OSTIA

Enciclopedia Italiana - II Appendice (1949)

OSTIA (XXV, p. 743)

Giovanni Bernieri

Una nuova fase nella storia degli scavi si è iniziata nel 1938 con una sistematica campagna diretta da Guido Calza e durata fino al 1942. Sono stati messi in luce 18 ettari asportando 540.000 mc. di macerie e di terra, in modo che oggi tre quarti dell'antica città sono stati dissepolti; s'è formata così uil'unica e organica zona monumentale di 33 ettari. Contemporaneamente allo scavo si è proceduto al restauro delle rovine, a cura di I. Gismondi; i nuovi quartieri messi in luce e restaurati si stendono soprattutto a sud e a ovest. Sono stati scoperti tutto il tratto meridionale del Cardine Massimo che dal Foro va fino alla sillana Porta Laurentina e tutto il tratto occidentale del Decumano Massimo dall'antica porta ovest del castrum fino alla Porta Marina della cinta sillana; inoltre, un'ampia arteria che si staccava ugualmente dalla Porta occidentale del castrum e correva obliquamente in direzione della primitiva foce del Tevere. Accanto a queste tre arterie maggiori, che appaiono di notevole ampiezza e fiancheggiate in gran parte da portici, una fitta rete di vie minori solca i varî quartieri, non creando una scacchiera regolare, ma seguendo tracciati che corrispondono alle direttrici del traffico; tipica ad esempio la cosiddetta Semita dei cippi che dalla Porta Laurentina si staccava dal Cardine Massimo ed, evitando il Foro, serviva tutta la zona dei grandi horrea.

Saggi di scavi praticati in quest'ultimo tempo sotto la direzione di P. Romanelli hanno dato altre testimonianze di costruzioni a grandi blocchi di tufo, dentro e immediatamente fuori del castrum, del periodo repubblicano: ciò dimostra che la città si era cominciata ad espandere lentamente oltre la cinta primitiva durante il III e il II sec. a. C. lungo le vie principali. In epoca sillana poi Ostia diviene un'ampia città.

I nuovi scavi hanno messo in luce file di taberne, spesso porticate, lungo le arterie stradali, domus di tipo pompeiano con atrio e peristilio che perdurano fino alla prima metà del I sec. d. C.

Quelle più antiche in opus incertum hanno pavimenti in stucco rosso e ne rimangono due esempî interessanti con restauri posteriori lungo il primo tratto del Cardine Massimo (domus di Giove fulminatore e domus della nicchia a mosaico). Quelle più recenti in opus reticulatum con pavimenti a mosaico possono essere illustrate dalla bella domus nell'area della posteriore Schola del Traiano sul lato sud del Decumano Massimo. Grandi horrea vengono costruiti già nel periodo sillano, come quelli di Hortensius, rifatti in opus reticulatum in età augustea, dinanzi al teatro. All'età sillana appartengono anche tre templi intorno a un'area sacra scoperti sulla Via della Foce, dei quali quello maggiore, lungo m. 30 con magnifico podio a lastre di tufo, era dedicato a Ercole, come attesta l'ara iscritta. Un rilievo in travertino, dedicato dall'aruspice Fulvius Salvis a Ercole, ci ha permesso di conoscere la leggenda di questo santuario, la cui statua arcaica si diceva pescata nel mare, e dove si consultavano oracoli. Gli altri due templi minori sono anonimi, uno tutto in opus incertum, l'altro con podio in tufo e cella rifatta in età imperiale.

Ricche tombe monumentali dell'ultimo secolo della repubblica sono venute in luce fuori la Porta Marina fra le quali quella, decorata di un fregio con navi, di C. Cartilius Poplicola, che fu otto volte duumvir di Ostia, e la cui statua con corpo ideale di tipo lisippeo, purtroppo acefala, iscritta, si è rinvenuta presso il tempio di Ercole.

Alle domus del I secolo, ancora di tipo pompeiano, si aggiungono case di abitazione più modeste in serie, insule di affitto con taberne, e in età giulio-claudia sorge, fuori della Porta Marina, un santuario della Bona Dea con tempio tetrastilo, chiuso dentro un cortile colonnato perché i culti, riservati alle donne, erano segreti. Gli horrea si moltiplicano nel I secolo e se ne hanno esempî specialmente nel quartiere a sud del Teatro; inoltre si ha qualche edificio termale.

Notevoli sono gli edifici di età traianea, come le terme di Buticosus con restauri posterori, e i grandi horrea verso il Tevere.

In età traianea la città subisce un largo rinnovamento edilizio che s'intensifica sotto Adriano e gli Antonini. Si sviluppa il tipo di abitazione intensiva a più piani con ampî cortili porticati interni intorno ai quali si aprono i varî appartamenti, che hanno anche serie di finestre in facciata. Sopra alle taberne, lungo le vie, si alzano le facciate delle case a tre e quattro piani con file di finestre, e spesso al primo piano, balconi aggettanti.

Alcuni edifici di abitazione intensiva messi in luce dai nuovi scavi costituiscono esempî grandiosi di edilizia privata monumentale e razionale come le due grandi insule del Serapide e degli Aurighi, collegate dalle terme intermedie dei Sette Sapienti, sulla via della Foce. Gli appartamenti, ciascuno formato da cinque o sei stanze con pavimenti a mosaico e pareti dipinte a riquadri, si svolgono sulle due facciate e intorno a vasti cortili porticati interni a più piani. Le terme, che prendono il nome da curiose pitture dei sette sapienti, a cui sono attribuite ironicamente sentenze riguardanti le funzioni del corpo, hanno una grande sala a cupola con ricco mosaico bianco-nero a scene di caccia, calidaria ornati pure di mosaici marini, e un frigidarium con belle pitture di pesci e Venere Anadiomene.

Ma i nuovi scavi hanno rivelato anche un'interessante sistemazione di case a giardino di tipo quasi moderno, costituite da un grande quadrilatero di appartamenti a più piani con ingressi sui varî lati, racchiudenti un vasto cortile, a giardino con vasche, in cui si innalzano altri due blocchi di appartamenti a più piani. Tutti gli appartamenti - di cinque o sei stanze, senza atrio, collegate tra loro con corridoio, - aventi cioè una pianta moderna, hanno mosaici pavimentali a motivi in genere geometrici e pitture parietali, sia di tipo pompeiano molto schematizzato e linearizzato, sia a semplici riquadri con piccoli paesaggi impressionistici. Accanto a queste abitazioni intensive abbiamo anche case più signorili con cortile porticato a pilastri laterizî, come quella detta delle Muse, e appartamenti svolgentisi su un corridoio di disimpegno come l'insula delle Volte dipinte, d'impianto completamente moderno.

Il II secolo è il periodo più fiorente per la città; si moltiplicano gli edifici pubblici, le sedi dei collegi come quella degli Augustali, gli horrea, le terme, i templi, alcuni dei quali ultimi si elevano dentro un cortile.

Fra i luoghi di culto, particolarmente notevoli sono il grande santuario (oggi completamente scavato) della Magna Mater con il tempio entro una vasta piazza triangolare, dove si ergono anche le scholae dei cannofori, dei dendrofori, degli astiferi; il tempio di Bellona e un sacello di Attis, il cui culto è intimamente collegato a quello della Magna Mater. Questo sacello, sorto nel I secolo, ebbe successivi rifacimenti, fu decorato da due telamoni a forma di Panischi e fu trovato pieno di statuette riferentisi al culto del dio frigio.

Nel III sec. i mitrei si fanno numerosi; ne sono stati recentemente messi in luce sette tra cui uno sotto un edificio termale, dove si è trovato ancora in posto un gruppo marmoreo a tutto tondo di Mitra (v. fig.).

Nel periodo severiano si costruiscono anche terme e la città si arricchisce di nuove case e magazzini. Ma soprattutto alla fine del III secolo e nel IV sorgono, secondo quanto hanno rivelato gli ultimi scavi, abitazioni signorili, dimore delle ultime famiglie gentilizie, dei ricchi importatori di grano africano, dei funzionarî dell'annona, di quei ceti cioè che ancora sopravvivevano nella città ormai in decadenza.

Sono domus con cortile interno che riecheggiano quelle ellenistiche, con giardini, ninfei, sala absidata, sale con ingresso a due colonne. Esse preannunciano l'architettura bizantina negli archi girati su colonne, nelle trifore, nei capitelli schematici; in esse una ricca decorazione policroma riveste le pareti di crustae marmoree e i pavimenti con opus sectile di marmi colorati, di mosaici figurati e geometrici.

Il cristianesimo, grazie agli ultimi scavi, è ora testimoniato anche da una modesta basilica del IV secolo con battistero, il cui architrave d'ingresso reca un'iscrizione che nomina i quattro fiumi del Paradiso terrestre come "fonti dei Cristiani", oltre che da una specie di oratorio adattato nelle terme del Mitra e forse da un battistero privato nella domus cristiana detta dei pesci.

Gli scavi hanno altresì messo in luce una ricca messe di sculture, sia copie di creazioni greche, sia opere romane, fra cui una bella serie di ritratti dall'età repubblicana al V sec. d. C., fornendo così preziosi documenti alla storia dell'arte greca e romana, oltre mosaici, pitture, bronzi e terrecotte, monete e circa duemila iscrizioni.

Negli anni 1929-30 fu anche esplorata sistematicamente sotto la direzione di G. Calza la necropoli dei cittadini portuensi, che si estendeva nella Isola Sacra lungo la via Flavia congiungente il porto con Ostia. Conosciamo così tutta una vera città funeraria con strade in cui si allineano le tombe a camera in laterizio, con olle per le ceneri, sarcofagi e fosse per gli inumati, decorate di pitture, di stucchi, di mosaici, accanto alle più modeste tombe a baule e a quelle dei poveri segnate da un'anfora di terracotta in campi comuni. La necropoli durò dal I a tutto il III sec. d. C., e le numerose iscrizioni fanno molta luce sulla varia composizione degli abitanti di Porto, sui loro mestieri e attività. (Vedi tavole).

Bibl.: G. Calza, Ostia, nuovi scavi, Itinerari dei Musei e Monumenti d'Italia, Roma 1947, n. 1 a, con bibl. relativa; R. Calza, Museo ostiense, Itinerari dei Musei e Monumenti d'Italia, Roma 1947, n. 79, con bibl. relativa; per argomenti particolari vedi: G. Becatti, Il culto di Ercole a Ostia e un nuovo rilievo votivo, in Bollettino Comunale, LXVII, 1939, pp. 37 segg.; id., Nuovo contributo ostiense di ritratti romani, in Le Arti, II, 1939, pp. 3-11; id., Due imagines clipeatae' ostiensi, ibid., IV, 1942, pp. 172-180; id., Un dodekatheon ostiense e l'arte di Prassitele, in Ann. Scuola Arch. It. di Atene, 1942, p. 1 segg.; id., Domus ostiensi del tardo impero, in Boll. d'Arte, 1948, fasc. 2 e 3; G. Calza, Il tempio della Bona Dea, in Notizie d. Scavi, 1942, pp. 152 segg.; id., Contributo alla storia della edilizia imperiale romana, in Palladio, V, n. 1, 1941, pp. 1 segg.; id., Ostia, edificio degli Augustali, in Notizie Scavi, 1941, pp. 196 segg.; id., Il santuario della Magna Mater, in Memorie Pontif. Accad., s. 3ª, vol. VI, 1946, pp. 183-205; id., Una Basilica di età Costantiniana scoperta a Ostia, in Rendiconti Pontif. Accad., XVI, 1940, p. 63 e XVIII, 1941-42, pp. 135 segg.; id., Die Taverne der sieben Weisen in Ostia, in Die Antike, XV, p. 99 segg.; R. Calza, Sculture provenienti dell'edificio degli Augustali, in Notizie d. scavi, 1941, pp. 216-246; id., Sculture rinvenute nel santuario della Magna Mater, in Memorie Pontif. Accad., s. 3ª, vol. VI, 1946, pp. 207-227; G. Ricci, Sculture iconografiche dell'Antiquarium ostiense, in Boll. d'Arte, XXXI, 1938, pp. 558-570; G. Stuhlfanth, Der Leuchturm von Ostia, in Roem. Mitt., LIII, 1938, pp. 139-163. Per i ritratti di Ippocrate e di Temistocle v. grecia: Arti figurative, in questa App. Per il Porto di Traiano: G. Lugli e G. Filibeck, Il Porto di Roma imperiale e l'agro portuense, Roma 1935. Per la necropoli dell'Isola sacra v.: G. Calza, La necropoli del Porto di Roma nell'Isola Sacra, Roma 1940.

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