Corbino, Orso Mario

Il Contributo italiano alla storia del Pensiero: Scienze (2013)

Orso Mario Corbino

Giovanni Battimelli

Orso Mario Corbino è noto soprattutto per essere stato il direttore dell’Istituto di fisica di Roma nel periodo dei ‘ragazzi di via Panisperna’, e per avere favorito, con il diretto appoggio a Enrico Fermi e alla sua scuola, lo sviluppo della fisica italiana. La sua carriera di ricercatore scientifico, professore universitario e organizzatore del sistema della ricerca italiana si intreccia con quelle di politico e di esponente di spicco del sistema industriale, delineando una personalità presente a diverso titolo in punti cruciali della vita scientifica, politica e industriale dell’Italia giolittiana e fascista.

La vita

Orso Mario Corbino nacque ad Augusta (Siracusa) il 30 aprile 1876, secondo di sette figli di Vincenzo, proprietario di un piccolo pastificio, e di Rosaria Imprescia. Frequentò il liceo a Catania e studiò fisica alle università di Catania e di Palermo, dove si laureò nel 1896 sotto la guida di Damiano Macaluso (1845-1932). Dopo la laurea diventò professore di fisica nei licei, a Catanzaro nel 1897 e a Palermo nel 1898; nello stesso anno Macaluso lo nominò suo assistente. Nel 1901 sposò Francesca Camilleri, da cui ebbe due figli, Iolanda e Ugo. Nel 1900 conseguì la libera docenza in fisica sperimentale, e due anni dopo quella in elettrotecnica. Nel 1904 vinse separatamente i concorsi a cattedra per queste due discipline, e nel 1905 ottenne la cattedra di fisica sperimentale dell’Università di Messina. Nel 1909 si spostò a Roma, dove fu chiamato sulla cattedra di fisica complementare da Pietro Blaserna (1839-1918), cui successe nel 1918 come direttore dell’Istituto di fisica.

Per i suoi lavori scientifici ottenne il premio Reale dell’Accademia nazionale dei Lincei nel 1914. Fu presidente della Società italiana di fisica (dal 1914 al 1919) e della Società italiana delle scienze detta dei XL, e membro dell’Accademia nazionale dei Lincei dal 1919. Negli anni della Prima guerra mondiale fu membro del consiglio direttivo del Comitato nazionale scientifico tecnico, e collaboratore dell’Ufficio invenzioni e ricerche presso il sottosegretariato per le armi e munizioni. Nel dopoguerra Guglielmo Marconi lo volle a presiedere il Comitato radiotelegrafico del Consiglio nazionale delle ricerche. Giovanni Giolitti lo volle Senatore del Regno dal 1920, e fu ministro della Pubblica istruzione nel 1921 e ministro dell’Economia nazionale nel 1923. Ricoprì numerosi incarichi nelle principali società legate all’industria elettrica, tra cui la Società meridionale di elettricità e la Edison. Diresse dal 1925 il «Nuovo Cimento», organo ufficiale della Società italiana di fisica, e dal 1928 «L’energia elettrica». Fu presidente del Centro internazionale di televisione, dell’Istituto nazionale di cinematografia educativa e, dal 1931, della Commissione per le direttive artistiche e la vigilanza tecnica sulle radiodiffusioni. Nel 1936 fondò l’Istituto nazionale di elettroacustica del Consiglio nazionale delle ricerche. Morì a Roma il 23 gennaio 1937.

La formazione scientifica e il trasferimento a Roma

Corbino iniziò gli studi di fisica all’Università di Catania, per terminarli a Palermo. Il laboratorio fisico di Palermo era a quell’epoca il migliore dell’isola e uno dei maggiori in Italia, e sulla cattedra di fisica si erano succeduti nomi importanti, da Blaserna ad Antonio Roiti (1843-1921) e Augusto Righi. Quando Corbino vi si trasferì, direttore dell’Istituto era Macaluso, allievo di Blaserna e a sua volta maestro di un’intera generazione di fisici, tra cui Michele Cantone (1857-1932) e Michele La Rosa (1880-1933). Sotto la guida di Macaluso, Corbino perfezionò la propria formazione, dominata da una commistione di interessi tanto per il lato più strettamente teorico dell’elettrodinamica quanto per i suoi aspetti applicativi, quali la produzione e trasmissione dell’energia elettrica. Nel 1898, in collaborazione con Macaluso, il giovane Corbino ottenne il primo importante risultato originale di ricerca: la rivelazione e l’interpretazione di un peculiare fenomeno di magnetoottica (da allora noto come effetto Macaluso-Corbino) relativo all’effetto rotatorio anormalmente grande nelle vicinanze delle righe di assorbimento del vapore di sodio in campo magnetico. Il solo Corbino firmò l’anno successivo il lavoro in cui era proposta l’interpretazione del fenomeno, collegandolo all’effetto Zeeman.

Nel 1905 Corbino ottenne la cattedra di fisica sperimentale all’Università di Messina, ma non vi restò a lungo. Nel 1907 morì Alfonso Sella, giovane e promettente professore di fisica complementare a Roma, e il direttore dell’Istituto, quel Blaserna che a Palermo era stato maestro di Macaluso, ottenne che a sostituire Sella fosse ‘comandato’ da Messina Corbino. La scelta di Blaserna fu condivisa con il grande organizzatore della vita scientifica del momento, il fisico-matematico Vito Volterra. Blaserna e Volterra apprezzavano in Corbino, oltre che le dimostrate capacità di fisico sperimentale e uomo di laboratorio, l’apertura mentale e la sensibilità alle problematiche di carattere teorico poste dalle novità emergenti nella fisica.

A Roma Corbino arrivò nell’inverno del 1909, ma già l’anno precedente, su richiesta di Volterra, gli erano stati affidati gli incarichi, che erano già stati di Sella, di segretario della Società italiana di fisica e di redattore del «Nuovo Cimento», rivista che, sotto la direzione di Angelo Battelli (1862-1916), Roiti e Volterra, contribuiva significativamente allo svecchiamento della fisica italiana. Corbino fu destinato alle recensioni degli articoli pubblicati nelle riviste straniere, compito per cui era particolarmente indicato: possedeva una forte sensibilità verso le tematiche dei fondamenti e i quadri teorici generali. Era dunque in grado di seguire con competenza quel che si elaborava all’estero nei settori di frontiera della ricerca. Pur non essendo un fisico teorico in senso stretto e non avendo dato alcun contributo diretto alla costruzione di nuove teorie, Corbino aveva una competenza disciplinare, in particolare in spettroscopia e in elettromagnetismo, che gli consentiva di controllare il quadro fenomenologico che faceva da sfondo alle nuove idee, e di afferrarne il significato e la portata innovativa, avendo come interlocutori privilegiati quei fisico-matematici che in Italia seguivano con maggiore attenzione questi sviluppi, primo fra tutti Tullio Levi-Civita. Corbino anticipava agli inizi del secolo quel nuovo assetto dei rapporti tra fisica e matematica che avrebbe poi realizzato sul piano istituzionale vent’anni più tardi con la creazione della prima cattedra italiana di fisica teorica.

Con il trasferimento a Roma, la produttività scientifica di Corbino subì una decisa accelerazione, e soprattutto si diversificò ulteriormente. All’attenzione per i problemi di elettrotecnica, oggetto principale delle sue ricerche nel periodo siciliano, si affiancò un interesse per questioni legate alla struttura della materia, in un momento in cui era ancora grande l’incertezza riguardo ai corretti rapporti da stabilire tra l’impianto macroscopico dell’elettromagnetismo classico e la descrizione microscopica della fenomenologia a esso associata. Nel 1911 Corbino pubblicò il primo di una serie di lavori sugli effetti prodotti dall’azione di un campo magnetico sulla corrente elettrica nei metalli, integrando l’esposizione dei dati empirici con un tentativo di interpretazione teorica del meccanismo della conduzione a livello microscopico. All’epoca era ormai pressoché unanimemente accettata, per spiegare il meccanismo della conduzione della corrente nei metalli, la teoria elettronica di Drude, ma non era del tutto risolto il dibattito tra le teorie ‘monistiche’, che invocavano solo gli elettroni come portatori mobili di carica, e le teorie ‘dualistiche’, che interpretavano la corrente come l’effetto dello spostamento di due tipi di portatori di carica, affiancando a quello degli elettroni il moto di ioni positivi. L’effetto osservato da Corbino consisteva nell’alterazione prodotta sulle linee di corrente in un disco metallico percorso da una corrente radiale dalla presenza di un campo magnetico perpendicolare al disco. In modo inusuale, Corbino fece precedere la descrizione dei dati sperimentali da una esaustiva trattazione teorica del fenomeno, che veniva poi interpretato alla luce di un modello dualistico per la conduzione nei metalli. La discussione dei vari problemi connessi con l’interpretazione di questo nuovo ‘effetto Corbino’ andò avanti a lungo sia in Italia sia all’estero, fino a chiudersi con la definitiva accettazione dell’ipotesi monistica e il riconoscimento che l’effetto in questione era in sostanza una variante dell’effetto Hall, misurato però in modo diverso e, secondo alcuni, più soddisfacente.

Negli stessi anni Corbino si occupò dei calori specifici dei metalli ad alte temperature, di fenomeni di isteresi e di elasticità, e dimostrò in una serie di discorsi pubblici e lavori di rassegna di essere uno dei pochi fisici italiani aggiornati sulle problematiche sollevate dalle nuove teorie della relatività e dei quanti. Sul versante più strettamente applicativo, oltre ai numerosi lavori di elettrotecnica, condusse tra il 1913 e il 1916 significative ricerche sulle proprietà della nitroglicerina.

La chiamata a Roma accelerò la sua carriera scientifica. Nel 1914 gli fu attribuito il premio di Fisica dell’Accademia dei Lincei per le sue ricerche sull’elettromagnetismo, e nello stesso anno fu eletto presidente della Società italiana di fisica, carica rivestita fino al 1919, anno in cui venne nominato socio dell’Accademia nazionale dei Lincei. Quando nel 1918 Blaserna morì, Corbino gli succedette sulla cattedra di fisica sperimentale e nella direzione dell’Istituto di via Panisperna.

Tra università, politica e industria

Al suo arrivo nella Roma giolittiana, Corbino entrò subito in contatto con politici e tecnocrati del decollo industriale. La passione per le ricerche teoriche e per le applicazioni in campo elettrico ed elettromagnetico lo spinsero a mettersi in contatto con gli ambienti industriali legati alle utilizzazioni dell’elettricità per la produzione di energia e le comunicazioni. Attraverso l’Associazione elettrotecnica italiana fondata da Galileo Ferraris (1847-1897), per la cui sezione siciliana aveva tenuto delle conferenze, Corbino aveva già avuto contatti con Giovanni Giorgi (1871-1950), che nel 1910 ne promosse la nomina a consigliere dell’Azienda elettrica municipale di Roma, inizio di una brillante carriera industriale. Nel novembre 1916 Ivanoe Bonomi, ministro dei Lavori pubblici, creò il Consiglio superiore delle acque, per ordinare lo sfruttamento dei bacini idrici; gli interessi in gioco erano enormi, perché dal nuovo organismo dipendevano le concessioni per le nuove centrali idroelettriche. I conflitti fra le società elettriche convinsero Bonomi dell’opportunità di nominare un tecnico e la scelta cadde su Corbino.

Nel corso dei due decenni seguenti, Corbino fu alla presidenza o all’interno dei consigli di amministrazione di un numero crescente di società e istituti di credito collegati all’industria elettrica italiana. Fu una carriera parallela a quella accademica, in cui i contatti con gli ambienti della finanza e della politica, e le responsabilità connesse, diventarono sempre più coinvolgenti. Le posizioni di potere e il credito guadagnato attraverso questi contatti furono efficacemente sfruttati da Corbino per sostenere il suo progetto di sviluppo della fisica italiana, e per appoggiare la crescita del gruppo che negli anni successivi si creò a via Panisperna.

All’ingresso dell’Italia in guerra nel 1915, su iniziativa di alcuni scienziati favorevoli all’intervento, si cominciò a pensare alla creazione di una struttura che coordinasse le attività di ricerca finalizzate allo sforzo bellico. Presso il ministero per le Armi e munizioni fu istituito l’Ufficio invenzioni e ricerche, alla cui direzione fu nominato Volterra, che chiamò subito Corbino a collaborare. Più che per il diretto contributo dato alla ricerca di guerra, per cui si rese utile la competenza acquisita sulle proprietà degli esplosivi nelle ricerche sulla nitroglicerina degli anni precedenti, l’esperienza nell’ufficio si rivelò fruttuosa per Corbino, poiché contribuì a rinsaldare i legami con il gruppo dirigente della politica scientifica dell’Italia dell’epoca: quel gruppo, guidato da Volterra, che avrebbe messo a frutto il credito acquistato durante il conflitto presso gli ambienti politici per realizzare, a guerra finita, il progetto di organizzazione della ricerca nazionale che sfociò nella fondazione del Consiglio nazionale delle ricerche nel 1923.

Corbino, giunto al culmine della carriera accademica, era ormai proiettato nella politica. Nel 1920 Giolitti ne sollecitò la nomina a senatore del Regno, e l’anno successivo gli fu affidato il dicastero della Istruzione pubblica nel governo Bonomi.

La sua nomina fu accolta calorosamente dal mondo scientifico, perché era dal 1862 che uno scienziato non reggeva stabilmente quel ministero. Il primo incarico politico consolidò il suo rapporto con il mondo industriale: tra il 1921 e il 1922 Corbino entrò a far parte dei consigli d’amministrazione della Società generale elettrica della Sicilia e della Società meridionale di elettricità, partecipò alla costituzione della CGE, controllata dall’americana General electric, mentre conservava la presidenza del Consiglio superiore delle acque. La sua attività entrò sempre più nell’orbita della Edison. Corbino aveva un rapporto di stima e fiducia reciproca con Giacinto Motta (1870-1943), divenuto ancor più saldo da quando, entrato in Senato, il fisico siciliano vi difese con convinzione le posizioni degli industriali elettrici.

Nell’estate del 1923, Corbino accettò l’incarico di ministro dell’Economia nazionale nel primo governo Mussolini, nonostante fosse ben nota la sua avversione al fascismo: nel 1922, al Senato, aveva votato contro quel governo, e non avrebbe mai preso la tessera del Partito nazionale fascista. È verosimile che siano state esercitate forti pressioni dagli ambienti industriali cui Corbino era prossimo perché gli fosse affidato quel ministero, e che sia fondata la tesi secondo cui, in una delicata situazione di transizione, Mussolini non disdegnasse, come in altri casi, il ricorso a personalità di prestigio, anche se politicamente poco allineate.

Già nel novembre 1920, subito dopo la nomina a senatore, Corbino aveva fatto parte della Commissione reale per gli studi sulla proprietà del sottosuolo e l’unificazione delle leggi minerarie. Cominciò così a interessarsi al problema del reperimento e del controllo delle sostanze naturali radioattive, tanto rare e costose quanto preziose, sia per il loro potenziale utilizzo nelle terapie dei tumori, sia per il loro intrinseco valore come sorgenti di radiazioni nelle ricerche in fisica fondamentale. Il radio costava molto caro: si trattava di cifre elevate, fuori della portata di un singolo istituto di ricerca universitario. Corbino aggirò l’ostacolo istituendo, mentre era ministro dell’Economia, un apposito ufficio, inizialmente alle dipendenze del suo dicastero, e insieme operando affinché esso si trovasse di fatto sotto il suo controllo in qualità di direttore dell’Istituto di fisica dell’università. Nell’ottobre del 1923 fu costituito, presso l’Ispettorato per le miniere e combustibili del ministero dell’Economia nazionale, l’Ufficio per le sostanze radioattive, noto come Ufficio del radio, che fu ospitato nei locali dell’Istituto di fisica dell’Università di Roma in via Panisperna. A dirigerlo fu nominato Giulio Cesare Trabacchi (1874-1959), già assistente di Corbino.

L’organizzatore scientifico

Quando pronunciava le seguenti parole, in un discorso al Senato nel luglio 1922, Corbino si era ormai allontanato dalla ricerca attiva, assorbito quasi integralmente dagli incarichi pubblici e amministrativi:

Sono diventato senatore, son diventato ministro […] ma la scienza la rimpiango ancora; rimpiango sopratutto, in mezzo alle amarezze della politica, i giorni tranquilli passati tra le esperienze e le macchine, e rimpiango che dopo la morte di Augusto Righi la fisica italiana purtroppo non gli abbia saputo trovare un successore (Variazioni al testo unico delle leggi sulla Istruzione superiore, 1922, poi in Conferenze e discorsi di O.M. Corbino, 1938, pp. 153-68).

Il cumulo crescente di impegni non gli impedì di perseguire il progetto di trovare per la fisica italiana il successore di Righi, e anzi gli fornì l’autorità e il potere per eseguirlo. Corbino era consapevole dello stato di relativa arretratezza della fisica in Italia: mentre l’attività sperimentale si manteneva nei migliori istituti a un livello dignitoso, con alcune punte di riconosciuto prestigio internazionale, era ancora carente la ricerca sui modelli teorici relativi alla struttura della materia, che nel primo quarto del Novecento aveva portato altrove alla nuova fisica della relatività e dei quanti. Intorno alla metà degli anni Venti Corbino aveva acquisito una posizione abbastanza influente da consentirgli di trasformare l’Istituto di fisica di Roma in un centro dove la nuova fisica fosse adeguatamente coltivata.

Il passo fondamentale in questa direzione fu l’istituzione a Roma, nel 1926, della prima cattedra italiana di fisica teorica, vinta da Fermi. Fermi e Corbino prepararono quindi i passi necessari a portare l’Istituto al livello dei migliori centri di ricerca del settore, formando alla fine degli anni Venti il gruppo di giovani ricercatori destinato a diventare celebre come ‘i ragazzi di via Panisperna’. Nel giro di pochi anni l’Istituto di Roma si trasformò in uno dei centri dove si svolgeva la ricerca più avanzata a livello internazionale nel nuovo campo della fisica nucleare. A Roma si tenne, nel settembre 1931, il primo Congresso internazionale di fisica nucleare; e i risultati ottenuti dal gruppo di fisici romani negli anni successivi valsero a Fermi il premio Nobel per la fisica nel 1938.

A queste ricerche, Corbino non prese parte personalmente; non aveva più né il tempo da dedicare alla ricerca né, ormai, la competenza necessaria a lavorare attivamente su questi nuovi settori, per i quali mantenne una vivace curiosità intellettuale, dimostrando di capirne a fondo l’importanza, come testimonia un suo celebre discorso del 1929 su I compiti nuovi della fisica sperimentale (poi in O.M. Corbino scienza e società, a cura di U. Sanzo, 2003, pp. 61-75), considerato il manifesto programmatico del nuovo indirizzo di ricerca sulle proprietà del nucleo atomico. Se i risultati scientifici furono dovuti alle doti eccezionali di Fermi e del suo gruppo, merito di Corbino fu non solo di avere compreso il valore di Fermi, ma anche di aver garantito condizioni di carattere accademico, finanziario, organizzativo, perché le potenzialità di un brillante gruppo di ricercatori potessero dispiegarsi. Come direttore dell’Istituto di fisica, membro influente e ascoltato della facoltà di Scienze ed ex ministro dell’Istruzione pubblica, Corbino aveva l’autorità che gli permise di ottenere per il suo Istituto la creazione di due nuove cattedre, quella di fisica teorica per Fermi nel 1926 e, nel 1930, quella di spettroscopia per Franco Rasetti (1901-2001), che già dal 1927 Corbino aveva voluto come suo assistente. Grazie alla sua posizione negli organismi del Consiglio nazionale delle ricerche e al rapporto con Marconi, Corbino favorì la nomina di Fermi a segretario del Comitato per la fisica, e si adoperò per orientare la distribuzione delle risorse disponibili verso le ricerche in fisica nucleare a Roma. Le risorse del Consiglio nazionale delle ricerche erano comunque limitate, e Corbino sfruttò la sua influenza tra gli industriali elettrici. La Fondazione Alessandro Volta finanziò alcune delle borse di studio all’estero di cui si giovarono i giovani fisici romani, e dalla stessa fonte giunsero i finanziamenti che resero possibile all’Accademia d’Italia l’organizzazione del Congresso internazionale di fisica nucleare. Cruciale per la buona riuscita delle ricerche del gruppo si rivelò ben presto quel Laboratorio di fisica della sanità pubblica che Corbino aveva creato – come Ufficio del radio – quando era ministro dell’Economia nazionale, e che aveva voluto ospitare nel suo Istituto. Esso forniva ai fisici il radio necessario alla preparazione delle sorgenti radioattive, senza le quali ben poca ricerca in fisica nucleare avrebbero potuto svolgere Fermi e i suoi collaboratori.

Nel 1931 Corbino era stato nominato presidente della Commissione per le direttive artistiche e la vigilanza delle radiodiffusioni, che era allora alle dipendenze del ministero delle Comunicazioni, con funzioni esclusivamente tecniche. Con il passaggio nel 1934 sotto il controllo del ministero della Stampa e propaganda, la Commissione assunse compiti di natura politica. La riconferma di Corbino alla guida della Commissione, voluta da Mussolini, dice molto sul credito che almeno una parte del regime fascista era disposta a riconoscergli. Certamente deve avere influito, tanto nella prima nomina nel 1931 quanto nella riconferma successiva, il sostegno di Marconi.

Anche nel caso della Commissione si intrecciavano incarichi istituzionali e interessi scientifici; lo sviluppo delle radiocomunicazioni e la nascente tecnologia della televisione erano una delle più recenti frontiere applicative della disciplina su cui si era costruita tutta la carriera scientifica di Corbino. Nel 1935 si recò a Nizza al primo Congresso internazionale di televisione, e fu eletto presidente del Centro internazionale di televisione. L’anno successivo un viaggio negli Stati Uniti gli consentì di studiare le prime trasmissioni televisive e la tecnologia relativa. Di ritorno in Italia Corbino realizzò la sua ultima iniziativa di politica scientifica, ottenendo la creazione nel Consiglio nazionale delle ricerche di un Istituto di elettroacustica (termine che all’epoca era sinonimo di elettronica), alloggiato nel ‘suo’ istituto di via Panisperna, rimasto libero dopo che l’Istituto di fisica si era trasferito nella nuova Città universitaria.

Corbino non poté godere a lungo della nascita della sua ultima creatura scientifica. Nel gennaio 1937 fu stroncato in pochi giorni da una polmonite, alla vigilia di un periodo che avrebbe verosimilmente messo a dura prova la sua capacità di navigare attraverso le turbolente acque dell’ultimo periodo del fascismo.

Opere

Conferenze e discorsi, Roma 1938 (con una selezione di discorsi scientifici e discorsi su temi politici ed economici e, in appendice, un elenco completo delle pubblicazioni scientifiche).

Scienza e società, a cura di U. Sanzo, Manduria 2003 (raccolta annotata di nove discorsi scientifici tra il 1907 e il 1936).

Bibliografia

E. Corbino, Racconto di una vita, Napoli 1972.

G. Vaccaro, Orso Mario Corbino, «Notiziario storico di Augusta», 1976, 9, pp. 6-62.

E. Amaldi, L. Segreto, Corbino Orso Mario, in Dizionario biografico degli Italiani, Istituto della Enciclopedia Italiana, 28° vol., Roma 1983, ad vocem.

C. Tarsitani, La fisica italiana tra vecchio e nuovo: Orso Mario Corbino e la nascita del gruppo Fermi, in La ristrutturazione delle scienze tra le due guerre mondiali, 1° vol., a cura di G. Battimelli, M. De Maria, A. Rossi, Roma 1984, pp. 323-46.

E. Amaldi, Orso Mario Corbino, scienziato e innovatore, in Commemorazione di Orso Mario Corbino, a cura di P.E. Giua, Roma 1987, pp. 23-40.

B. Reeves, Corbino, Orso Mario, in Dictionary of scientific biography, 2° suppl., New York 1990, ad vocem.

S. Galdabini, G. Giuliani, Magnetic field effects and dualistic theory of metallic conduction in Italy (1911-1926): cultural heritage, creativity, epistemological beliefs, and national scientific community, «Annals of science», 1991, 48, pp. 21-37.

G. Battimelli, G. Paoloni, Il ministro scienziato, «Le scienze», 2008, 484, pp. 112-18.

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