OTRANTO

Enciclopedia Italiana (1935)

OTRANTO (A. T., 27-28-29)

Goffredo COPPOLA
Carmelo COLAMONICO
Arturo SOLARI
Raffaele CIASCA
Vincenzo VERGINELLI

Città della provincia di Lecce, che sorge sul Mare Adriatico, e propriamente all'inizio del canale, detto appunto di Otranto, che congiunge l'Adriatico col Mare Ionio. È il centro abitato più orientale d'Italia. Otranto deve il suo nome (lat. Hydruntum) al breve torrente Idro, allo sbocco del quale essa sorge, e che scorre, soprattutto durante i periodi piovosi, nella parte posta a sud del centro, dando origine a impaludamenti e a stagni fino a qualche tempo fa fortemente malarici; il corso dell'Idro ha uno sviluppo di meno di 3 km. L'area occupata oggi dall'abitato è solo una parte di quella che formava l'antica città. Le strade sono piccole e strette. L'insenatura dell'Adriatico su cui è situata Otranto raccoglie un porto ampio ma generalmente poco profondo, che, un tempo molto importante, ha oggi scarsissimo movimento commerciale: nel 1930 esso fu toccato da 15 velieri di complessive 465 tonn., che scaricarono 343 tonn. di merci. Otranto è sede arcivescovile e metropolitana delle diocesi di Lecce, di Gallipoli e di Ugento. Il territorio comunale, vasto 76,15 kmq., abbraccia un'erta sporgenza, nota col nome di Punta Palascia o Capo d'Otranto, che individua il punto più orientale di tutta la regione italiana, situato a 18° 31′ 15″ long. E. Questo territorio comunale, allungato sull'Adriatico, è pianeggiante nella parte settentrionale e diventa lievemente accidentato nella parte meridionale, ove ha inizio una serie di piccole elevazioni che accompagnano il litorale salentino sul canale d'Otranto sino al capo S. Maria di Leuca; tali elevazioni scendono al mare piuttosto ripidamente con forme terrazzate, modellate dall'abrasione marina. Dal punto di vista climatico, questa zona più orientale della penisola salentina è caratterizzata da una notevole piovosità annua: nel territorio di Otranto e nella fascia costiera che si allunga a sud di esso la quantità di pioggia caduta in un anno si aggira sui 900 mm., cifra veramente eccezionale in tutta la regione.

Otranto è capolinea della ferrovia litoranea adriatica. Da essa partono il cavo sottomarino per Valona e quello per Corfù. La popolazione del comune, che dal principio dell'evo moderno sembra non aver mai superato i 4000 abitanti, è risultata nel 1931 di 2953 individui; un quarto circa vive fuori del centro, nelle grosse fattorie agricole sparse nelle campagne. Le colture prevalenti sono, nelle vicinanze del centro, gli ortaggi e le colture dell'ulivo, della vite, degli alberi da frutta (specialmente fichi); nelle zone più lontane dall'abitato sono diffusi i seminativi e il pascolo.

Monumenti. - L'antica cattedrale romanica (1080-88) fu molto danneggiata dai Turchi nel 1480 e l'anno dopo riparata, più tardi in gran parte rimaneggiata (1674 e 1764) in brutte forme barocche, dalle quali è stata liberata di recente. Reminiscenze gotiche ancora sopravvivono nel bel rosone della facciata (fine del sec. XV); in forme del Rinascimento è il tozzo portale del fianco sinistro, opera di Nicola Ferrando di Galatina (1481), al quale è forse da attribuirsi all'interno il sepolcro dell'arcivescovo Serafino di Squillace. L'interno è a pianta basilicale a tre ampie navate, divise da quattordici belle colonne marmoree, alcune probabilmente provenienti dall'antico tempio di Minerva che un tempo sorgeva su un colle vicino.

Decorante quasi tutto il pavimento delle tre navate, e assai danneggiato anche dai cattivi restauri, è il grandioso musaico di un sacerdote Pantaleone (1163-1166), opera di rozza fattura e pur vigorosa nei decisi contorni brunastri delle figurazioni, risaltanti sull'uniforme bianchezza del fondo, attinte dai bestiarî, dalla Bibbia e dalle leggende epiche del ciclo classico e bretone. Nella navata mediana, dalla porta al presbiterio, si stende un albero enorme che dall'una e dall'altra parte si ramifica in penduli cerchi inchiudenti rappresentazioni care alla disordinata fantasia popolare (storie della Genesi, "monstra", mesi, Arturius Rex, Alexander Rex, Caino ed Abele, Adamo ed Eva e altre figurazioni non sicuramente identificabili); all'estremità delle navate laterali, altri due alberi con altri animali e anche un Atlante che regge il mondo davanti alla cappella dei 560 Martiri idruntini, eretta da Ferdinando I d'Aragona. L'ampia cripta (sec. XII; v. XI, tav. CLXVIII) a cinque navatelle e tre absidi semicircolari è sostenuta da colonne e capitelli di età diversa: tra questi un capitello appartiene all'arte bizantina del sec. XI, la cui influenza è riconoscibile anche in due frammenti di transenna applicati a un altare.

Anche ispirata a schemi architettonici orientali è la cruciforme chiesa di S. Pietro con cupola cilindrica e tre absidiole semicircolari. All'interno ha avanzi di affreschi quasi tutti anteriori al sec. XIV e con iscrizioni greche. Di grandiosa e salda struttura è il castello eretto da Alfonso d'Aragona, originariamente a pianta quadrata con torrioni angolari e cinto ancora, in parte, da profondi fossati; sopra l'ingresso e sotto una piombatoia un grande stemma di Carlo V. Antiche porte e torrioni e bastioni e mura si trovano qua e là per il paese: su una spianata davanti al porto si erge il monumento ai Martiri idruntini di Antonio Bortone (1922). A qualche chilometro da Otranto, S. Nicola di Casole, bella chiesa romanico-gotica fondata dai Basiliani tra il sec. V e VIII e poi diruta insieme con l'attiguo cenobio dai Turchi nel 1480.

Storia. - Menzionata negl'Itinerarî, Hydruntum (abitanti: Hydruntini) ebbe notorietà fin dai primordî (da taluno connessi con la colonizzazione cretese) per la sua posizione marittima di collegamento con la Grecia. Nonostante la situazione itineraria, alla quale si deve il ricordo nella tradizione storiografica, la città, pur capoluogo municipale, non ebbe sviluppo demografico ed edilizio (con un circuito murale di circa 2 km.), esclusa com'era dalla linea di maggior traffico Taranto-Brindisi. È comprensibile, data la relativa importanza della città, che conseguisse di essere sede vescovile già alla fine del secolo VI.

Resisté a Totila, anche quando i Goti furono padroni di tutta la Puglia e la Lucania (545). Fu profondamente grecizzata; ebbe in sé e nel suo territorio colonie greche di ufficiali, professionisti, notai, ecclesiastici, quasi sempre fusi con elementi locali, o mercanti che esercitavano largamente il commercio con l'Oriente e coi paesi di tutto l'Adriatico e dell'interno della Puglia e della Lucania. Occupata dai Longobardi e divenuta centro di resistenza del duca di Benevento contro re Desiderio, allora alleato dei Bizantini, fu riguadagnata da questi ultimi (758). Così, all'indomani della perdita di Ravenna, essa riprese una posizione di prim'ordine, porto indicatissimo per lo sbarco di truppe quando l'imperatore d'Oriente mirò dal Mezzogiorno a riprendere la conquista dell'Italia. Divenne centro del governo bizantino nel sec. IX, prima che fosse conquistata Bari. Nell'879 il vescovato di Otranto fu elevato ad arcivescovato autocefalo, unico seggio arcivescovile in tutti i possedimenti bizantini in Italia; ma solo nel sec. X divenne metropoli, prima dipendente dal patriarca di Costantinopoli, più tardi dal pontefice romano. I segni della tradizione e del culto greci rimasero a lungo. Nel 926 fu attaccata da flotta saracena, la quale fu costretta da una epidemia a battere in ritirata; nel 950 e nel 977 si ebbero nuovi ritorni offensivi, durante i quali si svolsero lotte cittadine fra popolazioni longobarde e ufficiali bizantini. Fu costretta, come tutte le grandi città pugliesi, a pagare tributo al conte normanno Unfredo, circa il 1048; ma fu una delle ultime a cedere; e costituì il fulcro della riscossa bizantina per la riconquista di Bari. Dal 1054 al 1068 arse la guerra fra Normanni e Greci infiammati da ritorni controffensivi: a Otranto, vertice del triangolo di difesa, a Bari e a Taranto si concentrò la resistenza bizantina. Attaccate da terra e da mare, le tre città cedettero nel 1068; ma solo tre anni dopo Roberto il Guiscardo si poté ritenere sicuro padrone del SE. della penisola e poté volgere le sue forze contro le città ribelli da Bari al Gargano. I sec. XI e XIl furono per Otranto fra i migliori della sua storia: il suo porto dava ricetto a flotte intere; mercanti pugliesi, veneziani, greci, ebrei, armeni, slavi, trafficavano da Otranto con Venezia e Costantinopoli; la città aveva un governatore greco proprio; fu per cinque secoli capitale del Salento. Poi i tempi volsero in peggio: gl'interessi della monarchiia normanna e sveva si polarizzarono verso le coste tirreniche (Salerno, Palermo, Napoli); le mire orientali di Federico II e degli Angioini non crearono mai un fervore di vita nuova nelle città pugliesi; del resto, dalla conquista normanna in poi, cominciò contro Otranto a venire in onore Lecce, ingranditasi fino a divenire capitale dell'omonima contea. Otranto, ribelle ai Normanni, fu ripresa d'assalto nel 1085 da Boemondo, di ritorno dalla Dalmazia. Si mantenne sempre fedele agli Svevi; ma, morto Federico II, fu guadagnata al pontefice. Ridotta in mano di Corrado, fu riperduta poco dopo, ma venne riconquistata nel 1255 dalle truppe saracene di Manfredi. Fu fortificata da Ruggiero di Lauria. Fu occupata nel 1348 da Luigi di Ungheria; al pari di Taranto, Gallipoli, Nardò, Lecce, aprì le porte al re Ferrante (dicembre 1464), e ne ebbe conferma di privilegi antichi e fu organizzata a difesa. Assediata per 15 giorni fu conquistata (8 agosto 1480) dalla flotta turca di Maometto II, aizzato dai Fiorentini miranti a divergere le forze del re Ferrante, loro nemico. Ripresa nel 1481 da Alfonso d'Aragona, nella guerra di Ferrante d'Aragona, alleato col genero Ercole d'Este contro i Veneziani, fu da questi nuovamente occupata (maggio 1484) e rilasciata dopo pochi mesi. Dopo la conquista di Carlo VIII, Otranto fu tra le prime città ad alzare la bandiera diAragona; con altre città nel 1496 fu data da re Ferdinando ai Veneziani a garanzia delle paghe; restituita poco dopo, fu vanamente ambita dai Veneziani nel 1528, durante la lotta tra Francia e Spagna. Con Nardò insorse contro i feudatarî spagnoli aggruppati intorno agli Acquaviva e Boccapianola; partecipò al moto di protesta contro gli aggravi fiscali del 1647-48. Lotte interne, liti contro il feudatario e l'arcivescovo caratterizzarono la vita cittadina nei secoli seguenti. Napoleone dette al Fouché il titolo di duca d'Otranto. Partecipò al movimento liberale del 1821 e 1848.

Bibl.: W. Schulz, Denkmäler der Kunst in Unteritalien, I, Dresda 1860, pp. 260-67; L. Maggiulli, Otranto, Lecce 1883; E. Aar, Gli studi storici in terra d'Otranto, Firenze 1888, p. 124; Ch. Diehl, L'art byzantin dans l'Italie méridionale, Parigi 1894, p. 170; H. Nissen, Ital. Landesk., II, Berlino 1902, p. 882 segg.; È. Bértaux, L'Art dans l'Italie méridionale, Parigi 1904; G. Gay, L'Italia meridionale e l'impero bizantino dall'avvento di Basilio I alla presa di Bari (869-971), Firenze 1917, passim; E. Ciaceri, Storia della Magna Grecia, I, Milano 1924, p. 110; C. Bertacchi, Puglie, Torino 1926, pp. 246-47; P. Toesca, Storia dell'arte italiana, I: Il Medioevo, Torino 1927; G. Bacile di Castiglione, Castelli pugliesi, Roma 1927, pp. 203-29; H. Teodoru, Églises cruciformes dans l'Italie méridionale (San Pietro d'Otranto), in Ephemeris dacoromana, V (1931), pp. 22-34; G. Carano Donvito,Gli ebrei nella storia economica di Puglia, Roma 1933, pp. 5, 14, 16, 22, con ricca bibliografia sull'argomento; Corpus Inscr. Lat., I, pp. 5 segg., 317; Weiss, in Pauly-Wissowa, Real-Encycl., IX, col. 87.

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