BONI, Onofrio

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 12 (1971)

BONI, Onofrio

Mara Bonfioli

Nato a Cortona il 7 nov. 1739 da Girolamo, erudito e letterato che nel 1741 fu segretario dell'Accademia Etrusca, fu avviato agli studi di legge nella città natale e all'università di Pisa, e protetto e incoraggiato a quelli delle belle arti dal granduca di Toscana, Pietro Leopoldo, il quale, pur mantenendogli il titolo, il grado e gli emolumenti di guardia nobile, gli permise di risiedere in Roma per completarli. Qui il B., dal 1780, entrò nel pieno della vita intellettuale del tempo e, frequentando i cenacoli culturali e artistici, si legò d'amicizia con S. Borgia, G. Marini, L. Lanzi, G. B. Seroux d'Agincourt, G. G. de Rossi, G. Volpato, e iniziò la sua attività giornalistica. È dubbia una sua partecipazione (come redattore o addirittura direttore) al Giornale delle Belle Arti, che forse è da ridursi al 1784 (negli anni seguenti vi appaiono invece, ripresi da altre pubblicazioni, numerosi suoi articoli), mentre è sicura la sua designazione da parte del principe Abondio Rezonico, su suggerimento del Lanzi, a redattore per l'architettura e l'incisione in rame e gemme delle Memorie per le Belle Arti, assieme a quella del de Rossi per la pittura e scultura, incarico che il B. mantenne fino al gennaio 1788, sostituito poi dall'architetto L. de Vegni (cfr. Elogio dell'Ab. ... Lanzi, pp. 306 s.).

In veste di recensore, affrontando problemi tecnici ed estetici, antiquari e filosofici relativi a varie epoche, iniziò le sue più accese controversie: dall'agosto al dicembre 1785contro il libro di P. A. Paoli, Rovine della antica città di Pesto..., in cui si attribuiscono, infondatamente, le antichità pestane ad un antichissimo periodo etrusco. Ancor più accesa, e quasi subito degenerata in attacchi personali, è quella col Fea, dopo la pubblicazione, da parte di quest'ultimo, del terzo tomo della Storia delle arti del disegno del Winckelmann. Punto da alcune osservazioni e animato da rivalità di circoli, nelle Memorie, dal marzo al giugno 1786, ilB. inizia una serrata e ironica requisitoria sull'opera del Winckelmann, di cui disapprova tra l'altro la svalutazione dell'arte michelangiolesca, e sul lavoro del Fea. Nel giugno quest'ultimo pubblica la sua Risposta dell'ab. G. Fea…, ripresa con ampi consensi dal Giornale d. Belle Arti, ponendo egli pure la questione su basi personali e accusando a sua volta il B. di malafede e precipitazione. Un libello, pubblicato anonimamente dal B. nel luglio 1786, Lettera di Baioco al ch.mo sig. ab. C. Fea..., conclude la violenta controversia, ormai ridotta soltanto sul piano dell'insulto personale, raccogliendo le critiche malevole e i pettegolezzi di tutto l'ambiente.

Più significativa testimonianza degli orientamenti critici del B. è l'Elogio di G. P. Batoni (Roma 1787), in cui egli pone in evidenza il "buon gusto e raziocinio naturale" che spinse il Batoni alle pure fonti dell'arte "alla Natura, cioè, a Raffaelle, agli antichi, insegnando come senza una servile imitazione dei secondi, nell'immenso teatro che la prima presenta, vada scelto il più bello, secondo il proprio gusto" (p. LXXII). Nel confronto d'obbligo tra il Batoni e il Mengs, pur senza scendere sul piano della polemica, riafferma perciò la sua diffidenza per le teorie neoclassiche più rigide. L'opera è ricca di particolari biografici e offre anche utili notizie sullo stato delle arti in Roma dal tempo di Benedetto XIV a quello di Pio VI.

Nel 1793 il B. ritornò in Toscana, ottenendo da Ferdinando III la carica di soprintendente ai palazzi e giardini demaniali della Toscana. Rimosso da questo incarico durante la prima occupazione francese, lo riebbe nel 1801 da Ludovico I di Borbone; ne fu nuovamente privato dai Francesi nel 1808, recuperandolo definitivamente nel 1814. Socio dell'Accademia romana di S . Luca e di quella Etrusca di Cortona, inviò da Firenze agli amici romani una serie di lettere di carattere sia privato sia ufficiale in cui alterna gli argomenti di attualità (Lettera di un architetto dell'Accademia di S. Luca al sig. cav. G. G. de Rossi sull'apparato per le solenni esequie di S. M. Lodovico I, in Nuovo Giornale dei Letterati di Pisa, VII [1803], pp. 3-33) a quelli di antichità (Lettera... al ch.mo sig. ab. G. Marini sui tempii monopteri degli antichi..., in l'Ape, II [1804], n. 4).

Si rinsaldò la sua amicizia per il Lanzi, per il cui divertimento compose le famose: Lettera di un socio etrusco ad un altro della stessa Accademia sopra un idoletto trovato a Fiesole, Firenze 1803; Lettera di un socio etrusco ad un altro... sopra alcuni scarabei trovati in val di Chiana, Firenze 1805, e Di alcune antichità dell'isola di Giannutri, Firenze 1809 (poi indirizzata al de Rossi), "bagatella letteraria", come egli la chiama (Elogio dell'Ab... Lanzi, p.237), fitta di deduzioni tanto fantastiche, quanto logicamente ed eruditamente esposte, da trarre in inganno sul suo vero intento satirico.

Come lo stesso B. afferma (ibid., p. 309 n. 16), volle ridicolizzare il gusto e la predilezione del tempo per il rozzo e l'incompleto come segno di antichità e le irrazionali deduzioni degli studiosi. La brillante ironia, la fervida ma calcolata fantasia, l'eleganza dello stile raggiungono qui i migliori risultati e la piena valorizzazione di quelle doti di sensibilità e misura che, resolo famoso al tempo della collaborazione alle Memorie per le Belle Arti, la maturità aveva perfezionato e raffinato.

L'esatta comprensione del genio di Michelangelo contro i pregiudizi del tempo, già dimostrata in gioventù (lett. del 1780 in Antologia romana, XXI[1796], p. 161), lo spinse a prenderne le difese e a "vendicarlo con trionfo", come disse il Cicognara (Catalogo..., p.14 n. 86). Nelle Riflessioni sopra Michelangelo Buonarroti... in risposta a quanto ne scrisse R. Freart sig. de Chambray..., Firenze 1809, dedicate all'amico G. B. Seroux d'Agincourt, il B. prende in esame i capi d'accusa dell'ottusa regola estetico-morale, contenutistica ed esteriore codificata dal Freart, ne combatte la validità e ne rileva i limiti, opponendo alle regole la libertà creativa e il "sublime" dell'arte michelangiolesca. La morte, nel 1810, dell'amico Lanzi, che fraternamente frequentò sino all'ultimo, lo indusse a tributargli omaggio con la sua opera di architetto, ideandone e realizzandone la tomba in Santa Croce (scoperta il 16 dic. 1811; il medaglione è dello scultore S. Belli) e componendo l'Elogio dell'Ab. don L. Lanzi tratto dalle sue opere, Firenze 1814 (2 ed., Pisa 1816), in cui, proprio dall'esatta percezione della sua opera erudita, poetica, religiosa, emerge completa e viva la figura del grande studioso.

Il B. morì di apoplessia a Firenze l'11 aprile del 1818.

Oltre al sepolcro del Lanzi, il B. disegnò un altare per la chiesa di S. Margherita a Cortona che non fu mai costruito. Il progetto suscitò polemiche di cui si ha traccia nel cod. Cort. 427della Biblioteca. Comunale di Cortona (cfr. G. Campori, Lettere artistiche inedite, Modena 1868, pp. 218-220;G. Mancini, cit.). L'Accademia Etrusca di Cortona possiede il rame di un'incisione in folio (cod. Cort. 650)di questo altare; nel cod. Cort. 589 si trovano disegni e prospetti di una viila non eseguita. Il B. stesso ricorda (Elogio dell'Ab. ... Lanzi, pp. 312 s.) che nel 1812 fu distrutto, per timore che sminuisse l'opera del Canova, un arco che il B. aveva disegnato per la tomba dell'Alfieri in Santa Croce.

Lettere e scritti minori del B. sono conservati nelle biblioteche di Perugia, Cortona, Pisa, Bologna, Bassano del Grappa (cfr. G. Mazzatinti-A. Sorbelli, Inventario dei monoscritti delle Biblioteche d'Italia, V, nn. 119, 1511; XVIII, 341, 344; XX, 459, 477, 490, 555, 575, 576, 593; XXIII, 269; XXIV, 727-733; LV, 2229; LVIII, 15, 47);altre novantadue lettere, dirette al Marini, sono raccolte nel cod. Vat. lat. 9045, cc. 1-110, della Biblioteca Apostolica Vaticana.

Fonti e Bibl.: D. Moreni, Bibliogr. stor. ragionata della Toscana, Firenze 1805, I, p. 144; L. Cicognara, Catal. ragionato dei libri d'arte e di antichità posseduti dal conte Cicognara, Pisa 1821, pp. 14, 205, 805; Biografia universale antica e moderna... per la prima volta recata in italiano, Venezia 1822, VI, p. 450; G. B. Corniani, Isecoli della letteratura italiana dopo il suo risorgimento, II, Milano 1833, pp. 504 s.; F. Inghirami, Storia della Toscana, Fiesole 1841-43, XV, pp. 99 s.; G. Mancini, Contributo dei Cortonesi alla coltura italiana, Firenze 1922, pp. 138, 158 s., 163 s.; A. Cosatti, Iperiodici e gli atti accademici italiani dei secc. XVII-XVIII posseduti dalla biblioteca dell'Accademia dei Lincei, Roma 1962, pp. 93-97.

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