Religiosa, organizzazione

Enciclopedia delle scienze sociali (1997)

Religiosa, organizzazione

Bryan R. Wilson

1. Introduzione

I termini 'chiesa' e 'setta' in senso stretto si riferiscono specificamente a forme cristiane di organizzazione religiosa. Nell'uso comune tuttavia non di rado essi sono stati applicati a organizzazioni di altre tradizioni religiose, e per mancanza di formule alternative di carattere generale, svincolate da una cultura specifica, anche gli studiosi spesso hanno adottato gli stessi termini, più di frequente in relazione ai corpi devianti ('sette') piuttosto che alla religione principale. Per la precisione dell'analisi, tuttavia, è importante riconoscere le connotazioni di tali concetti che sono specifiche delle culture cristiane occidentali, nella consapevolezza che la loro applicazione ad altre religioni può indurre a conclusioni errate.

La concezione cristiana della Chiesa ha caratteristiche del tutto peculiari: alla Chiesa viene attribuito il monopolio della verità spirituale e metafisica, ed è considerata l'unica istituzione cui pertiene legittimamente il ministero religioso. La Chiesa cristiana esige esclusività di fede e, a differenza di quanto accade in altre religioni, non ammette che individui di differenti origini etniche possano professare altri culti: il Dio della religione cattolica è concepito come universale e come tale può essere riconosciuto e adorato da tutti gli uomini. La missione della Chiesa è appunto quella di convertire tutta l'umanità al culto di questa divinità universale, che è anche il fondatore della Chiesa stessa. Secondo l'interpretazione teologica, la Chiesa opera come un'istituzione ad interim che persegue la redenzione del genere umano, sino a quando non sarà ristabilito il Regno di Dio, perduto col peccato originale. La Chiesa si proclama arbitro assoluto e definitivo della dottrina e del culto, e afferma di detenere la vera conoscenza in ogni campo - spirituale, fisico, intellettuale e morale. Parallela alla pretesa tradizionale di possedere la verità assoluta è quella - avanzata nel passato e tuttora, per quanto compromessa, perlomeno presupposta tacitamente - di detenere l'autorità suprema in tutte le materie spirituali ed ecclesiali.

Praticamente tutte le funzioni centrali della Chiesa - politiche, economiche, educative, nonché quelle propriamente religiose - sono sotto il controllo del clero, che nelle Chiese più tradizionali forma una struttura gerarchica composta interamente di chierici ordinati di diverso grado. L'autorità è delegata su linee razionali in una catena di comando gerarchico in cui in teoria non sono ammesse contraddizioni né incoerenze (in pratica, data la molteplicità delle attività della Chiesa, insorgono spesso controversie relative alle aree di giurisdizione, in particolare tra l'episcopato e gli ordini religiosi). Il clero è addestrato professionalmente e all'interno dell'istituzione ecclesiale, ma poiché la struttura della Chiesa precede di secoli la nascita delle professioni laiche, i suoi membri non hanno lo status giuridico di dipendenti della Chiesa, e i loro servizi non sono soggetti alle stesse condizioni contrattuali che regolano normalmente i rapporti tra lavoratore e datore di lavoro. Non esiste una carriera predefinita: mentre le funzioni amministrative sono coordinate gerarchicamente, il ruolo sacerdotale di base è comune a tutti i chierici, qualunque sia il loro status amministrativo. All'antichità dell'istituzione ecclesiale si deve una mescolanza di soluzioni organizzative per il mantenimento delle infrastrutture e per la retribuzione del clero, in cui a elementi tradizionali si sovrappongono spesso sistemi amministrativi più razionali. Conformemente ad altri processi di razionalizzazione che si sono verificati nelle Chiese, soprattutto nel XX secolo, si è affermata la tendenza ad adottare forme di organizzazione più uniformi e centralizzate (v. Thompson, 1970; v. Paul, 1964). A tutti i membri del clero è richiesto il servizio a vita, e sono stati istituiti vari meccanismi per eliminare conflitti di ruolo e contrasti di status (ad esempio attraverso l'adozione di una speciale uniforme, il conferimento di titoli e, negli ordini religiosi, l'assunzione di nuovi nomi). Una netta distinzione viene operata tra clero e laicato, e sebbene in anni recenti si sia notevolmente esteso l'ambito in cui i laici possono svolgere compiti religiosi, tuttavia in riferimento alla Chiesa cattolica il termine clero viene di solito riservato al corpo sacerdotale, ad esclusione dei fedeli laici.

Le caratteristiche dell'organizzazione ecclesiale testé illustrate - in particolare il controllo centralizzato e la struttura gerarchica, che in certa misura costituiscono un'eredità dell'Impero romano - hanno conferito alla religione cristiana in generale, e alla Chiesa in particolare, un considerevole grado di coerenza interna, di continuità storica e di visibilità, tanto che quest'ultima ha acquistato l'apparenza di un'entità essenzialmente oggettiva che ha un'esistenza separata e indipendente dalla società civile - al di sopra e di là di essa, per esprimerci nei suoi stessi termini. L'interpretazione teologica ha avuto la tendenza a rafforzare tale immagine; i sociologi, tuttavia, hanno cercato di analizzare le istituzioni reificate, quali appunto la Chiesa (e lo Stato), nei termini delle strutture complesse e spesso routinizzate dell'azione sociale (v. Weber, 1922). Nondimeno, alla percezione sociale della Chiesa come entità oggettiva si deve in larga misura la potente influenza che essa ha esercitato sulle istituzioni politiche, economiche, giuridiche, educative, familiari e morali della cristianità, e sulla socializzazione dei suoi membri. Alcune di queste funzioni, nonché il ruolo svolto dalle Chiese negli affari nazionali e internazionali, sono stati assai più ampi e incisivi rispetto alle sfere di influenza assai più limitate di altre religioni mondiali prive di un'analoga organizzazione ecclesiale.

L'impiego del termine 'setta' in riferimento a movimenti religiosi minoritari in contesti culturali non cristiani è anch'esso improprio, ma ha maggiori giustificazioni. Nel senso generico di corpo separato di religiosi, la setta è una caratteristica comune a tutte le tradizioni religiose, e perlomeno per quanto riguarda la sua incidenza può essere considerata più universale della Chiesa. Il concetto di setta, così come è stato impiegato originariamente nella società cristiana, implica un contesto di esclusività religiosa, che non tollera alcuna pluralità di culti e in cui alla fede viene applicato il principio di non contraddizione (sicché, ad esempio, non si può credere simultaneamente in A e in non-A). Poiché molte altre grandi religioni - in particolare l'induismo e il buddhismo - non si conformano a queste caratteristiche, il termine setta, sebbene largamente impiegato nel linguaggio comune, a rigore non è applicabile in riferimento a esse. In India e in Giappone il pluralismo del culto è un fenomeno comune, e l'uso del termine setta per designare gruppi che seguono determinate credenze e pratiche religiose non è affatto appropriato in questi contesti, sebbene diversi movimenti religiosi lo adottino per definire il proprio status.

Al pari del concetto di chiesa, anche quello di setta è strettamente legato alla storia del cristianesimo e alla teologia cristiana, per quanto i sociologi si siano sforzati di liberare i due termini delle connotazioni rispettivamente positive e negative di cui li ha dotati l'interpretazione teologica. Come forme di organizzazione, sia la chiesa che la setta presentano caratteristiche che non si ritrovano in altre tradizioni religiose; in particolare, hanno entrambe una struttura congregazionale - un modello organizzativo che potrebbe essere derivato dall'istituzione sinagogale del giudaismo (v. Gager, 1975). I fedeli laici sono riuniti per lo svolgimento di attività religiose collegiali, a differenza di quanto avviene nei culti misterici in cui prevale il rapporto professionista-cliente, o in quelli imperniati sull'apprendimento di tecniche meditative. Anche se le manifestazioni di devozione personale e la preghiera privata vengono incoraggiate, tali pratiche, così come la distribuzione di mantra o talismani, sono subordinate al culto pubblico collegiale. Il cristianesimo mette l'accento sull'unità di tutti i credenti e assume implicitamente che un'organizzazione cristiana comporti l'integrazione dell'individuo nella comunità dei fedeli. L'affiliazione di congregazioni locali sotto l'autorità di funzionari responsabili di unità territoriali più ampie, tipica delle chiese, costituisce anche una caratteristica di molte sette, sebbene l'impulso settario abbia a volte negato pretese di autorità trascendenti il livello congregazionale locale. La struttura congregazionale della chiesa ovviamente differisce per molti aspetti da quella della setta. All'interno dell'organizzazione ecclesiale le congregazioni sono parrocchiali, e poiché le chiese tendono a considerarsi coestensive con la società più ampia (l'intera cristianità, oppure, nel caso delle Chiese protestanti e ortodosse, lo Stato nazionale o il gruppo etnico) nel concetto di 'parrocchia' è ricompresa l'intera comunità locale. La congregazione è affidata a un particolare sacerdote assegnato a una data parrocchia. Nelle sette la congregazione è formata solo da coloro che vi aderiscono volontariamente all'interno di un determinato distretto, e la leadership emerge dall'interno della congregazione locale. L'ideale dell'identità collegiale e del culto comunitario prevale in entrambi i tipi di organizzazione cristiana.

2. La chiesa e la setta come tipi ideali

La definizione originaria del concetto di chiesa e di setta era di carattere essenzialmente teologico, frutto degli sforzi di razionalizzazione dei teologi della Chiesa e quindi influenzata dagli orientamenti normativi e ideologici degli apologeti cristiani. La trasformazione delle definizioni teologiche in concetti sociologici di ordine più analitico si deve a Ernst Troeltsch (1865-1923), che nell'opera Die Soziallehren der Christlichen Kirchen und Gruppen (1912) cercò di costruire dei tipi ideali della chiesa e della setta, ossia delle definizioni in grado di sintetizzare quella che può essere considerata la logica interna delle due forme di organizzazione. I tipi ideali sono essenzialmente costrutti mentali, non già specchio di una realtà empirica, sebbene alla loro base vi debba essere necessariamente la conoscenza di un'ampia gamma di casi empirici. Max Weber aveva affermato chiaramente che in sé e per sé i tipi ideali non esistono, ma sono solo strumenti di cui si serve il ricercatore; si tratta di proiezioni ingrandite e unilaterali che distillano l'essenza dei fenomeni in forma concentrata, eliminando ogni elemento puramente incidentale e contingente. I tipi ideali hanno fini analitici e non classificatori: sono una sorta di metro con cui si fissano punti di riferimento stabili per l'analisi di dati empirici. L'obiettivo non è quello di imporre una rigidità definitoria a entità empiriche, bensì di evidenziare i punti in cui un determinato fenomeno diverge dal tipo. In questo modo viene indicato ciò che ancora necessita di una spiegazione sociologica, poiché se i casi empirici si conformassero perfettamente ai tipi ideali sarebbe superflua qualunque ulteriore spiegazione e, cosa assurda, il mondo reale risulterebbe spiegato deduttivamente attraverso un puro ragionamento logico. I tipi ideali, secondo Troeltsch, dovrebbero essere utilizzati per garantire il rigore analitico nella comprensione delle diverse forme empiriche dell'organizzazione religiosa, per rendere possibile distinguere i casi intermedi, individuando le caratteristiche che li avvicinano al tipo della chiesa oppure a quello della setta, e per riconoscere più facilmente i processi di mutamento.

Per alcuni aspetti la tipologia di Troeltsch risulta criticabile. Il suo errore di fondo è quello di scambiare determinate regolarità empiriche per necessità logiche, come quando, ad esempio, asserisce che le sette possono nascere solo tra le classi inferiori. Storicamente molte sette sono state effettivamente un fenomeno riconducibile agli strati sociali inferiori, ma fu un errore da parte di Troeltsch assumere che tale circostanza costituisse la caratteristica essenziale della setta, e che non vi fossero altre forme di deprivazione sociale in grado di suscitare reazioni settarie. Il tipo da lui definito ha più i caratteri di un aggregato di tendenze empiriche frequentemente associate che non di un sistema pienamente articolato di caratteristiche logicamente coerenti che il ricercatore può legittimamente assumere come implicitamente collegate. Nonostante queste carenze, lo studio di Troeltsch ebbe un importante valore pionieristico. Attraverso una comparazione dicotomica, egli cercò di indicare le differenze fondamentali tra le due forme di organizzazione religiosa, prestando attenzione anche a un terzo fenomeno, una corrente non organizzata di religiosità all'interno della tradizione del misticismo cristiano. Troeltsch riconobbe che i due tipi della chiesa e della setta sono legati specificamente alla cultura cristiana, e quindi non li considerò applicabili a tutte le religioni attribuendo loro validità universale. I dati empirici sulla base dei quali costruì i suoi tipi ideali erano desunti dalla storia dell'Europa cristiana. Se nel definire il tipo della chiesa Troeltsch prese necessariamente come riferimento la Chiesa cattolica, in qualità di teologo protestante fu indubbiamente influenzato dal modello delle Chiese territoriali evangeliche del suo paese d'origine, la Germania. Nel costruire il tipo ideale della setta egli attinse in larga misura alle proprie conoscenze delle sette storiche. Sebbene gli fossero note, perlomeno superficialmente, alcune sette americane del XIX secolo, data la mancanza di studi sociologici sulle sette di nuova formazione Troeltsch non fu in grado di render conto dei mutamenti intervenuti nelle loro forme organizzative. Il suo modello della setta tendeva a essere quello della piccola comunità locale autosufficiente in cui dominano i rapporti interpersonali diretti.

Nella tipologia di Troeltsch la Chiesa è gerarchica, tradizionalista e conservatrice, mentre la setta è egualitaria, radicale e potenzialmente rivoluzionaria. La Chiesa si rivolge alle classi dominanti, per le quali opera come un'istituzione di controllo sociale del popolo, laddove la setta si rivolge agli emarginati. La Chiesa è strettamente legata allo Stato e agisce dall'alto, da posizioni socialmente privilegiate; la setta invece opera sostanzialmente dal basso, e si oppone implicitamente alle autorità statali e all'intero apparato dell'autorità secolare. Così come conferisce una legittimazione divina alle autorità secolari e allo Stato quali istituzioni necessarie per un genere umano immerso nel peccato, la Chiesa giustifica anche, in particolari circostanze, l'uso della forza da parte dello Stato, laddove la setta lo rifiuta recisamente. La Chiesa si presenta come un'entità oggettiva che amministra la grazia, anch'essa concepita in termini oggettivi, attraverso i sacramenti, l'apostolato e il ministero pastorale. Per la setta, invece, la grazia non ha bisogno di altra intermediazione se non quella della Bibbia, ed è preesistente ai sacramenti: così ad esempio il battesimo non è un veicolo della grazia, ma semplicemente una manifestazione della grazia ricevuta. La Chiesa - e la grazia di cui è portatrice - pervade non solo l'esistenza dell'individuo, ma anche la vita pubblica, presentandosi quale indispensabile mediatrice tra il suo fondatore e il genere umano. La setta, per contro, è un'associazione volontaria, una comunità d'amore che non pretende di essere fondata da Cristo ma si concepisce piuttosto come una confraternita che risponde al suo appello. Nel suo coinvolgimento nella vita pubblica e nella cultura secolare, la Chiesa è integrata nel mondo, e ne risulta inevitabilmente compromessa nella misura in cui cerca di infondervi i propri valori. Essa vede la sua missione nella civilizzazione dell'umanità. La setta invece rifugge dalla cultura secolare o la condanna, tenendo viva una tensione essenziale con il mondo, e predica l'ascetismo e la rinuncia ai rapporti sociali. La Chiesa prevede livelli differenziati di impegno nella società: vi sono i monaci, il clero secolare e il laicato, ognuno con un proprio obbligo religioso regolato e definito, in una divisione del lavoro spirituale nelle attività del culto e della preghiera, del governo e dell'amministrazione, dove a ogni gruppo di status è richiesto uno standard specifico di condotta morale. La setta, al contrario, richiede a tutti i suoi seguaci lo stesso modello di condotta virtuosa e un impegno totale. Laddove la Chiesa è diventata un oggetto istituzionalizzato di reverenza, proclamandosi santa, eterna e punto di riferimento oggettivo per l'individuo, la setta non avanza pretese di questo genere, ma si identifica piuttosto con l'esperienza condivisa della comunanza interiore. Il sacerdozio nella Chiesa ha la funzione di veicolare la grazia, e in genere richiede una complicata gerarchia di autorità: l'esigenza di fissare verità certe sul piano teologico e dottrinale impone che la dottrina sia approvata ai livelli superiori i quali, poiché la Chiesa è universale, costituiscono un'autorità analoga a quella che domina nel mondo. Nelle sette, invece, il ministero pastorale è affidato a persone comuni, spesso elette dalla congregazione. Mentre la chiesa mette l'accento sul rapporto tra l'individuo e l'istituzione, la setta pone in primo piano la fratellanza dell'amore. L'adesione alla chiesa è considerata un obbligo, poiché ad essa è subordinata la salvezza, e se si rendesse necessario le autorità secolari devono intervenire assicurando coercitivamente l'ottemperanza ai doveri religiosi. La chiesa conferisce uno status ascrittivo ai propri membri, mentre la setta riconosce solo lo status acquisito fondato sulla conversione, sull'adesione volontaria e sulla costante dimostrazione di merito nel mantenimento dell'ardore religioso e di una condotta di vita virtuosa.

In questa sintesi schematica, la chiesa e la setta sono presentate in termini dicotomici come forme polarmente contrapposte. Troeltsch riconosce che il cristianesimo aveva i caratteri della setta prima della istituzione della Chiesa, e contrappone il radicalismo settario dimostrato dalle parole di Cristo alle tendenze compromissorie della Chiesa espresse nelle epistole paoline. La Chiesa ha conosciuto un'attenuazione dell'intensità del sentimento che ne caratterizzò le origini, ma ciò era necessario per la sua missione culturale. La setta, secondo Troeltsch, ha come ideale uno stato di natura radicale in cui non vi è bisogno dello Stato, né dell'esercito, né di qualsivoglia forma di coercizione, in cui la proprietà è comune e l'uomo agisce secondo i dettami della ragione, illuminato dalla parola di Dio. La setta rappresenta la speranza radicale di un ripristino (almeno per se stessa, se non per tutto il genere umano) di questo stato edenico attraverso un imminente secondo avvento. La Chiesa invece ha rinunciato all'aspettativa di una restaurazione a breve scadenza della condizione edenica; sebbene si debba continuare a sperare in essa, il massimo che si può raggiungere nelle condizioni attuali è una relativa osservanza della legge naturale e la virtù personale. La missione che essa si propone è dunque quella di razionalizzare e giustificare le ineguaglianze esistenti, facendo dell'ascetismo un prerequisito per la redenzione e cercando di riconciliare l'uomo con le sofferenze che lo attendono in questo mondo. Agli individui socialmente privilegiati essa consiglia clemenza, carità e tolleranza, mentre i poveri vengono esortati alla pazienza e a trovare conforto nella prospettiva della vita eterna dopo la morte.

Il metodo analitico di Troeltsch mette in grande rilievo le tendenze divergenti all'interno della cristianità. Sulla base del fatto storico dell'opposizione settaria alla Chiesa, l'organizzazione della setta viene concepita come intrinsecamente opposta a quella della chiesa, e questi contrasti abilmente messi in evidenza tendono a rendere più netto il profilo di entrambe. Di conseguenza nella tipologia di Troeltsch le somiglianze e le continuità fra le organizzazioni cristiane vengono trascurate: la setta viene definita solo in opposizione, o perlomeno in contrasto, con la chiesa nei suoi aspetti sia organizzativi che ideologici. Senza dubbio, le proto-sette che nacquero nel Medioevo e nel primo periodo della Riforma si ponevano contro la Chiesa, e forse si comprendono meglio alla luce del loro rapporto di opposizione a essa, ma le sette moderne non sono nate necessariamente in deliberata opposizione alla Chiesa, né hanno adottato le proprie forme organizzative al fine specifico di marcare il contrasto con essa. Spesso le sette moderne sono sorte come comunità separate di credenti la cui protesta (giacché tutte le sette sono gruppi di protesta) può essere diretta contro la società più ampia e la cultura secolare non meno che contro la dottrina o l'organizzazione della Chiesa.

3. Origini e diversificazione delle sette

Gli studi empirici sulle sette mettono in evidenza come non tutte siano nate a seguito di uno scisma. Se alcune hanno origine come gruppi scismatici che propugnano dottrine o forme organizzative in contrasto con quelle dell'ortodossia dominante, altre hanno avuto processi genetici diversi. Alcune sette si sono cristallizzate in entità durevoli quando singoli 'cercatori' si sono uniti per esplorare le verità del cristianesimo e le profezie bibliche. Altre sono state reclutate da leaders carismatici che proponevano interpretazioni diverse delle dottrine cristiane; ne sono un esempio Christian Science, fondata da Mary Baker Eddy, che propugna una reinterpretazione metafisica della Bibbia, e la Chiesa di Gesù Cristo dei Santi degli Ultimi Giorni (mormoni), fondata da Joseph Smith jr., al quale un arcangelo avrebbe rivelato un nuovo vangelo scritto su tavole d'oro. Altri movimenti sono nati all'interno di una Chiesa preesistente, a seguito dell'espulsione di gruppi di fedeli più impegnati o fanatici che cercavano di rivitalizzare la propria fede e quella dei correligionari, senza peraltro avere intenzioni scismatiche. Ne sono esempi varie sette pietiste all'interno del luteranesimo, e i primi metodisti all'interno della Chiesa anglicana. Infine, in particolare nel XIX secolo, alcune sette sono frutto di un revivalismo interdenominazionale. È questo il caso di vari gruppi fondamentalisti protestanti, in particolare dell'Esercito della Salvezza e di alcuni gruppi pentecostali del nostro secolo (v. Wilson, 1967).

Tra i difetti dell'approccio di Troeltsch vi è quello di non tener conto della necessità di considerare l'orientamento dottrinale e le forme organizzative delle varie sette o chiese in una prospettiva comparativa. Troeltsch aveva bensì rilevato alcune differenze tra le sette, distinguendone tre sottotipi - la setta imperniata sulla sopportazione e sulla sofferenza, quella aggressiva di natura militante e quella borghese -, ma non sviluppò ulteriormente tali intuizioni, sicché il suo tipo ideale finisce per annullare tutte le divergenze. Questo difetto è più evidente nel caso delle sette che non in quello delle chiese; queste ultime infatti, in quanto organizzazioni la cui estensione coincide idealmente con un determinato Stato (o gruppo di Stati), sono limitate nel numero, e condividono in gran parte la stessa legittimazione teologica. Le sette, invece, sono numerose e differiscono in modo sostanziale per origini, ideologia, struttura ed ethos. Gli studi successivi hanno messo in evidenza l'importanza di operare delle distinzioni tra le sette e di riconoscerne gli orientamenti distinti e divergenti.

4. I diversi tipi di organizzazione ecclesiale

L'organizzazione ecclesiale ha una base territoriale, e in rapporto al territorio (e di solito a specifici funzionari) ha una struttura gerarchica. I funzionari di grado più elevato, perlomeno nelle Chiese più antiche precedenti la Riforma (e in alcune Chiese sorte dopo di essa), sono i vescovi, ma il processo di gerarchizzazione si è verificato sia al di sopra che al di sotto del livello episcopale. La diocesi, che costituisce l'unità amministrativa di base, è un'area territoriale affidata alla sovrintendenza del vescovo, che vi esercita un'autorità sovrana. Secondo la Chiesa cattolica romana, il ministero episcopale è di istituzione divina; il pontefice non può arrogarsi diritti episcopali, e i vescovi non sono considerati semplici strumenti del papa. Tuttavia, poiché quest'ultimo è l'ordinario universale che ha la piena e suprema potestà su tutta la Chiesa, i vescovi sono tenuti alla fedeltà personale alla Santa Sede (v. Rahner, 1964). La tendenza alla centralizzazione ha portato all'istituzione di una giurisdizione sovra-diocesana, in particolare col riconoscimento dell'autorità papale nella Chiesa cattolica romana, rafforzato dalla tesi dell'infallibilità del papa quando parla ex cathedra affermata dal Concilio Vaticano I del 1869. La Chiesa cattolica romana ha caratteristiche del tutto peculiari, derivate dallo status politico-giuridico autonomo di cui godeva nell'epoca medievale, quando controllava un terzo del territorio dell'Europa occidentale e rivendicava l'autorità esclusiva di conferire legittimità ai sovrani secolari. L'eredità della sovranità feudale esercitata sugli Stati dell'Italia centrale ha conferito al papato le prerogative di un potere statale, e talvolta la struttura di una entità politica autonoma. Così, sebbene la Città del Vaticano ormai non sia altro che un dominio simbolico, il papato continua ad avere rappresentanti diplomatici in tutto il mondo, e conserva la facoltà di conferire titoli nobiliari ai propri fedeli laici. La curia che coadiuva il papa è stata paragonata a un moderno gabinetto politico, con vari dipartimenti e segretariati. Il Concilio Vaticano II del 1962 ha dotato la Chiesa di un sinodo di vescovi che rappresenta tutto l'episcopato cattolico, nonché di un Sacro Collegio di cardinali con funzioni consultive, cui compete l'elezione del papa. Il pontefice nomina i vescovi, e in questa materia il laicato non ha alcuna potestà (sebbene a volte, in passato, tale facoltà sia stata usurpata da autorità temporali, come del resto la nomina dei papi stessi).

Al livello sub-diocesano, le parrocchie locali sono amministrate da sacerdoti ordinati dai vescovi. Ad essi è affidata la funzione di amministrare i sacramenti, che la Chiesa considera segni della grazia dotati di potere intrinseco, e di assolvere i peccatori. Sono queste funzioni, distinte dai ruoli pastorale, apostolico e amministrativo, che differenziano il sacerdozio della Chiesa cattolica (e di alcune altre) da quello del protestantesimo. La parrocchia, che è una caratteristica comune alle organizzazioni che rientrano nel tipo della chiesa, è una circoscrizione territoriale che comprende i fedeli affidati alle cure spirituali del parroco nonché le infrastrutture ecclesiali. Storicamente essa dipendeva dal supporto delle autorità secolari, data la rivendicazione del monopolio religioso da parte della Chiesa. In seguito il riconoscimento del pluralismo religioso da parte delle autorità secolari indebolì l'organizzazione parrocchiale: varie Chiese cominciarono a rivendicare la giurisdizione spirituale sui medesimi territori, con l'effetto di ridurre le organizzazioni religiose ad associazioni volontarie.Sebbene il patriarca di Costantinopoli sia riconosciuto dalle Chiese ortodosse come patriarca universale, egli non è l'equivalente del papa nella Chiesa cattolica romana. Nella tradizione ortodossa vi sono quattordici Chiese autocefale e sette Chiese autonome (con un minor grado di indipendenza) che hanno acquisito il loro status separato in diversi momenti, nonostante l'obbligo formale di fedeltà a Costantinopoli e la resistenza del patriarca al filetismo dei vari gruppi etnici. La storia di queste Chiese è strettamente legata alle vicende politiche: in Russia, ad esempio, lo Stato abolì il patriarcato nel 1721, e nominò un procuratore generale per sovrintendere agli affari ecclesiastici. Sebbene il patriarcato fosse stato ripristinato prima della Rivoluzione del 1917, Lenin decretò la separazione tra Chiesa e Stato. Sotto il regime comunista, le religioni vennero oppresse sino all'avvento della perestrojka, quando un nuovo concilio della Chiesa ortodossa approvò nuovi statuti. Il procuratore generale dello Stato continuava a sovrintendere agli affari ecclesiastici. Nella Chiesa ortodossa greca la funzione esecutiva è affidata a un sinodo nominato annualmente da dodici vescovi sotto la presidenza permanente dell'arcivescovo di Atene.

La Riforma fu ispirata in parte da un'esigenza di cambiamento organizzativo all'interno della Chiesa, nonché da divergenze in materia dottrinale e liturgica. Alla teoria delle due autorità, quella spirituale e quella temporale, Lutero sostituì la tesi dei due regni, terreno e celeste, riconoscendo che ogni autorità politica legittima apparteneva al principe e ponendo a tutti gli effetti la Chiesa sotto l'autorità dello Stato. Egli accettò l'episcopato, riconoscendogli la funzione di predicare il Vangelo e di amministrare i sacramenti, ed esso venne quindi conservato nelle Chiese luterane, ad esempio in Scandinavia. In Svezia il re acquistò l'autorità suprema sulla Chiesa, la supervisione della liturgia, nonché la funzione di amministrare i sacramenti e di predicare il Vangelo. Sino all'inizio del XVIII secolo, la Chiesa d'Inghilterra amministrava i propri affari interni attraverso una convocation o assemblea generale composta di due camere, 'alta' (dei vescovi) e 'bassa' (basso clero), un sistema che poi cadde in disuso sino alla metà del XIX secolo, e in cui il Parlamento aveva un ruolo di supervisore generale degli affari ecclesiastici. Un corpo consultativo laico fu creato negli anni ottanta dell'Ottocento, e il laicato acquistò una maggiore influenza, sia pure sempre limitata, con l'istituzione nel 1919 della Assemblea nazionale della Chiesa d'Inghilterra, che a sua volta lasciò il posto nel 1970 a un sistema di sinodi diocesani composto dalle tre camere dei vescovi, del clero e dei laici sotto la supervisione episcopale, e a un sinodo generale di cui faceva parte una camera dei laici elettiva. La proposta avanzata nel 1995 di istituire un concilio direttivo nazionale per guidare le deliberazioni del sinodo generale e della camera dei vescovi lasciava l'intera politica ecclesiastica sotto la direzione dell'episcopato. Mentre il parlamento si è spogliato di tutte le funzioni di supervisione degli affari della Chiesa, i legami tra Stato e Chiesa non sono cessati, perlomeno sul piano formale. Due arcivescovi e ventidue vescovi anziani siedono nella camera alta dell'assemblea legislativa; i vescovi sono nominati dalla Corona (di fatto dal governo), cui compete anche la nomina a numerose cariche ecclesiastiche minori. L'interrelazione tra Stato e Chiesa tuttavia oggi si è considerevolmente attenuata, e l'influenza dell'episcopato sul governo è praticamente nulla.

L'organizzazione delle cosiddette Chiese libere è anch'essa gerarchica, nel senso che esistono gradi discendenti di autorità costituita conferita a consigli o assemblee variamente rappresentativi e democratici. Le Chiese presbiteriane, di cui fa parte la Chiesa di Scozia, accettano la dottrina del sacerdozio universale dei credenti (ossia negano il carattere sacramentale del sacerdozio). Si tratta dunque di chiese semi-congregazionali, nel senso che ogni Chiesa locale gode di un notevole potere (ad esempio ha facoltà di scegliere i propri ministri). Ogni congregazione locale elegge i propri rappresentanti sia laici che ecclesiastici al livello regionale nei sinodi e a livello denominazionale in una assemblea generale. Le Chiese presbiteriane o riformate non riconoscono una successione episcopale valida. Il congregazionalismo - che si differenzia storicamente dal presbiterianismo non tanto sul piano dottrinale, quanto in materia di organizzazione e di governo ecclesiale - riconosce un notevole grado di autonomia alle Chiese locali, libere da un controllo centralizzato da parte della denominazione. In anni recenti, tuttavia, le esigenze di evangelizzazione, di divulgazione e di raccolta di fondi, nonché un'attenuazione del senso di identità denominazionale hanno favorito una tendenza centralizzatrice in contrasto con il congregazionalismo, e in Inghilterra ha portato i presbiteriani e i congregazionalisti a unirsi nella Chiesa Unita Riformata.

Anche i battisti, che hanno conservato un'organizzazione congregazionalista nella convinzione quasi settaria che la voce di Dio possa essere ascoltata solo nella comunità locale, hanno conosciuto un analogo spostamento del processo decisionale dal livello locale a quello denominazionale (v. Harrison, 1959). La Chiesa metodista è in generale non episcopale, ma negli Stati Uniti i leaders che in Gran Bretagna e in altri paesi sono designati come sovrintendenti di un circondario (circuit) assumono il titolo di vescovi, senza peraltro che l'episcopato sia considerato un ordine diverso da quello di un presbiterato. La massima autorità nel metodismo è una conferenza che delega le responsabilità a sinodi semi-annuali in ogni distretto. I distretti sono formati da circuiti, in cui è riunito un certo numero di 'comunità' (chiese) locali. I ministri sono designati dalla conferenza, e possono conservare un particolare incarico solo per pochi anni prima di una riassegnazione.

Per definizione, le cosiddette Chiese libere operano indipendentemente dallo Stato, e in ciò si differenziano dalle Chiese stabilite nazionali ed etniche della tradizione protestante e di quella ortodossa, in cui le autorità politiche sovrintendono agli affari ecclesiastici. La Chiesa cattolica, pur dichiarando tradizionalmente di trascendere le autorità secolari, è stata nondimeno oggetto in molti paesi - perlomeno dall'epoca della Rivoluzione francese - di un violento e persistente anticlericalismo pressoché sconosciuto nei paesi protestanti. L'opposizione all'ingerenza della Chiesa nelle faccende secolari si diffuse ampiamente nel XIX secolo in Europa. Così, la Costituzione belga del 1831 privò il cattolicesimo del carattere di religione di Stato e concesse a tutti i gruppi la libertà di culto, sebbene lo Stato abbia continuato a pagare gli stipendi del clero (non solo della maggioranza cattolica, ma anche del clero luterano e calvinista). Le Chiese tedesche persero il loro status di religione di Stato nel 1918, ma è rimasta in vigore una tassa in loro favore. La Francia ha abolito la religione di Stato nel 1905-1906. In Italia, il Concordato tra Chiesa e Stato del 1929 ha riconosciuto il cattolicesimo quale unica religione di Stato, imponendo altresì l'insegnamento della dottrina cristiana nelle scuole elementari e medie; tuttavia il trattato fu emendato nel 1984, con l'abolizione della clausola della religione di Stato.

In alcuni paesi l'anticlericalismo ha provocato una forte reazione religiosa con significative implicazioni sul piano organizzativo per la Chiesa cattolica. In Francia si sviluppò ad esempio una concezione integralista della Chiesa che ne esaltava il ruolo nella società e ne giustificava sul piano pratico il coinvolgimento negli affari secolari. La Chiesa avrebbe dovuto riappropriarsi di quelle funzioni sociali che svolgeva in passato e che nel processo di differenziazione strutturale delle società moderne sono state demandate ad agenzie specializzate. Il settore cui si attribuiva particolare importanza era quello educativo, ma veniva altresì riaffermata la necessità di infondere valori cristiani nei rapporti di lavoro, nell'assistenza medica, nella politica sociale, e in generale di stabilire una egemonia culturale del cristianesimo, o, se questo era un obiettivo troppo ambizioso, perlomeno di preservare una sottocultura specificamente cristiana. Nell'ultimo quarto del XIX secolo, sotto la denominazione generale di 'Azione Cattolica' le parrocchie hanno fondato numerose organizzazioni ausiliarie, associazioni giovanili, sindacati, casse di risparmio, centri di assistenza sociosanitaria, e via dicendo. Un processo essenzialmente analogo si è avuto anche in Belgio e in Olanda, dove la Chiesa (nel caso dell'Olanda sia quella cattolica che le Chiese riformate) ha istituito servizi sociali alternativi a quelli forniti dallo Stato. Così, quasi uno Stato nello Stato, la Chiesa ha creato varie istituzioni a base confessionale, tra cui sindacati, società edili, ospedali, università, scuole, giornali, stazioni radiofoniche, partiti politici, nonché una vasta gamma di servizi ricreativi (v. Billiet, 1988; v. Hellemans, 1990).

5. Chiesa, setta e denominazione in una società laica

L'emergere di uno Stato laico, la federazione degli Stati Uniti d'America, in cui non vi era alcuna religione ufficiale o privilegiata (se si eccettuano alcune Chiese stabilite - peraltro di breve durata - in alcuni Stati, in particolare nel Massachusetts), implicitamente metteva in discussione gli assunti fondamentali sia della legittimazione teologica della Chiesa, sia della dialettica chiesa/setta postulata dalla teoria sociologica (v. Moberg, 1961). I vari gruppi di immigrati avevano importato nel nuovo continente la fede cristiana rappresentata dalla Chiesa cattolica romana, dalle varie ramificazioni della Chiesa ortodossa e dalle Chiese stabilite anglicana, luterana o riformata. Ognuna di queste Chiese, nella sua forma originaria europea, pretendeva di essere legittimata quale esclusiva depositaria della verità religiosa e godeva degli estesi privilegi associati a tale pretesa. Tuttavia, in una società improntata al pluralismo religioso e ufficialmente laica questa tradizionale rivendicazione dello status di unica, autentica Chiesa non poteva essere sostenuta. Nessuna Chiesa poteva rivendicare la preminenza o privilegi speciali in un paese la cui costituzione separava rigorosamente Chiesa e Stato.

Per questa ragione, una volta approdati negli Stati Uniti, i vari gruppi religiosi dissidenti quali i quaccheri, i battisti, i congregazionalisti, i mennoniti, i Fratelli boemi e altri ancora, non trovarono alcuna chiesa stabilita analoga a quella dei loro paesi d'origine, in opposizione alla quale erano sorti. Le minoranze dissidenti, a differenza di quanto era accaduto in patria, non erano considerate dei paria oggetto di disprezzo; in America esse potevano reclamare gli stessi privilegi e negli stessi termini delle ramificazioni immigrate delle Chiese contro cui si era diretta in precedenza la loro protesta. Allo stesso modo, la nascita di nuove sette autoctone in America non si dovette principalmente alla reazione contro una chiesa dominante e culturalmente pervasiva. Queste sette non erano semplicemente l'antitesi di una tesi ecclesiale in una dialettica di principî di autorità, forme di organizzazione, comunità e culture confliggenti. Poiché in America non vi era una chiesa dominante, la setta poteva esistere ed essere definita indipendentemente dal suo rapporto con la chiesa. Così, mentre le Chiese in America erano qualcosa di meno, e potevano pretendere di meno rispetto alle Chiese europee, le sette potevano rivendicare qualcosa di più. Le due forme contrastanti di organizzazione cristiana vennero avvicinate in un nuovo sistema più egualitario di organizzazione religiosa.

Questo nuovo modello di organizzazione religiosa fu la denominazione - termine che evitava le connotazioni negative della dicotomia chiesa/setta, e in particolare quelle in genere negative associate al termine setta. Le denominazioni erano riconosciute come rappresentanti egualmente legittime di una presunta vera religione. Anche se inizialmente ciascuna denominazione avrebbe potuto continuare a rivendicare accesso esclusivo all'intera verità religiosa, allorché venne stabilita la loro parità di status sociale e giuridico esse cominciarono in misura crescente a riconoscere che altre denominazioni potevano condividere la missione cristiana. La trasformazione in denominazione fu forse più lenta per quelle istituzioni religiose che avevano reclamato tradizionalmente lo status di chiese, che conservavano strutture di autorità interna formali e gerarchiche, e che avevano come punto di riferimento contesti storico-geografici lontani, ma la realtà sociale del pluralismo contraddiceva tali auto-interpretazioni. Tutti i gruppi religiosi erano ora libere associazioni di aderenti volontari, prive del supporto degli organi dello Stato, ma perciò stesso svincolate da ogni regolamentazione statale. Nella società statunitense, caratterizzata da un alto grado di diversificazione religiosa, la pratica religiosa non era più obbligatoria, come era accaduto spesso in Europa. Non poteva esservi alcuna costrizione da parte delle autorità, poiché in questa situazione pluralistica la tolleranza era indispensabile per evitare divisioni sociali. Il principio della libertà religiosa divenne uno dei capisaldi della nuova repubblica, traducendosi in una legittimazione per quella che nella tradizionale teologia ecclesiale europea era stata condannata come eresia, e punita con la morte al tempo dell'Inquisizione. Il diritto alla libertà religiosa affermato in America rendeva obsolete le vecchie etichette di 'dissidenti' o 'non conformisti' con cui i membri delle Chiese designavano i settari, mentre le sette come tali poterono rivendicare in misura crescente la legittimità non solo delle proprie dottrine, ma anche dei loro modelli di organizzazione religiosa.

In America le sette, non più definite in opposizione a una Chiesa dominante, potevano quindi reclamare lo status di denominazioni. Il primo a mettere in luce questo processo fu H. Richard Niebuhr (v., 1929) che vide nel fenomeno della denominazione la caratteristica centrale della religione americana, pur considerandolo più una scandalosa perdita di unità per la Chiesa cristiana nel suo complesso che non il frutto della politica di tolleranza americana. Per Niebuhr il denominazionalismo era la conseguenza non tanto di specifiche premesse teologiche, quanto piuttosto di un determinismo sociale. Si trattava cioè dell'adattamento del mondo cristiano a ciò che egli definiva, in modo non del tutto appropriato, "il sistema di casta della società umana". Al pari di Troeltsch, Niebuhr riteneva che le classi inferiori avessero forti inclinazioni religiose, e rifacendosi al sociologo tedesco ne metteva in evidenza la vivida immaginazione, la semplicità delle emozioni, l'irriflessività, la spontaneità, l'ingenuo abbandono totale, e l'intransigenza della certezza, concludendo sulla base di questo quadro che le sette erano essenzialmente un'espressione delle classi inferiori. Niebuhr cercò di spiegare la proliferazione delle sette in America. Secondo la sua interpretazione, la setta nasceva tra le classi inferiori, ma via via che subiva un processo di istituzionalizzazione, e i suoi membri sperimentavano la mobilità ascendendo nella scala sociale, si affermava al suo interno una tendenza al compromesso con la cultura laica. Di conseguenza, nonostante le sue origini negli strati inferiori, nel corso del tempo la setta non era più un polo di attrazione per i diseredati sociali, diventava più simile alla denominazione e quindi spingeva le nuove classi inferiori a creare nuove sette per dare espressione alle loro esigenze religiose.

Generalizzando la situazione americana, Niebuhr affermò che le "sette per loro natura non durano per più di una generazione", che sono destinate a trasformarsi in denominazioni. Il subentrare della seconda generazione sarebbe un punto di svolta critico per la setta, poiché i figli hanno esigenze molto diverse rispetto ai genitori. Essi hanno inevitabilmente un atteggiamento diverso nei confronti del mondo, e quindi richiedono una forma differente di espressione religiosa. Si verifica un allentamento della tensione tra la setta da un lato e la società più ampia e la cultura laica dall'altro, e ciò spingerebbe la setta ad assumere in misura crescente i caratteri della denominazione.La denominazione sarebbe caratterizzata proprio da un allentamento del rigore settario e dalla rinunzia alle pretese tipicamente settarie di validità e legittimità esclusiva, e di monopolio della verità religiosa. La denominazione resta, al pari della setta, un'associazione volontaristica, ma laddove l'appartenenza a quest'ultima richiede dimostrazioni di merito (in termini di conoscenza e dottrina, di fervore di fede, di condotta virtuosa e via dicendo), i criteri di appartenenza alla denominazione sono in larga misura formali e talvolta meccanici. Mentre la setta rivendica come fondamento della propria legittimità il monopolio esclusivo della verità, la denominazione riconosce la legittimità di altri gruppi religiosi. La setta conserva i meccanismi della disciplina, e prevede la sanzione estrema dell'espulsione per i ribelli e gli eretici. Nella denominazione, per contro, le misure disciplinari vengono applicate raramente e gli standard sono piuttosto flessibili. Mentre la setta concepisce se stessa in termini elitari, come comunità degli eletti da Dio, la denominazione si propone come associazione volontaria di uomini pii, cui se ne affiancano altri di differenti orientamenti religiosi. La setta aderisce a un ideale di perfezione, e richiede un determinato standard di condotta virtuosa a tutti i suoi membri, laddove i canoni etici dei membri della denominazione si conformano alle convenzioni morali della società più ampia. Mentre la setta richiede eguale impegno a tutti i suoi seguaci, il livello di partecipazione dei membri della denominazione varia, ed è differenziato in base alle preferenze individuali. Nel tipo ideale della setta la leadership non è professionale ed emerge dall'interno della congregazione. La denominazione per contro è caratterizzata da una leadership esercitata da un corpo di ministri addestrati professionalmente. La setta esige un'adesione totale al gruppo, mentre l'adesione alla denominazione può essere puramente formale e di solito ha un carattere segmentario - le obbligazioni religiose si affiancano ad altri tipi di preoccupazioni e di interessi prettamente laici. Di conseguenza, mentre la setta conferisce ai propri membri un'identità primaria e globale, l'appartenenza alla denominazione non comporta un'identificazione altrettanto distintiva e pervasiva: così, ad esempio, per un testimone di Geova il suo status di membro della setta è un elemento di identificazione più importante dell'appartenenza etnica, dell'occupazione, dello stato civile, del livello di istruzione, ecc.; mentre per un metodista, per un presbiteriano o per un cattolico romano l'affiliazione religiosa non ha questa rilevanza preminente. Infine, la setta ha un atteggiamento ostile, o perlomeno indifferente, nei confronti della cultura secolare, mentre la denominazione scende a compromessi con i suoi valori e si adatta alle esigenze di una società laica (v. Pope, 1942).

La tesi di Niebuhr secondo cui la denominazione è il risultato di un inevitabile processo di attenuazione delle caratteristiche tipiche della setta tuttavia appare criticabile. Egli infatti non discrimina tra i vari tipi di setta, e la sua interpretazione è fortemente condizionata dalla particolare situazione dell'America nell'Ottocento e nei primi del Novecento. Gli Stati Uniti erano un paese nuovo e dinamico, ricco di terre e di risorse, che incoraggiava l'immigrazione e in cui di conseguenza si creavano ogni dieci anni classi sociali nuove e di solito inferiori. La mobilità sociale era un'aspettativa normale, in contrasto con la stabilità sociale e l'ereditarietà della professione che in generale dominavano in Europa. Tale mobilità aveva importanti conseguenze per l'organizzazione religiosa. In proposito si possono distinguere due processi. In primo luogo, i membri delle sette che originariamente erano espressione delle classi inferiori potevano, una volta sperimentata la mobilità sociale, disaffezionarsi alla setta le cui esigenze erano incompatibili con l'innalzamento di status sociale, e quindi potevano essere indotti a cercare nuove affiliazioni religiose più consone alla loro nuova condizione. In secondo luogo - ed era questo il fenomeno che colpiva maggiormente Niebuhr -, un'intera setta, allorché l'ascesa nella scala sociale investiva tutti i suoi membri, era indotta ad allentare gradualmente i propri standard e di conseguenza a ridurre le tensioni con il resto della società, adottando nuove posizioni meno intransigenti. In parte questo processo era innescato dall'immissione di nuove classi inferiori di immigrati nella società, in parte era una conseguenza della frugalità tipica della setta. Il compromesso con il resto della società si verificava a seguito dell'abbandono dei precedenti divieti morali - frequentare teatri, consumare alcolici, adottare un certo stile di abbigliamento, portare gioielli, giocare a carte, divorziare, ecc. - e di un conseguente mutamento di stile religioso. La setta poteva poi aspirare ad avvicinarsi maggiormente alle altre denominazioni, imitandone gli edifici e la liturgia e accettando un clero professionale. Così, l'adozione dell'accompagnamento musicale per le funzioni religiose, e in particolare dell'organo, fu quasi un indicatore simbolico di questo processo, che contribuì a dividere le congregazioni sia tra i metodisti in Gran Bretagna, sia tra i cosiddetti 'Discepoli di Cristo' negli Stati Uniti.Tuttavia la generalizzazione di Niebuhr non è sempre valida nemmeno nel caso particolare degli Stati Uniti. Infatti, se alcune sette si trasformarono in denominazioni assumendo nuove forme organizzative, altre restarono 'sette stabilite' anche al subentrare delle generazioni successive (v. Wach, 1944; v. Yinger, 1957). Alcune di queste sette immigrate - come ad esempio i mennoniti Amish, gli hutteriani, i rappiti, la comunità Zoa e la società Amana - importarono il proprio tipo di organizzazione comunitaria e segregata dal resto della società. Altri gruppi, come i cosiddetti shakers ('scotitori'), adottarono in America un modello di vita comunitaria non per ragioni teologico-dottrinali, ma principalmente come meccanismo di difesa in una società estranea (v. Whitworth, 1975). Nuovi movimenti autoctoni sorsero inoltre nel Nuovo Continente, e poiché si isolavano dal resto della società e mantenevano un rapporto conflittuale con essa, furono ben presto assimilati alle sette piuttosto che alle denominazioni, sebbene non fossero nate a seguito di uno scisma da una Chiesa stabilita o dominante. I gruppi più importanti, e alla fine anche i più consistenti sul piano numerico, furono i mormoni (Chiesa di Gesù Cristo dei Santi degli Ultimi Giorni), gli avventisti del settimo giorno, Christian Science, i testimoni di Geova, e vari gruppi di pentacostali.

6. Tipologia delle sette

La tesi generalizzatrice di Niebuhr, secondo cui tutte le sette sono destinate a trasformarsi in denominazioni nelle generazioni successive, non teneva conto del fatto che le sette non sono tutte riconducibili a un unico tipo. Ricerche successive hanno messo in luce l'esistenza di sette che hanno resistito a questo processo di trasformazione, e hanno ribadito la necessità di stabilire con precisione quali tipi di sette tendano a evolvere in denominazioni. I criteri principali in base ai quali si può operare una distinzione di questo genere sono le modalità di nascita della setta (v. Wilson, 1967) e il suo atteggiamento nei confronti del mondo (v. Wilson, 1959 e 1970).Origini delle sette. - A seconda delle circostanze in cui hanno origine, le sette si possono distinguere fondamentalmente in cinque tipi: 1) sette scismatiche; 2) gruppi di 'cercatori' (seekers); 3) seguaci di una figura carismatica; 4) movimenti riformisti espulsi dalla Chiesa di appartenenza; 5) movimenti di revivalismo interconfessionale.

1. Lo scisma in genere ha origine da divergenze in materia dottrinale e organizzativa. Gli scismatici sono per lo più conservatori, in quanto si oppongono al cambiamento e mirano a preservare il rigore morale e dottrinale. Gli ideali e i principî dei movimenti scismatici di conseguenza sono quelli tipici del settarismo.

2. I 'cercatori' sono individui che si distaccano dalle precedenti affiliazioni religiose per formare gruppi spontanei, propugnando l'adozione di forme di organizzazione (minimale) ispirate alle Scritture, considerate essenziali al vero cristianesimo. Sebbene i gruppi di questo tipo in genere non si considerino sette, il loro rifiuto di qualunque organizzazione ecclesiale o denominazionale, e in particolare di un clero professionale, li porta ad adottare una posizione settaria radicale. Esempi di questo tipo di setta sono i Fratelli di Plymouth e i cristadelfiani.

3. I movimenti che si formano intorno a una figura carismatica entrano quasi sempre in conflitto con l'ortodossia cristiana. La rivendicazione carismatica infatti è implicitamente in contrasto con quella del carisma supremo di Cristo. Quanto maggiore è il carisma rivendicato per il nuovo leader, tanto meno il gruppo sarà considerato cristiano e tanto maggiore sarà la sua distanza da altri gruppi cristiani. Ad esempio lo status di profeta rivendicato per Joseph Smith jr., fondatore dei mormoni, ha contribuito ad allontanare questo gruppo dall'ortodossia cristiana in misura maggiore di quanto non sia avvenuto per gli avventisti del settimo giorno, per la cui fondatrice, Ellen Harmon White, venivano avanzate pretese più moderate; entrambi i movimenti, tuttavia, rappresentano una sfida abbastanza grave per il cristianesimo ufficiale da essere considerati radicalmente settari.

4. I fautori di un movimento di rivitalizzazione all'interno di una Chiesa preesistente, dalla quale vengono di conseguenza espulsi, inizialmente sono in genere i fedeli più pii. La devozione, l'intensità della fede e l'ardore religioso che li caratterizzano diventano un rimprovero implicito e inaccettabile per la maggioranza dei credenti, che li respinge considerandoli un corpo settario separato. Tuttavia nel corso del tempo nei gruppi di questo tipo si verifica in genere una diminuzione del fervore iniziale, e a motivo delle loro radici nell'ortodossia cristiana sono indotti ad assumere alla fine posizioni più moderate e quindi i caratteri della denominazione. Questo processo si riscontra nell'evoluzione del metodismo e in alcune delle divisioni storiche all'interno della Chiesa di Scozia.

5. Il quinto tipo di setta, infine, è la conseguenza non intenzionale di un movimento revivalista interconfessionale. I promotori di tale movimento riescono a crearsi un gruppo di seguaci, ma non è facile per questi nuovi e a volte fanatici fedeli trovare collocazione nelle Chiese stabilite. Essi formano così una nuova comunità che però, una volta giunta a termine la campagna revivalista, manca di un'organizzazione stabile. Nasce allora la necessità di una guida per i convertiti - spesso individui fortemente emotivi e privi di capacità di leadership - cui si risponde con l'istituzione di un corpo di ministri formato all'inizio da volontari laici, ma che viene progressivamente regolarizzato trasformandosi in un clero professionale. Poiché le differenze dottrinali tra le sette di questo tipo e la religione protestante evangelica nel suo complesso sono minime o del tutto inesistenti, e poiché tali nuovi gruppi si dotano ben presto di un clero professionale, essi sono i più inclini, per le loro origini, ad adottare le strutture organizzative tipiche delle denominazioni. È questo il percorso seguito, ad esempio, dall'Esercito della Salvezza e da vari gruppi pentecostali.

Orientamenti delle sette. - Sul piano degli orientamenti si possono distinguere sette tipi di organizzazioni settarie: rivoluzionarie (o avventiste), introversioniste, manipolazioniste (o gnostiche), conversioniste, taumaturgiche, riformiste e utopiche (v. Wilson, 1970).

Le sette avventiste considerano il mondo irrimediabilmente corrotto, e ritengono che solo un secondo, imminente avvento di Cristo possa redimerlo; gli eventi sono predestinati, e l'uomo deve attendere che Dio agisca, conformemente alla profezia biblica. L'interpretazione letterale della Bibbia con una forte disposizione cognitiva è un'altra caratteristica di queste sette, convinte che il verbo debba essere divulgato per condurre il genere umano all'obbedienza. I testimoni di Geova e i cristadelfiani sono i gruppi che più si avvicinano a questo tipo ideale di setta.

Le sette introversioniste credono anch'esse nell'imminenza di un secondo avvento, ma nel corso del tempo hanno messo sempre più l'accento sull'esigenza di coltivare la spiritualità interiore. Il mondo è intrinsecamente corrotto, ma l'uomo può sfuggire al male distaccandosi dagli interessi mondani e dalla società che li coltiva. La salvazione avviene per grazia divina, ma in pratica è stata raggiunta con la creazione della comunità santificata degli eletti. Caratteristico di queste sette è l'orientamento fortemente cognitivo, che si traduce nel rifiuto di una devozione puramente emozionale. La convinzione che coloro che hanno ottenuto la salvezza siano di fatto raccolti tutti nella comunità elimina l'esigenza di convertire nuovi adepti. Gli shakers e vari gruppi di fratellanze (brethern) sono esempi di questo tipo di setta.Le sette manipolazioniste propugnano una propria, speciale interpretazione della Bibbia che avrebbe il potere di trasformare la comprensione umana. Il mondo è solo in apparenza corrotto: gli uomini possono reinterpretare la propria esperienza e ottenere la salvazione accedendo a una conoscenza esoterica che conferisce una sapienza speciale. La salvazione non è prerogativa degli eletti, e può essere realizzata da ogni uomo qui e ora. Le sette di questo tipo accolgono tutti coloro che sono pronti a diventare adepti nella reinterpretazione della dottrina biblica. Christian Science è il gruppo che più si avvicina a questo tipo ideale di setta.

Le sette conversioniste si differenziano nettamente dalle altre. Se il mondo è malvagio, l'uomo deve cambiare la propria visione di esso; egli è dipendente, ma può scegliere liberamente di accettare la salvazione, che si ottiene attraverso la fede. Questa è una religione esperienziale, in cui la conversione è vista come un processo di trasformazione del Sé e in cui domina un orientamento emozionale piuttosto che cognitivo. Fautori di un'interpretazione letterale della Bibbia, i seguaci di queste sette ritengono tuttavia che la dottrina abbia meno importanza della 'esperienza del cuore'. I movimenti di questo tipo possono integrarsi facilmente nell'alveo complessivo della religione protestante evangelica, impegnandosi in una intensa attività di proselitismo e sottolineando la necessità per tutti gli adepti di vivere l'esperienza della conversione. I gruppi salvazionisti e pentacostali sono i più vicini a questo tipo di setta.

Gli ultimi tre tipi sono meno nettamente profilati sul piano empirico. Le sette taumaturgiche credono in deroghe miracolose dalle normali leggi della causalità in un mondo dominato dal male. Il loro modello organizzativo non è quello della congregazione, ma è definito nei termini del rapporto professionista-cliente. Sul piano dottrinale, le sette di questo tipo possono o meno aderire alla religione biblica, ma in generale concepiscono la salvazione più come una frammentaria esperienza di benefici attuali che non come una redenzione totale nella vita dopo la morte. Rientrano in questo tipo varie confraternite spiritualiste.

Le sette riformiste concepiscono il mondo come essenzialmente corrotto, ma suscettibile di miglioramento attraverso una consapevole ingegneria sociale guidata dalla coscienza, e in certi casi dai precetti biblici. Si tratta di sette caratterizzate da un orientamento razionalistico nei confronti del mondo, più intellettualistiche che emozionali, e più interessate alla salvazione dell'umanità che non a quella dei singoli individui. I quaccheri moderni rispondono per molti versi a questo tipo di setta.

Per le sette utopiche il mondo è malvagio e corrotto perché non ha rispettato il disegno divino per il genere umano: la società richiede una riorganizzazione globale in armonia con tale disegno, quale è indicato nelle Scritture. Il modello adottato è quello comunitario ispirato agli Atti degli apostoli. La comunità che più si avvicina a questo tipo piuttosto raro di setta, in cui in genere manca la tendenza al proselitismo, è quella Oneida (ora estinta).

Le sette che manifestano la tendenza a trasformarsi in denominazioni sono quelle nate da un movimento revivalistico interconfessionale (o, in misura minore, dal tentativo di rivitalizzazione interna di un movimento preesistente), e il cui atteggiamento nei confronti del mondo è di tipo conversionista. Le sette avventiste o rivoluzionarie sono fortemente esclusiviste. Per la loro aspirazione al rigore morale e per la tendenza a moralizzare tutti gli aspetti della vita quotidiana in conformità con i precetti della Bibbia, in esse predominano la volontà di separazione dal mondo e la diffidenza nei confronti del resto della società. Le sette di tipo introversionista di solito presentano inizialmente un marcato orientamento avventista che però più tardi si attenua, forse a seguito della delusione per il mancato verificarsi della profezia del secondo avvento; esse presentano in gran parte gli stessi caratteri delle sette rivoluzionarie, ma con una spiccata tendenza alla separazione dal mondo, legata al venir meno dell'esigenza di far proseliti. Per le forti peculiarità dell'ideologia che le caratterizza le sette di tipo gnostico o manipolazionista sono escluse dalla famiglia delle denominazioni riconosciute e relativamente ortodosse. L'interpretazione della Bibbia propugnata da tali sette si basa in genere sulle intuizioni di un leader carismatico, e ciò fa sì, come abbiamo osservato, che esse non vengano accettate come organizzazioni pienamente cristiane. Le sette di tipo taumaturgico, che hanno una propria gnosi primitiva, sono troppo particolaristiche e intrise di credenze magiche per aspirare a una parità di status con le denominazioni regolari. Le sette di orientamento riformista, frutto di un processo di trasformazione di precedenti orientamenti rivoluzionari e introversionisti, sono diventate meno conformi alla dottrina cristiana convenzionale e più inclini a prendere come guida la coscienza e la pianificazione razionale. La setta di questo tipo tende all'isolamento dal mondo, creandosi uno spazio speciale dominato da preoccupazioni di ordine morale e gode di grande considerazione e rispetto, pur senza conformarsi a modelli convenzionali di organizzazione religiosa. Le sette di orientamento utopico difficilmente assumono i caratteri della denominazione, in quanto si separano radicalmente sul piano sia dottrinale che organizzativo dagli altri gruppi cristiani.La setta di tipo conversionista è la più incline a trasformarsi in denominazione, ed è a essa che Niebuhr riconduceva erroneamente tutte le sette. Gli affiliati di questi gruppi presentano quelle caratteristiche di emotività, ingenuità e instabilità proprie delle classi inferiori che Niebuhr considerava tipiche della setta. L'indeterminatezza dottrinaria, la vicinanza all'evangelismo protestante e la dipendenza dalla leadership di un corpo di ministri del culto, sono tutti elementi che favoriscono la trasformazione di queste sette in denominazioni. Tale tendenza è rafforzata dall'importanza data al proselitismo, che comporta il contatto costante con e l'assimilazione di persone non convertite e non socializzate ai modelli della setta, che risulta quindi più esposta di altre alle influenze del mondo.

Se è vero che non tutte le sette si trasformano in denominazioni, si pone la questione se esistano denominazioni che non abbiano avuto origini settarie; il metodismo è un esempio frequentemente citato in proposito (v. Martin, 1962). Senza ridurre il problema a una mera questione di nomenclatura, si può osservare che i primi metodisti nell'Inghilterra del XVIII secolo erano considerati una setta e come tali condannati dalle autorità sia laiche che ecclesiastiche (v. Brewer, 1952). Tuttavia Wesley, fondatore del movimento, rimase un ministro della Chiesa anglicana, e sollecitava i suoi seguaci a ricevere la comunione nelle Chiese anglicane; le 'chiese' da lui fondate vennero registrate come luoghi di culto dissidenti solo dietro istigazione delle autorità ecclesiastiche. Senza dubbio, l'etica metodista deve molto a precedenti modelli settari. Wesley accettava predicatori laici, e il movimento assunse il carattere di una protesta contro l'eccessivo formalismo della Chiesa anglicana, provocando notevoli tensioni nella società più ampia. Il metodismo è stato equiparato a un ordine religioso sorto all'interno della Chiesa anglicana, ma a ciò si può obiettare che, qualunque siano state le sue origini, esso attraversò una fase settaria prima di acquisire lo status di denominazione riconosciuta.

Là dove prevaleva una Chiesa stabilita, tra le autorità ecclesiali dominò la tendenza a considerare come sette tutte le correnti dissidenti al suo interno, e finché perdurarono l'intolleranza e la discriminazione religiose, questi corpi furono spinti verso posizioni settarie: è quanto avvenne in Inghilterra nel caso dei battisti e dei congregazionalisti. Altri gruppi che si trasformarono in denominazioni - nel senso organizzativo - furono quelli fondati in America da corpi religiosi che nel paese d'origine avevano lo status di chiese, come ad esempio i presbiteriani e i luterani. Alcuni movimenti che intendevano qualificarsi solo come cristiani rifiutarono di essere identificati come denominazioni, rischiando però in tal modo di essere considerati sette - è quanto accadde in America ai seguaci di Thomas e Alexander Campbell, che assunsero in seguito il nome di Disciples, e ai Fratelli di Plymouth in Inghilterra.

La nascita di sette e denominazioni è un fenomeno che, storicamente, ha caratterizzato soprattutto i paesi protestanti. La Chiesa ortodossa nell'Europa orientale ebbe anch'essa numerosi scismi settari, soprattutto tra i contadini; alcuni di questi gruppi abbracciarono dottrine di un fondamentalismo radicale e adottarono pratiche religiose ascetiche che tra le sette russe (in particolare tra i Doukhobori, emigrati nella Columbia Britannica) arrivavano sino al masochismo. Sembra che alla Chiesa ortodossa mancasse la capacità organizzativa e amministrativa di controllare o sopprimere le sette, contrariamente a quanto avvenne nell'Europa occidentale, dove esse vennero efficacemente perseguitate e di solito eliminate dalle autorità secolari per ordine della Chiesa cattolica. Per indifferenza o per incapacità, piuttosto che per tolleranza, la Chiesa ortodossa in Russia per decenni non cercò in alcun modo di ostacolare le sette dei rifugiati (perlopiù tedeschi) mennoniti e hutteriani, che si erano stabiliti in Ucraina nel XVIII secolo. La maggior parte delle sette precedenti la Riforma nell'Europa occidentale non possedeva la leadership, l'istruzione e le capacità organizzative necessarie per sopravvivere alla persecuzione cattolica; un'eccezione è costituita dai valdesi delle valli alpine. D'altro canto l'abilità della Chiesa romana consistette nell'imbrigliare le tendenze settarie e di creare ordini religiosi improntati a un modello di virtù più ascetica. Nella storia dei primi ordini religiosi sono evidenti forti orientamenti settari di protesta contro le autorità della Chiesa, che cercarono di conciliare l'ideale ascetico, proprio ad esempio dei francescani, con l'esigenza di sottomissione all'autorità (v. Troeltsch, 1912; v. Wach, 1944, pp. 174-186). Solo con difficoltà peraltro la Chiesa riuscì a temperare, domare e sfruttare per i propri scopi questi orientamenti quasi-settari (v. Francis, 1950; v. Hill, 1973).

In generale, la nascita delle sette in seno al protestantesimo fu una conseguenza diretta della negazione luterana del monopolio ecclesiastico dell'interpretazione della Scrittura, della dottrina del sacerdozio universale, di un maggior individualismo e dell'affermarsi della tolleranza in Stati sempre più laici (Inghilterra, Olanda) o che propugnavano esplicitamente una politica laica (Stati Uniti). Il modello organizzativo delle comunità cristiane indipendenti guidate da laici, in cui dominavano i principî dell'adesione volontaria e della mutua assistenza, costituì un esempio per altri ambiti al di fuori della religione. Ad esempio, le Chiese non conformiste in Inghilterra furono il modello del primo sindacalismo, le cui associazioni locali spesso erano chiamate 'chapels', e ispirarono in parte l'organizzazione dei partiti politici radicali della classe operaia, delle società di mutuo soccorso e di altre associazioni volontarie.

7. L'organizzazione delle sette moderne

L'immagine delle sette come piccole comunità a carattere locale che emergeva nei primi studi sull'argomento è assai diversa da quella presentata dalle sette moderne, che non sono né di dimensioni ridotte né di rilevanza esclusivamente locale: alcune di esse, in particolare quelle sorte in America nel XIX secolo, contano milioni di aderenti (nel 1995 gli avventisti del settimo giorno e i mormoni contavano più di otto milioni di affiliati; i testimoni di Geova erano più di quattro milioni e mezzo e i vari gruppi pentecostali avevano un numero di aderenti di gran lunga superiore a queste cifre). Gli avventisti, i mormoni, i testimoni di Geova e alcune sette pentecostali, come ad esempio le Assemblies of God, nonché varie altre sette, hanno da tempo organizzazioni internazionali ed esplicano le loro attività a livello mondiale. Sebbene persista una tradizione di forte identità congregazionale locale all'interno di questi movimenti, essi sono ben lontani dall'immagine della setta delineata da Troeltsch. La partecipazione dei laici conserva la sua importanza, sebbene sia intervenuto un certo grado di professionalizzazione del clero. Gli avventisti del settimo giorno ereditarono un clero professionale da varie denominazioni protestanti degli Stati Uniti orientali tra i cui ministri si era diffusa, prima della cristallizzazione della setta, la credenza nella profezia millenaristica. Il mormonismo è di fatto un'organizzazione laica, nonostante la qualifica di sacerdote riconosciuta pressoché a tutti i membri di sesso maschile e l'adozione di una struttura gerarchica tipicamente ecclesiale. Le sette pentecostali presentano una varietà di forme organizzative: sebbene quasi tutte abbiano un clero, raramente esso ha una formazione professionale, e si differenzia dal laicato molto meno di quanto non accada nelle principali denominazioni; grande importanza viene data di norma al coinvolgimento dei laici sia nelle attività di evangelizzazione che nelle funzioni religiose. Le caratteristiche settarie sono state gradatamente riassorbite in strutture organizzative sempre più burocratiche, rese necessarie dai moderni mezzi di informazione e dalle esigenze di divulgazione, di raccolta di fondi e di evangelizzazione.

Nonostante le esigenze poste dalla società moderna, altre sette hanno rifiutato ogni tipo di struttura organizzativa. Queste sette 'minimaliste' sul piano organizzativo hanno cercato rigorosamente di evitare non solo un clero professionale, ma anche qualunque tipo di carica. I quaccheri, ad esempio, si limitano a fissare solo il momento e il luogo delle riunioni dei fedeli, e impongono che ogni decisione venga presa all'unanimità. Le funzioni religiose non sono dirette da alcuno (se non dallo Spirito Santo), e sono spesso seguite in silenzio. Anche i cristadelfiani rifiutano ogni tipo di carica religiosa. Nel movimento Testimony (i cui affiliati sono noti anche come Cooneyites, Two-by-Twos e, nei paesi di lingua tedesca, Namenlosen, ossia 'innominati') esistono dei 'predicatori girovaghi' che si mettono in viaggio di propria iniziativa senza far ricorso ad alcuna organizzazione finanziaria o gerarchica e senza fare uso di testi stampati. I Fratelli di Plymouth sostengono, perlomeno in teoria, la totale autonomia della congregazione e non nominano alcun capo, sebbene anche in questo caso, così come accade in altre sette minimaliste, emergano spesso strutture di potere informali; i seguaci di questa setta credono che lo Spirito Santo eserciti una speciale influenza su uno dei propri membri (di sesso maschile), che di fatto agisce come leader informale della comunità diffusa a livello mondiale.

8. Organizzazione finanziaria

In quanto si basano sul principio dell'affiliazione volontaria, sul piano finanziario le sette e le denominazioni dipendono in larga misura dalle donazioni volontarie. Esse non dispongono, come le Chiese in Europa, di ingenti beni ereditati, né beneficiano di alcun sussidio statale come accade ad esempio in Germania, dove esiste una tassa pubblica in favore delle principali Chiese. Anche se potessero disporre di aiuti finanziari di questo tipo, comunque, molte sette rifiuterebbero il sostegno statale, sebbene alcune abbiano attenuato il precedente rifiuto di ogni rapporto con lo Stato: è questo il caso, ad esempio, degli avventisti del settimo giorno, i quali negli Stati Uniti e altrove hanno accettato finanziamenti pubblici per i loro programmi educativi e le loro strutture sanitarie. Agli affiliati di alcune sette, come gli avventisti e i mormoni, viene richiesto di devolvere una quota fissa del loro reddito al movimento. I testimoni di Geova invece non prevedono il versamento di un contributo obbligatorio per i propri membri, ma li esortano a dedicare volontariamente parte del loro tempo all'attività di evangelizzazione effettuata porta a porta. Il reddito del movimento dipende in misura considerevole dalla vendita delle pubblicazioni periodiche e dei commentari della Bibbia. Nonostante dispongano di patrimoni ereditati dal passato, le principali Chiese attualmente dipendono anch'esse in misura notevole dalle donazioni volontarie. Una buona parte del patrimonio della Chiesa cattolica romana e della Chiesa d'Inghilterra è costituita da beni immobili e da opere d'arte che, sebbene abbiano un intrinseco valore, non producono alcun reddito con cui finanziare le attività ecclesiali. Il Vaticano in anni recenti ha reso di pubblico dominio le proprie difficoltà economiche, ma l'organizzazione finanziaria della Chiesa cattolica nel suo insieme è piuttosto complessa e non immediatamente accessibile al pubblico controllo. Le diocesi cattoliche hanno una notevole autonomia finanziaria, e amministrano i fondi a favore delle parrocchie, i cui proventi variano notevolmente e dipendono in parte da donazioni volontarie e in parte dalle attività sociali organizzate dalla comunità. Anche gli ordini religiosi hanno una gestione finanziaria autonoma. Nella Chiesa d'Inghilterra per contro si ha un'amministrazione finanziaria più centralizzata e accessibile al pubblico controllo, che segue un'attività politica di investimenti. Gran parte dei proventi sono utilizzati per il pagamento degli stipendi e delle pensioni, con meccanismi di perequazione mirati a ridurre le differenze storiche tra diocesi e parrocchie. Il fatto che il clero anglicano non sia tenuto al celibato, e che la maggior parte dei ministri sia sposata, comporta costi vivi assai maggiori rispetto a quelli sostenuti dalla Chiesa cattolica. Le collette tra i fedeli diventano così in misura crescente una delle principali fonti di entrate finanziarie, e sono state espresse preoccupazioni da parte della Chiesa d'Inghilterra in merito ai livelli dei contributi volontari, inadeguati a coprire i costi dell'attività della chiesa locale. Le chiese parrocchiali sono di fatto sussidiate dall'agenzia finanziaria centrale, ma la scarsità di risorse è tale che negli ultimi anni alcune diocesi sono state obbligate a ridurre il numero dei propri ministri attivi. La Chiesa metodista (in Gran Bretagna) ha anch'essa reso noto il fatto che le donazioni volontarie non riescono a coprire i costi della denominazione. Negli Stati Uniti, invece, il principio del volontariato ha a quanto pare favorito una maggiore generosità da parte dei laici.

9. Culti e nuovi movimenti

A partire dalla seconda guerra mondiale si è avuta una proliferazione di movimenti religiosi di vario stile e provenienza. Nella maggior parte dei casi non si può parlare di 'sette' nel senso proprio del termine, ed è invalso l'uso di etichettare questi movimenti come 'culti', termine che nell'accezione corrente ha forti connotazioni negative. I sociologi hanno cercato di dare maggiore specificità al vocabolo e di spogliarlo di queste implicazioni negative. Wallis (v., 1979) propone di distinguere i culti da altre organizzazioni religiose sulla base di due criteri: l'orientamento epistemologico e il rapporto più o meno conflittuale con il resto della società. Sia la chiesa che la setta rivendicano legittimità esclusiva, mentre il culto e la denominazione adottano un individualismo epistemologico che consente ai loro seguaci un certo grado di libertà di coscienza e di divergenza dottrinale, e implica altresì il riconoscimento di pari o quasi eguale legittimità ad altri movimenti con orientamenti analoghi.

La chiesa e la denominazione di solito non generano tensioni sociali, ma sono ben integrate nella cultura secolare. Nella setta e nel culto, per contro, prevale un rapporto con la società civile dominato da tensioni persistenti ed endemiche, causate il più delle volte dalla pubblica disapprovazione suscitata dalle loro pratiche religiose spesso invadenti, dal proselitismo esasperato e dall'allontanamento dei convertiti dalla cerchia dei congiunti. Sia le sette che i culti si ritengono esentati dai normali obblighi dei cittadini, sebbene con diverse motivazioni per le due categorie di organizzazione religiosa: nel caso dei culti le tensioni con la società spesso sono legate a pratiche terapeutiche alternative. Tuttavia, sebbene i culti al pari delle sette siano scarsamente integrati nella società, non pretendono né fedeltà né legittimità esclusiva. Laddove la setta proibisce rigorosamente l'affiliazione ad altri gruppi religiosi, imponendo spesso ai propri membri di rinunciare a molte attività pubbliche della vita quotidiana, il culto è spesso eclettico sul piano dottrinale, tollera altri sistemi di prassi e di pensiero, e non proibisce altre attività sociali o persino religiose. Il culto è caratterizzato da dottrine relativamente fluide o poco definite, e in genere non dispone degli strumenti organizzativi necessari per il controllo dei propri membri, né si dimostra propenso a esercitare un controllo siffatto.

Laddove le sette tendono a operare una netta distinzione tra vera e falsa dottrina, tra comportamento morale e immorale, i culti hanno categorie meno definite, risultano meno stabili sul piano organizzativo e sono istituzionalizzati solo in modo rudimentale. Mentre le sette tipicamente accolgono intere famiglie spesso tra loro imparentate, in cui è normale il processo di trasmissione intergenerazionale, i culti in genere accolgono singoli individui. Le sette generalmente prescrivono l'endogamia, mentre ai culti mancano sia le strutture organizzative che l'esplicita intenzione di imporre una regola del genere.

Date queste caratteristiche il culto è meno stabile nel tempo rispetto alla setta istituzionalizzata, sebbene in tutti i gruppi e le organizzazioni cui gli individui aderiscono vi sia perlopiù una volontà di sopravvivere. Per garantirsi la sopravvivenza, un culto deve mitigare alcune delle proprie caratteristiche distintive; in particolare, deve rinunciare all'individualismo epistemologico e rivendicare legittimità esclusiva, aumentando il controllo sui propri membri e imponendo l'adesione a un'unica dottrina religiosa: in breve, il culto deve subire un processo di trasformazione acquisendo alcuni dei caratteri tipici della setta. Mezzo secolo prima che si registrasse l'attuale proliferazione di culti, Troeltsch osservava che quando i gruppi mistici vogliono esercitare un'influenza sul mondo devono adottare le caratteristiche organizzative della setta. Per quanto riguarda i movimenti contemporanei, un processo di trasformazione di questo tipo è stato individuato da Wallis (v., 1979) in Christian Science e in Church of Scientology. Allorché fondò il movimento Christian Science, Mary Baker Eddy sperava che le Chiese avrebbero presto adottato il metodo terapeutico da lei elaborato, e agli inizi divulgò la propria dottrina in alcune riviste spiritualiste. Gradualmente però essa rivendicò con maggior forza l'unicità delle proprie idee e intensificò i controlli sui suoi adepti, estromettendo coloro che introducevano elementi estranei alla dottrina originaria. Analogamente, L. Ron Hubbard, inventore del sistema terapeutico noto come dianetica, in un primo tempo tollerò un certo eclettismo da parte dei suoi seguaci, ma quando riacquistò il controllo completo del movimento Scientology introdusse misure rigorose per tutelare l'unicità della propria dottrina. In entrambi i casi, i controlli organizzativi furono rafforzati e ai seguaci venne imposto di accettare la dottrina del movimento come l'unica valida e legittima. Tuttavia, sebbene in questi casi si sia verificata effettivamente una trasformazione da culto a setta, non si può concludere che questo sia un processo generalizzato, né si hanno gli elementi necessari per stabilire in quali circostanze tale trasformazione ha probabilità di verificarsi.Il concetto di culto resta in certa misura amorfo. Esso è stato applicato, non sempre in modo appropriato, a gruppi religiosi e terapeutici assai diversi: dai movimenti esotici quali International society of Krishna consciousness, Rajinish e Subud, a movimenti di orientamento occultista quali la teosofia, il druidismo, il nuovo paganesimo e Wicca, a una congerie di movimenti etichettati come 'spiritualità new age', a una varietà di pratiche di terapia psichica, a movimenti per lo sviluppo del potenziale umano quali Forums network (in precedenza chiamato est), Silva mind control ed Exegesis. La mancanza di consenso tra gli studiosi sull'uso appropriato del concetto ha indotto molti sociologi a ricorrere all'espressione, prolissa ma neutra, 'nuovi movimenti religiosi' per indicare gruppi che non hanno alcuna comunanza né sul piano dottrinale né sul piano organizzativo.

Un'altra difficoltà nell'uso del termine 'culto' nasce dal fatto che esso è stato impiegato tradizionalmente per designare un complesso di peculiari credenze e pratiche cultuali adottate da singoli gruppi volontaristici all'interno di una data tradizione religiosa, tollerate e spesso persino incoraggiate dalle autorità ecclesiastiche. Culti di questo tipo si trovano nella tradizione cattolica, dove alcuni santi diventano oggetto di venerazione da parte di fedeli che si rivolgono a essi per ottenere aiuto o una determinata 'grazia'. Ad esempio il Sacro Cuore, Nostra Signora di Fatima, sant'Antonio da Padova sono oggetto di un culto particolare, e a ognuno di essi fa capo un'organizzazione specifica, che cura anche la pubblicazione di opuscoli e notiziari specializzati. Un'infrastruttura amministrativa più ampia è richiesta dall'associazione cattolica dell'Opus Dei, con i suoi vasti interessi nel mondo laico. Il protestantesimo favorisce in misura minore lo sviluppo di culti di questo tipo, ma potrebbero a buon diritto essere etichettati come culti vari movimenti interni alle Chiese, quali Moral rearmament e il movimento anglo-israeliano (il quale afferma che i Britannici, e per estensione altri popoli europei e nordamericani, sono i discendenti diretti delle dieci tribù perdute di Israele). Il culto attualmente più diffuso, Charismatic renewal, testimonia la diffusa insoddisfazione per l'inadeguatezza spirituale delle strutture istituzionali ufficiali. Riprendendo motivi tipici del pentecostalismo settario dei primi decenni del Novecento - ad esempio l'importanza attribuita alla glossolalia e ad altri doni dello Spirito Santo - Charismatic renewal nacque in California all'interno delle principali Chiese alla fine degli anni cinquanta, diventando ben presto un fenomeno mondiale. L'obiettivo di questo movimento è quello di trasmettere in modo più diretto l'ispirazione dello Spirito Santo nei singoli credenti. Implicitamente, la ricerca spontanea dell'esperienza del potere spirituale suggerisce l'idea di una inadeguatezza delle istituzioni esistenti cui si attribuisce tradizionalmente la funzione di veicolare questa ispirazione. Affermare che il singolo credente può ricevere in modo diretto e privo di mediazioni la grazia divina significa mettere in discussione la funzione del sacerdozio e di una gerarchia ecclesiastica. Le Chiese non hanno condannato il movimento carismatico, a differenza di quanto avevano fatto in passato per i movimenti estatici, ed esso si è diffuso tra il clero della Chiesa cattolica, ricevendo in Belgio il sostegno arcivescovile. Il movimento perdura principalmente all'interno delle organizzazioni ecclesiastiche o nei meetings di preghiera ecumenici, e non ha assunto una forma organizzativa indipendente. Altri movimenti di carattere effimero, quali il movimento House Church e le comunità di base sorte ai margini o al di fuori delle Chiese e delle sette stabilite, riflettono la diffusa e spesso spontanea ricerca nel mondo contemporaneo di nuove forme di organizzazione spirituale. (V. anche Cristianesimo; Monachesimo; Movimenti integralistici; Ortodossia ed eterodossia; Sacerdoti; Sette religiose).

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