Orsini

Enciclopedia Dantesca (1970)

Orsini

Francesco Frascarelli

Famiglia romana molto importante a partire soprattutto dal sec. XI; le sue origini sono ancora oggi incerte. Agli O. viene fatto chiaro riferimento in If XIX 70-71 e veramente fui figliuol de l'orsa, / cupido ... per avanzar li orsatti: con queste parole il pontefice Niccolò III si manifesta a D. nella bolgia dei simoniaci. Con il termine orsatti il pontefice vuole indicare tutta la folta schiera dei parenti per i quali fece mercato di cose sacre; il suffisso alterativo forse non è privo di un certo tono sarcastico atto a rivelare il severo giudizio di D. su tutta la famiglia: Niccolò III non fu un'eccezione, avidi furono anche gli altri, sempre pronti a ricevere dall'alto e ad accumulare. Scrive il Villani al proposito: " per lo caldo de' suoi consorti imprese molte cose per fargli grandi, e fu de' primi, o primo papa, nella cui corte s'usasse palese simonia per gli suoi parenti " (VII 54); e Tolomeo da Lucca (Historia Ecclesiastica, in Rer. Ital. Script. XI, Milano 1727, XXXI 1182): " nimis tamen fuit amator suorum "; due colpe appaiono quindi in maniera inequivocabile: simonia e nepotismo, l'una in funzione dell'altra, la seconda che vorrebbe quasi giustificare la prima.

L'espressione fui figliuol de l'orsa, che potrebbe anche sembrare un semplice gioco di parole, si rivela particolarmente interessante in rapporto all'etimologia del nome Orsini. È opportuno precisare che D. elabora in formula propria un criterio ripreso da giuristi contemporanei: li nomi seguitino le nominate cose, sì come è scritto: " nomina sunt consequentia rerum " (Vn XIII 4); probabilmente quindi egli riteneva che la famiglia O. derivasse questo nome dall'orso, animale considerato in quei tempi ingordo e vorace, proprio in relazione alla brama di ricchezze caratteristica nei suoi membri: in questo sarebbe da vedere l'applicazione del criterio enunziato da Dante. Il rapporto tra nomina e res dovette interessare particolarmente il poeta: nel balzo degl'invidiosi infatti la senese Salvani confessa: Savia non fui, avvegna che Sapìa / fossi chiamata (Pg XIII 109-110); la vita della donna dunque non tenne fede o, meglio ancora, non si conformò al nome di lei. Nel caso degli O. invece il nome si conformò rigorosamente alla loro vita.

L'ipotesi che vorrebbe il nome degli O. derivato dall'animale è stata ripetutamente confutata, benché in alcuni documenti essi siano chiamati " de filiis Ursae ". Per quanto riguarda l'origine della famiglia non abbiamo dati sicuri: già nel 998 è citato in Roma un " Ursus de Baro " e nel 1032 un " Costantinus Ursi "; del XII secolo è Orso di Bobone che può essere considerato il più sicuro capostipite della famiglia. In quanto all'affermazione politica, questa si fa risalire a un Matteo Rosso del sec. XIII, senatore di Roma, il quale difese la città da Federico II e quindi contrastò violentemente con i Colonna, cui tolse la fortezza Augusta. Da questo momento la linea d'azione degli O. fu un'assoluta dedizione alla Chiesa e agl'ideali del papato medievale, che si mantenne costante attraverso i secoli. Da qui derivò il perenne contrasto con la famiglia Colonna. Tutta la politica della Chiesa dalla morte di Clemente IV (1268) al conclave di Perugia (1305) sarà caratterizzata dall'azione degli O. per mezzo dei cardinali Giovan Gaetano (poi papa Niccolò III) e Matteo Rosso, Latino Malabranca e Napoleone, suoi nipoti: E proprio il contrasto fra il cardinale Napoleone, che per personali atteggiamenti di spirito nonché per interessi propri si accostò al partito colonnese, e lo zio cardinale Matteo Rosso, maggiore esponente di quello bonifaciano, provocò una frattura in seno al Sacro Collegio che fu determinante per l'elezione di Clemente V. Anche durante il periodo avignonese gli O. rimasero in Roma i maggiori esponenti del partito guelfo, sempre in contrasto con i Colonna, e impedirono l'elezione di Enrico VII in San Pietro.

Si vedano le voci: FRANGIPANI, LATINO; NICCOLÒ III; ORSINI, MATTEO ROSSO; ORSINI, NAPOLEONE.

Bibl.-Le Consulte della Repubblica Fiorentina, a c. di A. Gherardi, II, Firenze 1896-1898, 206, 231, 664; F. D'Ovidio, Il canto XIX dell'Inferno (1907), in Lett. dant. 365; E. Dupré Theseider, Roma dal comune di popolo alla signoria pontificia, Bologna 1952, passim; A. Pagliaro, Nuovi saggi di critica semantica, Messina-Firenze 1956, 239.

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