Palmira

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(gr. Παλμύρα; arabo Tadmur) Oasi con centro abitato della Siria (47.041 ab. nel 2003), posta a metà strada tra il Mediterraneo e l’Eufrate. Nell’età antica fu un centro florido, grazie all’abbondanza delle sorgenti, la cui acqua consentiva alle carovane la traversata del deserto sulla linea diretta dal medio Eufrate alla Siria. Nei pressi di P. vi sono importanti riserve di gas naturali.

Menzionata già in una tavoletta assira cuneiforme degli inizi del 2° millennio a. C., in età romana P. costituì una specie di territorio neutro fra Roma e la Persia e sviluppò grandemente la sua attività di centro commerciale e carovaniero, attraverso cui le merci dell’Oriente giungevano ai mercati siriani e quindi romani. L’intensificarsi della guerra tra Roma e i Parti, nel 2° e 3° sec. d.C., nocque indubbiamente alla sua prosperità, ma ne rinsaldò la potenza politica e militare, sicché, quando l’imperatore Valeriano fu sconfitto gravemente da Sapore I nel 259-60 circa, l’esercito di P. fu in grado di intervenire e ristabilire la situazione, battendo a sua volta i Persiani. Autore della vittoria fu Odenato, sotto il quale la città assunse una progressiva potenza sull’area del Vicino Oriente, estendendo il suo controllo alla Siria, alla Palestina, alla Mesopotamia e forse all’Armenia. Morto nel 267 Odenato per una congiura di palazzo, la sua opera fu continuata dal figlio Vaballato, sotto la tutela della madre Zenobia: furono occupati l’Egitto e l’Anatolia, mentre l’autorità di Roma era formalmente disconosciuta (271). In conseguenza di ciò, l’imperatore Aureliano intervenne in forze e nel 272, presso Emesa, inflisse all’esercito palmireno una decisiva disfatta. Da allora P. decadde rapidamente. Fu parzialmente ricostruita sotto Diocleziano, e nel 528 Giustiniano ripristinò le mura della città. Nel 638, P. fu conquistata dagli Arabi; e circa un secolo dopo, nella lotta civile per il califfato, fu rasa al suolo per ordine dell’ultimo sovrano omayyade.

fig.

La ‘città ellenistica’ era costituita tra il 3° e il 2° sec. a.C. da un agglomerato urbano di impianto irregolare (v. fig.), esteso tra il tempio di Bēl e la fonte Efqa, con abitazioni di mattoni cotti, strette vie tortuose e una cinta muraria. Tra il 1° e il 2° sec. d.C. cominciò la ristrutturazione dei santuari più importanti e la monumentalizzazione della rete urbana (via colonnata). A NO si trova il campo di Diocleziano, un complesso elevato in età tetrarchica come sede della legione che presidiava il limes. Si conservano resti di edifici abitativi e del sistema di fortificazione. Le necropoli intorno alla città rivelano una notevole varietà tipologica (tombe a torre, a tempio, con affreschi e stucchi). La scultura è caratterizzata dall’unione di elementi siro-anatolici con altri di origine ellenistico-romana; la frontalità delle figure e il modellato non plastico, ma di intento coloristico, ne fanno un documento di singolare importanza per la storia dell’arte della tarda antichità.

Caduto nel maggio 2015 sotto il controllo dell'organizzazione islamica di stampo jihadista Is, il sito ha subìto gravi danni collaterali, ancora non valutabili, a seguito degli scontri verificatisi tra governativi e fondamentalisti; l’area archeologica – e in particolare l’anfiteatro romano – è stata inoltre adibita dai terroristi a luogo di esecuzioni, filmate e quindi diffuse via Internet. Ad agosto i terroristi hanno decapitato nell'insediamento moderno nei pressi del sito l'archeologo Khaled al-Asaad, tra i massimi studiosi di P. e responsabile del giacimento per oltre cinquanta anni, distruggendo un tempietto ubicato nel settore nord del giacimento, dedicato a Baal Shamin, e successivamente il Tempio di Bel, monumento tra i più importanti dell'area archeologica, consacrato tra il 32 e il 38 d.C., e l'arco di trionfo, eretto nel 220 e restaurato negli anni Trenta da M. Amy. Nel marzo 2016, con il sostegno dell’aviazione russa, l'esercito lealista ha ripreso il controllo di P. cacciandone i militanti dello Stato islamico, che però nel dicembre successivo hanno lanciato un'offensiva riuscendo a rientrare nella città, dove hanno arrecato nuovi, ingenti danni al proscenio dell'anfiteatro romano e al tetrapylon, eretto alla fine del III secolo sotto il regno di Diocleziano.

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