Organo artificiale

Lessico del XXI Secolo (2013)

organo artificiale


òrgano artificiale locuz. sost. m.– Dispositivo di vario genere atto a sostituire completamente o in parte un organo quando il suo funzionamento risulti compromesso per un trauma o una patologia. Nel seguito si farà riferimento a dispositivi che svolgono tali funzioni relativamente ai soli organi interni; per quanto riguarda la sostituzione di arti o organi di senso v. .

Rene artificiale. – Apparecchiature per dialisi che cercano di sopperire al malfunzionamento dei reni relativamente al controllo dell’equilibrio idrico e salino e dell’eliminazione di sostanze tossiche e di rifiuto (creatinina, urea). Allo stato attuale la dialisi è effettuata attraverso due differenti tecniche: emodialisi e dialisi peritoneale. Le moderne apparecchiature per emodialisi (dializzatori) consistono in un involucro cilindrico rigido all’interno del quale sono allocate fibre cave, per una superficie di scambio totale di 1÷2 m2. Il sangue del paziente è sospinto all’interno del cilindro e il fluido dializzante scorre dentro le fibre. Il passaggio dei prodotti di rifiuto avviene per diffusione e/o ultrafiltrazione. Negli ultimi anni tali dispositivi sono stati migliorati ottimizzando le caratteristiche del flusso del sangue e del flusso e composizione del fluido dializzatore (in generale acqua opportunamente trattata), allo scopo di ottenere un efficiente trasferimento delle sostanze di scarto dal sangue al fluido stesso. Nella dialisi peritoneale una soluzione sterile contenente glucosio è immessa tramite sondino nella cavità peritoneale. La soluzione dializzante è lasciata per un tempo sufficiente all’assorbimento dei prodotti di rifiuto dai vasi degli organi presenti nel peritoneo, e quindi drenata all’esterno attraverso lo stesso canale. Il ciclo di scambio, che avviene per ultrafiltrazione, deve essere effettuato più volte al giorno e durante la notte. Tale tipo di dialisi ha il vantaggio di potere essere effettuata nella residenza del paziente e richiede un’assistenza specializzata minima. Molte ricerche, negli ultimi anni, sono state indirizzate allo studio e progetto di dispostivi indossabili, basati su quest’ultimo tipo di tecnica, capaci di fornire una filtrazione continua, simile a quella effettuata dal rene normale. I prototipi realizzati, non ancora in commercio anche se già sperimentati sull’uomo, non necessitano dell’intervento del paziente tranne che per la sostituzione del contenitore della soluzione dializzante ogni 8-12 ore. Il dispositivo rigenera e riutilizza fluido e componenti proteiche presenti nella soluzione. In tale modo la perdita di proteine e la quantità di soluzione dializzante sono minimizzate così da ottenere un dispositivo di peso contenuto, allo stato attuale intorno ai 5 kg.

Macchina cuore-polmone. – Detta anche bypass cardiopolmonare, è un dispositivo, utilizzato principalmente in cardiochirurgia, che sostituisce le funzioni del cuore e dei polmoni, mantenendo la circolazione e l’ossigenazione del sangue. Il sangue venoso è prelevato attraverso una cannula dall’atrio destro, dalla vena cava o dalla vena femorale, ossigenato e immesso in aorta. Tale sistema richiede una pompa per assicurare la circolazione sanguigna, un ossigenatore e uno scambiatore di calore per ottenere i valori desiderati di temperatura del sangue. Nelle moderne macchine cuore-polmone le pompe centrifughe hanno rimpiazzato le peristaltiche, precedentemente utilizzate, in quanto si ritiene producano una minore emolisi. Analogamente, gli ossigenatori a bolle e a film, presenti nelle prime macchine, sono stati soppiantati dagli ossigenatori a membrana. Infatti, in questi ultimi, il contatto sangue-fluido purificante avviene attraverso una membrana con notevole riduzione dei fenomeni di emolisi. Un altro tipo di ossigenatore, recentemente entrato in uso, è quello a rivestimento di eparina che produce una minore infiammazione sistemica e, grazie al rilascio di eparina, una minore possibilità di formazione di coaguli.

Polmone artificiale. – È stato recentemente sviluppato e testato su pazienti un prototipo di polmone artificiale indossabile. In tale dispositivo, il sangue è pompato dal cuore attraverso l’arteria polmonare all’interno di sottili fibre cave che scambiano, tramite i micropori della superficie, ossigeno e anidride carbonica con l’aria dell’ambiente. Il sangue ossigenato ritorna poi alla stessa arteria polmonare e circola attraverso i polmoni, oppure va al ventricolo sinistro per essere immesso nella circolazione sistemica.

Pancreas artificiale. – Sotto questo nome è compreso un certo numero di apparecchiature, alcune ancora in fase sperimentale, che sostituiscono il pancreas nella produzione di insulina. Gli infusori di insulina intracorporei a funzionamento continuo consistono in un serbatoio contenente insulina e in una micropompa per il rilascio dell’ormone nei vasi peritoneali. In questi dispositivi, da tempo utilizzati, la quantità di insulina rilasciata è indipendente dal livello di glucosio nel sangue. Questo inconveniente è stato in parte risolto negli infusori di insulina intracorporei a funzionamento programmato, in cui il versamento di ormone nei vasi peritoneali avviene secondo le presumibili esigenze del paziente nell’arco della giornata. Più complesso è il pancreas artificiale extracorporeo, in cui viene realizzato un vero e proprio sistema di controllo a ciclo chiuso: un sensore misura in modo continuo la glicemia e una micropompa inietta la quantità di insulina, stimata attraverso un modello matematico, necessaria per il paziente. Tali sistemi, a causa del loro ingombro, sono principalmente usati in ambito ospedaliero. Essi sono comunque alla base del pancreas artificiale intracorporeo, apparecchiatura, attualmente già sviluppata industrialmente, in cui un sensore impiantabile di glucosio, inserito in una vena, è connesso elettricamente a una pompa di insulina impiantabile. Le fluttuazioni di glucosio nel sangue, rilevate dal sensore, controllano il rilascio di insulina da parte della pompa. Gli studi relativi a questo tipo di dispositivi sono tuttavia ancora aperti. Infatti, i sensori impiantabili di glucosio hanno una vita relativamente breve (un anno circa rispetto agli otto anni della pompa), e lo stesso algoritmo che regola il rilascio di insulina nel corso della giornata è ancora in fase di perfezionamento. Parecchi studi sono inoltre rivolti alla possibilità di somministrare insieme insulina e altre sostanze, quali amilina e glucagone, per un controllo del livello del glucosio nel sangue più vicino a quello fisiologico.

Cuore artificiale e apparecchiature di ausilio al circolo. – Fra i dispositivi di ausilio al circolo, le valvole cardiache sono quelli di uso più comune. Nonostante i problemi relativi alla biocompatibilità dei materiali e al comportamento fluido-dinamico siano stati quasi completamente risolti, le valvole biologiche, di origine animale, sono divenute competitive con le valvole artificiali. Negli ultimi anni, accanto alla ricerca riguardante la realizzazione di un cuore artificiale totalmente impiantabile, una seconda via di sperimentazione molto seguita è stata quella concernente dispositivi di assistenza quali i ventricoli artificiali (VAD, Ventricular assist device). Tali apparecchiature, largamente utilizzate in terapia, nel caso di una ridotta funzionalità cardiaca e in pazienti in attesa di trapianto, consistono in un condotto di uscita connesso all’aorta (LVAD, Left ventricular assist device), un tubo di ingresso posto all’apice del ventricolo sinistro, una sorgente di potenza (rete elettrica o batterie ricaricabili), i collegamenti con i dispositivi esterni e un controllore esterno per monitorare pompa e batterie. Quest’ultimo rileva, tramite sensori, lo stato di riempimento della pompa e comanda l’espulsione del sangue, attraverso una valvola, in aorta. I primi esperimenti per la realizzazione di un cuore artificiale totale risalgono alla fine degli anni Sessanta del 20° sec. e i primi impianti su pazienti ai primi anni Ottanta (Yarvik, Cooley, De Vries). Allo stato attuale il cuore artificiale, nonostante i notevoli miglioramenti dal punto di vista dell’impianto e della portabilità, è ancora prevalentemente utilizzato quale mezzo di mantenimento in vita di pazienti in attesa di trapianto e, quindi, principalmente in ambito ospedaliero. Protesi cardiache totalmente impiantabili sono in fase avanzata di sperimentazione in ambito clinico e industriale. Come esempio, uno dei più recenti dispositivi (AbioCor, impiantato su paziente nel 2001), realizzato in plastica e titanio, con un peso di circa 1 kg, è costituito da una pompa, da una valvola che alternativamente indirizza il flusso sanguigno nel circolo sistemico o polmonare, da una batteria interna e batterie esterne e da un sofisticato sistema di controllo impiantato nell’addome del paziente. Progressi ulteriori si attendono dalla realizzazione di dispositivi utilizzanti materiali biosintetici.

Conclusioni. – Gli o. a., a eccezione dei casi in cui l’organo naturale è solo in parte compromesso, costituiscono una delle possibili scelte, insieme ai trapianti e alla medicina rigenerativa, nella sostituzione/ricostruzione di un organo. È da notare, a tale proposito, che nonostante i progressi realizzati in queste due tecniche negli ultimi anni, una notevole strozzatura nella loro applicazione estensiva è costituita, rispettivamente, dal reperimento di un numero adeguato di organi e dai lunghi tempi richiesti perché un tessuto bioartificiale raggiunga il funzionamento fisiologico. In questi casi, l’o. a. può svolgere un’effettiva ed efficace azione di supporto.