PAGASAI

Enciclopedia dell' Arte Antica (1963)

PAGASAI (Παγασαί, Pagasae o anche Pagasa)

L. Vlad Borrelli

Antica città tessalica presso il golfo di Volo, di cui ebbe probabilmente il dominio agli inizî dell'età storica (VII-VII sec.). Sorse sul mitico sito della costruzione della nave Argo, onde il nome fu connesso da alcune fonti con ναυπηγία (ναυπηγέω), da altre invece con πῆγαι da sorgenti esistenti lì presso o con πῆγνυμι per lo stanziamento dell'oracolo. Ma la parola ha terminazione pregreca e quindi è oltremodo dubbio spiegarne l'etimologia con radici greche e, del resto, non lungi dalla città greca si sono trovate tracce di un insediamento preistorico. Letterariamente ve ne è menzione in Stesicoro e nello pseudoesiodeo Scudo di Eracle, poiché qui si diceva abitasse Cicno, il crudele figlio di Apollo che amministrava un oracolo del dio e gli dedicava piramidi di crani umani.

L'ubicazione della città è stata fissata solo dopo gli scavi dell'Arvanitopoulos; essa sorgeva su un colle, presso le rive del ruscello Ligaroremnas, delimitata da una cinta muraria di km 7,55, a circa 700 m dal mare fatto questo che, insieme con la maggiore entità delle fortificazioni verso O (e cioè verso l'interno) difficilmente si concilia con la menzione di P. come porto, prima di Iolchos e poi di Fere. Le mura, di aspetto piuttosto arcaico (V-IV sec. a. C.), sono costruite parte in opera rozza con tendenza al poligonale, parte in opera irregolarmente trapezoidale e in due tipi diversi di materiale, a N di calcare e a S di quarzite, entrambi di provenienza locale, meglio conservate le prime per la maggiore resistenza del materiale, ma in sostanza sorte in uno stesso periodo. Sono fornite di numerose porte costituite da semplici aperture nel paramento murario, torri (ne sono state contate 27 o 29) quadrate e una piccola acropoli pentagonale in posizione un po' eccentrica. La grande cinta va attribuita probabilmente all'epoca della dominazione di Fere, a cui P. appartenne fino a quando, dopo un lungo assedio, che presuppone quindi l'esistenza delle fortificazioni, non fu conquistata da Filippo II che la incorporò alla Magnesia tessalica. Mancano quasi del tutto tracce di mura sul lato N, ove queste furono probabilmente smantellate per venire incorporate nella città di Demetrias (v.), fondata nel 293 a. C. da Demetrio Poliorcete e che venne parzialmente a sovrapporsi a Pagasai.

La città ebbe breve vita e già nel III sec. a. C. il suo territorio disabitato fu occupato da una necropoli; mancano infatti rappezzi alle mura e l'abitato interno appare poco sfruttato. Presso una sorgente calda (Burbulithra) sono tracce di un santuario di Hera ove si è rinvenuta una iscrizione del V sec.: "Ερας δαμόσιος. Vicino al porto di Demetrias è poi un luogo di culto di Artemide Enodia e soprattutto di Pasicrata (Afrodite), che risale ai tempi di P. e sull'acropoli, entro le fortificazioni incorporate poi nella più vasta Demetrias, sono resti di un tempio del IV sec. in parte tagliato nella roccia. Ma il culto principale a P., legato al mito del luogo, era quello di Apollo Pagasàios o Pagasites, cui era sacro dai tempi più antichi, un boschetto e un altare. A S, presso il porto di Demetrias e dinanzi alla porta principale della città, sono resti di una necropoli.

Stele di Pagasai. - Viene conosciuto con tale nome un singolare gruppo di monumenti funerarî rinvenuto come materiale di riempimento fra le vecchie capanne turche e soprattutto in due torri delle fortificazioni del I sec. di Demetrias (Stelenturm); denominazione impropria poiché nessuna di tali stele, contrariamente a quanto credette il loro scopritore, Arvanitopoulos, risulta dell'epoca di Pagasai. Appartenenti per lo più al III sec. a. C. esse sono cronologicamente contenute entro le due date del 293 a. C. (fondazione di Demetrias) e 191 a. C. (conquista romana).

Questi monumenti formano un numerosissimo gruppo a sé - circa un migliaio di esemplari - che si allontana di molto dalle stele tessaliche che non hanno mai immagini dipinte e presentano proporzioni più massicce. Vi è piuttosto un'analogia con le stele funerarie attiche per l'alternanza di stele lisce e naìskoi, il coronamento di listello, frontone, decorato con anthèmia dipinti in verde e rosso su fondo blu, e per la trasposizione in pittura dei soggetti della vita familiare, come avveniva sui rilievi di quelle.

Le scene appaiono dipinte su marmo con una tecnica probabilmente di encausto su un fondo per lo più monocromo (rosso o violetto come nei rilievi). Altre analogie le accostano alle lèkythoi funerarie attiche a fondo bianco, ma l'ellenismo è presente con una conquistata libertà spaziale, un gusto dello scorcio (di cui già si era notato un più parco interesse nelle stele attiche del IV sec., v. Diepolder, Die att. Grabrel. d. s. u. 4. Jahrh. v. Chr., Berlino 1931), una curiosità e un virtuosismo prospettico che autorizzano a riconoscere all'ellenismo la paternità di quell'illusionismo che qualcuno aveva voluto ritenere elemento originale dell'arte romana.

Le stele sono conservate al museo di Volo le più note e meglio conservate sono quella di Hediste (con rappresentazione dell' interno della camera di una puerpera) e quella di Afrodisiade, che detengono un posto chiave nella lacunosissima storia della pittura ellenistica.

Bibl.: D. Levi, in Enc. It., s. v.; F. Stählin, Das hell. Tessalien, Stoccarda 1924; F. Stählin, E. Meyer, A. Heidner, Pagasai u. Demetrias, Berlino-Lipsia 1934; R. L. Scranton, Greek Walls, Cambridge 1941, p. 166-168; E. Meyer, in Pauly-Wissowa, XVIII, 1942, c. 2297-2309; Sulla stele: G. Rodenwaldt, in Ath. Mitt., XXXV, 1910, pp. 118-138; A. Reinach, in Rev. Arch., XXI, i, 1913, pp. 19-24; H. Möbius, Die Ornamente der gr. Grabst., Berlino 1929, pp. 59-64; E. Pfuhl, Mal. u. Zeichn., II, Monaco 1923, pp. 901-3, figg. 748-49; A. S. Arvanitopoulos, Αἰ γραπταὶ στήλαι Δημητριάδος-Παγάσων, Atene 1928; A. S. Arvanitopulos, in Πολεμων, III, 1947-48, pp. 1-16; 41-45; IV, 1949-51, pp. 1-9, 81-92; A. Rumpf, Handbuch d. Arch., Mal. u. Zeichn., Monaco 1953, p. 156.