ORA

Enciclopedia Italiana (1935)

ORA (fr. heure; sp. hora; ted. Stunde; ingl. hour)

Mario BRACCI
Goffredo BENDINELLI
Emilio BIANCHI

Attualmente è la ventiquattresima parte del giorno di tempo solare medio; ogni ora si suddivide in 60 minuti, ogni minuto in 60 secondi. Nell'antichità i Babilonesi (come più tardi i Greci) dividevano l'intero giorno in 12 ore, equivalenti ciascuna a due delle ore attuali; lo stesso si dica dei Cinesi, i quali davano il nome di taluni animali a ciascuna delle 12 parti anzidette. Così la prima ora (che comprendeva il tempo dalle attuali ore 23 e alle 1 di notte) era detta del topo; la seconda ora (dall'1 alle 3 di notte) si chiamava del toro; e poi successivamente della tigre, lepre, dragone, serpente, cavallo, montone, scimmia, gallo, cane, cinghiale, quest'ultima corrispondendo dunque all'intervallo biorario dalle nostre ore 21 alle 23.

Più tardi i Greci divisero tanto il giorno quanto la notte in 4 parti, ciascuna composta di tre ore. Per il giorno la prima parte incominciava al nascere del sole; la seconda s'iniziava tre ore dopo; la terza decorreva da mezzodì e la quarta incominciava nove ore dopo il sorgere del sole; all'istante del tramonto aveva fine il giorno e incominciava la notte. Si avevano in tal modo nel corso dell'anno ore di durata variabile, perché si suddivideva sempre in 12 ore un intervallo di tempo (dal nascere al tramonto del sole) variabile con le stagioni; ore più brevi d'inverno, più lunghe d'estate per quanto concerneva la suddivisione del dì, in senso inverso per la suddivisione della notte.

I Romani adottarono la stessa divisione del giorno e della notte usata dai Greci; in più usavano denominazioni speciali a designare particolari istanti; così chiamavano mane l'inizio del giorno, meridies il mezzodì, solis occasus il tramonto del sole, media nox la mezzanotte, ecc. Gli Egiziani e gli Asiatici occidentali divisero il giorno intero in 24 ore eguali, onde è da essi che proviene l'attuale modo di contare il tempo.

Nell'antico uso italiano (di cui si trovano larghe tracce nella letteratura nostra e straniera) le 24 ore si contavano a partire dal tramonto del sole, o, più precisamente, dall'avemaria della sera, che tuttora viene annunciata col suono delle campane circa mezz'ora dopo il tramonto, secondo regole fisse (v. anche Breviario). Nel secolo scorso si diffuse l'uso di distinguere e contare, separatamente le une dalle altre, le 12 ore antimeridiane, dalla mezzanotte al mezzodì, e le 12 ore pomeridiane, dal mezzodì alla mezzanotte. Oggigiorno invece le 24 ore si contano da 1 a 24 a partire dalla mezzanotte e quanto alla determinazione dell'istante da cui queste ore si contano, la massima parte dei paesi civili ha adottato, per convenzione internazionale, la cosiddetta "ora legale", che si definisce ricorrendo al sistema dei fusi orari.

Fuso orario. - Si suppongano tracciati sulla sfera rappresentante il globo terrestre 24 meridiani equidistanti. Ciascuna coppia di meridiani contigui delimita un fuso sferico, avente l'ampiezza di 15 gradi, cioè di 1 ora in longitudine. Se si stabilisce, come propose nel 1878 il canadese Sandford Fleming e come è avvenuto per convenzione internazionale, che per tutti i luoghi terrestri compresi entro uno stesso fuso si conti una stessa ora (ora legale) e precisamente quella del meridiano centrale del fuso, allora il fuso sferico diventa ciò che si chiama fuso orario. I diversi fusi orarî hanno denominazioni speciali e sono numerati da I a XXIV nel senso verso E., a partire dal fuso che ha per meridiano centrale quello che passa 15 gradi a E. di Greenwich. Così chiamasi fuso 0, oppure XXIV (denominato dell'Europa occidentale), quello che ha per meridiano centrale il meridiano della specola di Greenwich; fuso I (denominato dell'Europa centrale) quello che ha per meridiano centrale il meridiano posto a 15 gradi, cioè 1 ora a E. di Greenwich, ecc.

Da quanto precede risulta ovvia la relazione che intercede fra i tempi dei diversi fusi orarî: in un determinato fuso orario si conta a un dato istante un tempo che è avanzato (o ritardato) rispetto al tempo di un altro fuso di tante ore per quante unità il numero del primo fuso è maggiore, cioè ad E., od è minore, cioè ad O., di quello del secondo fuso. Così il tempo, che a un certo istante si conta sul fuso IX (Giappone), supera di 9 ore il tempo contato rispetto al fuso 0, ossia XXIV (Greenwich). In seguito a un voto emesso dal Bureau des longitudes, il governo francese ha stabilito, il 22 marzo 1917, che su tutte le navi francesi l'ora sia regolata, in navigazione, secondo il sistema dei fusi; e questa stessa norma è stata successivamente adottata dalle varie marine del globo.

La seguente tabella contiene i diversi fusi orarî e indica l'ora che vige in ciascuno di essi all'istante del mezzodì di Greenwich. Da rilevarsi che per taluni paesi vige un'ora regolata non già sul rispettivo fuso orario intero (cioè ampio 1 ora), ma riferita ad un mezzo fuso (cioè ampio 30 minuti). In una seconda tabella sono indicate le ore dei paesi che hanno tempi civili non regolati sul sistema dei fusi orarî.

L'ora dell'Europa orientale è usata in Turchia per le relazioni con l'estero e, in generale, per le ferrovie. Nei servizî telegrafici si usa invece l'"ora di S. Sofia", che è in anticipo di 1h 55m 56s sull'ora di Greenwich.

L'U. R. S. S. ha aderito al sistema dei fusi orarî con un decreto dei commissarî del popolo dell'8 febbraio 1919. Prima si usava in Russia l'"ora di Pulkova", che era in ritardo di 2h 1m 19s rispetto a quella di Greenwich.

Paesi nei quali non vige ora legale. - Abissinia, Afghānistān, Arabia, Cina, Manciuria, Persia.

Ora estiva (legale).

S'intende per ora estiva (in Italia chiamata "ora legale") l'anticipazione di un'ora sul tempo medio in vigore in ogni stato in base ai fusi orarî adottati con convenzioni internazionali. Questa riforma, proposta dal deputato inglese W. Willett nel 1915, fu adottata per prima dalla Germania il 10 maggio 1916 e quindi nello stesso anno da quasi tutti gli stati europei: in Italia ebbe inizio il 3 giugno 1916. Suggerita dalle esigenze di economia del periodo bellico, si proponeva soprattutto un risparmio del carbone necessario per la produzione della luce elettrica. Appunto per questa finalità l'anticipo era limitato al periodo primaverile ed estivo, in cui la durata della luce solare è maggiore (in Italia dal 10 aprile al 30 settembre). Gli effetti economici dell'ora estiva furono molto discussi, e quelli igienici (migliore utilizzazione della luce solare) ritenuti di trascurabile importanza. L'Inghilterra, la Francia, il Belgio e l'Olanda continuano a usare l'ora estiva. In Italia l'anticipo dell'ora estiva fu soppresso il 30 settembre 1920.

Le ore nella mitologia classica.

Indicate di preferenza al plurale, nel pensiero dei Greci le Ore ("Ωραι, Horae) corrispondono, in genere, a porzioni di tempo indeterminate e variabili, ora minime ora lunghissime, con speciale riferimento alla divisione e al regolare succedersi delle stagioni. Dove non risulti questa loro classica funzione, le Ore tendono a confondersi con le Moire e con le Cariti, di cui ripetono il numero di tre. Esiodo ne fa quasi un duplicato delle Moire, dichiarandole figlie di Zeus e di Temi, e assegnando loro, coi singoli nomi di Eunomia, l'Equità, Dike, la Giustizia, Eirene, la Pace, un contenuto morale.

A cominciare da Pindaro, la poesia greca accentua però l'aspetto naturalistico delle Ore o Stagioni, facendone un duplicato delle Grazie o Cariti, rivestendole di tutte le seduzioni della primavera. Il numero trino corrisponde poi alla triplice divisione dell'anno greco, che insieme fonde l'estate e l'autunno. In sé le Ore esprimono tutto ciò che da parte degli dei giunge a tempo, al momento opportuno, e che quindi gode di un certo carattere di perfezione.

Per suggestione della poesia l'arte figurata pone le Ore, come immagini della primavera e simboli di eterna giovinezza, al seguito degli dei nei divini sponsali o ierogamie, come nelle nozze di Peleo e Teti; dapprima senza distinguerle una dall'altra, poi differenziandole mediante attributi, come frutta e fiori. Così le Ore divengono vere e proprie personificazioni delle stagioni, il cui numero già Euripide calcola a quattro. Dall'età ellenistica, con gli attributi tende a variare anche il costume delle singole Ore o Stagioni, come si vede, meglio che altrove, su affreschi pompeiani. L'aumento delle Ore da quattro a dodici, per la divisione della durata del giorno, non si riscontra prima dell'età romana.

Bibl.: J.-A. Hild, in Daremberg e Saglio, Dictionnaire des antiquités grecques et romaines, s. v. Horae; S. Reinach, Répert. de Peint. grecques et romaines, p. 131 segg. e passim.

Per le ore canoniche, v. breviario.