ORTA SAN GIULIO

Enciclopedia dell' Arte Medievale (1997)

ORTA SAN GIULIO

P. Castellani

Comune del Piemonte in prov. di Novara, sito sulla riva orientale del lago d'Orta, comprendente l'isola di San Giulio.Il primo insediamento sull'isola di San Giulio è tradizionalmente fatto risalire ai santi di origine greca Giulio e Giuliano, del sec. 4°; dagli ultimi decenni del sec. 6° l'isola fu probabilmente sede di un ducato longobardo: un Mimulfo "ducem de insula Sancti Iuliani" è ricordato da Paolo Diacono (Hist. Lang., IV, 3; MGH.SS rer. Lang., 1878, p. 117) per essere stato ucciso dal re Agilulfo nel 592, in conseguenza dell'appoggio dato ai Franchi nella loro discesa verso Milano. Il castrum dell'isola, esplicitamente ricordato a partire dal sec. 10°, tra il 956 e il 962 fu al centro di due assedi portati contro Berengario II dall'imperatore Ottone I, il quale nel luglio 962 lo restituì ai canonici della basilica di S. Giulio (Di Giovanni, 1980, p. 206).Dei resti dell'insediamento fortificato, posto sulla sommità dell'isola - demolito pressoché interamente nel 1841 per far luogo al nuovo seminario -, rimangono varie testimonianze grafiche (Pellegrino, 1973) che consentono di ricostruire una struttura a recinto ellittico intorno a una torre ottagona, situata nel punto più alto e presumibilmente impostata sui resti dell'antico battistero paleocristiano a pianta ottagonale con nicchie sui lati (Verzone, 1936, p. 110; Marzi, 1989).Nella parte bassa dell'isola, in riva al lago, sorge la basilica di S. Giulio, di pianta a tre navate separate da pilastri, con transetto sporgente, sormontato all'incrocio da tiburio con cupola, e tre absidi di cui la centrale di dimensioni maggiori, con coronamento a galleria di archetti con ghiera in laterizi. La facciata, tripartita da contrafforti e con parte centrale a cuspide, profilata da archetti pensili in cotto, è inquadrata da due torri scalari di diversa altezza, aperte sui quattro lati da feritoie e bifore, che danno accesso ai matronei sovrastanti le navate laterali, coperte con volte a crociera così come la navata centrale. Recenti scavi hanno confermato l'unitarietà d'impianto dell'attuale struttura (Dondi, Della Croce, Pejrani Baricco, 1984; Pejrani Baricco, 1990), pur nella realizzazione presumibilmente differita di alcune parti, a fronte di un'ipotesi che vedeva la basilica come frutto dell'accorpamento di elementi realizzati in un arco di tempo compreso tra i secc. 9° e 11° (Nigra, 1941). Dallo scavo sono comunque emerse strutture preesistenti all'attuale, delle quali una immediatamente precedente (stesso orientamento a E, presbiterio affiancato da due piccoli vani a pianta quadrata, campanile antistante l'angolo meridionale di facciata) e un'altra di epoca probabilmente paleocristiana, costituita da un'abside rivolta a N.Per la basilica attuale - fatta salva la presumibile anteriorità dei capitelli, riutilizzati all'interno, e del campanile retrostante l'abside, assimilabile a quelli dell'abbazia di Fruttuaria a San Benigno Canavese (prov. Torino) e della cattedrale e dell'abbazia di S. Stefano a Ivrea (Canestro-Chiovenda, 1991, pp. 98-106) e ascrivibile alla metà del sec. 11° - si può ipotizzare una datazione compresa tra la fine del sec. 11° e l'inizio del successivo, che troverebbe ulteriore conferma dalla notizia di una riconsacrazione avvenuta tra il 1118 e il 1119 (Di Giovanni, 1980, p. 207).Il pulpito era originariamente rivolto verso la navata, appoggiato al pilastro destro della campata di incrocio tra navata centrale e transetto e non al corrispondente sinistro come attualmente. A pianta quadrata con lunette sporgenti al centro dei tre lati liberi e sostenuto da quattro colonne, il pulpito è interamente realizzato in serpentino verde di Oria, materiale che per il suo aspetto metallico esalta la qualità algida e incisiva dei rilievi che ne decorano la superficie. Questi sono costituiti dai simboli degli evangelisti, da due scene di lotta tra fiere, in una delle quali compare un centauro nell'atto di scoccare una freccia, e da ornati di racemi e foglie intrecciati. Nel pannello più visibile dalla navata è raffigurato, in posizione frontale, un personaggio maschile ricoperto da una pesante cappa, appoggiato a un bastone a tau, identificato con l'abate Guglielmo da Volpiano, nato nell'isola (Canestro-Chiovenda, 1955), la cui iconografia sembra però più accostabile a quella di un pellegrino. Dato anche l'eccezionale stato di conservazione, il pulpito è stato costantemente considerato un tassello fondamentale per la ricostruzione delle origini della scultura romanica di area lombarda, in un quadro d'insieme nel quale gli è stato assegnato, insieme a opere come il portale di S. Fedele a Como, il ruolo di capostipite della corrente comasca di quella scultura tra fine sec. 11° e inizi 12° (de Francovich, 1935-1937). Di essa sarebbero rintracciabili Oltralpe riscontri diretti nelle sculture del corpo orientale del duomo di Magonza (Kautzsch, Kautzsch, 1914), in quelle realizzate entro il 1130 nell'abbaziale di Rolduc in Limburgo (Timmers, 1975) e perfino in coevi pezzi ungheresi (Marosi, 1975, p. 265).I rilievi del pulpito presentano in particolare analogie con un'opera di schietta tradizione germanica come le formelle della porta bronzea di S. Zeno a Verona, attribuibili al Primo Maestro (fine sec. 11°). È dunque ipotizzabile che anche nella basilica di S. Giulio abbia operato, entro il primo quarto del sec. 12°, un artefice, o una bottega, proveniente dall'area culturale sassone, o perlomeno fortemente permeato dalla cultura plastica ivi presente. Si tratta comunque di un maestro singolarmente propenso alla ricerca di preziosi virtuosismi - per es. nella resa delle penne dell'aquila di S. Giovanni, dell'acanto della cornice e di uno dei capitelli corinzi di sostegno - e a conferire ai personaggi maggiori, come S. Matteo e il c.d. Guglielmo da Volpiano, quell'aura di muta austerità e, per quanto riguarda le figurazioni animali, di grifagna aggressività che ne costituiscono la caratteristica più affascinante.Del mosaico pavimentale (sec. 12°) a tessere bianche e nere, con raffigurazioni dei segni dello Zodiaco, dei sette pianeti e scene dell'Antico Testamento - ipoteticamente accostabile a quello della cattedrale di Novara (entro il primo trentennio del sec. 12°) e smantellato nel 1840 ca. -, restano soltanto scarsi lacerti, emersi durante gli scavi degli anni Ottanta presso i pilastri del lato sinistro della navata principale, e un disegno di Carlo Francesco Frasconi (1754-1836), di poco precedente la distruzione (Dondi, Della Croce, Pejrani Baricco, 1984, p. 122, figg. 1, 15), raffigurante l'episodio del Sogno di Giuseppe tra i covoni, una chimera e altre figurazioni decorative.Nell'Arch. Capitolare è stato rinvenuto (Grégoire, 1978-1979) un fondo contenente codici liturgici di epoche diverse, dal sec. 12° al 15°, tra i quali è da segnalare un evangeliario frammentario (Arch. Capitolare, 1), databile alla prima metà del sec. 12°, decorato con iniziali zoomorfe, in oro e a disegno geometrico, di buona qualità, apparentemente improntate su coevi modelli transalpini.

Bibl.: P. Kautzsch, R. Kautzsch, Nouvelles recherches sur l'histoire de la construction de la cathédrale de Mayence, RevAC 57, 1914, pp. 89-94; G. de Francovich, La corrente comasca nella scultura romanica europea, RINASA 5, 1935-1936, pp. 267-305; 6, 1937, pp. 47-129; P. Verzone, L'architettura romanica nel Novarese, II, Novara 1936; C. Nigra, La basilica di S. Giulio d'Orta alla fine del secolo XI, Novara 1941; B. Canestro-Chiovenda, L'ambone dell'Isola di San Giulio, Roma 1955; E. Pellegrino, Le stampe del lago d'Orta, Milano 1973; J.J.M. Timmers, Influssi lombardi sulle chiese di Maastricht e di Rolduc, in Il Romanico, "Atti del Seminario di studi, Varenna 1973", a cura di P. Sanpaolesi, Milano 1975, pp. 249-254; E. Marosi, Esztergom e gli influssi del Romanico lombardo in Ungheria, ivi, pp. 262-276; Isola San Giulio e Sacro Monte d'Orta, a cura di G.A. Dell'Acqua, Torino 1977; P. Grégoire, I manoscritti liturgici dell'Isola S. Giulio, Novarien 9, 1978-1979, pp. 336-341; M. Di Giovanni, Gli edifici di culto dell'XI e XII secolo. La collina, il Cusio, il Medio Verbano, in Novara e la sua terra nei secoli XI e XII. Storia, documenti, architettura, a cura di M.L. Gavazzoli Tomea, cat. (Novara 1980), Milano 1980, pp. 141-230; A.M. Dondi, C. Della Croce, L. Pejrani Baricco, Orta S. Giulio, basilica di S. Giulio, in Problemi di conservazione e tutela nel Novarese, a cura di D. Biancolini, cat. (Borgomanero), Torino 1984, pp. 122-139; A. Marzi, L'insediamento e il castrum dell'Isola di San Giulio, in Medioevo in cammino: l'Europa dei pellegrini, "Atti del Convegno internazionale di studi, Orta San Giulio 1987", Orta San Giulio 1989, pp. 303-317; L. Cochetti Pratesi, L'ambone dell'Isola di San Giulio e l'arte lombarda, ivi, pp. 319-332; L. Pejrani Baricco, Isola d'Orta: basilica di S. Giulio, in Milano capitale dell'Impero romano 286-402 d.C., cat., Milano 1990, pp. 297-298; B. Canestro-Chiovenda, L'isola di San Giulio sul lago d'Orta, Milano 1991; Piemonte romanico, a cura di G. Romano, Torino 1994.P. Castellani

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