PALESTRINA

Enciclopedia dell' Arte Antica (1973)

Vedi PALESTRINA dell'anno: 1963 - 1973 - 1996

PALESTRINA (v. vol. v, p. 887)

V. Santa Maria Scrinari

Gli scavi realizzati saltuariamente tra il 1962 ed il 1968 nell'ambito della città romana di P. e del suo santuario hanno dato notevoli risultati.

Lo sterro dei primi due terrazzamenti del santuario ne ha posto in luce la struttura originaria consentendo in tale modo d'approfondire la loro funzione nell'insieme del complesso. Il primo terrazzamento, immediatamente alle spalle dell'altissima parete di fondo della cosiddetta basilica, è percorso da una ordinatissima rete di canaletti che convogliano le acque verso i ninfei laterali dopo che le stesse sono state raccolte da una cisterna scavata in senso longitudinale alla radice del terrazzamento.

Il secondo terrazzamento appare diviso in due zone: la prima, più bassa, offre un comodo ambiente di transito a battuto terroso, la seconda presenta un podio continuo in conci di tufo ridossato al calcare retrostante del monte, tagliato a spigolo vivo, portante una serie di basamenti, resti evidentissimi di un porticato a colonne d'ordine corinzio italico simili a quelle del santuario superiore. Alla base del porticato erano ricavate nella roccia cinque fontane a guisa di piccoli emicicli assai simili alle fontane che costituiscono il grande ninfeo ai piedi del santuario sulla via degli Arcioni. Si ha così un nuovo elemento architettonico per la ricostruzione del santuario che pone alla base della scenografia dinamica del santuario superiore questo portico continuo, sereno, animato alla base dalle cinque fonti perfettamente inserite nella simmetria del complesso.

Ciò attesta che il distacco tra santuario superiore ed inferiore era apparente, dato dal mancato completamento dell'opera di scavo.

I recentissimi lavori di scavo e restauro del grande ninfeo alla base del recinto del santuario su via degli Arcioni stanno dimostrando l'organicità del complesso architettonico nella sua ultima edizione sillana in cui il gioco pittorico e barocco degli elementi curvilinei, trova nell'acqua il suo naturale complemento.

Non è improbabile però che in questi primi terrazzamenti persistano alcuni elementi residui della primitiva fase del santuario. Lo farebbe pensare la presenza del tufo nella pavimentazione a diretto contatto con la roccia spianata, nella costruzione al disopra del ninfeo detto Antro delle Sorti, nelle basi d'impianto del porticato.

I sondaggi organizzati oppure occasionali e le recenti campagne di scavo nell'ambito di quella zona che dal Marucchi è stata chiaramente indicata come appartenente alla città antica, ai piedi del santuario, hanno convalidato l'ipotesi dello studioso mettendo in luce alcuni tratti del reticolato stradale e centrando l'incrocio principale tra cardine e decumano. Da questo dato concreto ha avuto inizio l'esplorazione sistematica delle aree immediatamente finitime, rintracciando lo sviluppo di alcuni notevoli complessi edilizi con caratteri pubblici che avvalorerebbero l'ipotesi dell'esistenza del Foro imperiale della città proprio nell'area dell'antico toponimo "Aquila", a N della cappella della Madonna dell'Aquila. Tra essi particolarmente notevole un edificio curvilineo nel quale forse possiamo riconoscere il Macellum; con esso si va così identificando quella regione che le fonti epigrafiche indicano quale sede di altri insigni edifici: il collegio degli Augustali ed il collegio dei cultores Iovis Arkani. Nell'ambito del Macellum, ricollegata al suo posto originario, dopo i notevoli restauri apportati all'edificio dalle epoche posteriori, è stata scoperta una bellissima ara dedicata al Divo Augusto che reca sulla fronte il ritratto stesso dell'imperatore a busto clipeato ed un tempo ornato di corona in metallo, di cui rimane la testimonianza nei buchi disposti ad aureola intorno al capo. Per stile e tecnica l'opera è databile all'età tiberiana e può forse collegarsi al momento in cui Tiberio, particolarmente legato alla città, le concesse le libertà municipali e dimorò a lungo nella villa imperiale che va sotto il nome di Adriano ma che probabilmente sorse già all'epoca giulio-claudia sub ipso oppido (Aulo Gel., Noct. Att., xvi, 13). Insieme all'ara d'Augusto è stata ritrovata nello sterro, presso una nicchia, una lastra a bassorilievo raffigurante una scrofa e la sua cucciolata, chiaramente simile per stile, tecnica e misura ai due rilievi Grimani del museo di Vienna.

L'indagine ha potuto verificare inoltre tutta l'estensione della città alla base del santuario, vale a dire al di sotto della via degli Arcioni che rappresenta il limite del complesso monumentale repubblicano ed imperiale. La città repubblicana si è sviluppata a terrazzamenti sfruttando l'estrema pendice del monte, su due assi normali, lunghi circa mezzo chilometro; il reticolato stradale ci offre una visione organizzata urbanisticamente secondo il canone più preciso della castrametatio.

L'incrocio del cardine con il decumano avviene esattamente ad un terzo del campo, nel terzo superiore, e l'asse di sviluppo ha un'inclinazione che corrisponde all'angolazione di norma per evitare che le strade fossero battute dai venti freddi di NE, precauzione particolarmente necessaria per la ventosa posizione della città.

Al di sotto delle costruzioni d'età imperiale, in bel mattone rosso con bolli di fabbriche locali, i sondaggi hanno accertato l'esistenza della città repubblicana in conci di tufo ed opera incerta di calcare locale, cui corrispondono le strade più antiche, in lastroni dello stesso calcare, come nelle vie interne del santuario.

Pare inoltre abbastanza probabile l'esistenza dell'anfiteatro cittadino alle pendici orientali della città, presso la strada romana verso Cave, come pure quella di una porta monumentale con decorazioni di età costantiniana all'inizio della città verso SO all'imbocco della strada romana verso Zagarolo.

Bibl.: G. Iacopi, Il santuario della Fortuna Primigenia e il Museo Archeologico prenestino3, Roma 1968; P. Romanelli, Palestrina, Napoli 1968.