PREMINGER, Otto

Enciclopedia del Cinema (2004)

Preminger, Otto (propr. Otto Ludwig)

Marco Pistoia

Regista e produttore cinematografico austriaco, naturalizzato statunitense, nato a Vienna il 5 dicembre 1906 e morto a New York il 23 aprile 1986. Tra i maggiori registi del periodo classico hollywoodiano, fu soprattutto un notevole metteur en scène, capace di muoversi con disinvoltura fra vari generi, anche se si mise in rilievo soprattutto nel noir. Noto per il suo dispotismo con gli attori, seppe tuttavia valorizzarli, costruendo, anche grazie a loro, storie robuste e spesso emozionanti. Ricevette tre nominations agli Oscar, per la regia con Laura (1944; Vertigine) e The cardinal (1963; Il cardinale), e per il miglior film con Anatomy of a murder (1959; Anatomia di un omicidio); nel 1955 vinse l'Orso di bronzo al Festival di Berlino e il Grand prix al Festival di Locarno con Carmen Jones (1954).

Figlio di un importante avvocato di religione ebraica, rivelò ben presto un forte interesse per il teatro: pur seguendo regolari studi giuridici all'Università di Vienna, tra il 1924 e il 1926 lavorò come attore (inizialmente nel Theater in der Josefstadt di Max Reinhardt) e a partire dal 1926 come regista. Nel 1928 si laureò, ma, rinunciando alla professione di avvocato, accettò l'incarico di assistente di Reinhardt, del cui teatro nel 1931 divenne regista e nel 1933 direttore. Nel 1931 diresse anche un film, Die grosse Liebe, una tipica commedia sentimentale di scuola viennese.Ma il corso autoritario e antisemita avviato dalla politica austriaca dopo la fallita insurrezione operaia di Vienna (febbraio 1934) spinse P. a intraprendere una nuova carriera negli Stati Uniti. Firmato un contratto con un produttore di Broadway e un altro con la 20th Century-Fox Film Corporation, tra il 1935 e il 1938 fece la spola tra New York e Hollywood, alternando teatro e cinema. La Fox gli fece dirigere due b-movies, il musical Under your spell (1936) e la commedia Danger-Love at work (1937; Quei cari parenti), ma il suo tentativo di controllare tutte le fasi di lavorazione di un costoso film storico, Kidnapped, lo portò alla rottura con l'azienda e al licenziamento. Si dedicò così all'insegnamento (fino al 1941 fu professore alla Yale University Drama School) e alle regie teatrali, con le quali raccolse notevoli consensi, in particolare con Margin of error di C. Boothe Luce (1939-40), un dramma antinazista del quale fu anche interprete (era uno spietato console tedesco). Dopo l'entrata in guerra degli Stati Uniti recitò in ruoli molto simili nelle opere di propaganda bellica The pied piper (1942) di Irving Pichel e in They got me covered (1943; Ho salvato l'America) di David Butler, e nel 1943 (quando divenne cittadino statunitense) la Fox gli propose la parte del console nella versione cinematografica di Margin of error; P. accettò, ma a condizione di dirigere il film, che ottenne un notevole successo. Firmò così un contratto come regista e produttore esecutivo, realizzando tredici film per i quali poté contare su un gruppo quasi fisso di collaboratori, tra cui gli attori Dana Andrews, Gene Tierney e Linda Darnell, il direttore della fotografia Joseph La Shelle, lo scenografo Lyle R. Wheeler, il compositore David Raksin, il montatore Louis R. Loeffler, gli sceneggiatori Ring Lardner Jr prima e Ben Hecht poi. Iniziò con Laura, forse il migliore titolo della sua filmografia: tratto dal romanzo di V. Caspary, è uno splendido noir pieno di ambiguità e di complessi risvolti; la moltiplicazione dei punti di vista, il tema del doppio (le 'due' Laura, quella 'reale' e quella scambiata per lei), la calibrata articolazione e la tensione narrativa ne fanno uno dei vertici del genere. Gli altri noir girati da P. in quegli anni sono di livello inferiore, ma risultano comunque costruiti con geometrica precisione e appaiono dotati di un certo smalto: in particolare Where the sidewalk ends (1950; Sui marciapiedi), dal romanzo Night cry di W.L. Stuart, ma anche Fallen angel (1945; Un angelo è caduto), adattamento di Hecht dal romanzo di M. Holland, Whirlpool (1949; Il segreto di una donna), The thirteenth letter (1951; La penna rossa), remake di Le corbeau (1943) di Henri-Georges Clouzot, Angel face (1953; Seduzione mortale); degno di nota anche un cupo melodramma dalle atmosfere misteriose come Daisy Kenyon (1947; L'amante immortale).

Di ben più modesto valore i musical e le commedie diretti da P. nello stesso periodo, tra i quali A royal scandal (1945; Scandalo a corte), remake di Forbidden Paradise (1924) di Ernst Lubitsch, Centennial summer (1946; Bellezze rivali), Forever Amber (1947; Ambra), That lady in ermine (1948; La signora in ermellino), iniziato da Lubitsch.

Nel 1953 P. lasciò la Fox e creò una propria società, la Carlyle Productions. Il quindicennio successivo fu nel complesso il periodo più produttivo della sua carriera (particolarmente felici furono i contributi del ti-tolista Saul Bass e del direttore della fotografia Sam Leavitt). Gli anni Cinquanta annoverano titoli quali: The Moon is blue (1953; La vergine sotto il tetto), dalla commedia di F.H. Herbert, brillante ritratto di una ragazza incerta tra due uomini; River of no return (1954; La magnifica preda), dal racconto di L. Lantz, l'unico western di P., che contribuì a lanciare Marilyn Monroe; due film interamente interpretati da neri, Carmen Jones e Porgy and Bess (1959), dai musical di O. Hammerstein II (ispirato alla Carmen di G. Bizet) e di G. Gershwin; The man with the golden arm (1955; L'uomo dal braccio d'oro), dal romanzo di N. Algren, melodrammatica e robusta storia di droga; i due densi drammi giudiziari The court-martial of Billy Mitchell (1955; Corte marziale) e Anatomy of a murder, dal romanzo di R. Travers, nei quali analizzò un tema scottante come quello dell'ambiguità dell'agire umano; Saint Joan (1957; Santa Giovanna), dal dramma di G.B. Shaw; Bonjour tristesse (1958), dal romanzo di F. Sagan, destrutturato da P. e reso con una tecnica mista, a colori e in bianco e nero. Gli anni Sessanta videro il regista tornare con grande efficacia al noir con Bunny Lake is missing (1965; Bunny Lake è scomparsa), dal romanzo di E. Piper, ma soprattutto dedicarsi a una serie di opere dal forte impegno politico, sebbene non prive di concessioni alle consuetudini del 'grande spettacolo' o del melodramma: in particolare Exodus (1960), tratto dal romanzo di L. Uris, sceneggiato da Dalton Trumbo e incentrato sulla nascita dello Stato di Israele; Advise and consent (1962; Tempesta su Washington), sul mondo politico nella capitale degli Stati Uniti; The cardinal, sulla Chiesa cattolica; In harm's way (1965; Prima vittoria), sull'attacco giapponese a Pearl Harbor e i mesi successivi; Hurry sundown (1967; E venne la notte), sul razzismo negli Stati del Sud.

In seguito rallentò l'attività, rivelando inoltre un progressivo indebolimento della sua vena; realizzò tra gli altri Tell me that you love me, Junie Moon (1970; Dimmi che mi ami, Junie Moon) e Rosebud (1974; Operazione Rosebud) ma l'unico titolo degno di nota è l'ultimo, The human factor (1979; Il fattore umano), dal romanzo di G. Greene.Nel 1977 aveva pubblicato il libro di memorie dal titolo Preminger: an autobiography.

Bibliografia

J. Lourcelles, Otto Preminger, Paris 1965.

G. Pratley, The cinema of Otto Preminger, London-New York 1971.

W. Frischauer, Behind the scenes of Otto Preminger, an unauthorised biography, London 1973.

G. Carluccio, L. Cena, Otto Preminger, Firenze 1991.

Otto Preminger, hrsg. N. Grob, R. Aurich, W. Jacobsen, Berlin 1999.

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