ORO

Enciclopedia Italiana - II Appendice (1949)

ORO (XXV, p. 577)

Luigi CHIAVARELLI

Economia. - Le recenti vicende di questo metallo non hanno confermato le previsioni pessimistiche avanzate, nel 1929-30, da alcuni competenti in merito alla sua offerta (v. metalli preziosi, XXIII, pp. 31-32). La duplice rivalutazione dell'oro, in termini di merci e di moneta-carta, negli anni della grande depressione economica (in dipendenza del crollo dei prezzi e delle svalutazioni monetarie originate dal deprezzamento, nel 1931 e 1933, della sterlina e del dollaro) e i diminuiti costi per la sua estrazione, diedero alla produzione aurea un impulso senza precedenti, fino a farle toccare nel 1940 i 41 milioni di once (nel 1929 19,2 milioni di once). Ma la rivalutazione in termini monetarî causò anche un importante riflusso sul mercato di oro precedentemente tesoreggiato in India e in altri paesi dell'Oriente.

I vasti movimenti di oro verificatisi in quegli anni sollevarono numerosi problemi, che attirarono l'attenzione delle autorità nei varî centri monetarî, in considerazione anche dei riflessi di tali movimenti sulle condizioni delle monete e del credito nei rispettivi paesi. Sorsero così i varî Fondi di perequazione dei cambî e i "conti inattivi". In questi ultimi veniva "sterilizzato" l'oro eccedente le necessità del credito e delle riserve di talune banche centrali (es. banche della Riserva federale degli Stati Uniti), alle quali era affluito copioso l'oro estero, accentuando la già anormale distribuzione di questo metallo nel mondo.

Col 1941 si è verificata un'inversione di tendenza, tanto nella produzione (fino al 1945), quanto nel predetto flusso dall'Oriente, il quale da allora ha riassorbito oro. Il declino della produzione durante gli anni di guerra è dovuto a circostanze sostanzialmente analoghe a quelle verificatesi nell'altro conflitto mondiale, e cioè, principalmente: carenza di mano d'opera, trasferimenti di impianti e di capitali mobiliari ad altri settori interessanti l'industria bellica, ecc.; circostanze che, come allora, non hanno prodotto immediatamente i loro effetti sul volume dell'oro di nuova estrazione. Per ovvie ragioni, la ripresa del tesoreggiamento non si è verificata soltanto in Oriente, ma anche in America e in Europa, favorita altresì dalle vendite di oro al pubblico - a decorrere dall'estate del 1943 - da parte delle autorità monetarie di varî paesi.

Con tali vendite si è cercato, da un lato, di esercitare azione deflazionistica, assorbendo almeno la parte più mobile dell'eccesso di potere d'acquisto in mano dei privati, e, dall'altro, di provocare una maggiore offerta di beni di consumo, specie in India e negli altri paesi dell'Oriente, dove stazionavano forti contingenti di truppe alleate. Notevoli quantitativi di metallo giallo sembra siano stati rimessi in circolazione anche per finanziare il movimento della resistenza nell'Europa occupata dai Tedeschi.

Nonostante queste cessioni di oro, il complesso delle riserve dichiarate delle banche centrali e dei governi avrebbe continuato, secondo i dati più recenti, in parte stimati, della Banca dei regolamenti internazionali, nel suo movimento ascendente, il che fa supporre che le vendite al pubblico potrebbero essere state effettuate attingendo a scorte (sia di vecchia sia di nuova formazione) non pubblicate nei bilanci.

Nell'ambito delle riserve palesi si sono verificate, in questi ultimi sette anni, alcune redistribuzioni; particolarmente notevole quella originata, tra il 1941 e il 1945, dai trasferimenti di oro, per circa 2,7 miliardi di dollari, dagli Stati Uniti ai paesi che, durante la guerra, ne erano divenuti i principali fornitori di merci (es. paesi neutrali). A tale redistribuzione ha però fatto seguito, come era logico attendersi, un movimento opposto e ancora più marcato, negli anni successivi, soprattutto per gli effetti provocati dal forte divario tra i prezzi dei prodotti americani, raddoppiatisi rispetto al 1938, e il prezzo ufficiale dell'oro, rimasto immutato a 35 dollari l'oncia, per cui i paesi acquirenti di questi prodotti (ora anche gli ex neutrali), che si vedono spesso costretti dalla penuria di dollari a spedire in pagamento oro, debbono inviarne quantitativi doppî di quelli che avrebbero dovuto inviare altrimenti.

L'inasprimento dei controlli e delle restrizioni alla trasferibilità dell'oro in quasi tutti i paesi, alla vigilia e durante la seconda Guerra mondiale, ha trasformato il mercato di questo metallo in numerosi mercati clandestini (o semiliberi), relativamente ristretti e non facilmente intercomunicanti, in cui le contrattazioni sono avvenute, e avvengono tuttora, a prezzi variabili da un mercato all'altro, ma ovunque notevolmente superiori a quelli fissati ufficialmente.

Tali quotazioni, tradotte in dollari ai cambî di mercato libero o nero, variavano ad esempio, alla fine di luglio del 1948, dai minimi di 43-45 dollari per oncia nei paesi del continente americano e in quelli europei ex-neutrali, ai massimi di 77-79 dollari per oncia nei paesi dell'Estremo Oriente, in Grecia, in Germania e in Romania, rispetto ai prezzi ufficiali aggirantisi dovunque intorno a 35 dollari per oncia. Si verifica inoltre sui mercati neri, come pure su quei pochi rimasti relativamente liberi (es. Portogallo, Egitto), un aggio dell'oro monetato su quello in verghe, di almeno il 25 per cento, che conferma la notevole ricerca di oro da parte del pubblico. Gli alti prezzi sono dovuti, oltre che al maggiore o minor grado d'inflazione nei varî paesi, a fattori psicologici e speculativi, nonché ai forti premî per i rischi che tale genere di transazioni comporta. Il rilevante distacco di queste quotazioni da quelle ufficiali e gli aumentati costi di produzione del metallo hanno fatto sorgere in alcuni paesi correnti favorevoli a una revisione del suo prezzo ufficiale, e cioè del contenuto aureo delle rispettive monete. Proposte in tal senso sono state presentate a suo tempo anche al Congresso degli S. U., ma senza esito. Una decisione è, almeno per ora, tutt'altro che semplice, avuto riguardo non solo alle ripercussion; che potrebbero derivarne nelle economie dei varî paesi, ma anche alla difficoltà che comporterebbe la scelta di un criterio di valutazione dell'oro che, oltre a rispecchiare le condizioni effettive del mercato, fosse intonato alle esigenze economiche internazionali.

Ma l'aumento dei costi di estrazione e la contemporanea immutabilità del prezzo pagato dalle banche centrali e dai governi (principali acquirenti) ai produttori, hanno anche ingenerato, in alcuni esperti, il timore di una nuova "penuria" di oro. Prescindendo da ogni considerazione sull'effettivo impiego attuale di questo metallo nel campo monetario e circa le odierne condizioni dell'economia mondiale, viene da taluni obbiettato che le ripercussioni dei costi sull'insieme delle disponibilità auree dovrebbero essere piuttosto limitate, dato che l'oro di nuova produzione rappresenta, rispetto allo stock accumulatosi nel corso di molti secoli, una frazione relativamente esigua; e ciò senza tener conto della nuova offerta potenziale, rappresentata dai nuovi metodi di prospezione e dalle possibilità di sfruttare i ricchissimi giacimenti scoperti recentemente nell'Unione sudafricana, e, sembra, in Russia.

Questo non toglie, però, che ove si consideri il fenomeno dal punto di vista contingente e sotto il particolare aspetto della produzione, il continuo aumento dei costi e dei prezzi, a partire dal 1945, ha eliminato le miniere di minore rendimento e frenato l'espansione della produzione. In molti paesi produttori di oro si notano, anzi, segni inconfondibili di ristagno, per cui i governi cercano di sostenere queste miniere mediante sovvenzioni indirette, quali finanziamenti di ricerche tecniche, alleggerimenti fiscali, concessioni di tariffe ferroviarie preferenziali, ecc.

In ogni caso, va tenuto presente che nell'economia attuale, fortemente manovrata, specie nel campo monetario, l'oro, pur avendo conservato di fatto la sua funzione, esplica compiti limitati, prevalendo anche nei rapporti economici internazionali le transazioni creditizie, sebbene non possa negarsi che questo metallo, dal momento in cui viene estratto crea nuovo potere d'acquisto, che dai paesi a miniere si diffonde nei varî mercati provocando, anche in regime d'inconvertibilità, un'espansione della circolazione monetaria e del credito, come si è verificato ad esempio in Svizzera, in Portogallo, in Turchia, ecc., durante e dopo la seconda Guerra mondiale.

Si riportano, nelle precedenti tabelle, alcuni dati sulla produzione mondiale, sui prezzi dell'oro e sulle riserve auree palesi delle banche centrali e dei governi, nonché alcune cifre per l'Italia.

Bibl.: Banca dei regolamenti internazionali, Relazioni annuali; Société des Nations, Annuaires statistiques e Revue de la situation économique mondiale, 1942-1944; Union Corporation, Annual Reports; Banche della Riserva federale, Federal Reserve Bulletin; Samuel Montagu & Co., Londra, Annual Bullion Letter; Banca nazionale svizzera, Statistisches Handbuch des schweizerischen Geld und Kapitalmarktes; Banca d'Italia, Bollettino del Servizio Studi Economici; Ch. Rist, Essais sur quelques problèmes économiques et monétaires, Parigi 1933; B. Foà, Recenti teorie monetarie del ciclo, in Giornale degli economisti, dicembre 1931; G. Demaria, Moneta, cambio e credito nel decennio 1929-1939, in La situazione economica internazionale, Milano 1940; L. Federici, La moneta e l'oro, Milano 1941; D. H. Leaven, Bullion prices and the gold-silver ratio, in The Review of economic statistics dell'Harward Univ., agosto 1946; P. Jacobsson, The Purchasing power problem, in Quarterly Review della Skandinaviska Banken, Stoccolma, luglio 1946.

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