del globo, nonostante le ingenti misure di sicurezza imposte dal BOCOG, il passaggio della fiaccola ha offerto l'occasione ad attivisti e dimostranti di manifestare il proprio dissenso contro lo svolgimento dei Giochi, con momenti di particolare tensione soprattutto a Londra, Parigi e San Francisco (nella capitale francese il sacro fuoco di Olimpia si è addirittura spento in seguito alla protesta di alcuni manifestanti pro-Tibet). Un passaggio particolarmente significativo, come quello che ha visto la torcia sulla cima del monte Everest, è stato reso possibile solo da una serie di misure restrittive imposte da Pechino, che temendo altre manifestazioni a favore del Tibet prima ha imposto il divieto di ascesa sul versante cinese della montagna e poi ha fatto pressioni sul Nepal per bloccare anche il versante nepalese.

La questione ambientale

Il problema ambientale è stato sollevato soprattutto dalla vibrante presa di posizione di Haile Gebreselassie: l'allora primatista mondiale della maratona, bicampione olimpico nei 10.000 ad Atlanta e Sidney, dopo una visita a Pechino avvenuta nel marzo del 2008 ha dichiarato che non avrebbe preso parte alla maratona olimpica perché i livelli di inquinamento della capitale cinese erano tali da mettere a serio repentaglio la salute degli atleti. A dire il vero lo stesso Gebreselassie, una volta tornato a Pechino per correre i 10.000 m, si è detto pentito della sua scelta, dopo aver riscontrato i netti miglioramenti nella situazione atmosferica della capitale cinese. Effettivamente tra gli ingenti investimenti realizzati per l'organizzazione dei Giochi (oltre 40 miliardi di dollari di spesa), ben 17 erano stati destinati proprio alla questione ambientale. E come testimonia un rapporto indipendente dell'UNEP (United Nations Environment Programme, il programma delle Nazioni Unite per l'ambiente), alla fine del 2008 la situazione dell'inquinamento nell'area metropolitana di Pechino era nettamente migliorata rispetto al passato: per questo motivo il rapporto UNEP ha affermato che almeno a proposito della questione ambientale le promesse cinesi sono state mantenute appieno.

La censura di Internet

Molto critica è stata anche la questione riguardante la libertà di stampa. Nonostante le rassicurazioni di Pechino, ribadite anche all'inizio del 2008, ad una settimana dall'inizio delle competizioni l'uso di Internet era ancora censurato, essendo bloccati tutti i siti considerati “inappropriati” dal governo cinese (contenenti ad esempio informazioni su Tibet, Darfur, Birmania o sulle proteste di Piazza Tienanmen del 1989). Per sbloccare la situazione, e permettere ai giornalisti presenti a Pechino di fruire liberamente di Internet, ci è voluto il deciso intervento del CIO: così il 1° agosto è arrivato l'annuncio del Comitato Olimpico circa la decisione del BOCOG di rimuovere tutte le restrizioni per permettere ai media di svolgere al meglio il proprio lavoro. A dire il vero però questo è stato concesso solo ai giornalisti accreditati, mentre la situazione nel resto della Cina è rimasta invariata.

Una città migliorata

Innegabili miglioramenti sono stati apportati alla città dalla kermesse olimpica: non solo è stato costruito il terminal aeroportuale più grande del mondo, ma sono state costruite nuove strade e nuove linee di tram e metro, così come nuovi mezzi più rispettosi dell'ambiente hanno sostituito oltre 50.000 taxi e 10.000 autobus. I Giochi hanno lasciato in eredità a Pechino un sistema di trasporto pubblico più efficiente e una condizione ambientale migliore, ma anche in questo caso non sono mancate le denunce delle associazioni umanitarie circa la violenza degli espropri realizzati per permettere la costruzione degli impianti e in generale per modernizzare la città.

Anche l'impiantistica sportiva, come è ovvio, ha visto un netto miglioramento: gli impianti di gara utilizzati sono stati 37, di cui 6 fuori Pechino. Dei 31 presenti in città, 11 erano esistenti, 8 sono stati allestiti temporaneamente per lo svolgimento delle gare e 12 sono stati costruiti ex novo per rimanere come patrimonio della municipalità. Due le meraviglie architettoniche: lo splendidoNational Aquatics Centre (Water Cube), dove si sono svolte le gare di nuoto, e il National Stadium, teatro degli eventi di atletica.

La cerimonia di apertura

Ribattezzato “The Bird's Nest” per la sua caratteristica forma a nido d'uccello, il National Stadium di Pechino ha ospitato anche la cerimonia di apertura delle Olimpiadi. Di grande impatto visivo, emozionante e suggestiva al punto da essere successivamente eletta come la migliore mai realizzata, la cerimonia di apertura dei Giochi della XIX Olimpiade si è svolta il giorno 8/08/08 e ha avuto inizio alle 8:00 di sera del fuso orario di Pechino, in rispetto della tradizione che considera l'8 un numero fortunato. Introdotta da duemila otto suonatori che hanno dato vita ad uno spettacolare countdown suonando speciali tamburi in grado di illuminarsi, la cerimonia ha potuto contare su un totale di 15.000 comparse agli ordini del regista Zhang Yimou e del coreografo Zhang Jigang. Se l'organizzazione dei Giochi doveva servire a portare definitivamente la Cina sul palcoscenico mondiale, non è stato certo un caso che la regia sia stata affidata a Yimou, il regista di Lanterne Rosse, film che nel 1991 portò il cinema cinese alla ribalta internazionale e che gli valse il Leone d'Argento alla regia a Venezia.

La parte artistica dello show è stata naturalmente incentrata sulla millenaria cultura cinese, con un focus particolare sulle Quattro grandi invenzioni (la carta, la stampa a caratteri mobili, la polvere da sparo e la bussola); poi il cerimoniale è proseguito come da abitudine con la parata delle nazioni. A Pechino però, dopo la tradizionale entrata della Grecia, cui spetta l'onore di entrare sempre per prima in memoria delle Olimpiadi dell’antichità, le altre nazioni non hanno sfilato in ordine alfabetico, ma secondo l'ordine dei caratteri in cinese semplice, basato sul numero di tratti necessari a scrivere il primo simbolo del nome in ordine crescente. In questo modo l'Italia, con Antonio Rossi a portare il tricolore, è stata tra le ultime a sfilare sul prato del National Stadium. Da segnalare la calorosa accoglienza riservata agli atleti di Taipei, la Cina Nazionalista, e la nuova “separazione” delle due Coree, che invece a Sidney ed Atene avevano sfilato sotto una stessa bandiera. Tra gli atleti insigniti dell'onore di portare il proprio vessillo nazionale c'era anche il tennista svizzero Roger Federer, numero uno del tennis mondiale dal 2004, che perderà proprio a Giochi in corso il suo primato. A chiudere la parata delle nazioni la Cina padrona di casa, con portabandiera il gigante del basket Yao Ming (è alto 229 cm), simbolo dello sport globalizzato in forza agli Houston Rockets della NBA americana.

Con tutte le nazioni schierate al centro del campo, è stata la volta dei discorsi e dei giuramenti: dopo il benvenuto agli atleti da parte di Liu Qi, presidente del Comitato Organizzatore, e i saluti del Presidente del CIO Jacques Rogge, come prevede il cerimoniale olimpico è stato il Presidente della Repubblica Popolare Cinese Hu Jintao, in qualità di premier del paese ospitante, a dichiarare ufficialmente aperti i Giochi della XXIX Olimpiade. Dopo di lui il giuramento degli atleti, letto dalla giocatrice cinese di tennis tavolo Zhang Yining (oro in singolo e in doppio ad Atene), infine il momento più atteso: l'ingresso della fiamma olimpica all'interno dello stadio. L'ultimo tedoforo della lunga marcia della fiaccola è stato Li Ning, sei medaglie nella ginnastica artistica (tra cui tre ori) a Los Angeles nel 1984: l'immagine di Li Ning che fluttua nell'aria sorretto da un cavo metallico quasi invisibile, compiendo un giro di campo all'altezza dell'ultimo anello dello stadio prima di accendere il braciere olimpico, farà parte per sempre dell'immaginario collettivo legato ai Giochi Olimpici.

Gli eventi

Sul piano sportivo, i giochi di Pechino hanno registrato il clamoroso exploit della Cina padrona di casa, prima nel medagliere olimpico con ben cinquantuno ori e cento medaglie totali: gli Stati Uniti, secondi nella classifica delle nazioni, si sono fermati a trentasei successi, seppur con un numero più alto di medaglie complessive (110). Il grande successo cinese è il frutto di una pianificazione capillare svolta sul modello offerto in passato dall'URSS e dalla DDR, con una forte statalizzazione della pratica sportiva; l'enorme bacino di utenza su cui lavorare (la popolazione cinese supera il miliardo) ha fatto il resto.

Nonostante l'exploit della Cina, due sono stati gli atleti simbolo di questa olimpiade, e non a caso provengono dalle discipline più amate e più seguite: il nuotatore americano Michael Phelps e il velocista giamaicano Usain Bolt. Lo “squalo di Baltimora”, arrivato a Pechino dopo i sei ori e i due bronzi di Atene con l'obiettivo di battere (o almeno eguagliare) il record del connazionale Mark Spitz a Monaco 1972 (sette ori su sette gare, con altrettanti record del mondo), è andato addirittura meglio del suo illustre predecessore, realizzando un'impresa destinata a restare scolpita in modo indelebile nella storia dei Giochi Olimpici. Il 22 velocista di Trelawney, Giamaica, ha fatto altrettanto centrando tre roboanti medaglie d'oro (100 m, 200 m e 4x100) nella regina dei Giochi, l'Atletica, stabilendo anche in tutte e tre le occasioni impressionanti record del mondo.

Sport acquatici

Per esigenze televisive, le finali del nuoto si sono disputate sempre nella mattinata di Pechino, anziché come da tradizione nell’orario tardo pomeridiano, in cui invece si sono svolte batterie ed eliminatorie. L'anomalia, voluta per assecondare la NBC e permettere la messa in onda delle finali nel prime-time televisivo americano, ha dato il via a diverse polemiche nel corso della manifestazione.

Le fatiche di Phelps hanno avuto inizio il 10 agosto (oro nella finale dei 400 misti, in cui gli azzurri Boggiatto e Marin sono arrivati quarto e quinto) e sono finite una settimana più tardi, il 17, con la vittoria nella 4x100 mista in cui ha nuotato la frazione a farfalla. In mezzo altre sei medaglie, tutte del metallo più pregiato e sempre (ad eccezione dei 100 farfalla) con il record del mondo: l'11 agosto nella staffetta 4x100 stile libero (che lo aveva “tradito” ad Atene, finendo terza), il 12 nei 200 stile libero (in cui anche era stato di bronzo nel 2004, dietro Thorpe e Van den Hoogenband), il 13 agosto nei 200 farfalla e nella staffetta 4x200 stile libero, il 15 nei 200 misti e il 16 agosto nei 100 farfalla. La vittoria più sofferta, forse non a caso, è arrivata proprio nell'ultima prova individuale, l'unica in cui Phelps ha trionfato senza stabilire il record del mondo, dovendosi accontentare del record olimpico: nei 100 farfalla l'americano ha toccato con un solo centesimo di vantaggio sul serbo Milorad Cavic, in un finale incredibilmente concitato che ha portato ad aspre polemiche. Sembrato nettamente secondo nel tocco, Phelps è stato invece accreditato di un tempo migliore di Cavic (50.58 contro 50.59) perché il serbo, pur arrivando per primo a toccare la piastra, non lo ha fatto con la pressione necessaria in grado di attivare i sensori. L'affermazione di Phelps può dirsi comunque limpida e cristallina: il ricorso della delegazione serba è stato respinto dalla Fina dopo ulteriori controlli effettuati dalla Omega, cronometrista ufficiale dei giochi. Lo stesso Cavic, con parole esplicite, ha ammesso di accettare serenamente il verdetto emesso dalla vasca e di essere onorato di essere giunto secondo dietro il più grande nuotatore mai sceso in piscina. Già, perché se non c'è dubbio che le comparazione tra atleti di epoche diverse resta un esercizio piuttosto sterile, è altrettanto vero che con gli otto ori di Pechino Michael Phelps è diventato l'atleta più vincente non solo di una singola edizione dei Giochi, ma anche della storia delle Olimpiadi (quattordici ori totali).

Se l'impresa di Phelps ha giustamente finito per accentrare l'attenzione dei media e degli appassionati, il Water Cube ha offerto comunque prestazioni di rilievo anche nel resto del programma natatorio: tra le gare maschili e quelle femminili, complici anche i super costumi, sono stati infatti ben venticinque i record del mondo migliorati (in 21 prove diverse), con sessantacinque record olimpici (in 30 gare). Tanti gli atleti “cannibalizzati” da Phelps, sia in senso sportivo che mediatico; tra quelli battuti dall'americano impossibile non citare il magiaro Laszlo Cseh, tre volte argento dietro Phelps (200 misti, 200 farfalla e 400 misti). Nella rana Kosuke Kitajima si è confermato autentico dominatore, trionfando nei 100 e nei 200 come già ad Atene e trascinando il Giappone ad una bellissima medaglia di bronzo nella 4x100 mista. Il dorso ha regalato ulteriore gloria allo squadrone americano, trionfatore nei 100 con Aaron Peirsol e nei 200 con Ryan Lochte (argento per Peirsol). La velocità ha visto sugli scudi il brasiliano Cielo e il francese Bernard: il ventunenne di San Paolo ha vinto i 50 stile (con Bernard bronzo) ed è arrivato terzo a pari merito con Lezak nei 100, dove ad imporsi è stato Bernard sull'australiano Eamon Sullivan. Le distanze più lunghe hanno offerto non poche emozioni: nei 400 stile libero il coreano Park Tae-hwan (anche argento nei 200 dietro Phelps) ha tolto al pubblico di casa la gioia dell'oro andando a vincere sul cinese Zhang Lin, mentre nei 1.500 m il tunisino Oussama Mellouli ha negato all'australiano Grant Hacket, che cercava il terzo oro olimpico consecutivo dopo le vittorie di Sidney e Atene, una tripletta che sarebbe stata storica. In campo maschile le uniche prestazioni di rilievo per i colori azzurri sono arrivate dalle staffette e dalla 10 km in acque libere: la 4x100 mista è stata squalificata in finale per un cambio irregolare, ma la 4x200 stile (Belotti, Brembilla, Rosolino, Magnini) è andata vicinissima a ripetere l'exploit di Atene, dove fu di bronzo, fermandosi stavolta al quarto posto dietro Stati Uniti, Russia ed Australia, ma con il record nazionale. Quarta con onore anche l'altra staffetta a stile libero, la 4x100, di nuovo col record italiano. È andato ad un passo dal podio anche l'azzurro Valerio Cleri, finito quarto nella 10 km in acque libere che era all'esordio nella competizione olimpica: la vittoria è andata all'olandese Van der Weijden, in un convulso finale che ha visto i tre medagliati lottare fino all'ultima bracciata, arrivando racchiusi nell'arco di appena secondi dopo quasi due ore di nuoto.

Le gare femminili non hanno visto atlete dominare la scena come ha fatto Phelps, ma hanno offerto comunque spunti tecnici di estreme interesse. La tedesca Britta Steffen è stata la regina della velocità, centrando la doppietta 50 e 100 stile libero. Nei 50 la Steffen si è imposta su Dara Torres, una leggenda del nuoto a stelle e strisce: a 41 anni l'americana non solo ha raggiunto la quinta partecipazione ai Giochi (nessuno come lei tra i nuotatori statunitensi, pur avendo saltato Atlanta ed Atene), ma ha sfiorato l'oro olimpico individuale che ancora le manca (pur vantando nel suo palmares quattro ori in staffetta, di cui il primo risale addirittura al lontano 1984 a Los Angeles, la Torres non ha infatti mai raggiunto il gradino più alto del podio alle Olimpiadi in una prova individuale).

Dopo l'argento di Atene e gli incredibili miglioramenti mostrati nel quadriennio di avvicinamento a Pechino, ci si aspettava moltissimo da Federica Pellegrini, arrivata in Cina come grande favorita nei 200 e 400 stile libero. Scesa nella vasca del Water Cube con in tasca il record del mondo dei 400, stabilito pochi mesi prima cancellando Laure Manadou, nella sera del 10 agosto la Pellegrini ha iniziato nel migliore dei modi la sua avventura pechinese, superando in batteria il record olimpico della leggendaria Janet Evans (che durava dal 1988) ed entrando in finale con il miglior tempo. La mattina dopo però l'azzurra ha subito una cocente delusione, giungendo solo quinta nel giorno in cui Rebecca Adlington ha riportato la Gran Bretagna all'oro nel nuoto femminile dopo ben 48 anni. Il riscatto della Pellegrini è stato immediato, con il record del mondo nelle batterie dei 200 stile ottenuto nello stesso pomeriggio della finale dei 400 '11 agosto), poi ritoccato nella finale in cui l'azzurra ha finalmente centrato l'oro (13 agosto), diventando così la prima nuotatrice italiana a vincere un oro alle Olimpiadi. Il medagliere azzurro del nuoto ha visto anche lo splendido argento di Alessia Filippi: la nuotatrice romana è giunta seconda negli 800 stile libero nel giorno della doppietta della Adlington.

Nella rana femminile l'australiana Leisel Jones ha regolato l'americana Rebecca Soni nei 100, ma nei 200 ha dovuto concederle la rivincita e la Soni si è imposta centrando l'oro (Jones seconda). Nel dorso Kirsty Coventry ha di nuovo sfiorato la doppietta, vincendo come quattro anni prima ad Atene l'oro nei 200 e l'argento nei 100 (dietro Natalie Coughlin). Nei misti dominio assoluto di Stephanie Rice: nei 200 e nei 400 l'aussie ha vinto con il record del mondo in entrambe le occasioni, battendo due volte la Coventry, che da sola ha così raccolto tutte e quattro le medaglie vinte dallo Zimbabwe. La farfalla ha regalato finalmente una gioia al pubblico di casa: è accaduto nei 200, dove la Liu Zige e la Jiao Liuyang si sono trovate fianco a fianco sul podio con oro e argento (nei 100 successo di Lisbie Trickett). Nelle staffette bene l'Olanda, che con Marleen Veldhuis ultima frazionista ha vinto l'oro nella 4x100; poi doppio successo australiano nella 4x200 e nella 4x100 mista, con Leisel Jones, Stephanie Rice e Lisbie Trickett che hanno ingrossato con un oro a testa il proprio bottino personale. Qualche rimpianto per le azzurre nella 4x200, in cui sono arrivate quarte con il record europeo: per il bronzo però sarebbe servito un tempo oltre tre secondi inferiore.

Gli altri eventi del Water Cube hanno visto la definitiva consacrazione dell'Ungheria nella pallanuoto maschile: forti di fuoriclasse del calibro di Tibor Benedek (che ha giocato a lungo in Italia), Tamar Kasas (anche per lui un'esperienza italiana) e Peter Biros, i magiari hanno centrato il terzo oro olimpico consecutivo, il nono della loro storia, battendo in finale gli Stati Uniti ed eguagliando così la Gran Bretagna vincitrice tre volte di fila tra il 1908 e il 1920. Male il Settebello, eliminato già al girone, in cui ha perso anche dalla Germania: per gli azzurri l'unica consolazione è arrivata da Alessandro Calcaterra, miglior marcatore del torneo olimpico con ventisette centri. Esito non privo di sorprese nel torneo femminile, in cui a salire sul gradino più alto del podio è stata l'Olanda, qualificatasi a fatica nel proprio girone eliminatorio e poi giunta al successo finale dopo tre partite molto sofferte: prima il passaggio del turno ai rigori nei quarti, contro l'Italia (8-8 il finale prima dei tiri dai cinque metri), poi le vittorie di misura contro l'Ungheria (8-7 in semifinale) e in finale contro gli Stati Uniti, di nuovo secondi come negli uomini. Nella finalissima, finita 9-8, decisiva per l'Olanda la super prestazione di Daniëlle de Bruijn, autrice di sette dei nove centri olandesi (per lei diciassette gol totali nella manifestazione). Per le azzurre, dopo il bellissimo oro di Atene, la magra consolazione di essere state estromesse solo ai rigori dalle future campionesse olimpiche.

Nei tuffi è stato un dominio assoluto della Cina, capace di aggiudicarsi sette ori sugli otto disponibili, impreziositi da tre medaglie di bronzo e una d'argento: i padroni di casa hanno così confermato il loro predominio tecnico ai vertici della disciplina, soprattutto tra le donne (che hanno fatto en plein), mentre gli uomini hanno dovuto cedere l'oro dalla piattaforma 10 metri all'australiano Matthew Mitcham. La grande speranza di Tania Cagnotto di salire finalmente sul podio olimpico, purtroppo, non si è concretizzata: l’azzurra è arrivata solo quinta nel trampolino 3 m ed è rimasta addirittura fuori dalla finale nella piattaforma 10 m, in cui solo pochi mesi prima aveva centrato l’oro agli Europei di Eindhoven. Dopo il doppio bronzo mondiale del 2005 e del 2007 nel trampolino 3 m, era lecito per la Cagnotto sperare di mettersi al collo anche una medaglia olimpica. Duplice affermazione russa, infine, nel sincro, dove Davydova e Yermakova hanno vinto in doppio e hanno poi trascinato all'oro anche la propria squadra nazionale, con la Spagna per due volte argento: le due russe hanno così ripetuto i successi di Atene, diventando le nuotatrici più vincenti di sempre nel sincro.

Atletica

Anche l'atletica leggera, come detto, ha avuto un dominatore assoluto: suggestivo e fragoroso è stato infatti l'impatto che hanno avuto sul mondo dello sport le imprese compiute da Usain Bolt sulla pista del National Stadium di Pechino. Il giamaicano, con tre ori e altrettanti record mondiali, ha regalato agli spettatori del Bird's Nest una serie di prestazioni indimenticabili: prima è andato a vincere in scioltezza i 100 in 9.69, iniziando a festeggiare già a trenta metri dal traguardo, ormai imprendibile; poi ha bissato con l'oro dei 200 (la doppietta maschile 100-200 non riusciva dal 1984, con Carl Lewis), con un tempo ancora più incredibile (19.30), capace di cancellare addirittura il 19.32 di Michael Johnson di Atlanta; infine ha guidato la Giamaica ad uno spettacolare record mondiale nella 4x100, in cui ha corso come terzo frazionista per lasciare l'onore dell'ultimo cento ad Asafa Powell (37.10 il tempo del quartetto giamaicano, migliorativo di ben tre decimi rispetto al record mondiale stabilito dagli americani a Barcellona nel 1992). Nei 110 ostacoli vittoria del super favorito, il cubano Dayron Robles, fresco del nuovo record del mondo stabilito ad appena due mesi dai giochi: orfana del campione olimpico uscente e beniamino di casa Liu Xiang, che per la disperazione cinese è rimasto vittima di un misterioso infortunio in batteria, la gara è stata vinta agevolmente da Robles sugli americani Payne e Oliver, secondo e terzo.

Surclassato nella velocità, dove ha raccolto cinque medaglie ma nessuna del metallo pregiato (argento nei 200 per Crawford, due bronzi per Dix, argento e bronzo nei 110 hs), lo squadrone americano ha salvato la spedizione grazie al suo terreno più congeniale, il giro di pista, in cui ha centrato due storiche triplette suggellate dall'oro con record olimpico nella 4x400. Nei 400 LaShawn Merrit ha preceduto al traguardo il campione uscente Jeremy Wariner, con l'altro americano David Neville a comporre il podio, il secondo consecutivo interamente a stelle e strisce dopo quello di Atene; analoga situazione si è avuta nei 400 ostacoli, dove Angelo Taylor, già oro a Sidney, è tornato campione olimpico a distanza di 8 anni imponendosi su Kerron Clement e Bershawn Jackson, per un altro podio tutto americano. Con Taylor e i tre medagliati dei 400 metri piani, la staffetta americana ha avuto vita facile per mettere in riga Bahamas e Russia.

Etiopia e Kenia, storiche e acerrime rivali, si sono date battaglia come sempre nelle corse di fondo e mezzofondo, finendo per spartirsi tutti gli allori in palio. I keniani hanno volato centrando oro e bronzo nel mezzofondo veloce (Wilfred Bungei primo negli 800 con Kirwa Yego terzo), ma hanno centrato il successo anche nei 1.500 e nei 3.000 siepi, rispettivamente con Asbel Kiprop e Brimin Kipruto. I 1.500 in realtà sono stati vinti in gara da Rashid Ramzi, atleta del Bahrain nato in Marocco; ma il 18 novembre 2009 Ramzi è stato squalificato per una positività al CERA riscontrata durante i Giochi. Agli ori keniani l'Etiopia ha risposto con l'impresa di Kenenisa Bekele: già vincitore ad Atene dell'oro nei 10.000 e dell'argento nei 5.000, nonché primatista mondiale in carica sulle due distanze, l'etiope a Pechino si è migliorato collezionando una fantastica doppietta che mancava dagli annali olimpici dal 1980. In quell'occasione era stato Miruts Yifter, anch'egli etiope, a bissare per l'ultima volta 5.000 e 10.000: succedendo al suo connazionale, Bekele ha affiancato il suo nome a quello di mostri sacri del calibro di Hannes Kolehmainen, Emil Zatopek, Vladimir Kuts e Lasse Viren. Bekele ha vinto prima i 10.000, in cui il trionfo etiope è stato completato dal secondo posto di Sileshi Sihine, argento anche ad Atene sulla stessa distanza (sempre dietro a Bekele); poi ha surclassato i keniani Eliud Kipchoge (argento) e Edwin Soi (bronzo) nei 5.000, centrando così la storica doppietta.

Nei concorsi c'è stata gloria per diverse nazioni. Nei salti Steven Hooker (Australia) ha vinto l'asta con il record olimpico (5.96 m), mentre i campioni del mondo di Osaka 2007 Saladino (Panama) ed Evora (portoghese nato in Costa d'Avorio, ma originario di Capo Verde) si sono confermati nel lungo e nel triplo: quello di Saladino è stato per Panama il primo oro olimpico della storia. Emozionante ed incerta la finale del triplo, finita con il distacco più esiguo degli ultimi trentasei anni: il britannico Phillips Idowu è arrivato secondo per cinque soli centimetri. L'alto è andato al russo Silnov, campione d'Europa a Goteborg nel 2006. I lanci hanno confermato la forza della tradizione europea: nel disco ha vinto l'estone Gerd Kanter, campione del mondo in carica, mentre nel peso e nel martello si sono imposti Tomasz Majewski (Polonia) e Primoz Kozmus (Slovenia). La gara del martello ha avuto una serie di strascichi spiacevoli, dovuti alla positività riscontrata sui due lanciatori bielorussi finiti al secondo e terzo posto, Vadim Devyatovskiy e Ivan Tsikhan. Privati inizialmente dell'argento e del bronzo, i due si sono rivolti al TAS di Losanna che ha poi stabilito la riassegnazione delle medaglie in virtù di un errore commesso dal laboratorio medico cinese.

Bis olimpico nel giavellotto per Andreas Thorkildsen: dopo l'oro di Atene il norvegese si è confermato anche a Pechino, stabilendo il record olimpico (90.57 m) e ribadendo ancora una volta la forza della scuola scandinava, finita sul gradino più alto del podio ben tredici volte su ventitré edizioni dei Giochi. Successo dell'americano Bryan Clay, infine, nel decathlon: lo statunitense, che era stato argento ad Atene, a Pechino è riuscito invece a centrare la medaglia d'oro sul bielorusso Krauchanka e sul cubano Suarez.

Nelle corse su strada c'è stata finalmente gloria anche per l'Italia: dopo l'affermazione del russo Borchin nella 20 km di marcia, nella massacrante 50 km disputata il 22 agosto ad imporsi al termine di una gara condotta con grande autorità è stato l'altoatesino Alex Schwazer, primo a tagliare il traguardo sul tartan del National Stadium con il record olimpico dopo 3:37:09 di gara. Dopo i successi di Dordoni ad Helsinki (1952) e di Pamich a Tokio (1964), la marcia azzurra ha colto una terza, splendida vittoria nella corsa più lunga del programma di atletica leggera. La maratona maschile, che come da tradizione si è svolta nell'ultimo giorno di gare, stavolta non ha arriso all'Italia come aveva fatto ad Atene con la grande vittoria di Stefano Baldini: a Pechino il campione olimpico uscente ha concluso comunque la gara con onore, finendo al dodicesimo posto. L'oro è andato al keniano Wanjiru, che con 2:06:32 ha fatto registrare il nuovo record olimpico, cancellando il vecchio limite del portoghese Carlos Lopes, stabilito a Los Angeles nel 1984: il Kenya non aveva mai centrato l'oro nella maratona olimpica.

Anche tra le donne c’è stato un monopolio della Giamaica nelle gare di velocità: il podio dei 100 metri si è interamente rivestito di nero, giallo e verde (Shelly-Ann Fraser medaglia d'oro con Sherone Simpson e Kerron Stewart argento a pari merito), mentre nei 200 metri piani ha trionfato Veronica Campbell-Brown sull'americana Allyson Felix, con la Stewart stavolta terza. Le giamaicane però non sono riuscite ad emulare i colleghi maschi nella 4x100: arrivate in finale con il miglior tempo, si sono incartate goffamente nel cambio tra la Simpson e la Stewart, perdendo il testimone. Con gli Stati Uniti fuori per squalifica già dalla semifinale (stessa sorte toccata alla staffetta azzurra), il podio della 4x100 ha visto la Russia primeggiare davanti a due presenze non abituali, Belgio e Nigeria.

I 400 metri piani hanno sorriso alla campionessa del mondo in carica, la britannica di origini nigeriane Christine Ohuruogu, che ha vinto con una rimonta entusiasmante nel rettilineo finale, mentre nei 400 ostacoli è tornata ad imporsi la Giamaica con Melanie Walker. Le uniche due medaglie femminili degli Stati Uniti nella corsa sono arrivate dai 100 ostacoli (Dawn Harper) e dalla 4x400.

Il duello Etiopia-Kenia nel fondo e mezzofondo ha ricalcato quasi interamente quanto successo tra gli uomini. Il Kenia si è imposto nel mezzofondo veloce con la Jelimo (800) e la Langat (1.500), l'Etiopia ha risposto con una doppietta ancora più storica: a realizzarla è stata Tirunesh Dibaba. Già quattro volte campionessa del mondo sui 5.000 e 10.000 (con una doppietta iridata a Helsinki 2005), l'etiope è diventata la prima donna a vincere 5.000 e 10.000 nella stessa edizione dei Giochi olimpici.

Yelena Isinbayeva si è confermata zarina dell'asta: la russa, campionessa olimpica in carica e iridata sia nel 2005 che nel 2007, ha vinto una gara a senso unico con un nuovo record del mondo, il suo ventiquattresimo (5.05 m). Nell'alto la grande favorita, la croata Blanka Vlasic, ha fallito l'appuntamento con l'oro e si è dovuta accontentare della medaglia d'argento: sul gradino più alto del podio è salita Tia Hellebaut, atleta polivalente (ha disputato in passato anche eptathlon e pentathlon) che nell'alto aveva già vinto il titolo europeo a Goteborg nel 1996. Nel giavellotto conferma per la campionessa del mondo di Osaka 2007 Barbora Spotakova, mentre non è riuscita a ripetersi Tatiana Lebedeva. La russa, che nel lungo difendeva il titolo olimpico e mondiale, anche a Pechino ha doppiato partecipando a lungo e triplo, finendo seconda con molti rimpianti in entrambe le prove: nel lungo ha perso per appena 1 cm dalla brasiliana Maurren Maggi (7.03 m contro 7.04 m), che è diventata così la prima (e ad oggi unica) donna sudamericana ad aver vinto un titolo individuale ai Giochi Olimpici. Nel triplo la Lebedeva ha saltato un ottimo 15.32 m, ma si è dovuta arrendere alla camerunense Françoise Mbango Etone, che ha bissato l'oro di Atene con un salto a 15.39 m che ha scalzato il primato olimpico di Inessa Kravets, l'ucraina vincitrice ad Atlanta nel 1996. L'heptathlon ha visto inizialmente una doppia affermazione ucraina, con l'oro di Nataliya Dobrynska e l'argento di Lyudmila Blonska, già seconda ai mondiali di Osaka nel 2007. La Blonska però è stata in seguito squalificata a causa di una positività riscontrata durante la manifestazione olimpica, e la medaglia le è stata requisita.

A smuovere il medagliere per i colori azzurri ci ha pensato nuovamente la marcia, con la bella medaglia conquistata da Elisa Rigaudo nella 20 km. Dopo il sesto posto nel 2004, l'atleta delle Fiamme Gialle è giunta terza dietro la russa Kaniskina e la norvegese Plätzer, consentendo all'Italia di chiudere con almeno una medaglia nelle prove femminili di atletica. La maratona è andata invece alla rumena Constantina Diţă-Tomescu: dietro lei la keniana Catherine Ndereba, già medaglia d'argento ai Giochi del 2004. Due volte campionessa del mondo nell'anno preolimpico (2003 e 2007), ad Atene e Pechino la Ndereba ha però fallito entrambe le volte per un soffio l'appuntamento con la vittoria più prestigiosa.

Una curiosità sulla Cina: pur avendo collezionato nel corso dei Giochi la bellezza di 51 ori e 100 medaglie totali, nell'atletica il paese ospitante si è dovuto accontentare di due bronzi, entrambi merito delle ragazze (Zhou Chunxiu nella maratona e Zhang Wenxiu nel martello).

Ciclismo

A dispetto di una tradizione spesso favorevole all'Italia, a Pechino il ciclismo ha lasciato invece una delusione molto amara ai colori azzurri. Svolta su un percorso denso di fascino, con passaggi suggestivi accanto a luoghi simbolo della Cina come il Tempio del Cielo, piazza Tienanmen e la Grande Muraglia, la prova in linea su strada maschile ha lasciato infatti un grande amaro in bocca alla spedizione azzurra. E questo non certo perché lo spagnolo Samuel Sanchez si è laureato campione olimpico bruciando in volata Davide Rebellin, arrivato vicinissimo a suggellare nel migliore dei modi la carriera proprio nel giorno del suo trentasettesimo compleanno (9 agosto); e nemmeno per il mancato bis del campione olimpico uscente di Atene 2004, il grande “Grillo” Paolo Bettini. A rovinare il ricordo della spedizione italiana in Cina sono state piuttosto tristi vicende accadute a Giochi ampiamente conclusi: il 28 aprile del 2009 il CIO ha dichiarato che in seguito ad alcuni test antidoping svolti su campioni di sangue prelevati e Pechino e poi congelati, sei atleti erano stati trovati positivi al CERA, l'attivatore continuo del recettore dell'eritroproietina, anche detto Epo di terza generazione. Tra i sei atleti, purtroppo, c'era anche Davide Rebellin, costretto a restituire la medaglia e cancellato dall'ordine di arrivo della manifestazione olimpica. Il suo argento è finito allora a Fabian Cancellara, lo svizzero che aveva trionfato a Pechino nella prova a cronometro.

A salvare l'onore italiano in Cina ci ha pensato Tatiana Guderzo, giunta terza in volata nella prova in linea femminile vinta il 10 agosto dalla britannica Nicole Cooke, che ha così regalato al Regno Unito la duecentesima medaglia d'oro ai Giochi, la prima nell'edizione cinese. Per la Gran Bretagna è stato il preludio di un'impresa memorabile, quella compiuta sulla pista del velodromo di Laoshan, in cui i ciclisti della regina hanno conquistato sette ori su dieci prove a disposizione, corredati da tre argenti e due bronzi. Bradley Wiggins si è confermato campione olimpico nell'inseguimento individuale, ma a dispetto di Atene, dove fu argento, a Pechino Wiggins ha trionfato anche nell'inseguimento a squadre; meglio di lui ha fatto Chris Hoy, primo ciclista britannico di sempre a vincere tre ori nella stessa edizione dei giochi (due nella velocità, a squadre e individuale, uno nel keirin). Nel resto del programma ciclistico, bis olimpico per il francese Julien Absalon nel cross country della mountain bike, in cui si è imposto sul connazionale Peraud (tra le donne ha vinto le tedesca Sabine Spitz). Sorpresa nella BMX, disciplina che era all'esordio alle Olimpiadi: neanche un oro agli Stati Uniti, che pure erano stati gli inventori della Bicycle Moto Cross. Tra gli uomini ha vinto il lettone Maris Strombergs sugli americani Day e Robinson, nelle donne doppietta francese con Chausson medaglia d'oro e Le Corguille argento sulla statunitense Kintner bronzo.

Scherma

Non hanno tradito invece le aspettative gli schermidori italiani, che sulla pedana dell'Olympic Green Convention Center hanno onorato la grande tradizione di uno sport da sempre fucina di medaglie e soddisfazioni per i colori azzurri. Su tutti, ancora una volta ha brillato la stella di Valentina Vezzali, che ha lasciato un segno indelebile nell'epos olimpico: con il terzo oro consecutivo nel fioretto individuale, la jesina ha realizzato un'impresa senza precedenti nella scherma olimpica sia femminile che maschile, firmando un successo di altissimo livello tecnico e umano. Dominata dalle atlete azzurre, la prova di fioretto ha visto l'Italia piazzare tre semifinaliste su quattro: nello scontro tutto italiano tra Vezzali e Granbassi ha prevalso la maggiore esperienza della Vezzali, mentre nell'altra semifinale la veterana Giovanna Trillini (alla quinta partecipazione ai Giochi) ha dovuto cedere alla coreana Nam Hyun-Hee non senza polemiche, viste alcune decisioni della giuria che hanno penalizzato pesantemente l'azzurra. Vibrante e combattuta la finalissima, che ha visto la Vezzali vincere di misura (6-5) sulla Hyun-Hee: la stoccata decisiva è arrivata a pochi secondi dalla fine del tempo regolamentare, peraltro con un pizzico di suspense in più dovuto al tempo impiegato dai giudici per ricostruire il colpo prima di assegnarlo all'azzurra. Emozionante anche l'altra sfida tutta italiana tra Trillini e Granbassi, che hanno lottato per la medaglia di bronzo, finita poi al collo della Granbassi (15-12).

Nella prova di fioretto femminile a squadre, che tornava ai Giochi dopo l'assenza di Atene 2004 dovuta alla turnazione olimpica, le azzurre cercavano la quarta affermazione consecutiva dopo Barcellona, Atlanta e Sidney: pur partendo con i favori del pronostico, specialmente dopo gli esiti della prova individuale, si sono dovute però arrendere in semifinale alla Russia, che ha poi vinto agevolmente l'oro contro gli Stati Uniti in finale. La cocente delusione per l'eliminazione, arrivata per una sola stoccata (22-21), è stata solo parzialmente mitigata dalla facile vittoria contro l'Ungheria nella finalina di consolazione per il bronzo. Il fioretto ha portato medaglie anche nel settore maschile, in cui però si è disputato solo il torneo individuale: il pisano Salvatore Sanzo si è confermato ai vertici tecnici della disciplina vincendo un bronzo dopo l'argento di Atene del 2004. La medaglia di Sanzo però non è bastata a spegnere del tutto le polemiche sorte alla vigilia delle Olimpiadi per l'esclusione dell'altro fiorettista azzurro, Andrea Baldini, indicato dagli addetti ai lavori come uno dei grandi favoriti ma escluso dai Giochi poco prima dell'inizio delle gare per la positività ad un diuretico. Riabilitato completamente nel 2009 dal Tribunale Antidoping della FIE, la Federazione internazionale di scherma, Baldini è stato condannato solo a sei mesi di sospensione dovuti a “negligenza”, ma non ha comunque potuto scendere in pedana a Pechino, sostituito da Cassarà.

Altra grande impresa azzurra nella spada, in cui Matteo Tagliariol ha riportato in Italia l'oro individuale dopo ben 48 anni: vincendo una prova dominata dall'inizio alla fine, lo schermidore trevigiano ha rinverdito i fasti di una tradizione che ci aveva visto sempre sul gradino più alto del podio addirittura in sei edizioni consecutive dei Giochi Olimpici, da Los Angeles 1932 a Roma 1960. Nella prova a squadre il quartetto azzurro (Tagliariol, Rota, Confalonieri, Carozzo) si è dovuto però arrendere in semifinale ai futuri campioni olimpici della Francia, vincendo poi il bronzo contro i padroni di casa della Cina.

Nella sciabola femminile c'è stata una significativa tripletta americana nella prova individuale. L'oro è andata a Mariel Zagunis, capace di ripetersi dopo la vittoria del 2004, con l'argento a Sada Jacobson e il bronzo a Becca Ward. Nel torneo a squadre però le statunitensi si sono dovuto fermare alle soglie della finale contro l'Ucraina, poi vincitrice dell'oro; nella sciabola maschile gli azzurri sono andati male nella prova individuale vinta da Zhong Man (primo oro cinese nella scherma alle Olimpiadi), ma si sono ben messi in luce nella competizione a squadre. Sulla strada degli sciabolatori italiani (Montano, Occhiuzzi, Pastore, Tarantino) si è trovata ancora una volta la Francia, come già ad Atene, dove fummo d'argento proprio dietro ai transalpini: stavolta la sconfitta è arrivata in semifinale, con gli azzurri bravi comunque a non fallire l'appuntamento con il bronzo nello scontro emozionante con la Russia finito 45-44. L'oro è andato nuovamente alla Francia, che ha così bissato la vittoria di Atene superando in finale gli Stati Uniti.

Sport di contatto (judo, lotta, taekwondo, pugilato)

Con la vittoria ottenuta contro l'olandese Deborah Gravenstijn nella finale dei pesi leggeri 57 kg, la judoka livornese Giulia Quintavalle è diventata la prima donna a vincere un oro olimpico nella storia del judo italiano. L'atleta in forza alle Fiamme Gialle ha disputato un torneo di altissimo livello, eliminando sul suo cammino anche la tedesca Yvonne Bönisch (oro ad Atene 2004) e l'australiana Maria Pekli (bronzo a Sidney 2000). L'impresa della Quintavalle ha permesso all'Italia del judo di non finire a quota zero nel medagliere, continuando così il percorso iniziato nel lontano 1992 a Barcellona: da allora siamo sempre andati sul podio almeno una volta. Il resto del programma del judo ha visto il predominio delle nazioni asiatiche: i padroni di casa cinesi hanno conquistato tre ori, tutti nelle donne, mentre il Giappone ha fatto ancora meglio con quattro, tra cui il più importante, quello maschile nella categoria oltre i 100 kg (andato al collo di Satoshi Ishii). Il Giappone ha festeggiato anche il bis olimpico nei pesi mezzo-leggeri 66 kg di Masato Uchishiba, già campione in Grecia quattro anni prima. Il judo ha regalato alla storia delle Olimpiadi anche due medaglie storiche: la prima in assoluto ai Giochi per il Tagikistan (con Rasul Boqiev, bronzo nei 73 kg) e il primo oro olimpico nella storia della Mongolia, con Naidangiin Tüvshinbayar nei medio-massimi fino a 100 kg.

Dominio piuttosto netto della Russia nella lotta: su 18 titoli in palio tra lotta libera e lotta greco-romana, i russi hanno raccolto sei ori, tre argenti e due bronzi, per un bottino di undici medaglie. Nella lotta greco-romana c'è stata gloria anche per i colori italiani, grazie all'oro vinto da Andrea Minguzzi nella categoria fino a 84 kg. L'azzurro ha ottenuto una vittoria splendida, superando nei quarti il campione olimpico e mondiale in carica, il russo Aleksey Mishin, per poi battere lo svedese Abrahamian in una semifinale molto contestata e infine l'ungherese Zoltan Fodor. L'atleta di Castel San Pietro Terme ha così riportato in Italia un oro nella lotta greco-romana a vent'anni di distanza dal successo olimpico colto da Maenza a Seoul, il secondo consecutivo per “Pollicino” dopo quello di Los Angeles.

Nel taekwondo, sport nazionale della Corea del Sud, gli atleti sudcoreani non hanno mancato di cogliere la consueta messe di successi, vincendo ben quattro ori sugli otto a disposizione. L'Italia ha ben figurato grazie allo splendido cammino del napoletano Mauro Sarmiento, medaglia d'argento nella categoria fino a 80 kg. Dopo un torneo a dir poco esaltante, l'azzurro ha ceduto solo in finale e solo contro una leggenda del taekwondo, l'iraniano Hadi Saei, che a Sidney e Atene aveva gareggiato nei 68 kg rimediando un bronzo e un oro: con l'affermazione di Pechino Saei è diventato l'atleta con più medaglie ufficiali ai Giochi nel taekwondo, insieme a Steven Lopez (questa disciplina è entrata nel programma olimpico come sport ufficiale dal 2000, dopo che a Seoul 1988 e Barcellona 1992 era stata inclusa solo come sport dimostrativo). Per arrivare a disputare la finale Sarmiento ha dovuto superare nei quarti proprio Steven Lopez, nativo del Nicaragua ma atleta statunitense, bicampione olimpico a Sidney (68 kg) e Atene (80 kg): l'azzurro di Casoria si è imposto con il punteggio di 2-1, prendendo così anche una piccola rivincita personale a nome della fidanzata Veronica Calabrese, che nel match valido per la medaglia di bronzo dei 57 kg femminili era stata sconfitta da Diana Lopez, sorella di Steven. Poi Sarmiento ha battuto in semifinale il giovane inglese Aaron Cook, classe 1991, con un calcio decisivo a pochi secondi dal termine del tempo regolamentare (6-5), per cedere però in finale a Hadi Saei, vincitore per sei punti a quattro. Oltre ai due ori del sorprendente Messico, il medagliere del taekwondo ha regalato anche la prima medaglia olimpica della storia all'Afghanistan, con Rohullah Nikpai bronzo nella categoria fino a 58 kg.

Il programma del pugilato ha dato non poche soddisfazioni all'Italia: nel medagliere parziale relativo alla boxe, solo Russia e Cina (con due ori a testa) hanno fatto meglio degli azzurri del commissario tecnico Francesco Damiani, che hanno collezionato un oro, un argento e un bronzo. Il grande protagonista è stato Roberto Cammarelle: dopo il bronzo di Atene, il pugile milanese ha vinto l'oro nei supermassimi oltre i 91 kg battendo in finale il pugile di casa Zhang Zhilei al termine di un torneo letteralmente dominato dall'azzurro. Grazie a questa medaglia di Cammarelle, l'Italia è tornata a vincere un oro olimpico nella boxe vent'anni dopo il successo di Parisi a Seoul. Ha solo sfiorato la vittoria invece Clemente Russo: l'atleta di Marcianise, che gareggiava nei pesi massimi fino a 91 kg, ha vinto la medaglia d'argento, sconfitto in finale dal russo Rachim Cakchiev. Il medagliere azzurro della boxe è stato completato dal bronzo di Vincenzo Picardi, battuto in semifinale dal tailandese Somjit Jongjohor che poi avrebbe vinto agevolmente l'oro contro il cubano Laffita. Proprio Cuba, con gli Stati Uniti la nazione più medagliata di sempre nel pugilato, è tornata da Pechino con non poche delusioni: pur avendo ben figurato in otto categorie di peso su undici, collezionando quattro argenti e quattro bronzi, non è riuscita a piazzare l'acuto, restando a secco di ori. Peggio ancora la spedizione americana, che ha raccolto solo un bronzo. Con l'oro di Cammarelle l'Italia si è isolata al terzo posto del medagliere olimpico assoluto della boxe, con quindici ori contro i quattordici dell'URSS e della Gran Bretagna: Cuba (32) e Stati Uniti (48) restano però irraggiungibili per gli azzurri. Grazie al pugilato anche la Repubblica di Mauritius ha provato la gioia della prima volta, con la prima medaglia olimpica della propria storia: l'ha conquistata Bruno Julie, bronzo nei peso gallo fino a 54 kg.

Canoa e canottaggio

Le gare di slalom disputate in canoa e kayak hanno dato conferme ma anche una piacevole novità. La Slovacchia ha ribadito la sua grande tradizione conquistando tre dei quattro titoli in palio nello slalom: Elena Kaliska ha bissato la vittoria di Atene nel K1, mentre Michal Martikan nel C1 è tornato sul gradino più alto del podio dopo l'oro di Atlanta 1996 e i due argenti del 2000 e del 2004. Meglio ancora hanno fatto i fratelli gemelli Pavol e Peter Hochschorner con il terzo oro consecutivo nel C2, prova che ha visto continuare anche la maledizione della Repubblica Ceca (tre argenti e due bronzi nelle ultime cinque edizioni, ossia da quando lo slalom è tornato nel programma olimpico, ma nessuna medaglia d'oro). La sorpresa è arrivata nella prova di slalom K1 vinta dal tedesco Alexander Grimm: Benjamin Boukpeti, con la medaglia di bronzo, ha iscritto per la prima volta il nome di Togo nell'albo d'oro delle Olimpiadi.

Più articolato il programma delle gare di velocità in canoa e kayak, che assegnava dodici medaglie d'oro. Nelle nove prove degli uomini, in cinque diverse occasioni i campioni olimpici uscenti si sono dovuti accontentare della medaglia d'argento: è accaduto ad esempio nel C1 1.000, in cui il magiaro Attila Vajda, iridato a Duisburg nel 2007, si è imposto sul campione olimpico uscente, lo spagnolo David Cal. Cal è arrivato secondo anche nel C1 500, in cui il russo Opalev ha finalmente centrato la medaglia d'oro dopo l'argento di Sidney e il bronzo di Atene. Anche nel C2 1.000 i campioni olimpici uscenti, i tedeschi Gille e Wylenzek, non sono andati oltre la medaglia d'argento: l'oro è andato al collo dei fratelli bielorussi Andrei e Aliaksandr Bahdanovich. Si è invece riuscita a confermare la coppia cinese del C2 500, con Guanliang e Wenjun che hanno bissato il successo di Atene.

Le prove maschili di velocità in kayak hanno visto svolgere un ruolo da protagonista anche all'Italia: è accaduto soprattutto grazie ad Andrea Facchin e Antonio Scaduto, che nel K2 1.000 hanno centrato un bronzo che ha dato continuità alla felice tradizione azzurra che ci vede sempre sul podio da Atlanta 1996 (la vittoria è andata alla Germania, argento alla Danimarca). Proprio l'artefice principale dei recenti successi del K2 italiano, Antonio Rossi, portabandiera dell'Italia alla cerimonia di apertura, è andato vicino a compiere un'altra impresa: nel K4 1.000 l'armo azzurro con Rossi, Franco Benedini, Luca Piemonte e Alberto Ricchetti è finito ad un passo dal podio, quarto dietro Bielorussia, Slovacchia e Germania.

Il K1 e K2 500, così come il K1 1.000, hanno anch'essi visto i campioni uscenti di Atene fermarsi ad un soffio dal bis olimpico. Nel K1 500 il canadese Adam van Koeverden, oro nel 2004, è stato battuto dall'australiano Ken Wallace, con il britannico Tim Brabants terzo; nel K1 1.000 lo stesso Brabants ha negato la gioia del secondo oro olimpico al campione uscente di Atene, il norvegese Larsen, finito secondo con Wallace medaglia di bronzo. Anche la coppia tedesca Rauhe-Wieskötter, oro quattro anni prima nel K2 500 dopo il bronzo a Sidney, si è dovuta accontentare dell'argento, dietro la coppia spagnola Craviotto-Perez.

Il kayak femminile ha regalato una storia piena di fascino con protagonista un'atleta italiana: l'indomita azzurra Josefa Idem, all'età di 44 anni e alla settima partecipazione olimpica, ha vinto la medaglia d'argento al termine di una finale del K1 500 emozionante e combattuta. Passata in testa dopo il passaggio a metà gara con una fantastica progressione, sul traguardo l'azzurra ha subito la rimonta dell'ucraina Inna Osypenko per un arrivo quanto mai incerto, deciso solo dal fotofinish: 1:50.673 il tempo fatto registrare della Osypenko contro l'1:50.677 dell'azzurra, comunque felice di aver colto un'altra medaglia olimpica nonostante la sconfitta per soli quattro millesimi di secondo, equivalenti ad una distanza inferiore ai venti millimetri.

Un'altra bella favola l'ha raccontata la Germania nel K4 500, centrando il quarto oro consecutivo: tra le vincitrici stavolta non c'era Birgit Fischer, leggenda vivente del kayak con otto ori e quattro argenti olimpici, che aveva guidato l'armo tedesco ai primi tre allori; c'era però sua nipote Fanny Fischer, oltre a Katrin Wagner-Augustin, arrivata anche lei con quello di Pechino al terzo oro di fila nella specialità. Nella terza prova femminile del kayak, infine, conferma olimpica per le ungheresi Kovacs e Janics nel K2 500

Nel canottaggio la spartizione delle medaglie in palio è stata piuttosto equa, con dodici nazione diverse sul gradino più alto del podio su quattordici eventi in programma.

Tra gli uomini, dopo gli ori di Atene conferme per il norvegese Olan Tufte nel singolo e per la Danimarca nel quattro senza pesi leggeri; meglio ancora hanno fatto i britannici, che pur senza la leggenda Matthew Pinsent hanno colto il terzo oro consecutivo nel quattro senza (seconda affermazione per Steve Williams). Conferma anche per l'australiano Drew Ginn nel due senza, stavolta in coppia con Duncan Free; nell'otto successo del Canada davanti a Gran Bretagna e Stati Uniti. L'Italia ha raccolto una splendida medaglia d'argento nel quattro di coppia con Agamennoni, Venier, Galtarossa e Raineri: spronata dai veterani Galtarossa e Raineri, entrambi nell'equipaggio campione olimpico a Sidney, l'imbarcazione azzurra ha vogato alla grande arrivando alle spalle della Polonia ma davanti alla Francia.

Nelle donne ancora oro per le gemelle neozelandesi Evers-Swindell nel due di coppia: dopo il successo di Atene, Georgina e Caroline si sono laureate campionesse olimpiche anche sulle acque pechinesi. Nel quattro di coppia si è imposto l'equipaggio cinese, che ha così interrotto a cinque le affermazioni consecutive della Germania nell'armo (contando anche quella della DDR nel 1988): per le tedesche è arrivato comunque un bronzo. A Georgeta Damian stavolta non è riuscita la fantastica doppietta messa a segno già a Sidney e Atene, ma la rumena è entrata comunque nella leggenda olimpica con il terzo oro di fila nel due senza e il bronzo nell'otto, giunto terzo dietro Stati Uniti e Olanda dopo gli ori del 1996, del 2000 e del 2004 (a Sidney e Atene con la Damian a bordo).

Sport di squadra (baseball, softball, pallacanestro, pallavolo, calcio, hockey prato, pallamano)

Nell'ultima apparizione prima dell'estromissione dal programma olimpico, i tornei di baseball e softball hanno assegnato l'oro a Corea del Sud e Giappone. Nelle semifinali del baseball Cuba, già in vantaggio, ha dilagato nell'ottavo inning superando gli Stati Uniti, giunti a Pechino con una selezione di professionisti di AAA, ma senza giocatori delle Major Leagues. Nell'altra semifinale la Corea del Sud ha battuto in rimonta il Giappone con quattro punti battuti a casa nell'ottavo inning, per poi superare Cuba in finale in una partita decisa già dal primo inning. Per la Corea del Sud è stato il primo oro (era stata di bronzo a Sidney), per Cuba il secondo argento dopo quello del 2000 e i tre ori di Barcellona, Atlanta e Atene. Nel softball le americane erano alla ricerca del poker, ma hanno fallito: dopo tre ori consecutivi si sono dovute arrendere in finale al Giappone (3-1 il punteggio).

Doppio successo statunitense nella pallacanestro: senza storia il torneo femminile, dove Lisa Leslie e compagne hanno centrato il quarto oro di fila su Australia e Russia. Il team USA maschile ha dovuto faticare un po' di più, ma alla fine è riuscito ad avere la sua vendetta sportiva nei confronti dell'Argentina, che ad Atene aveva sconfitto gli americani in semifinale facendo mancare loro l'appuntamento con l'oro per la prima volta dal rientro dei professionisti, avvenuto nel 1992. Superato lo spauracchio argentino in semifinale, gli Stati Uniti hanno poi battuto la Spagna di Pau Gasol in finale: 118-107 il punteggio, con 27 punti a referto di Dwayne Wade.

La pallavolo ha visto una doppia finale Brasile-Stati Uniti. L'Italia di Anastasi è uscita in semifinale, travolta proprio dal Brasile di Giba dopo aver vinto il primo parziale; poi è stata superata nettamente dalla Russia nella gara per il bronzo. Nel doppio confronto Usa-Brasile, tra gli uomini l'hanno spuntata gli americani (3-1): Giba, Heller e compagni non sono riusciti a ripetere la vittoria di Atene. La rivincita verde oro è arrivata nella finale femminile, con punteggio ribaltato rispetto a quella maschile: per le ragazze brasiliane è stato il primo oro nella pallavolo. La Cina campione uscente sperava di rivivere le emozioni del 2004, ma si è dovuta accontentare del bronzo dopo la netta sconfitta in semifinale (0-3) contro il Brasile. Cuba dopo aver perso dagli Stati Uniti in semifinale è stata sconfitta anche dalla Cina nella finalina, finendo fuori dal podio: per le ragazze l'ultima volta era successo a Seoul nel 1988. Le azzurre del tecnico Barbolini sono uscite nei quarti contro le americane: due volte in vantaggio di un set, l'Italia si è smarrita nelle ultime due frazioni di gioco, subendo un parziale di quaranta punti a ventidue (25-18 e 15-6 i punteggi del quarto e quinto set).

Doppietta americana nel beach volley: negli uomini hanno vinto Dalhausser e Rogers, battendo in finale in tre set Araujo e Magalhaes che nella sfida tutta brasiliana in semifinale avevano sbarrato la strada a Santos e Rego, campioni olimpici uscenti poi di bronzo. Nel torneo femminile bis olimpico delle ragazze statunitensi, con Kerry Walsh al secondo oro personale (argento e bronzo per le due coppie cinesi).

Nel torneo di calcio è arrivato il secondo trionfo consecutivo dell'Argentina: zeppa di campioni (Messi, Di Maria, Lavezzi, Riquelme, Aguero), in finale l'albiceleste ha battuto la Nigeria con un gol di Di Maria, vendicando così la sconfitta patita dagli stessi nigeriani nella finale del 1996. L'Argentina ha legittimato la sua medaglia d'oro battendo nettamente il Brasile in semifinale (3-0 con due gol di Aguero e rigore di Riquelme); non bene invece l'Italia del tecnico Pierluigi Casiraghi, eliminata nei quarti di finale dal Belgio (in luce Giuseppe Rossi, capocannoniere del torneo olimpico con quattro centri). Il torneo femminile è finito esattamente come quattro anni prima: oro agli Stati Uniti (il terzo in quattro edizioni), argento al Brasile (il secondo consecutivo), bronzo alla Germania (il terzo di fila). La finalissima è stata piuttosto equilibrata e ha visto le americane passare solo nei tempi supplementari (1-0 il risultato finale).

Nell'hockey su prato maschile la Germania ha vinto di misura sulla Spagna in finale (1-0), mentre il titolo femminile è andato all'Olanda, che si è imposta sulla Cina padrona di casa; terze le leonesse argentine.

Nella pallamano infine successo francese tra gli uomini e oro alla Norvegia tra le ragazze, nel torneo caratterizzato dalla grande assenza della Danimarca, che ha dovuto abdicare dopo tre ori di fila, mancando addirittura la qualificazione per i Giochi.

Ginnastica e sollevamento pesi

Di fronte al pubblico amico, il programma della ginnastica ha visto il clamoroso strapotere della squadra di casa: la Cina ha vinto l'oro ben undici volte su diciotto prove, lasciando solo le briciole a Russia e Stati Uniti (due ori a testa). La Cina ha vinto anche due medaglie d'argento e cinque di bronzo, per un totale di diciotto: in pratica quasi un quinto dell'intero bottino cinese ai Giochi (cento medaglie) è arrivato grazie ai ginnasti. Nella ginnastica artistica gli uomini hanno fatto en plein, portando a casa sette ori nelle sette gare in cui erano iscritti, compreso il concorso a squadre (l'unica eccezione si è verificata al volteggio, dove non c'erano ginnasti cinesi: ha vinto il polacco Blanik). Zou Kai è andato tre volte sul gradino più alto del podio: oltre al concorso a squadre ha trionfato anche nel corpo libero e alla sbarra, disciplina in cui l'azzurro Igor Cassina sperava di ripetere l'impresa di Atene. Il brianzolo di Seregno è finito invece quarto, con il rimpianto di aver concluso al secondo posto le prove di qualificazione. Nelle parallele simmetriche è tornato a vincere Li Xiaopeng, già oro a Sidney: nel 2004 era finito terzo. Sandra Izbaşa, laureandosi campionessa olimpica nel corpo libero femminile, ha dato continuità alla grande tradizione della Romania, salita sul gradino più alto del podio in questa disciplina per la sesta volta nelle ultime otto edizioni dei Giochi.

I due ori della Russia sono arrivati dalla ritmica, dove le ragazze hanno vinto sia il concorso a squadre (terzo successo di fila) che quello individuale: subentrando alle connazionali Barsukova e Kabaeva, Evgeniya Kanayeva ha portato a tre gli ori consecutivi della Russia anche nella prova individuale di ginnastica ritmica. Un plauso alle azzurre, che hanno sfiorato una medaglia finendo quarte nel concorso a squadre. Nel trampolino elastico, infine, altro exploit cinese (due ori su due prove).

La grande messe di medaglie della Cina ha avuto un seguito polemico piuttosto aspro, legato alla presunta età di alcuni atleti della squadra cinese, che secondo alcune fonti non avrebbero avuto i 16 anni riconosciuti necessari dalla Federazione internazionale di ginnastica per prendere parte alle competizioni. A Giochi ormai conclusi, dopo ulteriori accertamenti sulla documentazione fornita dalla delegazione cinese, la FIG ha comunque legittimato le vittorie della Cina, riconoscendo l'idoneità di tutti gli atleti che hanno gareggiato a Pechino.

Anche il sollevamento pesi ha visto il netto strapotere della Cina padrona di casa, oro in otto prove su quindici: i successi più significativi sono arrivati dalle donne, in cui Chen Yanqing e Liu Chunhong sono riuscite a ripetersi dopo Atene, bissando la vittoria rispettivamente nei 58 e 69 kg.

Sport di tiro (tiro, tiro con l'arco)

Il tiro con l'arco ha regalato alcuni dei momenti più emozionanti vissuti dalla spedizione italiana a Pechino. Nella prova a squadre maschile, gli azzurri Mauro Nespoli, Marco Galiazzo e Ilario Di Buò sono andati infatti vicini a compiere un'impresa storica. Solo sesta dopo i tiri di qualificazione, nella fase finale la squadra azzurra ha iniziato eliminando il Canada e successivamente la Malesia, centrando l'approdo in semifinale. Contro la temibile Ucraina, seconda nelle qualificazioni e quindi favorita per l'oro, Nespoli, Galiazzo e Di Buò hanno sfoderato una prestazione superlativa che ci ha spinti in finale dopo un combattutissimo 223-221. Messi di fronte allo squadrone sudcoreano, bicampione olimpico di Sidney e Atene, gli azzurri non hanno tremato e hanno dato vita ad un confronto quanto mai emozionante e spettacolare. Alla fine hanno dovuto cedere (227 a 225), ma con l'onore delle armi. La Corea del Sud, dopo il terzo oro consecutivo tra i maschi, ha completato l'opera vincendo anche la prova a squadre femminile, in cui le ragazze coreane hanno colto la sesta affermazione su sei edizioni fin qui disputate: un record difficilmente superabile, se non forse dalle stesse arciere coreane. Nelle prove individuali però la Corea del Sud si è dovuta accontentare di due argenti, entrambi piuttosto beffardi. Tra i maschi Kyung-Mo ha perso di un punto (113-112) dall'ucraino Viktor Ruban, nuovo campione olimpico; tra le donne Sung-Hyun è uscita anche lei sconfitta col minimo distacco contro la Zhang Juanjuan (110-109), che ha così dato l'oro alla Cina. Dopo il grande exploit a squadre, gli azzurri sono andati male nella prova individuale: Galiazzo, che difendeva l'oro di Atene, è stato eliminato già al secondo turno. Per il padovano dell'Aeronautica militare, comunque, come per Nespoli e Di Buò resta la grande soddisfazione di aver ceduto solo al fortissimo terzetto sudcoreano, al termine di una gara in cui hanno mostrato di meritare ampiamente la medaglia del metallo più pregiato.

Per l'Italia c'è stata gloria anche nel tiro, in cui ancora una volta è stata la Cina a dominare (cinque ori). Inizialmente il merito è stato degli uomini, che hanno colto due splendide medaglie d'argento nella fossa olimpica, poi è arrivato l'acuto tra le donne. Giovanni Pellielo si è confermato ai vertici tecnici del trap: dopo il bronzo di Sidney e l'argento di Atene, il tiratore vercellese ha colto un'altra medaglia d'argento (l'oro è andato al ceco Kostelecky). Ha fatto lo stesso Francesco D'Aniello, nella prova di double trap vinta dall'americano Eller: per il nettunense la medaglia di argento si aggiunge all'oro conquistato nel 2007 a Nicosia nei campionati del mondo di specialità. Nella pistola automatica 25 metri il tedesco Schumann, oro a Barcellona, Atlanta ed Atene, ha ceduto all'ucraino Oleksandr Petriv e si è dovuto accontentare della medaglia d'argento (era già stato secondo a Seoul).

Chiara Cainero, friulana della Guardia Forestale, è diventata la prima tiratrice italiana a conquistare una medaglia d'oro alle Olimpiadi: è accaduto nello skeet, disciplina giunta alla terza esperienza olimpica dopo il debutto nel 2000 a Sidney. L'azzurra ha offerto una prestazione superlativa, stabilendo il record olimpico sia nelle qualificazioni (72 piattelli) che in finale (con 93 centri): per vincere però ha avuto bisogno di andare allo spareggio, in cui si è dimostrata più fredda e precisa dell'americana Rhode (argento) e della tedesca Brinker (bronzo).

Badminton, tennis e tennis tavolo

Dopo Roland Garros e Wimbledon Rafa Nadal ha vinto anche il torneo olimpico di singolare, superando in semifinale il numero tre del mondo Novak Djokovic e in finale il cileno Fernando Gonzalez (già bronzo quattro anni prima): per lo spagnolo un anno olimpico decisamente da ricordare. Il numero uno del mondo, Roger Federer, è stato estromesso ai quarti di finale del torneo singolare dall'americano James Blake: per lo svizzero, che il 18 agosto si è ritrovato per la prima volta numero due del mondo dopo 237 settimane di permanenza assoluta al numero uno, la consolazione è arrivata con l'oro nel torneo di doppio, in cui insieme al connazionale Stanislav Wawrinka ha battuto due coppie di super specialisti, gli americani Bob e Mike Bryan in semifinale e gli svedesi Simon Aspelin e Thomas Johansson in finale.

Tra le donne podio tutto russo in singolare (Dementieva oro, Safina argento, Zvonareva bronzo), mentre in doppio hanno rivinto le sorelle Venus e Serena Williams: era già accaduto a Sidney.

Dominio assoluto della Cina nel tennis da tavolo, in cui i padroni di casa hanno mostrato una superiorità senza precedenti nella storia di nessuna disciplina olimpica, conquistando quattro ori su quattro e tutte e sei le medaglie a disposizione nei singolari. Sia il torneo maschile che quello femminile hanno infatti avuto un podio interamente cinese, con la Yiming che si è ripetuta dopo l'oro di Atene: leggere il giuramento degli atleti, evidentemente, le ha portato bene. Scontati i successi della Cina nei tornei a squadre, dove sia i maschi che le donne sono arrivati all'oro senza perdere nemmeno un set.

Il badminton ha fatto registrare un successo complessivo delle nazioni asiatiche, con otto medaglie (di cui tre d'oro) alla Cina e poi un oro, un argento e un bronzo a testa per Corea del Sud e Indonesia: citazione doverosa per la Zang Ning, brava a confermare l'oro conquistato in Grecia quattro anni prima.

Equitazione e Vela

Nel programma di equitazione la cavallerizza olandese Anky van Grunsven su Salinero ha centrato il terzo oro consecutivo nel dressage individuale; come da tradizione, la prova a squadre è andata invece alla Germania, che non si lascia scappare questa medaglia d'oro da Los Angeles, nel lontanissimo 1984 (sette ori consecutivi, i primi due come Repubblica Federale Tedesca). Affermazione tedesca anche nel concorso completo a squadre, con Hinrich Romeike su Marius che ha doppiato vincendo l'oro anche nel concorso completo individuale.

La vela ha esaltato la tradizione marinaresca inglese: agli atleti di sua Maestà sono andati quattro ori, con il britannico Ben Ainslie che ha bissato il successo di Atene nel Finn. Per l'Italia sono arrivate due medaglie: alla quinta partecipazione ai Giochi, Alessandra Sensini ha centrato un bellissimo argento nel windsurf, andando ad un soffio dal gradino più alto del podio. A Pechino il windsurf si è svolto per la prima volta nella nuova classe RS:X, e non più nella “vecchia” Mistral: dopo i bronzi di Atlanta e Atene e l'oro di Sidney, la Sensini ha così completato con onore il suo medagliere personale. L'altro podio azzurro è arrivato con Diego Romero, finito terzo nel Laser: per il nativo di Cordoba, che nel 2000 e nel 2004 aveva gareggiato per l'Argentina, subito un bronzo all'esordio olimpico con l'Italia.

Gli sport multipli (pentathlon moderno e triathlon)

Nel pentathlon moderno maschile il russo Andrey Moiseyev ha bissato l'oro olimpico di Atene: il lituano Andrejus Zadneprovskis, argento nel 2004, stavolta è finito terzo, con il suo connazionale Edvinas Krungolcas medaglia d'argento. Tra le donne successo per la tedesca Lena Schönebern sulla britannica Heather Fell e l'ucraina Victoria Tereshuk.

Nel triathlon femminile l'australiana Emma Snowsill ha centrato l'oro infliggendo più di un minuto di distacco alla portoghese Vanessa Fernandes, mentre è stata molto più sofferta la vittoria del tedesco Jan Frodeno, che ha battuto per poco più di cinque secondi l'oro di Sidney Simon Whitfield (Canada).

Arrivederci a Londra

Affidata nuovamente alla regia di Yimou, la cerimonia di chiusura dei Giochi della XXIX Olimpiade è andata in scena il 24 agosto alle 8:00 della sera di Pechino. Introdotta da un conto alla rovescia di 29 secondi (come le ventinove edizioni dei Giochi), la cerimonia è stata molto meno sfarzosa di quella di apertura, e sensibilmente più breve. Dopo i discorsi del presidente del BOCOG Liu Qi e del presidente del CIO Jacques Rogge, c'è stata la premiazione della maratona maschile, vinta dal keniano Wanjiru poche ore prima; poi il sindaco di Pechino Guo Jinlong ha consegnato a quello di Londra Boris Johnson la bandiera olimpica, in un ideale passaggio di testimone. A quel punto è andato in scena un assaggio di quelle che saranno le Olimpiadi di Londra 2012, con l'arrivo di un tradizionale bus a due piani, l'apparizione di David Beckham e Jimmy Page che ha suonato Whole lotta love. Poi il braciere si è spento, e sulle note di alcuni numeri musicali i giochi di Pechino 2008 sono andati in archivio, diventando parte integrante della storia e della memoria olimpica.

Paralimpiadi estive Pechino 2008

I XIII Giochi Paralimpici estivi si sono svolti dal 6 al 17 settembre a Pechino, con l’eccezione degli eventi equestri che si sono disputati ad Hong Kong. Vi hanno preso parte oltre 4.200 atleti provenienti da 148 Comitati Paralimpici Nazionali. Venti gli sport in programma: Atletica leggera, Boccia, Calcio a 5, Calcio a 7, Canottaggio, Ciclismo, Equitazione, Goalball, Judo, Nuoto, Pallacanestro in carrozzina, Pallavolo da seduti, Rugby in carrozzina, Scherma in carrozzina, Sollevamento pesi, Tennis in carrozzina, Tennis tavolo, Tiro, Tiro con l'arco, Vela.

La Cina ha dominato nel modo più assoluto le gare conquistando ben 211 medaglie (di cui 89 d’oro), doppiando ampiamente gli inglesi (secondi con 102 medaglie) e gli americani (terzi con 99). Il protagonista più atteso è stato indubbiamente il sudafricano Oscar Pistorius, che non ha deluso le attese vincendo 100, 200 e 400 metri.

L’Italia ha chiuso il medagliere al 28° posto con 18 medaglie: 4 d’oro, 7 d’argento e 7 di bronzo. Un terzo delle medaglie della spedizione azzurra sono arrivate dal ciclismo, grazie ai successi di Paolo Viganò nell’inseguimento individuale e di Fabio Triboli nella corsa in linea (bronzo nel chilometro da fermo), all’argento di Vittorio Podestà nel chilometro da fermo e al bronzo di Giorgio Farroni nella corsa in linea. Gli altri due ori sono arrivati dal canottaggio nel quattro con misto e dal nuoto grazie alla vittoria di Maria Poiani Panigati nei 50 metri stile libero.

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